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Autore: sango_79    02/07/2014    2 recensioni
La confessione di un giovane principe a suo padre, e quella del Primo Ministro al suo Re.
Re Erion dovrà affrontare una mattinata molto impegnativa, ma ne varrà la pena.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Erisia'
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Erisia è un regno interamente creato da me, nel quale convivono esseri di razze diverse. Il mondo di Erisia è stato creato per un progetto che io amo definire di "fantasy collettivo" e che spero veda la luce entro la fine dell'anno, con la creazione di un sito dedicato.
Questa è la prima storia che ho scritto con quest'ambientazione.

La storia era già stata pubblicata altrove e l'ho postata anche su EFP perché partecipa al contest "I miei gusti, le vostre storie" indetto da Fefy_07 sul forum del sito.

 

Confessioni


Era ancora molto presto, ma Serian era di fronte alla porta dello studio di suo padre, sicuro di trovarlo già al lavoro su qualche importante documento. A dire il vero, erano diversi minuti che se ne stava lì in piedi, nel tentativo di recuperare la calma necessaria per affrontare la discussione che lo attendeva. Certo, era assolutamente sicuro della sua scelta, non aveva nessun dubbio su ciò che era e su quello che desiderava, ma il timore di poter deludere suo padre era grande. Senza contare che quello che aveva fatto durante la notte appena trascorsa avrebbe avuto senza dubbio delle ripercussioni, non solo su se stesso ma, soprattutto, sulle persone che amava.
Alla fine prese un respiro profondo e bussò alla porta, aspettando che suo padre lo invitasse a entrare prima di aprirla. Il Re Erion di Erisia era seduto, come tutte le mattine, dietro l'enorme tavolo da lavoro del suo studio, intento a esaminare una pila di documenti ufficiali. Quando vide il figlio il suo volto si illuminò di gioia e gli sorrise, mettendo da parte la pergamena che aveva in mano.
"Serian! Oggi ti sei alzato presto?" lo salutò.
"Ho bisogno di parlarti, Padre. Puoi dedicarmi qualche minuto?" Serian aveva provato a sorridere, ma a giudicare dall'espressione di suo padre non doveva essergli riuscito troppo bene.
"È successo qualcosa?" gli chiese subito il Re, preoccupato, alzandosi e aggirando il tavolo.
"C'è una cosa importante che devo dirti."
Serian fissò suo padre negli occhi, teso, e il sovrano si limitò ad assentire, guidandolo verso la panca ricoperta di cuscini, tra le due grandi finestre che si aprivano sulla parete dello studio che guardava a est.
"Ti ascolto" si limitò a dirgli, una volta seduti.
Serian sospirò di nuovo. Per quanto avesse ben chiaro in mente quello che doveva dire, non riusciva a trovare un buon modo per iniziare il discorso. Come si dovevano dire certe cose ai propri genitori? E soprattutto, come avrebbe dovuto dire quella cosa al suo Re? Non era riuscito a preparare un discorso adatto, non con il poco tempo che aveva a avuto a disposizione, quindi decise di passare direttamente al punto fondamentale della questione.
"Oggi il Primo Ministro verrà a parlarti e ti darà le sue dimissioni" disse tutto d'un fiato, senza sfuggire lo sguardo di suo padre. Sguardo che non riuscì a celare la sorpresa.
"Tu come fai a saperlo?"
"Perché è colpa mia."
Suo padre lo fissò con insistenza, gli occhi assottigliati, come alla ricerca delle risposte alle miriadi di domande che di sicuro gli affollavano la mente.
"Spiegati" si limitò a ordinargli, dopo alcuni minuti.
"È successo che... insomma io... e lui..."
Bene, era ufficialmente più difficile di quanto si fosse aspettato. Non gli era mai capitato di balbettare in un modo così indegno. Si mosse a disagio sul bordo della panca sulla quale erano seduti e chiuse gli occhi per cercare di mettere ordine tra i suoi pensieri, perché quello che doveva fare era troppo importante per lasciarsi bloccare dalla timidezza. Quando riprese a parlare la sua voce era bassa ma decisa.
"Lui penserà di esserti venuto meno, di aver tradito la tua fiducia, ma non è vero!"
Il Re gli mise una mano sulla spalla, stringendo appena.
"Perché hai detto che è colpa tua?"
Suo padre era sempre stato il suo porto sicuro. Al di là del suo titolo, e nonostante questo, era sempre stato presente per lui e per i suoi fratelli. Calmo, forte, pronto a elargire sorrisi orgogliosi e incoraggiamenti, li aveva guidati come il più amorevole dei padri. Si meritava di conoscere tutta la verità, fin dall'inizio.
"Mi sono innamorato, Padre." gli confessò. "Sono innamorato da anni di una persona meravigliosa. Una persona la cui fedeltà per te e per il Regno viene prima di qualunque altra cosa."
Aveva parlato fissandosi le mani strette in grembo, per questo non aveva visto gli occhi di suo padre spalancarsi per la sorpresa.
"Per anni ho cercato di farmi notare da lui, di fargli accettare i miei sentimenti, ma mi ha sempre rifiutato, facendosi scudo del suo ruolo e delle sue responsabilità. Per anni! Fino alla notte scorsa."
"Un uomo. Lui!"
Quella di suo padre non era una domanda, era la presa di coscienza di qualcosa su cui aveva sempre evitato di riflettere. Serian sollevò finalmente la testa per guardarlo negli occhi mentre annuiva.
"Hai usato qualche trucco per farlo cedere?" e stavolta la domanda di suo padre era stata posta con un tono severo e un'espressione grave.
"Non lo avrei mai fatto!" negò con forza il Principe.
Il Re sospirò pesantemente e si alzò dalla panca.
"Vai dietro l'arazzo" ordinò secco.
"Padre..." provò a dire Serian, ma lui lo interruppe.
"Dietro l'arazzo" si limitò a ripetere, con un tono che non ammetteva repliche, e al Principe non restò che ubbidire all'ordine.
L'arazzo di cui parlava il Re era sistemato dietro il suo grande tavolo da lavoro. In pochi sapevano che quel pesante drappo di velluto nascondeva in realtà una nicchia che poteva ospitare almeno tre persone in piedi, ancora meno erano quelli che sapevano che fosse stato incantato per permettere a chi si trovava all'interno di vedere quello che succedeva fuori. L'arazzo e la nicchia erano stati creati circa ottocento anni prima, quando Erisia era in guerra con l'allora potente Regno di Tartros. All'interno della nicchia, a quei tempi, c'erano sempre due fidate Guardie Reali che proteggevano il sovrano dai frequenti attentati.
Serian sapeva che suo padre se ne era servito solo pochissime volte e in occasioni davvero particolari. L'ordine che gli aveva dato lo lasciava perplesso e preoccupato, ma lo eseguì tenendo per sé i suoi timori.
Dal suo nascondiglio, vide suo padre sedersi di nuovo sulla sua poltrona e riprendere a lavorare come se non fosse successo nulla. Più il tempo passava, più Serian sentiva l'ansia aumentare. Sapeva che suo padre era un Re giusto e un uomo buono, ma era anche consapevole del fatto che fosse sempre stato geloso dei suoi tre figli. Soprattutto di lui, che era il più piccolo e il più timido. Irrazionalmente, iniziò a temere che avesse deciso di punire l'uomo che, a quel punto ne era ormai certo, suo padre pensava lo avesse sedotto.
Quando finalmente qualcuno bussò alla porta Serian era ormai sull'orlo delle lacrime, convinto com'era di aver rovinato il suo rapporto con la sua famiglia, di aver distrutto la vita dell'uomo che amava e di aver irrimediabilmente danneggiato il suo Paese.
Suo padre diede il permesso di entrare e Astor Vivirn, capo della potente stirpe di Draghi Vivirn e Primo Ministro di Erisia, fece il suo ingresso.
"Astor, amico mio, è raro vederti fuori dal tuo studio a quest'ora. È forse successo qualcosa?" gli chiese il Re, vagamente accigliato.
Astor lo fissò con uno sguardo serio, poi fece una cosa per lui inusuale e si lasciò andare a un piccolo sospiro.
"Re Erion, mio Signore" gli si rivolse, chinando la testa. "Ho il permesso di avvicinarmi a voi?"
Il Re strinse gli occhi, guardandolo con attenzione, e si limitò a fare un cenno con il capo per dargli il consenso. Astor aggirò il tavolo e si fermò accanto alla poltrona sulla quale sedeva il suo Re. Senza rialzare lo sguardo, si lasciò cadere in ginocchio.
"Sono qui per rimettere la mia vita nelle vostre mani, Maestà. Sono un essere debole che non è riuscito a resistere alla tentazione, il tradimento che ho perpetrato nei vostri confronti non merita perdono. Vi chiedo solo di credere che ciò che ho fatto non aveva l'intenzione di danneggiare voi o il Regno, Maestà."
Re Erion, che aveva girato la poltrona verso di lui per poterlo guardare bene e lo aveva fatto parlare senza interromperlo, lasciò che nello studio calasse un'opprimente cappa di silenzio, dopo la sua confusa confessione.
"Mi hai tradito, Astor?" chiese alla fine, con un tono di voce freddo che poco gli si addiceva.
"L'ho fatto, Maestà" confermò lui, la voce ridotta ad un sussurro colpevole.
"Ciò che stai confessando è molto grave, Primo Ministro Astor Vivirn. In che modo mi avresti tradito?"
"Nel modo peggiore" rispose Astor. "Ho approfittato del sangue del vostro sangue nel modo più vile e spregevole."
"Spiegati, Astor!" ordinò il Re in tono secco.
"Il Principe Serian. Ho approfittato di lui durante la notte appena trascorsa. Io..." Astor si ritrovò all'improvviso senza parole, come non gli capitava fin da quando era un cucciolo sprovveduto. "Ho disonorato vostro figlio, Maestà" ricominciò dopo aver preso fiato. "Sono pronto ad assumermi le mie responsabilità e ad affrontare qualunque pena vogliate infliggermi" concluse, alzando finalmente la testa e guardando il suo Re con la fierezza che lo aveva sempre caratterizzato.
"Vediamo se ho capito quello che stai cercando di dirmi, Astor" interloquì Re Erion. "Tu non hai saputo tenertelo nei pantaloni, mio figlio è un uomo di facili costumi e io devo rinunciare al mio Primo Ministro. Mi sono dimenticato qualcosa?"
Serian, all'interno della nicchia, era ormai accasciato contro il muro, una mano sulla bocca per tacitare i singhiozzi che era sicuro stessero per arrivare.
Astor, ancora inginocchiato ai piedi del Re, alzò di scatto la testa che aveva riabbassato quando il sovrano aveva iniziato a parlare.
"Serian è una persona meravigliosa!" affermò, forse con troppa enfasi. "La responsabilità di quanto accaduto è solo mia. Era puro, prima della scorsa notte, e sono certo che, nonostante quello che è successo, il suo cuore lo sia ancora."
"Interessante scelta di parole" commentò il Re, lasciando perplesso Astor. "Dimmi, come pensi che dovrei comportarmi ora, Astor?"
"È innegabile che non possiate più nutrire fiducia in me, dopo quello che ho fatto" si riscosse. "Vi prego solo di non punire il Principe Serian per quello che è successo, la colpa è solo mia. Credo sia meglio che io lasci il mio incarico e la Capitale adducendo qualche grave problema di salute, in modo da non sollevare uno scandalo ed evitare di creare problemi al Principe e alla Famiglia Reale. Una volta lontano da qui e dalle malelingue che potrebbero danneggiare voi e Serian sconterò la mia pena."
"Non essere ridicolo" lo interruppe il Re. "Vorresti lasciare il Paese senza un Primo Ministro?" gli chiese irritato.
"Danneggiare il Regno è l'ultima cosa che vorrei, ma non sono più degno di essere il vostro braccio destro, perciò credo sia meglio lasciare la carica a una persona migliore di me."
"Finiscila di dire sciocchezze!" ordinò Re Erion, alzandosi in piedi con uno sguardo fiammeggiante. Astor abbassò di nuovo la testa, affranto e colpevole.
"Spiegami solo una cosa" riprese a parlare il sovrano, dopo aver riacquistato la calma. "Sei un Drago, hai più di mille anni, sei l'uomo più potente del Regno dopo di me. Perché Serian? Tra tutti, perché proprio mio figlio, se sapevi che dopo si sarebbe arrivati a questo?"
Astor chiuse gli occhi e deglutì. Serian, il viso rigato dalle lacrime, in quel momento fu seriamente tentato di disubbidire agli ordini di suo padre e di spostare l'arazzo che lo nascondeva per andare a prendere le difese dell'uomo che amava. Re Erion continuò a guardare il suo Primo Ministro, in attesa della sua risposta.
"Perché sono un debole" affermò Astor, gli occhi ancora serrati. Il Re si accigliò e Serian si sentì morire.
"Perché Serian è bello, dolce e intelligente. Avrei dovuto allontanarlo tempo fa, smettere di pensare a lui in quel modo, ma non ci sono mai riuscito. Sono un debole" concluse.
Serian, ormai, non guardava più ciò che succedeva oltre l'arazzo. Tutto ciò che desiderava in quel momento era che quell'incontro finisse, per poter raggiungere la pace delle sue stanze e sfogare il dolore che sentiva straziargli l'anima. Si era comportato come un bambino viziato, aveva fatto di tutto per ottenere ciò che voleva senza prendere in considerazione i sentimenti di Astor e i suoi desideri e senza preoccuparsi delle conseguenza delle sue azioni. Si era comportato alla stregua di una cortigiana, aveva commesso il più grande errore della sua vita e i bei ricordi della notte appena trascorsa erano cancellati dal ribrezzo che provava per se stesso. E dal dolore per la consapevolezza che l'uomo che amava da tutta la vita non provava i suoi stessi sentimenti.
"Hai ceduto al desiderio per un ragazzino, Astor, per uno che nella tua Razza verrebbe considerato un neonato" gli fece notare il Re in tono discorsivo, prima di lanciare un'occhiata veloce all'arazzo e avvicinarsi al suo più stretto collaboratore. "Mi dispiacerebbe dover rinunciare a te, potrei anche dimenticare questa discussione e far finta che non sia mai successo nulla, se mi giuri che la cosa non si ripeterà" concesse il Re.
Serian trattenne il fiato, chiedendosi con disperazione quanto male avrebbe fatto sentire il suo cuore spezzarsi in tanti piccoli pezzettini. Astor sollevò la testa e guardò il suo sovrano negli occhi con un'espressione tormentata.
"Non posso. È l'unica cosa che non posso promettervi" sussurrò affranto.
"Lo ami?" gli chiese all'improvviso Re Erion.
"Lo amo" confermò lui, con una sicurezza disperata.
Re Erion strinse gli occhi e lo guardò severo.
"Ti ho affidato il mio Regno, Astor Vivirn. Ho messo la vita della mia gente nelle tue mani, fidandomi del tuo onore e del tuo giudizio. Ti ho appoggiato anche quando le tue decisioni si scontravano con il benessere di una parte dei mie sudditi, perché ero e resto convinto che tutto ciò che hai fatto l'hai fatto per il bene di Erisia."
Re Erion guardò Astor abbassare la testa, come se il peso della colpa di cui si era macchiato fosse troppo grande per permettergli di tenerla sollevata, e si concesse un sorrisino perfido.
"Tuttavia, la situazione ora è diversa" riprese a parlare con voce severa. "Mi hai profondamente deluso, Astor. Mi aspettavo qualcosa di ben diverso da questa discussione."
Il Re iniziò a camminare a passi lenti, allontanandosi dall'uomo ancora inginocchiato.
"Sarò chiaro con te, Astor. In questo momento ti sto affidando ciò che di più prezioso ho al mondo. Fallo soffrire e ti ucciderò con le mie stesse mani."
Astor fissò il suo sovrano incredulo, incapace di credere che avesse davvero detto quello che gli era parso di sentire. Lo osservò camminare tranquillo e dirigersi verso l'arazzo magico. Lo guardò spostare il pesante drappo di velluto e si alzò di scatto. Serian era nella nicchia, il viso bagnato dalle lacrime e gli occhi spalancati, increduli, fissi sul padre.
"Detto tra noi, Astor, se ti fossi approfittato di lui senza amarlo a quest'ora ti avrei già strappato il cuore dal petto" gli confidò il Re con un ghigno soddisfatto. Quando però si rese conto che i due non sembravano intenzionati né a muoversi né a parlare, iniziò a indispettirsi.
"Esci da lì, Serian" ordinò a suo figlio. Il Principe fece come gli era stato detto, evitando con cura di posare lo sguardo su Astor.
"A questo punto direi che tu devi chiedermi qualcosa che riguarda l'assumersi le proprie responsabilità, giusto?" riprese a parlare il Re, rivolgendosi questa volta al Drago. Astor parve sorpreso e indeciso per alcuni istanti, poi riprese finalmente il controllo di se stesso e si schiarì la voce.
"Mio Re, posso sperare che mi facciate l'onore di concedermi la mano di vostro figlio, il Principe Serian?" chiese, la mano sul cuore e la testa chinata in segno di rispetto.
"Concessa" acconsentì il Re. "Ovviamente, sai bene quanto me che per il momento è meglio evitare che la notizia diventi di dominio pubblico" constatò.
Aspettò che Astor facesse un cenno di assenso con la testa e sorrise soddisfatto.
"Credo che ora andrò a svegliare la mia Regina. Mi aspetto che al mio ritorno vi siate chiariti e abbiate lasciato libero lo studio perché possa riprendere a lavorare" e, senza aggiungere altro, lasciò la stanza con una faccia paurosamente gongolante.
Astor aspettò che la porta si fosse chiusa alle sue spalle, prima di girarsi verso Serian con un'espressione indecifrabile.
"Eri dentro la nicchia" constatò con voce incolore, iniziando ad avanzare verso di lui.
Serian annuì e fece un passo indietro.
"Hai sentito tutto. È stato divertente?"
Serian scosse la testa e continuò a indietreggiare, quasi spaventato dall'avanzata di Astor.
"Bene, perché non lo è stato nemmeno per me" gli confidò, lo sguardo improvvisamente cupo.
Serian fece l'ennesimo passo indietro e si ritrovò con le spalle al muro, impossibilitato a fuggire oltre. Astor sembrava arrabbiato e lui iniziava a temere quello che sarebbe potuto succedere.
"Perché eri qui?" gli chiese Astor. "Perché sei scappato come un ladro mentre dormivo?" incalzò, poggiando le mani sulla parete ai lati del suo viso per impedirgli di allontanarsi.
"Sapevo che saresti venuto da mio padre. Il tuo onore..." provò a spiegare Serian, ma Astor lo interruppe.
"Hai una vaga idea di cosa ho provato quando mi sono svegliato e non ti ho trovato nel mio letto?" lo aggredì. "Ho creduto di averti fatto del male, Serian, di averti costretto. Ho pensato che tu non lo volessi davvero e che fossi fuggito da me, disgustato da quello che ti avevo fatto."
"No!" fu il turno di Serian di interromperlo. "Come puoi... sono stato io a sedurti, lo volevo più di qualsiasi altra cosa al mondo. Come puoi anche solo pensare che io possa essere disgustato da qualsiasi cosa che ti riguardi? Io ti amo!" confessò disperato.
"Buon per te" commentò Astor afferrandolo con forza, una mano sulla nuca e l'altra alla base della schiena. "Perché sei mio, Serian. Anche ufficialmente, ora. Mi appartieni e non ti permetterò mai più di allontanarti da me."
Qualunque cosa avesse avuto intenzione di dire Serian, a quel punto, si perse sulle labbra di Astor. Il Drago lo baciò famelico e imperioso, stringendoselo contro con tanto impeto da fargli quasi male. Lo baciò così a lungo che sembrava non dovesse smettere mai.
Quando alla fine le loro labbra si separarono, Serian faceva fatica a respirare e a mettere a fuoco la stanza che lo circondava.
"Mio" ribadì Astor a bassa voce, quasi in un ringhio, spostando le mani a incorniciargli il viso e scrutandolo con attenzione, come alla ricerca di qualcosa.
"Tuo" sussurrò Serian in risposta, un sorriso radioso che si faceva strada sulle sue labbra gonfie e arrossate e gli illuminava il volto.
Astor parve soddisfatto, perché gli sorrise a sua volta e gli diede un altro bacio lieve.
"Per un po' non potremo rendere noto il nostro legame, ma sia ben chiaro: tu dormirai con me e non ti azzarderai mai più ad andare via senza avermi salutato come si deve" gli intimò Astor.
Il sorriso di Serian divenne ancora più grande mentre annuiva felice.
"Ora sarà meglio andare" sentenziò Astor, seppur a malincuore. "Io ho del lavoro da portare a termine, dato che sono ancora il Primo Ministro, e tu faresti meglio ad andare da tua madre e annunciarle il nostro fidanzamento. Per quanto io sia potente, non ho nessuna intenzione di provare a tenerle testa, nel caso si convincesse che ho in qualche modo fatto del male al suo cucciolo" considerò, accigliato.
Serian fece un passo indietro per staccarsi da lui e lo guardò, l'espressione all'improvviso fin troppo seria.
"Non preoccuparti, mio amato. Il tuo Principe ti proteggerà dalla Dragonessa cattiva" proclamò con aria di importanza, arrivando perfino a battersi una mano sul cuore per rafforzare le sue parole.
Astor lo guardò a bocca aperta, troppo stupito da quel comportamento tanto inusuale per lui da non trovare parole per ribattere a tono. Quando finalmente si riscosse Serian aveva già raggiunto la porta e la stava aprendo con una risata gioiosa. Astor scosse la testa e sorrise a sua volta, affrettandosi a seguirlo. Prima di allontanarsi, però, riservò un'occhiata soddisfatta allo studio del Re. Aveva passato molto tempo in quella stanza, con il suo sovrano, e molto altro ancora ne avrebbe passato in futuro. Poco più di un'ora prima vi era entrato convinto di aver perso tutto, in quel momento ne usciva non solo con ancora la sua carica, ma anche, e soprattutto, con il tesoro più prezioso che avesse mai potuto desiderare.
Chiuse la porta silenziosamente e si avviò al seguito di Serian, felice come mai nella sua lunga vita, con la risata allegra del suo Principe che gli riscaldava il cuore.

 

   
 
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