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Autore: SemplicementeCassandra    02/07/2014    0 recensioni
Laura vive in un paesello di campagna, ha poche certezze nella vita e una di queste è il suo migliore amico. Si sente diversa dalle altre e ha paura di non essere mai abbastanza . Ma la scuola è terminata e la attendono giornate interminabili sotto l'ombra degli alberi di prugne e le letture di Petrarca. E se qualcuno l'aiutasse ad uscire dal guscio e a comprendere davvero il poeta? E se quel qualcuno fosse proprio il suo migliore amico? La sua vita prenderebbe una piega mai immaginata.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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                                                                   IL MIO PRIMO GIOVANILE ERRORE 


Osservavo la pioggia attentamente, con interesse, come se da quelle mille gocce dipendesse la mia intera vita e forse sotto alcuni aspetti era proprio così. La radio vicina trasmetteva una di quelle canzoni sdolcinate, da ascoltare abbracciati a qualcuno per interminabili pomeriggi accompagnando gli abbracci ai baci e alle carezze soffici sulle pelli ancora delicate e non rovinate dal tempo. La mia mente era persa a vagare fra i ricordi di quell'anno scolastico ormai concluso, fra l'emozione del primo anno di liceo e la paura di dover entrare a far parte del mondo degli adulti, quel mondo di responsabilità e doveri ma anche di una maggiore libertà e autonomia. Avevo paura ma allo stesso tempo ne ero entusiasta, forse troppo stanca di essere trattata come una bambina e non mi rendevo conto di quanto avessi ancora bisogno di rifugiarmi fra le calde braccia di mia madre durante i momenti difficili. 
Un corpo caldo si sdraiò accanto al mio su un telo improvvisato con un vecchio lenzuolo sotto un albero di prugne non ancora mature, lontano dalla frenesia cittadina e dallo stress lavorativo. Abbassai il volto con poco interesse per scrutare il nuovo arrivato e non mi sorpresi quando compresi che si trattava di Matteo, il mio amico di infanzia, quello che si conosce quando si è poco più che infanti, quello che ti fa da testimone al matrimonio e ti asciuga le lacrime nei momenti di difficoltà. Aveva tre anni in più di me, diciotto compiuti da qualche mese e dal suo compleanno sembrava non avesse più tempo da trascorrere con me. Non lo vedevo più da mesi, solo una telefonata una volta o due al mese più per cortesia che per vero interesse e nonostante provassi a nasconderlo con un sorriso il suo allontanamento mi aveva fatto soffrire così tanto da non volere più uscire con i compagni di scuola; da mesi infatti trascorrevo i pomeriggi a leggere i romanzi classici della letteratura inglese e a rivivere i ricordi che mi legavano a lui ma l'ultima parte non l'avrei ammessa neanche sotto tortura.
-Ciao. - mi disse lui con un leggero sorriso sulle labbra rosse e sottili. Distolsi lo sguardo tornando ad osservavo le gocce di pioggia che cadevano placidamente accarezzando appena le foglie dell'albero. Ero disposta ad ignorarlo, così come lui aveva fatto con me negli ultimi mesi successivi al suo compleanno e nonostante fossi consapevole di quanto il mio fosse un comportamento infantile non me ne curavo granché.
-Ciao- riprovò questa volta un po' più forte forse sperando che gli dimostrassi di averlo udito. Lo osservai con la coda dell'occhio sempre senza rispondergli e mi soffermai su quel lieve accenno di barba che gli adornava il mento e le guance che avevano ormai perso la rotondità fanciullesca. Ero certa che solo qualche mese prima non vi fosse, che il suo volto fosse molto più bambinesco e meno maturo , da uomo. La consapevolezza che stesse davvero diventato un uomo mi sconvolse e mi fece riportare con uno scatto gli occhi verso l'alto. Quella differenza d'età di cui mai avevo sentito il peso in tanti anni in quel momento mi si rivoltava contro all'improvviso, come un fulmine a ciel sereno, come una grandinata in  piena estate , con forza e violenza: io ero una bambina che aveva da poco messo da parte le bambole mentre lui era un uomo e di lì a qualche mese sarebbe andato all'università mentre io avevo appena cominciato il liceo e l'idea di un futuro lavoro era ancora parecchio remota.
-Ciao - gli risposi questa volta per distogliere la mente da pensieri troppo dolorosi .
-Finalmente! Pensavo fossi diventata sorda a forza di ascoltare la musica- ribatté con un sorriso compiaciuto. 
-Se una persona non ha voglia di risponderti non deve esserci per forza una ragione, il mondo non gira intorno a te - dissi più acida di quanto avrei voluto sporgendomi appena per cambiare stazione radiofonica. Mi domandai quale radio passasse ancora canzoni del dopoguerra che nessuno aveva più il desiderio di ascoltare.
-Hai ragione, non tutti sono obbligati ad ascoltarmi e una persona potrebbe benissimo decidere di ignorarmi ma tu non sei una persona qualsiasi, sei la mia migliore amica.-
-Dici davvero? E io che pensavo non sapessi nemmeno più il mio nome...- 
-Ora non esageriamo Laura. Non capisco il tuo atteggiamento, non ha senso, ti ho detto che sarei venuto a trovarti.- lo aveva fatto per telefono, circa due settimane prima, ma dopo tutte le finte promesse dei mesi precedenti non ci avevo nemmeno dato peso.
-Mi dispiace che i tuoi nuovi amici siano partiti- prestai particolare attenzione a rimarcare il termine "nuovi" prima di continuare - ma tranquillo torneranno presto . - Mi osservò con la bocca aperta, come se fosse sorpreso del mio atteggiamento e forse lo era davvero dato che mai, mai dopo più di dieci anni di amicizia mi ero comportata come in quel momento ma la delusione di essere stata ignorata per tanto tempo era più forte di tutte le altre emozioni.
- Ti puoi calmare e dirmi perché fai così? Non riesco a capirti...- Presi un bel respiro, profondo per cercare di porre un freno alla rabbia che sentivo attraversarmi il corpo come un fiume in piena e premere sul fondo della gola per poi essere riversata.
-Non ti vedo da mesi , mesi, anzi dal giorno del tuo compleanno. Sei sparito, completamente sparito senza dirmi niente se si escludono misere telefonate da venti minuti per chiedermi della scuola ogni due settimane. Tutte le volte che ti chiedo di incontrarci tu mi ignori o inventi scuse dicendo che devi studiare quando so benissimo che non è vero. Se non vuoi più essermi amico non c'è bisogno di fingere, basta che tu me lo dica e ognuno va per la sua strada. - Tenevo la testa bassa per la paura di vederlo ridermi in faccia da un momento all'altro per la mia ingenuità. Attesi qualche minuto ma nessun risata uscì dalla sua bocca così mi azzardai a voltare il capo verso il suo e lo trovai ad osservarmi con un sorriso dolce sul volto, comprensivo e ben lontano da quello di derisione che avevo immaginato. Ma con quel sorriso così dolce sembravo volesse compatirmi e io non volevo la sua pietà né quella di nessun altro così mi girai accovacciandomi su me stessa in posizione fetale con le braccia stretta attorno allo stomaco come per proteggermi dalle parole che sapevo di lì a poco sarebbero uscite dalla sue labbra. Sussultai quando sentì un paio di calde braccia avvolgermi da dietro e dopo qualche attimo dei sussurri dolci mi solleticarono l'orecchio e il collo nascosto dai capelli.
- Mi dispiace La, mi dispiace davvero. Non volevo allontanarmi da te, non l'ho mai voluto né lo voglio ora. E' stato un periodo un po' difficile fra la scuola e gli allenamenti di calcio non ho avuto davvero un attimo libero. Ma ora sono qui, con te, e passeremo tutta l'estate insieme te lo prometto. - Mi mossi leggermente voltandomi verso di lui e lo osservai attentamente negli occhi prima di parlare.
-Sei serio? Davvero non mi lascerai sola per andare con i tuo amici più grandi, maturi e quelle cavolate lì?- Domandai con un po' di incertezza ancora incastrato i miei occhi marroni con i suoi verde bottiglia.
-Te lo giuro su quel pupazzo che mi hai regalato per il mio decimo compleanno.- E così com'era arrivata la rabbia svanì e con uno slancio di affetto dopo mesi di lontananza strinsi nuovamente fra le braccia il mio migliore amico. E se il mio cuore sentendo il profumo del suo shampoo agli agrumi accelerò i battiti non diedi prova di essermene accorta.
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"Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond'io nudriva 'l core 
in sul mio primo giovanile errore
quand'era in parte altr'uomo da quel ch' i ' sono ..."
-Cosa leggi di bello ? - Sussultai colta di sorpresa mentre affondavo la matita fra quelle righe di poesia di così difficile interpretazione.
-Petrarca, purtroppo - risposi con tono annoiato. Non capivo quelle poesie senza senso, così introspettive e prive di alcun sentimento che non fossero sofferenza o disperazione. Avevo iniziato a leggere quelle dannate poesie almeno un'ora prima ma il risultato era sempre lo stesso e la voglia di chiudere i libri e mettermi a dormire cresceva secondo dopo secondo.
-Perché purtroppo? Stai parlando di uno dei poeti migliori della letteratura italiana - disse prima di posarmi un bacio sulla fronte scoperta dai capelli tirati indietro e approdare con poca grazia sulla sedia in legno e paglia accanto alla mia. Lo osservai con un sopracciglio sollevato in un'espressione confusa che lo fece soltanto ridere provocandomi un'ulteriore confusione. Come poteva definire Francesco Petrarca uno dei più bravi poeti della letteratura italiana? Era soltanto un pazzo, masochista depresso e con poca voglia di vivere....non di certo un personaggio che rientrasse fra i miei prediletti.
-Il fatto che fra pochi mesi inizierai lettere antiche non dovrebbe condizionare il tuo giudizio critico. Petrarca è una palla e io non capisco nulla dei suoi testi. Come faccio a fare un confronto fra la sua espressione artistica e quella di Dante? E' praticamente impossibile! - Dissi affondando il capo fra i libri e con un tono di voce che rasentava la disperazione. Forse allora ero un po' troppo drammatica ed eccessiva ma faceva parte della mia personalità e Matteo ne era abituato ormai da anni.
-Petrarca è innamorato, follemente innamorato oserei dire, e non sto parlando di un amore comune come quello dei giorni nostri spesso privo di valore. Un amore che scava il cuore di chi lo prova, che lo mantiene in vita e allo stesso tempo lo conduce alla morte impedendogli di respirare e annebbiandogli i sensi. Il poeta ama perché non può fare diversamente e anche accorgendosi di essere ridicolo, un pazzo, come lo descrivi tu, continua ad amare e lo farà per sempre. Amare Laura è l'unico fine della sua vita e pur di renderla felice sarebbe disposto a morire. E' un uomo d'altri tempi , tormentato, spaesato e ridicolizzato da tutti ma mai solo perché ciò che gli tormenta il cuore non lo abbandonerà mai, come nel peggiore degli incubi.- A metà del suo discorso avevo alzato la testa, colpita dalla fermezza e dalla passione che trasudavano dalle sue parole. Qualcosa di profondo si nascondeva dietro quella spiegazione, e se non lo avessi conosciuto così bene avrei detto che lui stesso fosse turbato e tormentato nel cuore, proprio come Petrarca. I suoi occhi sembravano essersi accesi di una luce particolare, un fuoco ardente come la passione li illuminava e li faceva ardere più delle stelle in cielo ; per qualche istante desiderai che continuasse a parlare per sempre di Petrarca soltanto per continuare a fissare i miei occhi in quelle pozze d'erbe che mai mi erano sembrate più belle. Ero senza fiato, completamente senza parole e mi limitavo ad osservarlo fissare intensamente le pareti color crema della mia stanza. Mi fermai a pensare se nella sua vita avesse mai provato qualcosa di così forte e doloroso per qualche ragazza perché dal trasporto con cui ne aveva parlato sembrava proprio così. Attesi che distogliesse lo sguardo per porgergli la domanda che mi rimbombava in testa benché ne avessi paura e non sapessi cosa aspettarmi.
-L'hai mai provato? Quell'amore che hai appena descritto, l'hai già provato per qualcuno? - La voce mi uscì tremante più di quanto avrei voluto, era poco più che un sussurro ma calzava a pennello con l'atmosfera che ci circondava.
-No- mi rispose esitando e stringendo così forte le mani fra di loro da provare dolore -non ho mai provato niente di simile ma chissà magari sarai tu a provarlo un giorno no? Andiamo avanti ora?- Lo osservai ancora per qualche minuto mentre tornava a leggere i sonetti direttamente dal mio libro e decise di lasciare perdere l'argomento, almeno per quella volta.
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Il film scorreva con lentezza sul televisore in un noioso sabato sera, troppo afoso per uscire o partecipare a qualche festa del paese quando si poteva stare al fresco del condizionatore in casa a guardare un film. I miei genitori erano fuori città per un fine settimana in montagna e mi avevano lasciato alle cure di Matteo di cui si fidavano ciecamente, molto più che della loro stessa figlia. Avevamo deciso di ordinare due pizze e poi dopo cena di guardare un film, una commedia romantica leggera e poco impegnativa per quei dieci , quindici minuti in cui avevo davvero prestato attenzione. Matteo sembrava concentratissimo e rideva ad ogni battuta dei protagonisti mentre io mi limitavo a sorridere di tanto in tanto per non insospettirlo ma la mia testa era altrove, verso una conversazione del giorno prima con due mie compagne di scuola. Mi avevano raccontato del loro appuntamento con dei ragazzi di quinta, due di quelli che se la tirano e non prestano attenzione a null'altro al di fuori di loro stessi. Io ero rimasta in silenzio ad ascoltare i loro discorsi su come baciasse bene uno o su quanto fossero forti e premurose le mani dell'altro perché non sapevo cosa dire, come comportarmi. Non mi ero mai avvicinato ad un ragazzo per scopi che fossero lontani dalla banale amicizia e mai mi ero trovata in una situazione simile quando le mie compagne sembravano conoscere tutto nei particolari. Il pensiero di essere soltanto una bambina tornava a impossessarsi prepotentemente della mia mente, rafforzata dalle loro risate da oche che mi avevano spinto a tornare a casa con la testa china per nascondere l'umiliazione. Non avevo un ragazzo e sentivo di non piacere a nessuno ma anche a me sarebbe piaciuto uscire con qualcuno, sentire il suo corpo caldo a contatto con il mio o il suo respiro bollente infrangersi sulle mie labbra. Strinsi le mani a pugno con un movimento improvviso per contenere la rabbia e mi dimenticai della vicinanza con il  corpo di Matteo che evidentemente si rese conto di qualcosa e mise in pausa il film.
-Non stai bene Laura? E' tutta la sera che sei strana...-
-Va tutto bene Matteo, avrò forse mangiato un po' troppo - dissi sorridendo forzatamente per nascondere i reali pensieri e sperai che non si accorgesse di nulla. Stese il braccio oltre la mia spalla e mi strinse con dolcezza sul suo petto coperto soltanto da una maglietta a maniche corte e sottile. Mi accocolai su di lui lasciandomi cullare dal suo profumo intenso e dal ritmo del suo cuore.
-Mi vuoi dire cosa succede? Sai che non mi puoi nascondere nulla. Hai litigato con le tue amiche?- Non alzai la testa dal mio rifugio fra il suo torace e l'avambraccio e la voce mi uscì soffocata e difficile da udire .
-Più o meno. E' una storia lunga, non mi va di annoiarti con le mie paranoie, sei venuto qui per passare una serata in allegria, non per farmi da psicologo-
-Non può essere una serata divertente se qualcosa ti tormenta, avanti sfogati sono qui apposta.- Sospirai rumorosamente combattuta fra rivelargli le mie paranoie più oscure o mentirgli nonostante non lo avessi mai fatto in tanti anni di amicizia. Mentire a un amico era impossibile e mentire a Matteo sapendo di fargli un torto era anche peggio così mi strinsi a lui un po' più forte e inizia a parlare.
-Sono una bambina, ecco qual è il problema. Le mie compagne di classe sono mature, donne e sensuali mentre io mi sento ridicola. Sono corteggiate, i ragazzi le vogliono le cercano mentre io servo soltanto per passare i compiti la mattina a scuola o per tifare alle loro stupide partite di calcio. Tutte hanno un ragazzo, alcune anche più di uno mentre io? Io non ho nemmeno degli amici maschi al di fuori di te....ecco qual è il problema. - Le sue mani morbide avevano cominciato ad accarezzarmi i capelli con lentezza, come per calmarmi.
-Le tue compagne sono stupide, ecco il problema. Tu non devi ascoltarle...hanno quindici anni, non trenta, ricordalo sempre. Tu sei intelligente, sei bella , simpatica e dolce, che importa se non hai ancora un ragazzo, lo troverai senza fretta.-
-A me importa Matteo, e anche tanto. Io non voglio essere diversa, voglio essere come tutte le altre ma non lo sono e questo fa male, tanto male.-
-Non siamo tutti uguali Laura, lo sai bene ognuno ha i suoi tempi e quando sarà il momento anche tu avrai la tua prima storia. Più attendi e meglio sarà.- Mi scostai da lui velocemente, senza preoccuparmi di non fargli male e tornai a sdraiarmi a pace in su e con un braccio a coprirmi gli occhi. Non capiva e non avrebbe capito quello che da tempo mi tormentava e non sapevo cosa fare o con chi parlarne. Ero da sola, completamente da sola ad affrontare quel problema. -Non capisci- mormorai sottovoce senza guardarlo in faccia.
-Sì che capisco- mi rispose scostandomi il braccio dal volto e appoggiandolo contro la spalliera del divano per impedirmi di riportarlo alla posizione iniziale. Mi fissò con un'espressione seria e sicura, fiduciosa di quello che stava per dire. -Ci sono passato anche io e non credere che sia semplice stare a casa da soli quando tutti gli altri escono con le fidanzate. Ma è un periodo passeggero e prima o poi passa, per tutti.- Scossi la testa incredula che lui avesse provato qualcosa di simile, proprio lui con i capelli perfetti e il volto da copertina perennemente abbronzato, il sorriso mozzafiato e le fossette bambinesche ai lati del voto. Ma chi voleva prendere in giro? Tutte le ragazze avrebbero voluto uno come lui accanto e nessuna avrebbe trovato il coraggio di rifiutarlo. Mi alzai a sedere stringendo questa volta fra le braccia un cuscino trovato per puro caso sul divano.
-Matteo non prendermi in giro, fa già abbastanza male così. A quanti anni hai avuto la prima ragazza, a quanti hai dato il primo bacio? - Domandai per avere una conferma di quello che già sapevo per certo.
-Tredici ma non vuol dire nulla, i miei compagni di classe uscivano con le ragazze già dalla quinta elementare...- risi amaramente al suo tentativo di giustificazione andato a vuoto. Come avevo immaginato, Matteo non capiva e non avrebbe potuto capire, le nostre situazioni erano troppo distanti perché lui si calasse nei miei panni.
- Siamo sinceri ed affrontiamo la realtà...io non so nemmeno come si dia un bacio, cosa fare con un ragazzo o come avvicinarmi a lui senza tremare e balbettare come una bambina. Non so come dare un bacio - ridissi fra me e me - assurdo, semplicemente assurdo.- Restammo in silenzio per un po' ciascuno perso nei propri pensieri con soltanto il ronzio della televisione ancora accesa in sottofondo. Volevo qualcuno che mi amasse, qualcuno che mi volesse più che bene e mi trattasse in modo diverso da una sorella. Volevo sentire il calore avvolgermi durante un bacio e volevo poter dire con tranquillità che qualcuno mi aveva baciato, che forse in fondo non ero soltanto una bambina ma una donna e come tale potevo piacere a qualcuno. Ahimé quelle dolci immagini che si ripetevano nella mia testa non potevano che essere frutto della immaginazione e lo sarebbe rimaste ancora per molto purtroppo. Mi stavo rassegnando all'idea che nessuno mi avrebbe mai voluto e che sarei rimasta sola fino alla fine dei miei giorni. Come ho già detto, mi piaceva esagerare con la drammaticità ma in quei momenti ci credevo davvero. Sentivo un irrefrenabile desiderio di piangere salire in gola e bloccarsi proprio lì, poco più in giù del palato. Provai a sorridere e ricacciare le lacrime in fondo alla gola, almeno per qualche altra ora fino a quando , almeno, non avessi raggiunto il mio letto nella più completa solitudine. Feci ripartire il film a cui prestai davvero attenzione per i restanti quarantacinque minuti prima di spegnere completamente tutto e recarci insieme verso le stanze da letto. Ci fermammo accanto allo stipite della mia stanza, un silenzio imbarazzato aleggiava nell'aria e non avevo idea di come spezzarlo.
-Ti va se dormo con te questa notte? Ti tengo compagnia come ai vecchi tempi e faccio attenzione che nessun mostro entri di soppiatto durante la notte per rapirti.- Sorrisi al ricordo di innumerevoli nottate trascorsi vicini per proteggerci da ipotetici mostri notturni.
-Come vuoi, il tuo letto è sempre lì così come lo hai lasciato l'ultima volta- entrammo e uno alla volta andammo in bagno per cambiarci e lavarci prima di sprofondare nelle candide lenzuola al profumo di lavanda, l'ammorbidente che mia madre usava per il bucato da sempre per quanto potessi ricordare.
-Buonanotte mostriciattolo, dormi e non pensare troppo- mi disse con un'ombra di sorriso sulle labbra per poi voltarsi con il volto verso il muro dandomi le spalle. Gli risposi un "buonanotte" appena accennato e mi misi a fissare il soffitto dimenticando le sue raccomandazioni. Non potevo fare finta di nulla, non quando quel pensiero non smetteva di tormentarmi . Volevo la fiaba ma era così sbagliato? Mi rivoltai nel letto una decina di volte almeno, strisciando da una parte all'altra senza trovare pace. Il bagliore della luna filtrava appena dalle fessure della tenda color pesca e mi permetteva di vedere la figura di Matteo in penombra, l'abbassarsi e alzarsi lento della sua schiena ad ogni respiro che muoveva appena il lenzuolo tirato su fino al bordo dei pantaloni del pigiama blu notte. Venni colpito da un pensiero,  così all'improvviso e ancora oggi non saprei dire da cosa scaturì o se altre volte ci avessi anche solo pensato. Per la prima volta pensai che il mio migliore amico, quello stesso ragazzo con cui tante volte mi ero rotolata nel fango da bambina, fosse un ragazzo vero e proprio, un bel ragazzo. Quella consapevolezza mi fece accelerare il battito cardiaco a tal punto che temevo che Matteo dalla parte opposta della stanza potesse sentirlo. Non avevo mai pensato che fosse bello, dolce, simpatico sì ma mai bello. Lo osservai ancora con le guance rosse per l'imbarazzo e le mani che tremavano per un'insana voglia di accarezzargli placidamente la schiena muscolosa. Mi venne in mente un'idea, insana completamente insana, ma che non mi permise di pensare ad altro. Cosa avrei provato se le sue labbra, per prime, si fossero posate con dolcezza sulle mie? Il mio cuore si sarebbe sciolto per cotanta dolcezza, avrebbe aumentato i suoi battiti come in quel momento o sarebbe rimasto inerme come se non fosse accaduto nulla? Che sapore avrebbe avuto le sue labbra, la sua bocca a contatto con la mia più carnosa? Mi avrebbe stretto fra le sue braccia o si sarebbe limitato ad accarezzarmi le guance per poi lasciarmi andare? 
Per la prima volta l'uomo le cui labbra erano delicatamente appoggiate sulle mie aveva un volto. Non persi tempo e accesi con velocità l'abat-jour sul comodino illuminando all'improvviso la stanza.
-Matteo? Matteo? - Sussurrai con urgenza mista ad emozioni indefinite. Volevo si svegliasse , rispondesse alle mie domande...mi sentivo forte e coraggiosa. -Matteo svegliati devo parlarti!-
-Che succede? - Mi chiese con la voce impastata dal sono e gli occhi ancora chiusi benché si fosse voltato a fronteggiarmi. -Non stai bene? Hai avuto un incubo?- 
-Non proprio, no- dissi alzandomi dal letto e accovacciandomi accanto a lui con le gambe incrociate accanto al suo torace. -Tu mi vuoi bene vero? Bene bene?- Gli chiesi senza esitazione guardandolo raddrizzare la schiena contro il muro e stropicciarsi gli occhi. Bellissimo, semplicemente bellissimo. Se soltanto avessi potuto sarei rimasta a guardare il suo volto assonnato e dolce per sempre.
-Certo che ti voglio bene Laura, che domande sono. Sei la mia migliore amica, lo sai. -
-Ho bisogno che tu faccia una cosa per me, anzi mi piacerebbe che tu facessi qualcosa per me ...- risposi torturandomi le mani in grembo con l'ansia che per la prima volta quella notte faceva la sua comparsa. Non sapevo quello che mi avrebbe risposto ma ero curiosa di saperlo. 
-Vuoi un abbraccio, delle coccole? Vieni qui ti faccio spazio- mi disse spostandosi prima che potessi fermarlo.
-In realtà no- dissi preparandomi a lanciare la bomba senza sapere in anticipo gli effetti che avrebbe provocato. "tum tum-tum tum - tum tum" il cuore batteva all'impazzata e la pressione era alle stelle ma poteva farcela, dovevo farcela. Se avesse rifiutato sarei tornato nel mio letto, delusa, ma il giorno dopo tutto sarebbe tornato come prima ma non potevo non sperare nel cuore che l'esito fosse diverso. - Vorrei...è difficile e so che ti sto chiedendo molto ma vorrei che - presi un ultimo respiro, "o la va o la spacca " mi dissi prima di concludere con gli occhi chiusi - mi baciassi -. La bomba era stata sganciata e non c'era modo di tornare indietro.
Passarono minuti, interminabili minuti e il miscuglio di emozioni all'interno del mio corpo era a un passo dall'esplosione ma Matteo non parlava, teneva il capo rivolto verso l'alto e gli occhi fissi sul soffitto con la mente preda di chissà quale profondo pensiero. Lo odiai per il tempo che stava impiegando per prendere una decisione o soltanto parlare.
-Non credo di, ehm, di aver capito bene- mi disse soppesando con attenzione le parole. 
-Vorrei che mi baciassi, non un bacio fra amici ecco, un bacio...vero- Mormorai imbarazzata  scavando con la mente una buca per sotterrarmi.
-Laura io, non posso - disse afferrandomi entrambe le mani con forza - non posso portarti via il primo bacio. Dovresti baciare qualcuno per cui provi qualcosa e non buttarlo via così perché sei stufa di aspettare o perché tutte le tue amiche lo hanno già fatto. Non posso essere io quella persona.-
-Io voglia che sia tu Matteo, tu e nessun altro; e non perché sono stanca di aspettare ma perché non c'è nessun altro al mondo di più adatto. Mi conosci da sempre e sei la persona che tiene di più a me dopo i miei genitori, so che non lo rimpiangerò un giorno perché so che mi vuoi bene e non mi faresti mai del male. - Mormorai guardandolo fisso negli occhi senza tradire alcuna emozione. Era quello che volevo, ero certa di volerlo, e speravo che capisse e interiorizzasse la sincerità dietro quelle parole.
-Laura non è giusto. Sei arrabbiata e triste e lo capisco ma non puoi sperare di sollevarti l'umore con un bacio che non vuoi, un primo bacio... -
-Ti prego Matteo, per favore. Non ti chiederò più nulla. Per favore. - Lo pregai con un tono di voce sempre basso e non ero più in grado di controllare l'emozione. Mi avvicinai al suo corpo ancora nascosto dalle lenzuola e gli accarezzai con delicatezza lo zigomo in una carezza appena accennata, senza smettere un solo secondo di guardarlo negli occhi. Mi avvicinai maggiormente appoggiando l'altra mano sulla guancia più lontana in un tocco dolce, il più dolce possibile. Era combattuto , lo leggevo nei suoi occhi, e non smisi un solo istante di accarezzarlo per dimostrargli che non mentivo, lo volevo davvero. 
Percepì l'esatto istante in cui il combattimento ebbe fine nei suoi occhi per lasciare posto alla fermezza e sicurezza che necessitavo. Si avvicinò a sua volta, con lentezza, come un animale che studia la propria preda prima di attaccare; posò entrambe le mani sulle mie ancora ferme sulle sue guance. I nostri occhi si alternavano fra occhi e labbra, labbra e occhi e poi ancora labbra senza mai indugiare troppo. Se le mie mani non fossero state intrappolate dalle sue avrebbero tremato come non mai e ringraziai di essere seduta altrimenti le gambe non avrebbero retto sotto il suo sguardo infuocato da qualcosa che non riuscivo a distinguere, diverso da quello che mi aveva affascinato durante la spiegazione di Petrarca ma altrettanto favoloso e mozzafiato, se non di più perché per un attimo pensai di esserne io la causa. Fu una frazione di secondo, i nostri occhi indugiarono per qualche attimo in più sulle labbra dell'altro prima che questo si incontrasse, anzi, sfiorassero per la prima volta con delicatezza quasi fossero fatte di porcellana.
Il mio corpo prese fuoco, dalla radice dei capelli fino all'ultimo lembo di pelle dei piedi sentivo il mio corpo ardere di un fuoco sconosciuto. Ogni muscolo, ogni organo o tessuto bruciava in modo quasi insopportabile per un semplice sfioramento fra le nostre labbra. Esalammo entrambi un sospiro trattenuto troppo a lungo e i nostri respiri andarono a confondersi, mischiarsi, per la prima volta. Non sentivo più nulla, non vedevo più nulla e pensai quasi di essere in Paradiso perché mai avevo provato qualcosa di così forte, sconvolgente ed emozionante in tutti i miei quindici anni di vita. Meglio del regalo tanto desiderato a Natale, di un abbraccio dopo una caduta o della torta preferita dopo una pessima giornata. Meglio di qualunque cosa avessi mai provato. 
Rimanemmo con le labbra unite, così come le fronti per qualche minuto o forse più senza muoverci inalando soltanto il profumo dell'altro. Poi la pressione delle sue labbra aumentò e le sue mani si intrufolarono fra i miei capelli massaggiandomi il collo. Il semplice contatto di labbra si trasformò in un bacio vero e proprio e riuscì ad assaggiare le sue labbra come se fossero la mia pietanza preferita, una droga di cui non sarei mai riuscita a saziarmi perché anche volendo non sarei riuscita ad allontanarmi. La verità é che neanche lo volevo. Ero esitante e avevo paura, le mani tra i suoi capelli tremavano ma con il passare dei secondi presi maggiore confidenza grazie anche ai sospiri che di tanto in tanto abbandonavano la sua bocca.
Ci staccammo dopo interminabili minuti che non saprei descrivere e nemmeno me ne resi conto. Respiravamo a fatica, con il petto che si alzava ad un ritmo frenetico e mi accorse di avere le mani sudate per le emozione e la gioia che improvvisamente mi esplose nel petto alla consapevolezza che avevo baciato Matteo, il mio migliore amico e che lui non si era tirato indietro ma aveva risposto con la stessa intensità. Un sorriso più luminoso del sole si fece largo sulla bocca e mi strinsi forte al petto di Matteo abbracciandolo con tutta la forza che ancora possedevo in corpo. -Grazie, grazie grazie- gli mormoravo sul collo intervallando i sussurri a casti e dolci baci . Le sue braccia si strinsero maggiormente sul mio corpo e mi parve di percepire un sorriso là dove le sue labbra poggiavano sulla mia tempia. 
-Ti voglio bene Matteo, tanto. E... - mi bloccai non sapendo come continuare e esprimere quel sentimento che sentivo crescere nel petto ad ogni suo tocco e a cui non ero stata ancora in grado di dare un nome.
-Anche io ti voglio bene Laura, più di quanto tu possa immaginare. - Ci baciammo un'ultima volta , dolcemente, prima di abbandonarci al sonno. Quella notte dormì sei ore e furono le sei ore più dolci della mia adolescenza.
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Il mattino dopo ci alzammo come se nulla fosse successo e mi comportai come se quel primo bacio non mi avesse portato nuove consapevolezze e non avessi messo in discussione la maggior parte delle cose in cui credevo. La farsa andò avanti soltanto fino alla sera quando stanchi e distrutti dopo una giornata intera nella piscina in giardino ci coricammo sul cuscino. Volevo baciarlo, sentire di nuovo le sue labbra ma temevo che alla luce della televisione quando il cielo sopra di noi non era ancora scuro ma celava gli ultimi raggi del sole  mi avrebbe rifiutato. Invece fu proprio lui a fare il primo passo quando mi vide fissare con intensità le sue labbra lievemente screpolate dal sole. Ci baciammo quella sera dimenticando il film , uno di quelli noiosi tipicamente estivi, prima di andare a dormire e il mattino successivo e poi ancora e ancora per una settimana lontano da tutti come due ladri. Eravamo incerti, non sapevamo cosa fosse cambiato all'improvviso fra due amici che si conoscevano da sempre. Il mio cuore lo sapeva però, riconosceva quel sentimento che per la prima volta faceva irruzione fra le sue pareti segnandolo per sempre senza via di fuga, come il segno della grandine sulla carrozzeria di un'auto. 
-Baci bene però, per essere il tuo primo bacio... - mi disse una sera mentre eravamo distesi nel letto in camera mia con i nostri genitori, ignari di cosa stesse sconvolgendo l'animo dei loro figli, a discutere di lavoro e politica nel salone adiacente. 
-Lo dici perché sei costretto...hai rovinato l'atmosfera. - Feci per alzarmi turbata da quella che alle mie orecchie suonava come una presa in giro.
-Dove vai stupida? Non sto scherzando era per farti un complimento - disse stringendomi con delicatezza un polso e riportandomi la testa sul suo torace accanto al cuore che batteva ritmicamente. Lasciai che mi accarezzasse i capelli mentre io gli disegnavo delle lettere a caso sul fianco scoperto dalla maglietta.
-Com'è stato il tuo primo bacio? - 
-Uno schifo - mi misi a ridere, stupita della sua risposta. -Uno schifo davvero, sappilo. E no, non la conosci, l'ho incontrata in un villaggio a Barcellona , era inglese. -
-Allora io sono stata fortunata, il mio è stato perfetto - gli risposi senza ironia e alzandomi appena per appoggiare ancora una volta le mie labbra sulle sue. Durante il bacio sentivo il cuore pesante di preoccupazioni e il peso di ciò che avrei voluto dire da qualche giorno mi tormentava. Matteo mi piaceva, ero arrivata a quella conclusione, e se continuava a baciarmi probabilmente anche io dovevo piacere a lui. Desideravo ardentemente che quel qualcosa che c'era fra di noi si trasformasse in una storia vera e propria, volevo che diventasse il mio ragazzo a tutti gli effetti. Sapevo che i nostri genitori avrebbero approvato nonostante la differenza d'età e la mia mente da sognatrice mi vedeva già proiettata in dolci cene a lume di candela nella sua casa in città, oppure abbracciati al concerto della nostra band preferita.
-Ti devo parlare Laura, di una cosa un po' seria.- Mi raddrizzai completamente, sedendomi a gambe incrociate accanto a lui. 
-C'è qualcosa che ti preoccupa? E' successo qualcosa? - Domandai immediatamente preoccupata.
-No anzi, per certi versi è una cosa molto bella - rispose prendendomi le mani. Il mio cuore per un attimo accelerò
 i battiti e la pressione mi salì alle stelle nella speranza che stesse per dire quello che desideravo. Forse non c'era bisogno che pronunciassi il discorso che avevo provato e riprovato davanti allo specchio della mia camera. - Ti ricordi che qualche mese fa oltre ad aver fatto l'iscrizione per l'Università di Torino ho mandato una domanda anche in Inghilterra, a Manchester ? Be, credevo che la risposta non sarebbe più arrivata, che avessero cestinato la mia domanda. - Deglutii non capendo dove volesse andare a parare. -Mi sbagliavo. L'altro giorno è arrivata la risposta e... ecco mi hanno detto che sarebbero felici se decidessi di frequentare i loro corsi. - Rimasi senza parole, totalmente spiazzata da quello che mi aveva appena detto. Manchester era lontana, molto lontana considerato che non eravamo mai stati a più di dieci chilometri di distanza l'uno dall'altra . Fu come se una nuvola improvvisa mi avesse oscurato completamente il buonumore fino a qualche momento prima traboccante. 
-T-t- Tu ci andrai? Andrai a Manchester? - 
-E' un'occasione irripetibile, non posso non accettare...sarebbe da pazzi. E' una cosa solo temporanea, non durerà molto e poi sarò a casa per tutte le festività, non cambierà nulla.-
Mi alzai per prendere un bicchiere d'acqua e rinfrescare la bocca diventata improvvisamente secca. Sarebbe stato distante, niente più cenette nella sua casa o il concerto insieme. Le sue braccia si strinsero con affetto attorno alla mia vita e lasciai che posasse il capo sulla mia spalla.
-Ti prometto che non sentirai la mia mancanza, esiste Skype, Facebook e ogni tanto potresti venirmi a trovare con i miei genitori.-
-E' solo un po', ehm, grande da digerire così all'improvviso. Devo abituarmi all'idea di non averti più attaccato come una cozza - dissi facendolo ridere e allontanando il clima di tensione, oscuro e opprimente. - mi ci abituerò presto, almeno spero. -
Quella sera non ci fu più spazio per esporgli i miei desideri, passammo il resto della serata distesi sul mio letto ad accarezzarci e scambiarci baci furtivi quando sapevamo con certezza che i nostri genitori non sarebbero venuti a controllare. Avevo un ultimatum, poche settimane e lui se ne sarebbe andato, o mi davo una mossa o nulla si sarebbe avverato e avrei passato i successi tre anni a rimpiangere le mie scelte e inzuppare il cuscino di lacrime. 
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-Facciamo una gara, il primo che arriva a dieci bracciate vince - 
-La fai facile tu, fai nuoto da quando sei un bambino. Mi piacerebbe vederti fare una partita di pallavolo-
-Non dire stupidaggini , anche un bambino riesce a fare dieci bracciate. Pronti, partenza...via! - Gridò all'improvviso cogliendomi di sorpresa e guadagnando un ulteriore vantaggio. Cercai di recuperare il più fretta possibile muovendo le braccia ad una velocità tale da sentire vero dolore fisico e seppi per certo che lo avrei rimpianto successivamente. Dovevo raggiungerlo ma mi sembrava lontano così optai per il trucchetto più semplici, lasciai che proseguisse per un po' poi quando lo vidi abbastanza vicino lo afferrai per la gamba tirandolo vicino. Lo vidi sussultare per la sorpresa che crebbe quando avvicinai le nostre teste e gli lasciai un bacio veloce prima di allontanarmi e avvantaggiarmi.
Venne riportata indietro quasi brutalmente e immediatamente coinvolta in un bacio parecchio passionale a cui quasi non ero abituata. Riemergemmo per carenza di ossigeno continuando a baciarci. La schiena mi faceva male là dove premeva contro il bordo della piscina , ma ero disposta a sopportare ore di dolore pur di aver il suo corpo così vicino al mio . Sentivo i muscoli della sua schiena guizzare sotto il mio tocco, le sue braccia possenti stringermi e lui e mi sentii...serena, completa. Volevo che quel singolo momento durasse per sempre o che almeno il tempo si fermasse esattamente in quell'attimo, con il sole di mezzogiorno alto e caldo nel cielo, con l'acqua limpida rinfrescante a bagnarci le gambe, il profumo della carne alla brace a confondersi con quello del cloro, il suo corpo fra le mie braccia e i nostri corpi uniti in un solo battito.
Ci staccammo e ci guardammo negli occhi con un sorriso identico stampato sulle labbra consumate, dolce e affettuoso, un sorriso che si rifletteva nei nostri occhi luccicanti. "E' il momento " mi dissi " non c'è attimo più perfetto di questo" . Qualsiasi paura era naufragata al cospetto dei suoi occhi così dolci e , a mio parere, innamorati; perché in quel momento ero certa che qualsiasi cosa stesse provando il mio cuore fosse condivisa dal suo e quegli occhi ne erano una prova. Mi interruppe prima che potessi aprire bocca.
- Hai trovato il modo di farmi dimenticare la gara. - Non gli risposi, gli sorrisi soltanto stringendolo più forte a me.
-Matteo cosa vogliono dire questi baci fra di noi? - Domandai tremando appena e non per il freddo.
-Non ti piacciono, vuoi smettere?-
-No, non è questo. E' che non mi piace tanto l'idea di baciarci così, senza un significato apparente. Vorrei, so che mi prenderai per stupida e infantile, ma vorrei che ci fosse qualcosa di più.-
-Non capisco - mi rispose confuso.
-Vorrei che diventasse qualcosa di un po' più serio. Non che tu mi debba portare all'altare, sia chiaro, ma sarebbe carino, non lo so uscire davvero insieme, andare al cinema o a prendere un gelato come qualcosa di più che amici.-
-Vuoi...vuoi davvero essere qualcosa di più che semplici amici? - Mi sentivo morire ecco. Avrei voluto prendere quella testa che amavo tanto e sbatterla contro il bordo della piscina , mi sembrava fosse diventato stupido o si sforzasse di non capire per farmi arrabbiare. Non mi sembrava di essere stata ambigua ma non sarei mai riuscita a dirgli a chiare lettere che volevo diventasse il mio ragazzo. Speravo se ne accorgesse da solo e me lo chiedesse lui.
-Sì, Matteo, non sarebbe male - mormorai.
-Non ti sembra un po' affrettato? Magari non sei sicura di volerlo. -
-Matteo! -Dissi perdendo la pazienza e issandomi sul bordo della piscina rimpiangendo immediatamente le sue braccia calde. - Vorrei che mi tenessi per mano davanti a tutti, vorrei prendere un gelato con te e nel caso ci fosse un ballo, come quelli americani, portarti come cavaliere. Ti sembra abbastanza chiaro ora?- Lo vidi sorridere , sorridere davvero, e pensai "è fatta". Mi si avvicinò con lentezza fino a poggiare le mani sulle tue ginocchia.
-Non potevi essere più chiara- mi disse continuando ad avvicinarsi e sorridendo contemporaneamente.
-Lo prendo come un sì?- Domandai tornando a tremare dall'emozione. Di lì a qualche istante avrei avuto un ragazzo, e non uno qualsiasi, il mio Matteo. Incrociai le braccia dietro la schiena affinché non notasse il tremore ma per il rossore sulle guance potevo fare ben poco. 
-Mettiamola così, siamo più che amici, qualcosa di più. Ci piace baciarci e coccolarci, e non come amici. Se ci fosse un ballo, stile americano, ti porterei senza dubbio come mia dama- Concluse il discorso con un lungo bacio sugellatore, il patto era stato creato e difficilmente lo avrei infranto.
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La situazione idilliaca durò qualche settimana e ogni giorno mi sembrava sempre di più di vivere  nel mio giardino dell'Eden personale, con in sottofondo la voce di Matteo mentre ripeteva il mio nome e dieci, cento mila foto del suo volto. Pensavo a lui al mattino, durante la colazione, mentre studiavo o prima di andare a dormire...sempre. La testa era completamente altrove e i miei genitori dovevano riprendermi più volte per avere la mia completa attenzione. Ero pronta a confessare i miei sentimenti e portare la nostra relazione su un livello successivo. Proprio come stavo per farlo Matteo incominciò a scivolarmi dalle braccia con cui lo avevo coccolato e amato; iniziò a rifiutare le mie idee per il sabato pomeriggio , a casa veniva sempre meno sino a non passare neanche più per un saluto e il suo cellulare squillava a vuoto ad ogni mio tentativo. Tutto sembrava essere tornato a quei tre mesi che avevo odiato con tutto il cuore e la data della sua partenza si avvicinava ogni giorno di più rendendomi sempre più oppressa, cupa e delusa. Delusa di non essere riuscita a dirgli che lo amavo, delusa di essermelo lasciato sfuggire perché forse non ero abbastanza e si meritava di più . Ero triste perché credevo di essere riuscita a renderlo felice anche se per poco ma dopo il suo allontanamento non potevo che ricredermi.
-Non puoi stare in casa tutto il giorno Laura. Fuori è una bellissima giornata . Basta compiangere uno stronzo, esci, vivi e vedrai che lo dimenticherai in fretta- mi disse Francesca, una cugina più grande che era venuta a trovarmi per una settimana.
-Non posso Fra, non posso. Mi manca da impazzire , capisci? Mi manca troppo e vorrei soltanto riaverlo qua con me e stringerlo fra le mie braccia per non lasciarlo più andare via.-
-Laura si è allontanato lui. Lascialo andare e fagli vedere che anche tu sai come si vive.- Certa che non sarei comunque riuscita a dimenticarlo mi alzai dal letto e indossai l'abito più fresco che possedevo e seguii Francesca in paese, nel bar aperto ventiquattro ore su ventiquattro proprio davanti al giardinetto comunale. Ordinammo da bere e ci riparammo all'ombra di un terrazzo.
-Non capisco cos'ho sbagliato, cosa ho fatto di male per farlo scappare. Non risponde neanche più alle mie chiamate -
-Magari vuole pensare perché la situazione lo sta confondendo, lasciagli spazio.-
-Ma io sto male senza di lui- risposi sbattendo la lattina di the alla pesca sul tavolino. - Sto male, mi manca il respiro e mi sento così...debole e inutile. Mi basterebbe vedere il suo sorriso o sentire un suo abbraccio- sospirai sconfitta con la testa e le spalle basse. -chiedo troppo?-
-No che non chiedi troppo tesoro, ma vedrai che le cose si sistemeranno e presto avrai le risposte di cui hai bisogno. -
Rimanemmo al bar per tutto il pomeriggio sorseggiando bevanda dopo bevanda e mi costrinsi ad ascoltare gli interminabili discorsi di mia cugina pur di allontanare il pensiero di Matteo che continuava a tormentarmi con semplici parole o ricordi felici. Stavamo per andare via, le campane della Chiesa poco lontana suonavano le sei e mezza di sera e la bella giornata estiva era stata rovinata da incombenti nuvoloni neri che minacciavano pioggia.
-Laura perché non prendiamo il sentiero per tornare a casa? Facciamo più in fretta- osservai mia cugina confusa, sapevamo entrambe che il sentiero sarebbe stato un continuo di sassi ed erba alta e nessuna delle due indossava scarpe da ginnastica.
-Perché vuoi prendere il sentiero? Non mi va, rifacciamo la strada di prima - raccolsi la borsa e mi voltai verso il giardinetto ignorando la sua proposta.
-No Laura, fallo per me - disse afferrandomi il gomito e portandomi nella direzione opposta - è troppo affollata la strada, con il sentiero facciamo prima, fidati -
-Ma no dai perc - mi bloccai a metà frase immediatamente consapevole del motivo e ne ebbi un ulteriore conferma osservando gli occhi colpevoli di Francesca. Avevo sentito la risata, quella risata che sarei stata in grado di riconoscere nel bel mezzo di Time Square a San Silvestro o in un centro commerciale affollato, quella risata che aveva accompagnato pomeriggi interi della mia infanzia e che mi aveva scaldato il cuore d'amore fino a qualche settimana prima. Matteo era lì e non era da solo constatai una volta girata contro il volere di mia cugina. Era con il suo gruppo di amici, quelli più grandi che frequentavano già l'università e si comportavano come i padroni del paese. Sentì un nodo formarsi in gola alla vista di una bella bruna accarezzargli con affetto il braccio, nello stesso modo in cui lo facevo quando ancora eravamo qualcosa. Mi avvicinai al grupetto benché non mi piacessero molto, volevo provare a salutarlo, sentire la sua voce almeno una volta e osservare i suoi occhi per cercare di comprenderlo e allora se fosse stato necessario gli avrei lasciato lo spazio necessario per pensare, non lo avrei più cercato.
Era di spalle ed era impossibile scorgermi ma uno dei suoi amici doveva avermi notato così gli fece un cenno con la mano indicandogli di voltarsi. Trattenni il fiato quando rividi il suo bel volto abbronzato e la risata gli morì sulle labbra.
-Ciao Matteo- sussurrai appena e mi morsi le labbra per essermi mostrata così debole davanti ai suoi amici. Mi osservò per qualche istante e poi mosse la testa in modo quasi impercettibile prima di voltarsi e continuare a camminare con i suoi amici. Ci misi qualche secondo per capire che quello era il suo modo di salutarmi e quando lo compresi rimasi pietrificata, come una statua di sale, incurante della pioggia.
Faceva male, faceva un male atroce, come se un milione di spilli mi avesse trafitto il cuore con una forza crudele e animalesca.
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Gli scrissi un biglietto, nonostante il dolore che mi aveva inflitto, per augurargli un buon viaggio e una buona permanenza in Inghilterra. Glielo portai davanti a casa in bicicletta e lo abbandonai sul davanzale della sua finestra prima di tornare a casa e rifugiarmi nel posto più lontano del giardino di casa, là dove ancora erano rimaste le altalene su cui avevo passato pomeriggi interi, sempre con lui. Mi ero spinta troppo in là con il messaggio di auguri, gli avevo scritto "ti amo " perché non avevo saputo resistere e dopo giorni la mia forza di volontà era pari a nulla. Volevo fare un ultimo tentativo, sapere che sarebbe partito consapevole dei miei sentimenti per crogiolarmi nell'illusione che forse avrebbe voluto correre da me come nei film romantici e dichiararmi il suo amore corrisposto. Avevo imparato bene però che la vita non è un film così alzai lo sguardo da terra, molto più che sorpresa, quando mi resi conto che qualcuno mi aveva raggiunto alle altalene. Teneva stretto fra le mani il mio biglietto e il pacchettino annesso con la sua collana che avevo indossato per quelle settimane in cui eravamo stati insieme come segno d'amore.
-L'hai ricevuto allora, pensavo lo buttassi. -
-Scusami.- Scossi la testa, questa volta senza guardarlo in faccia. Ero così stufa delle sue scuse e delle sue parole vane, senza senso.
-Non voglio le tue scuse. Sono stata una sciocca ad illudermi con quel primo bacio pensando che provassi qualcosa per me nonostante fossi stato chiaramente contrario a baciarmi quella prima volta. Ho sbagliato, devo chiederti scusa io. - Ricacciai le lacrime indietro e strinsi più forte le catene dell'altalena dondolando appena. 
-Ti ricordi quando mi hai chiesto se avessi mai provato qualcosa di simile al sentimento di Petrarca? Ti ho mentito quando ho detto di no.- Non capivo il senso del suo discorso e tanto meno la sua presenza. -So cosa voglia dire amare qualcuno con tutto il tuo corpo, la tua anima, non avere più una vita al di fuori di quella persona. So cosa vuol dire dissetarti con i suoi sorrisi, cibarti dei suoi sguardi e morire ad ogni suo sguardo. So cosa significa bruciare dalla voglia di accarezzarla e stringerla tra le tue braccia per proteggere dal mondo quando sai che non puoi. E io non potevo perché la mia donna non era pronta, e io non avrei mai potuto fare qualcosa contro il suo bene-
-Cosa vuoi dire?- Non mi diede ascolto e continuò il monologo.
-L'ho guardata per anni dal lontano consolandomi con i suoi sorrisi e accontentandomi di esserle amico. Ma poi è cresciuta e dal nulla anche gli altri si sono accorti di lei, hanno posato i loro occhi famelici sul suo corpo puro e io non potevo fare nulla perché ero solo un amico. - Prese un respiro profondo e mi alzò il mento con le dita. - Quando mi hai chiesto di baciarti, quella notte, ero così euforico che sono entrato nel panico. Avevo paura di sbagliare di farti male e sapevo che in realtà non volevi davvero me, volevi solo una figura maschile che ti stesse accanto e ti facesse sentire donna e a me andava bene anche così. Sentire le tue labbra, il tuo sapore, Dio è stato magnifico e impossibile da spiegare. Incredibile, ecco. Poi i baci , tutti gli altri baci, li ricordo tutti sai? Ogni bacio era un piccolo tassello del mio cuore che tornava al suo posto dopo una tormenta distruttiva durata anni. 
Quel giorno in piscina non credevo fosse possibile che fra tutti avessi scelto me, che volessi me come tuo primo ragazzo, quello che non si scorda mai così dicono. E se fosse stato per me sarei stato anche il tuo ultimo, ti avrei portato all'altare in quell'esatto momento. Ma poi mi reso conto che un sentimento simile avrebbe potuto distruggerti, sei così piccola e fragile , ti avrei fatto male. Così ho deciso che al posto della tua sofferenza era meglio la mia . Mi vergogno tutt'ora del modo ossessivo con cui ti amo, questi sentimenti per te mi distruggono e dopo aver letto il tuo biglietto non posso più nascondermi. Ti amo, follemente , da impazzire, credo da quando sei caduta in quella pozzanghera di fango da prima. Ti amo. - si fermò un secondo per asciugare le lacrime che non mi ero resa conto stessero scendendo lungo il mio volto. -Ho scelto di andare in Inghilterra per stare lontano da te, per non farti soffrire con il mio inutile amore ma tu mi ami e io ti amo e possiamo essere felici insieme giusto? Certo se tu mi vuoi ancora...-
Non seppi cosa dire, le parole erano bloccate in un cuore che scoppiava d'amore e gioia incontenibili. Mi amava, Matteo mi amava ed era il mio principe azzurro. Lo baciai con tutto la forza che avevo in corpo facendolo cadere dall'altalena e trascinandolo sull'erba ignorando i vestiti puliti e l'erba ancora bagnata. Lo baciai per dimostrargli che aveva torto, che anche io lo avevo sempre amato ma che non me ne ero resa conto perché ero troppo ingenua. Lo baciai perché soltanto attraverso i baci le nostre anime avrebbero potuto riconoscersi, appartenersi per non lasciarsi più andare.
-TI AMOOOOOOOOOOOO !!!!!!!!- Urlo all'aperta campagna stringendomi forte contro il suo petto, così forte da permettermi di respirare con fatica ma in quel momento l'unico mio pensiero era il sapore di Matteo sulle mie labbra. 
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Il mattino successivo lo accompagnai all'aeroporto con i suoi genitori, ci abbracciammo stretti per tutto il tragitto e gli promisi che non avrei pianto. Non sapeva quando ci saremmo rivisti ma in quell'istante non pensavo alla lontananza, non finché il mio corpo odorava del suo profumo.
-Chiamami Matteo, quando vuoi , sempre, anche in piena notte.-
-Ci vediamo presto tesoro, è una promessa.- Lo vidi tirare fuori dalla tasca la nostra collana , me la passò sopra il capo e me la infilò al sicuro sotto il bordo della maglietta. Mi baciò il naso con delicatezza e gli concessi un sorriso. - Ti amo, ricordalo. - Mi disse prima di allontanarsi verso il check in. 
Lo osservai allontanarsi con il solo bagaglio a mano verso un nuovo inizio ma con il cuore ancorato al mio e compresi per la prima volta le sagge parole del poeta. Mi ero innamorata di Matteo quasi per sbaglio, all'improvviso, quando ero bambina e avevo provato vergogna per anni senza volerlo ammettere. Mi vergognavo quando lo vedevo con qualche amica più grande e negavo di amarlo persino a me stessa per paura che ammettendolo gli altri avrebbero potuto deridermi. Tornai a scuola diversa,completamente diversa e non soltanto per i capelli un po' più biondi, quanto nell'anima : amare Matteo mi aveva e mi avrebbe cambiato la vita. Continuammo a sentirci, sempre ogni giorno talvolta anche più di una volta e ci incontravamo in ogni momento libero. Io finii il liceo e lui completò i suoi studi in Inghilterra. 
Ci sono state incomprensioni, litigi e sono stata sul punto di andarmene e lasciarlo più volte ma amare Matteo è un errore che non avrei mai potuto pentirmi di aver commesso. Un errore che si ripete in ogni bacio, in ogni notte in cui i nostri corpi si fondono in uno solo, in ogni "ti amo" sussurrato e mentre lo osservo con quel sorriso gentile e qualche anno in più sul volto. Baciare Matteo quell'estate è stato il mio primo giovanile errore, un errore che ripeterei altre milioni di volte.
-Sì, lo voglio. -

  
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