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Autore: TheHeartIsALonelyHunter    06/07/2014    1 recensioni
[Crossover Harry PotterOnce upon a timeDisneyDragon TrainerLe 5 leggendeStand by meSherlock]
Emma Swan non crede nella magia.
Emma Swan non crede assolutamente alla magia.
Allora come è finita nella Scuola di Magia più famosa dell'Inghilterra?
[Partecipa al contest a turni "Un anno speciale a Hogwarts" indetto da Dragone 97]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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La creatura emise un altro verso gutturale, scioccando le chele con fare minaccioso. Emma rimase pietrificata dai suoi occhi scuri che la fissavano con voracità golosa e dallo schioccare delle chele, che come un segnale prestabilito pareva indicare che l’ora di pranzo doveva essere arrivato per il mostro.
Killian le rivolse un ultimo sorriso e si voltò verso il nemico con sguardo follemente eccitato.
“Tranquilla, piccola”. Emma vide la sua ombra alzare la bacchetta. “Ti proteggerò io”.
Poi una sfilza di urla varie si udirono nel silenzio della notte, seguite da striduli suoni emessi dallo scorpione. Emma si ritrovò a guardare raggi di luce  rossa, azzurra e bianca partire da qualche punto nel buio e confluire contro la creatura, che pareva avvertirle come se gli facessero solo il solletico. Qualunque cosa quei due stessero facendo non era evidentemente sufficiente ad abbattere il Figlio del Re Scorpione.
Senza la luce delle lanterne o delle bacchette a illuminare la scena, Emma non riusciva a vedere granché, ma percepiva le foglie frusciare accanto a lei, mentre i due ragazzi si spostavano da una parte all’altra della Foresta, e le urla eccitate di Killian che spronavano la creatura.
“Oh, forza, bestione!” lo sentì gridare da un punto indistinto alla sua destra. “Valgo decisamente la pena di essere mangiato, vedrai!”.
Gli unici istanti in cui non fosse completamente buio e in cui la battaglia non le sembrasse tanto confusa erano quelli in cui i raggi illuminavano sinistramente tutta la scena, per brevi istanti, come tuoni che illuminano il nero fondo della notte durante una tempesta. Erano immagini passeggere e intermittenti, come quelle viste accendendo e spegnendo di continuo la luce in una stanza: il viso folle di Killian nella mischia; Neal che lanciava un incantesimo mentre lo scorpione stava per raggiungerlo; la creatura che la guardava con occhi grandi e tremendi, promettendole una fine lunga e dolorosa.
Non era ancora riuscita a muoversi, eppure era ben consapevole che in quella posizione era decisamente ben esposta: lo scorpione avrebbe potuto colpirla quanto voleva, e nell’oscurità Neal e Killian avrebbero potuto mirare male e ferirla con un incantesimo. Così, facendo forza sulle mani, si alzò lentamente in piedi, col viso ancora fisso sul campo per cogliere ogni minimo movimento che la sua vista riuscisse a cogliere e le gambe pesanti.
Ma non riuscì a fare altro: rimase così ferma, con le gambe divaricate e la vestaglia che le fluttuava intorno ai ginocchi magri. Un terrore freddo l’aveva presa tutta. Emma non si era mai sentita così stupida e debole in tutta la sua vita.
Non c’era nulla che fosse in grado di fare, nulla che il suo cervello ghiacciato riuscisse a elaborare, nessuna idea che riuscisse a nascere dalla sua mente.
Il movimento elegante del polso di Killian che lanciava un incantesimo…
Lo scorpione che lanciava un grido sommesso…
E il suo pungiglione che, con velocità assurda, sferzò l’aria notturna con uno stridio.
Killian fu abbastanza svelto, e si abbassò prima che potesse colpirlo. Neal non fu altrettanto fortunato: la coda dell’animale lo prese in pieno petto, e il ragazzo andò a sbattere contro un albero emettendo un verso strozzato che la fece impallidire.
“Neal!” urlò con quanta forza aveva. La vista dell’amico immobile contro la corteccia, il suo viso pallido e massacrato dai tagli, le labbra semi schiuse e gli occhi che tentavano inutilmente di aprirsi furono la molla che la fece muovere dal punto in cui aveva assistito impotente alla battaglia fino ad allora, il respiro corto e il volto cereo.
“SCAPPA!” udì la voce di Killian, che sembrava ora estremamente lontana. Ma Emma non lo ascoltava nemmeno: corse più veloce che poteva verso il punto in cui Neal era. Sentì il Serpeverde gridare qualcosa, ma non ascoltò: il suo unico pensiero era l’amico.
Lo scorpione pareva non aver gradito molto la sua mossa, perché un istante dopo Emma fu scaraventata in aria da qualcosa che le si infilò, dispettoso, tra le gambe. Fu un volo breve, ma bastò a lasciarla senza fiato con la faccia riversa tra le foglie, i sensi sordi a qualsiasi impulso esterno, il suo corpo incurante di qualsiasi cosa stesse accadendo.
Fu solo un istante, un istante in cui nulla la turbò. Poi si sentì trascinata per le caviglie, ed emise un urlo di dolore: quella destra doveva essere rotta, perché il contatto era stato devastante.
Lo stordimento la prese tutta, la sua mente non riusciva a capire null’altro se non che stava per diventare il pasto di quella creatura che non avrebbe neppure dovuto esistere.
La sua mente sembrava essere vuota e tutto appariva dannatamente senza logica: non era vero, non poteva essere vero. Non era fisicamente possibile che una cosa così enorme esistesse. A meno che non fosse un esperimento mal riuscito di genetica e chiunque avesse progettato quel teatrino stesse cercando di tenerlo a  bada in quel posto. Forse era per questo che era tassativamente vietato entrare: doveva esserci una centrale nucleare lì accanto, o qualcosa del genere. Doveva pur esserci una spiegazione logica… Doveva!
“EMMA!”.
Quell’urlo parve riscuoterla dallo stato confusionale in cui era caduta. La caviglia pulsava di dolore e la ferita sulla guancia doveva essersi riaperta, ma non era assolutamente il momento di fermarsi a piangersi addosso: fosse quella il frutto di qualche mutazione genetica o della magia, stava per divorarla.
La bambina conficcò le dita con quanta più forza aveva nel terreno, e si ribellò dalla presa dello scorpione agitando le gambe con decisione. La terra le entrava sotto le unghie e la caviglia si lamentava sempre più veementemente, ma Emma non poteva mollare.
Si contorse nel fogliame, respirando affannata, appellando a sé quanta più forza aveva e dibattendosi tra gemiti e strilli. Lo scorpione emetteva altri versi, tirava più forte, ma lei continuava a trattenersi al suolo, affondando i palmi nel terreno e aggrappandosi a qualsiasi cosa potesse darle sostegno: un ramo, una pietra… Qualsiasi cosa che potesse rallentare la sua corsa verso la morte.
“KILLIAN!” gridò, con quanta voce aveva. Lo scorpione mugghiò di nuovo, e Emma si rese conto che doveva essersi avvicinata di molto alla sua bocca: il suo fiato le scompigliò i capelli, e la bambina sentì uno strano odore come di carne putrefatta che le diede il voltastomaco.
Non poteva fare altro: la bacchetta le era sfuggita di mano quando aveva fatto quel volo, e anche se l’avesse avuta, cosa avrebbe fatto? Era solo una ragazzina del primo anno, e non sapeva assolutamente nulla che potesse tornargli utile.
Oh, ma perché non era stata più attenta durante Incantesimi o Difesa contro le Arti Oscure? Perché non aveva imparato più formule e si era mostrata così indifferente a tutto ciò che, in quel momento, avrebbe potuto salvarla?
Perché non ci aveva creduto, ecco il perché. Non aveva creduto a una singola parola che gli avevano detto dal primo giorno, era stata tanto sorda da non sentire gli avvertimenti, tanto cieca da non vedere le evidenze, tanto cocciuta da negare che, sì, la magia doveva esistere, e che ora avrebbe potuto aiutarla.
Se solo si fosse degnata di studiare.
Se solo si fosse degnata di crederci, anche solo per un istante.
Uno strattone più deciso degli altri la fece scivolare via dalla pietra a cui era aggrappata, e la bambina sentì un dolore sordo attraversarla partendo dal palmo.
Emma urlò di terrore, tentando un ulteriore appiglio. Scavò disperatamente nel fogliame, guardandolo macchiarsi del rosso del suo sangue (doveva essersi fatta qualcosa alla mano), appellandosi a tutta la forza che aveva, all’ardimento che prima l’aveva animata. Ma qualsiasi forma di energia che avesse avuto prima si era come prosciugata, e ogni movimento che ora compiva era decisamente troppo lento e troppo poco deciso per contrastare la forza dello scorpione.
“KILLIAAAAAN!” urlò di nuovo, aggrappandosi al terreno con quanta forza aveva. Scosse le gambe gemendo, ma la caviglia era diventata oramai talmente dolorante che a ogni movimento la prendeva un conato di vomito.
Nessuna reazione dal Serpeverde. Nessun segno che l’avesse anche solo udita. Il pensiero che se ne fosse andato lasciandola al suo destino la sferzò tutta, e ad Emma sembrò di cadere in un buco nero e senza fine: Killian non poteva averla abbandonata. Non poteva essere sola.
Non poteva farcela.
“AGUAMENTI!”, fu l’ultima cosa che Emma udì nitidamente prima che il ruggito emesso dallo scorpione sovrastasse qualsiasi altro suono, e un sospiro di sollievo le uscì dalla gola quando udì la presa sulle caviglie cessare.
Intontita e non ben conscia di ciò che fosse accaduto, Emma si arrischiò a guardarsi alle spalle. Il solo voltare la testa le costò un forte dolore alle tempie che la fece tremare tutta.
Lo scorpione ululava di dolore, mentre due getti d’acqua lo colpivano con forza. A Emma servirono alcuni istanti per accorgersi che l’acqua proveniva dalla bacchetta di Killian… E da quella di Neal.
Il ragazzino si teneva in piedi con la bocca contratta in una smorfia di dolore, ma nonostante i bozzi e le ferite stava bene. Stava bene…
“CORRI!”.
Emma scosse la testa, incapace di comprendere cosa stesse accadendo. Killian le stava urlando qualcosa, le stava intimando di fare qualcosa…
“Va via da qui, Emma, veloce!”
Ma lei non voleva andarsene. Non poteva andarsene.
I getti d’acqua sembravano diventare sempre meno efficaci, e lo scorpione si stava già riprendendo… E Neal stava facendo uno sforzo immenso per mantenere la sua posizione: la bacchetta gli tremava tra le mani, e dovette reggerla anche con l’altra mano per non farla scivolare via. Emma si accorse solo allora che aveva i palmi scorticati e gonfi. Evidentemente lo scontro con Killian era stato anche più duro di quanto avesse immaginato.
Anche l’altro sembrava sul punto di cedere: il getto d’acqua che aveva creato sembrava rivoltarsi contro di lui, e i suoi muscoli erano tutti tesi nello sforzo di mantenere indietro l’incantesimo.
Lentamente lo scorpione schioccò le chele… E guardò Neal con aria famelica.
Il suo braccio agì prima della sua mente: afferrò qualcosa che giaceva nel terreno (Emma non capì mai come aveva saputo che era precisamente lì) e lo alzò contro la creatura.
“Wingardium Leviosa!”.
Era una cosa così idiota e lo scorpione così immenso che Emma si stupì lei stessa quando, con un verso di sorpresa, quello si alzò in volo sopra le testa di Neal e Killian, agitando il pungiglione all’aria con aria idiota.
Emma rimase con la bocca spalancata e la bacchetta alzata in mano, a guardare quello che lei stessa aveva fatto, la gola secca e gli occhi sgranati. Un istante prima non credeva nella magia… Ed ora aveva sollevato uno scorpione gigante in volo.
Prima che potesse anche solo sussurrare “Porca miseria”, si udirono due “Stupeficium!” perfettamente contemporanei. Due raggi rossi nella notte colpirono lo scorpione sulla parte più molle della pelle e quello fu scaraventato lontano, mentre il suo verso stridulo riecheggiava ancora.
La notte ridiventò all’improvviso silenziosa. Unici suoni, i loro tre respiri affannati, il frusciare del vento che si impigliava tra i rami degli alberi e il crepitio lieve del terreno. Era tutto così straordinariamente calmo rispetto al rumore che c’era stato prima che le venne quasi il mal di testa.
Un “Lumos” stremato uscì dalla gola di Neal, e la Foresta ritornò almeno un minimo luminosa.
Il viso del Tassorosso era bianco e sudato, ed era ben chiaro che un solo passo gli costava una fatica immensa. Nella luce azzurrina della bacchetta il suo volto sembrava ancora più scavato e scheletrico. Alle ferite riportate durante la rissa con Killian si aggiungevano quella causate dal suo volo disastroso, e il ragazzo sembrava davvero reggersi in piedi per un puro miracolo.
Emma fu quasi sul punto di dire qualcosa, qualsiasi cosa che potesse essere sufficiente per fargli capire quanto dispiaciuta e addolorata si sentisse, quanto stupida era stata a volerlo trascinare fino a lì, quanto idiota era stata a permettere che andasse con lei. Ma non era mai stata brava con i discorsi, e sentiva che tutto ciò che avrebbe detto sarebbe stato una grandissima stupidaggine.
Killian si avvicinò a lei riavviandosi i capelli all’indietro con un sospiro di sollievo. Chissà perché, il primo pensiero che le venne guardandolo fu che evidentemente la sua prima preoccupazione mentre combatteva doveva essere stata la sua acconciatura.
“Cavoli, Swan” commentò il ragazzo, sedendosi accanto a lei tra le foglie. “Come hai fatto a fare quella cosa pazzesca?”.
Lei spalancò la bocca per dire qualcosa, poi la richiuse. Non aveva veramente idea di cosa avrebbe potuto dire. Era tutto così confuso…
Neal si accasciò con un gemito tra le foglie, affondando il viso tra di esse. Il suo primo impulso fu quello di poggiarli una mano sul capo e controllare ogni sua ferita, ma si trattenne a fatica. A Neal non sarebbe piaciuto.
Killian aspettò una risposta per qualche secondo, poi si arrese.
“Va bene!” commentò, unendo le mani  e esibendosi in un sorriso compiaciuto. “Come andiamo?”.
Emma rimase allibita a quella domanda.
“Come andiamo?” ripeté in un filo di voce. Killian parve accorgersi della cretinata che aveva detto, perché il sorriso scomparve immediatamente dal suo viso e lo vide deglutire rumorosamente.
“COME ANDIAMO???” urlò, con quanta forza aveva. La rabbia la riempiva così completamente che Emma sentiva di poter anche ignorare il dolore alla caviglia per gettarsi al collo di quell’idiota.
“Sono venuta in questo postaccio VERO, sono stata attaccata da un mostro VERO, sono stata in pericolo di perdere la vita VERAMENTE e il mio migliore amico per poco non ci rimetteva VERAMENTE la pelle! Per te come va, Jones, dimmi un po’? ”. Il suo tono si alzava a ogni parola e la sua espressione doveva sembrare decisamente minacciosa, perché Killian pareva decisamente spaventato da quell’improvviso sfogo di rabbia. Dal suo rifugio tra le foglie sentì Neal alzare la testa lievemente: immaginò la sua espressione allibita a osservare la scena. Ma probabilmente il fatto che stesse facendo quella scenata con Killian doveva anche soddisfarlo in un certo qual modo
“Spero tu ti sia divertito a fare il mago figo con in tuo mantello da cretino, perché io sinceramente non mi sono divertita affatto!” continuò, aprendo le braccia. “Non mi diverto rischiando la vita, io! E non mi diverto alzando un bestione in volo! Non è una cosa normale, Cristo!” urlò, quasi in preda all’isteria. “Dio santo, la magia non esiste!!! Potete fare di tutto per farmelo credere, ma io so che non esiste!!!”.
Neal aveva alzato gli occhi al cielo e aveva sospirato rassegnato, come chi si arrende definitivamente. Killian sembrava essere meno intimorito, ora, e la fissava con sguardo serio e… Semi comprensivo?
“Eppure ho appena fatto volare uno scorpione gigantesco che Dio solo sa come fa a esistere, e l’ho fatto con un pezzo di legno!!”. Mentre agitava la bacchetta in preda all’isteria totale il Serpeverde si ritirò come se avesse paura che lo colpisse in un occhio, con sguardo disgustato e stranito.
“E non ho idea di come ho fatto! Non so come né perché, ma ho fatto volare un fottutissimo scorpione gigante con un pezzo di legno!!!”. La sua voce raggiunse i picchi massimi che sentiva potesse raggiungere, e lei si fermò, svuotata di tutto ciò che aveva da dire, il respiro affannoso e gli occhi a chiedere dolorosamente “perché”.
Era tutto così strano… Tutto così assurdo…
Tutto ciò a cui aveva sempre creduto si sgretolava sotto i suoi occhi, lasciandola incerta e in balia dei dubbi. Cos’era vero e cos’era falso in quel posto? Cosa c’era di reale e cosa di irreale?
Killian la guardava senza parlare, gli occhi scuri che scintillavano alla luce della bacchetta di Neal, le labbra contratte come a impedirsi di dire qualcosa. La fissava come lei aveva guardato Neal qualche ora prima: come chi pensa a cosa dire senza sembrare ridicolo, come chi vuole dire “So come ti senti” ma sa che sarà inutile.
Poi il ragazzo si decise ad aprire bocca.
E disse poche ma chiare parole.
“È per questo che siamo qui con te, Emma: per aiutarti ad accettarlo”.
Un istante di silenzio e un sorriso storto.
Emma si rivolse a Neal, e lui annuì come ad confermare quello che aveva detto Killian.
La bambina li guardò entrambi, l’uno seduto accanto a lei con quel viso serafico e strafottente, l’altro con un sorriso timido a evidenziare una bellezza sopita e delicata.
E in quell’istante Emma seppe che erano divenuti amici.

Un prato grigio e spoglio.
Strisce di rosso che lentamente colavano a adornare un pendio sulla cui cima si ergeva una chiesetta dismessa e disastrata.
Poi vide chiaramente sé stessa, su quella collina, a guardarsi intorno con curiosità, i piedi scalzi e la sola vestaglia a coprirle il corpo scarno.
“C’è nessuno?”. La sua voce rimbombò nel silenzio, provocando vari eco spettrali. Il paesaggio era coperto da una fitta e densa nebbia, simile a quella della Foresta Proibita.
Un movimento impercettibile dietro di lei.
Lei che si voltava lentamente, a guardare una figura incappucciata. Indossava il mantello nero di Killian, e il suo viso era invisibile dietro il cappuccio.
“Che cosa vuoi da me?” sentì la sua voce, incerta ma ferma. Solo allora Emma si accorse che c’era qualcosa che non andava per niente nel suo viso, qualcosa che decisamente non tornava, qualcosa di sbagliato che però non riusciva ad afferrare. Era come quando, durante un’interrogazione, sentiva di avere la risposta sulla punta della lingua e quella sfuggiva via lentamente, scivolando dalla bocca e ritornandosene in un antro della sua mente, non troppo lontana per essere riafferrata ma abbastanza per essere irraggiungibile.
“Nulla di che, mia cara” sibilò qualcosa –o qualcuno- che le parve incredibilmente vicino.
Il suono di quella voce crepitante, di quel suono che non sapeva neppure se definire del tutto “voce”, di quel qualcosa che non sapeva davvero inserire nella gamma di suoni da lei conosciuti le fece venire la pelle d’oca.
Il mantello che cadeva lentamente a terra, sull’erba verde e brillante.
Il suo viso stupito e angosciato.
“Io… Io non voglio nulla a che fare con te!” esclamò, con una determinazione incerta e timida. Solo allora si accorse cosa c’era che non andava in tutta la situazione.
Il viso che stava guardando, bianco e allibito, era certamente il suo. Ma era più grande. Pareva avere almeno quattordici o quindici anni nei tratti più duri e decisi, e gli occhi presentavano una sorta di consapevolezza adulta che ancora non era del tutto sua.
La figura non disse nulla, ma si limitò a guardarla, avvicinandosi lentamente a lei con passo lento e ufficioso. Si ritrasse lentamente tentando di scampare a quelle mani che si avvicinavano con fare minaccioso.
“Non ho nulla che tu possa volere, davvero!”. Ora il suo tono era disperatamente conciliante, come quello di un killer che cerca di ingraziarsi il giudice. Ma questo non fermò l’altro: fece altri due o tre passi lenti e misurati, guardandola come se fosse un premio da conquistare.
“Io… Io non farò mai quello che mi hai chiesto, se vuoi saperlo!” esclamò, ancora meno sicura, ma agitando il dito come una maestrina. Le sue mani erano sempre più vicine, la sua paura sempre più grande.
“Insomma, cosa puoi volere da me?”.
La figura che le arrivava alle spalle, con una velocità innaturale.
Il suo trasalire quando lui le prese con forza la mano destra.
E poi di nuovo quella voce, che le bisbigliava all’orecchio due semplici parole.
“Voglio te”.

“Stai bene, Emma?” domandò Neal, sporgendosi lievemente verso di lei. “Hai l’aria pensierosa…”.
Solo allora lei parve riprendersi, e con un “Mh?” fissò come se lo vedesse per la prima volta il Tassorosso.
“Terra chiama Emma, Terra chiama Emma…” commentò il compagno, sorbendo il suo succo di zucca.
“Scusa” si affrettò a spiegare lei. “È che mi pare di aver fatto un sogno stranissimo stanotte ma non lo ricordo…”. Non ricordare era assolutamente frustrante, e la sensazione che quel sogno non fosse affatto inutile aumentava il suo sentirsi furiosa con sé stessa.
Neal alzò le spalle e disse, conciliante:
“Sarà stata una cavolata…”.
Emma rimase un altro istante a tentare di ricordare, di vedere anche solo una minima parte di quella visione, poi scosse la testa e affermò, poco convinta:
“Già… Probabile”.

Quella mattina tutta la scuola era stata informata della loro “piccola avventura”, come l’aveva definita la McGrannit, nella Foresta Proibita. Chissà perché Emma pensava che, se non avessero avuto assoluto bisogno di andare in Infermeria e fossero riusciti a nascondere la verità, Sherlock avrebbe comunque indovinato ogni dettaglio di quella loro trasgressione.
Fortunatamente il tutto si era risolto con qualche punto tolto a Tassorosso e a Serpeverde (che non l’avevano presa granché bene), perché l’espulsione era un’alternativa decisamente non contemplabile. A quanto pareva il preside Silente in persona (Emma si era oramai convinta che doveva essere vera quella barba) aveva apprezzato la loro “sincerità”. Era stata davvero una fortuna che Killian non avesse rivelato che il suo primo piano prevedeva portarli all’ospedale Babbano più vicino e poi trasferirsi tutti e tre a Las Vegas.
Sebbene la fuga dalla scuola fosse stata dipinta nei peggiori toni che la professoressa avesse trovato e lo scontro con il Figlio del Re Scorpione era stato del tutto omesso dal suo discorso, alla quarta ora i corridoi non facevano altro che risuonare del racconto dell’impresa che, raccontato in quei toni, faceva sembrare alcuni passi dell’ “Iliade” robetta.
Neal era stato letteralmente assediato da alcune Tassorosso perché gli raccontassero tutti i dettagli, ma era restio a rispondere e diveniva rosso ad ogni nuova domanda.
“Devi essere stato molto coraggioso” aveva commentato una certa Wendy, guardandolo con un’aria tanto adorabile e dolce che per un istante Emma ne era stata nauseata.
Neal era divenuto rosso per un istante, come sempre accadeva, ma stavolta aveva trovato la forza di sussurrare, con un tono anche lievemente pomposo:
“Penso… Penso di sì”.
Killian invece pareva sguazzare nello stato di celebrità come Zio Paperone sguazzava nell’oro: non mancava mai di raccontare nuovamente della suo eroica avventura, e ogni volta che lo faceva Emma era certa che aggiungesse qualcosa. Come si spiegava allora quella ragazza di Serpeverde che le aveva chiesto se si fosse sentita emozionata quando Jones l’aveva riportata in braccio a Hogwarts? O Jack che le aveva domandato se poteva chiedere a Killian di dargli lezioni di karate visto che era un esperto? O Duchamp che, con un sorriso folle, aveva domandato se il ragazzo baciava bene? Anche se probabilmente quella era farina del sacco del solo Teddy.
Quanto a lei, il suo comportamento freddo e distaccato era servito ad allontanare in fretta i curiosi: non aveva davvero voglia di parlare di nuovo dello scorpione, né ricordare tutto ciò che quello significava per lei. L’unica con cui si era concessa qualche semi confessione era stata Anna: alla sua curiosità spontanea e alla sua allegria entusiastica non poteva dire davvero di no.
C’erano poi stati quelli che si erano presentati anche a farle i complimenti, come Chambers che pareva essere rimasto davvero colpito dal suo coraggio (“Gordie mi ha detto che un Figlio del Re Scorpione è un avversario alquanto tosto” aveva commentato, imbarazzato) o Belle che ne aveva approfittato per chiederle scusa per non aver detto nulla quel giorno alla Serra.
“Non sono una che si districa molto bene nella vita reale” aveva spiegato arrossendo. “È tutto molto più semplice sulla carta…”. Emma non gliel’aveva detto ma si trovava pienamente d’accordo con quell’affermazione: decisamente non c’era nulla di più complicato della vita reale.
Sarebbe stata davvero dura credere in qualcosa che aveva sempre tentato così tenacemente di respingere, vedere in ogni piccola cosa lì a Hogwarts non l’arte di un cineasta ma un atto di pura magia, arrendersi alle evidenze senza opporre la minima resistenza.
Forse doveva semplicemente cedere al fatto che l’Emma concreta e scettica non era fatta per vivere in quel mondo. Avrebbe potuto andarsene quando voleva, ritornare nel caro vecchio orfanotrofio dove quel suo lato cinico e rabbioso era l’unico modo che conoscesse per sopravvivere.
Ma la verità era che non le dispiaceva affatto quel nuovo, strano, folle mondo.
Certo, ci sarebbe voluto un bel po’ ad abituarsi, ma sentiva che prima o poi  avrebbe iniziato ad apprezzare lo svegliarsi la mattina e trovare nella Sala Grande dei fantasmi che svolazzavano allegri sopra le loro teste, l’agitare la bacchetta e vedere scintille spuntare dalla sua punta, il mescolare degli ingredienti e sentire che a qualcosa sarebbe servito.
E poi c’erano Killian e Neal con lei.
Non poteva chiedere di meglio.

Il mantello della figura incappucciata frusciava lentamente sul pavimento freddo e bianco della stanza.
L’uomo, o ciò che restava dell’uomo, stava a capo chino sulla brandina, a fissare qualche dettaglio delle piastrelle squadrate che aveva attirato la sua attenzione.
“Te lo chiederò per l’ultima volta”, sibilò l’altro, tenendo la bacchetta puntata sulle tempie della creatura. La sua voce era calma e disinteressata, ma una punta di rabbia pareva essere celata dietro quell’apparente cortina di indifferenza. “Ti unirai a noi quando verrà il momento?”.
L’uomo sbuffò, sollevando un angolo della bocca e alzando gli occhi da ranocchio su di lui. L’intera superficie della sua pelle era raggrinzita e verdognola, simile a quella di un coccodrillo, e gli dava un aspetto malaticcio e allo stesso tempo tremendamente spaventoso.
“Dipende da ciò che siete disposti a offrirmi, caro” precisò, in un tono ovvio ma minaccioso.
Sotto il mantello gli parve di vedere la figura alzare lievemente un sopracciglio, come se quell’affermazione avesse infranto il muro della sua indifferenza e l’avesse stupito.
“Non combatteresti, dunque, per i tuoi ideali?”
L’uomo esplose in una risatina agghiacciante, simile a quella di un clown particolarmente ilare.
“Avere degli ideali non mi fa certo guadagnare qualcosa, caro, non ti pare?” commentò, il sorriso ancora stampato sul viso.
La figura rimase zitta un secondo. Poi commentò, in tono compiaciuto:
“Vedo che pensiamo sulla stessa lunghezza d’onda, noi due”.
L’uomo dalla pelle di coccodrillo sorrise maligno, scoprendo i denti scuri e malconci.
“Allora è ovvio perché tu debba farmi un buon prezzo, caro” sussurrò lui, malignamente. “Perché per avere i servigi di uno dei più grandi Maghi Oscuri di sempre non si può certo non dargli qualcosa che valga la pena e che lo ripaghi completamente”.
Eruppe in un’altra risata, le labbra tirate in quell’orrendo sorriso sghignazzante.
La figura parve riflettere un istante e poi lasciò cadere la bacchetta lungo il suo fianco. L’uomo continuava a guardarlo, interessato.
“Potrei offrirti la libertà…”. L’uomo alzò gli occhi al cielo e sospirò, come se avesse già vissuto quella scena un centinaio di volte. “Ma non sarebbe abbastanza per convincerti, visto che potresti andartene da qui in qualsiasi momento, vero?”.
L’uomo sorrise deliziato.
“Vedo che lei mi capisce davvero, caro” commentò con quel tono acuto e sibilante.
La figura parve fare un mezzo sorriso sotto il cappuccio.
“E… Se ti offrissi tuo figlio, invece?”.
L’uomo sgranò gli occhi, in un’espressione di sorpresa tanto stupita quanto dubbiosa.
“Bae?” domandò, in un soffio, come se pronunciare quel nome gli costasse uno sforzo.
La figura non si mosse dalla sua posizione.
“Sapete dov’è il mio bambino?” chiese, con quell’espressione speranzosa ancora impressa sul viso squamoso.
L’altro sospirò e, asciutto, spiegò:
“Se te lo dicessi tu andresti subito lì e il nostro accordo sarebbe inutile”.
Gli occhi dell’uomo divennero di fuoco e la figura lo vide stringere i denti con forza.
“Posso vederlo con la magia! Ho trovato lo strumento…”
“Potresti” lo interruppe la figura. “Ma non se il nostro Signore te lo impedirà”.
L’altro lo fissò per alcuni istanti, con una rabbia spaventosa negli occhi. Poi si alzò di scatto e, sul punto di scaraventarsi al collo dello sconosciuto… Si bloccò.
Il sorriso della figura era ben visibile anche sotto il cappuccio, a quella distanza. Il viso squamoso dell’uomo divenne una maschera di terrore, quando notò quello che aveva in mano l’altro.
Si avvicinò lentamente sotto lo sguardo di sfida e allo stesso tempo di orrore dell’uomo e sentenziò, con quella voce indefinibile:
“Ormai sei nostro, e non c’è nulla che potrai fare per liberarti di queste catene…”.
La sua mano carezzò con delicatezza la superficie lucida del coltello, mentre sussurrava, mellifluo:
“… Tremotino”.


Note d'autrice:
EEEEEE...
SIIII, ABBIAMO ANCHE TREMOTINOOOOOOO!!!
So che fa schifo come nome, preferisco anche io Rumple, ma non me lo ricordo mai...
Chi è la figura incappucciata?
Cosa vuole da Emma?
Chi è il figlio di Tremo? (OK, questo lo sapete già)
Per chi lavora il tizio?
Vi sono piaciuti i mini siparietti dei personaggi? Ho voluto dare a Chris una minima apparizione (QUESTO RAGAZZO SE LO MERITA TALMENTE TANTO... Insomma... Basta guardare la scena in cui consola Gordie... Oh mamma... GUARDATE QUEL FILM, VI PREGO. Se può servire convincervi... Guardate la mia immy del profilo e ditemi se le facce che hanno non sono epiche XD). E poi Belle è riapparsa. E la frase che dice... Sapete cosa? Lo penso anch'io. Totalmente.
AH, e c'è anche Wendy! Questa Wendy è quella di OUAT. Lo ammetto, non la adoro, però la BaexWendy mi piaceva... E chissà... Qui potrebbe essere canon.
Giusto perchè lo sappiate, tizio non è uno dei cattivi di OUAT o di HP o di qualsiasi altro film: è un personaggio completamente inventato da me. Forse lievemente ispirato a quello psicopatico di Peter. Non so, devo ancora definire quel punto.
Spero vi sia piaciuto e che non faccia totalmente schifo. La parte del combattimento con lo scorpione non mi è piaciuta molto, ma ci ho provato. Zia Row o la Clare avrebbero fatto decisamente meglio di me...
Vi lascio prima che mio padre mi uccida! Alla prossima!

  
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