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Autore: BloodyRoad    07/07/2014    1 recensioni
-…potresti non insegnare ai novellini queste sciocchezze? Li distraggono dal lavoro- borbottò nervoso, fingendo di trovare nuovamente un malsano interesse per gli stupidi documenti tra le sue mani.
Questo di certo non fermò Axel, che con estrema nonchalance, iniziò a strappare i fogli in tante striscioline di carta. E continuò a parlare, ignorando le richieste di Saix e continuando ad addestrare i suoi pulcini, da brava chioccia qual era. -…ora questi si chiamano tanzaku, e voi potete scriverci tutto ciò che desiderate.
[7 luglio. Andava scritto qualcosa a tema.
Akusai/LeaIsa. Shonen-ai.
Non è roba pesante.]
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas, Saix, Xion
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: KH 358/2 Days
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~Tanabata~

 

 

Le missioni erano state completate. L’atmosfera si era rasserenata. I nervi di tutti erano distesi.
Ma non per lui. Oh, no. Saix avrebbe davvero voluto prendersi un momento di pausa, ma l’ingrato compito che gli era toccato gli impediva perfino di poter pensare  a qualsiasi altra cosa che non fosse il suo lavoro.
Nonostante avesse una propria stanza adibita come un perfetto studio, il luogo preferito per fare il check finale di tutti i rapporti e dello stato attuale del completamento di Kingdom Hearts era la zona grigia.
Un po’ per l’immensa ampiezza della sala, un po’ perché i cuscini dei divani lì erano sublimemente comodi, un po’ perché di tanto in tanto passava qualche membro e si sentivano delle chiacchiere interessanti. Non che a lui interessasse, sia chiaro. Solo, era alquanto…piacevole sentirsi arrivare alle orecchie parole che non riguardassero conti e resoconti. Per sua sfortuna –o fortuna?- il resto dei membri non lo avevano mai temuto particolarmente (nonostante i suoi innumerevoli tentativi di stabilire una qualche sorta di autorità, ma…) e quindi non avevano alcuna soggezione nel parlare del più e del meno nello stesso luogo in cui il glaciale Numero Sette revisionava l’andamento della giornata. E così quella sera ne aveva sentite un bel po’: Xigbar si era lamentato con Xaldin, ancora una volta, di quanto fosse carina quella tipa che aveva visto ad Agrabah, e di quanto gli fosse dispiaciuto non poterla abbordare nemmeno per gioco; Demyx si era messo a suonare il suo Arpeggio seduto in modo scomposto (“Giù quei piedi dal divano!” aveva sbottato Saix, ma dopo un primo timoroso tentativo di obbedienza, Demyx era già tornato alla posizione di prima) finchè Larxene non era arrivata irritata –per qualche motivo- sbraitandogli di smetterla e dandogli un sonoro ceffone. E poi.
E poi arrivò lui.

Il numero Otto. Pur volendolo ignorare, non avrebbe potuto. Con quella spavalda voce. Chiassosa. Irritante.
Con i due marmocchi al seguito, naturalmente.  Anche loro decisamente irritanti.
Davvero, non voleva alzare il viso. Voleva far finta che quei tre che avevano messo piede nella sala avessero la stessa valenza di un soffio di vento spifferato dalla porta, ma per qualche ragione, qualche assurda forza oscura, diresse lo sguardo in direzione delle voci ridenti.
…e così incrociò i suoi occhi.
I suoi meravigliosi occhi verdi…
Se avesse avuto un cuore, forse Saix se lo sarebbe sentito sobbalzare nel petto. Ma siccome quello non era altro che uno sciocco pensiero dovuto ai ricordi,non ci fece troppo caso. Al contrario. Tuffò nuovamente il naso tra le sue scartoffie, perché quello che il trio di marmocchi –fisicamente e non- stava facendo non era affatto affar suo. E poi sapeva che si sarebbe trattato di qualcosa di estremamente infantile. Lo intuiva.
E ne ebbe la certezza quando accanto a sé si vide arrivare quel…coso dagli occhioni blu ed il sorriso demente.
Il suo stesso sorriso demente. D’accordo che Axel era incaricato di insegnargli tutto, ma…aveva decisamente esagerato. Come aveva osato prendere anche il suo sorriso.
Roxas era quasi timoroso, e diligente, con le manine dietro alla schiena e l’aria da scolaretto in punizione.
Saix alzò il viso, l’aria visibilmente scocciata. Non disse nulla, ma gli occhi dorati parlavano da soli.
“Che diamine vuoi.”
-Mh…Saix…- iniziò Roxas, a voce un po’ troppo bassa, dondolandosi lievemente.
Saix sbuffò sonoramente, poggiando il pugno chiuso su un fianco.
-Ti sarei grato se ti sbrigassi con quanto hai da dire, Numero Tredici. Non ho tempo di giocare.
Roxas si destò allora dalla sua timida riverenza, parlando tutto d’un fiato.
-…ci presti dei fogli?
Saix alzò un sopracciglio.
-…prego?
-Dico, dei fogli di carta…
-Ho capito, mi domando solo per quale assurda motivazione possano…
Ma Saix venne interrotto, e non da Roxas. Lui non avrebbe osato.
Nemmeno quel pupazzetto che amava portarsi in giro avrebbe azzardato di interrompere il secondo in comando.
Quell’idiota dai capelli rossi, invece, sì.
-Ci servono per il Tanabata, Saix- spiegò velocemente, prendendo dei fogli senza fare troppi complimenti dal tavolino proprio di fronte al divano dove era seduto il ragazzo coi capelli blu. -…Potresti non guastarci la festa almeno dopo il lavoro? Sì?- domandò poi, con una vocina irritantemente stucchevole.
Saix dovette trattenere un moto di rabbia, e tenere a bada quel pugno che da lì a poco, ne era certo, avrebbe incontrato la guancia di Axel.
Lui e la sua dannata faccia da schiaffi.
Invece, portò quello stesso pugno davanti alla bocca, tossendo per schiarirsi la voce.
-…potresti non insegnare ai novellini queste sciocchezze? Li distraggono dal lavoro- borbottò nervoso, fingendo di trovare nuovamente un malsano interesse per gli stupidi documenti tra le sue mani.
Questo di certo non fermò Axel, che con estrema nonchalance, iniziò a strappare i fogli in tante striscioline di carta. E continuò a parlare, ignorando le richieste di Saix e continuando ad addestrare i suoi pulcini, da brava chioccia qual era. -…ora questi si chiamano tanzaku, e voi potete scriverci tutto ciò che desiderate.
-Ma perché si fa, Axel?- domandò curioso il numero Quattordici, irritando i nervi del povero Saix.
Beh, non ci si poteva aspettare altro, da uno stupido pupazzo.
-…una stupida leggenda riguardo una tessitrice ed un mandriano, puniti per aver dimenticato i loro doveri a causa del loro amore- spiegò stesso lui, con fare saccente. -…e fu loro concesso di incontrarsi una sola notte all’anno. Il sette luglio, appunto. Perché credete che si chiami Tanabata?*
Ma Xion già non stava ascoltando. Si era fermata alla parola ‘amore’, mentre Roxas stava dando una mano ad Axel coi tanzaku.
-E’…è così romantico…- sospirò sorridente, stringendo le mani al petto.
Saix non trattenne un moto di disgusto. Perché fingere così palesemente di avere un cuore per provare certi stupidi momenti di smarrimento.
Finalmente, Axel tornò a parlare, sorridendo soddisfatto. –Ora, Xion, Roxas…scrivete pure i vostri desideri sui tanzaku. Dovremmo appenderli su un albero di bambù, ma…- sospirò, portandosi le mani ai fianchi e guardandosi intorno, come se si aspettasse di vederne uno nei paraggi da un momento all’altro. -…temo che dovremo farne a meno.-
Saix stava ancora fingendo di trovare il tutto fastidioso e fuorviante, quindi si costrinse a rileggere per la quarta volta il settimo rigo del rapporto di Demyx. Pessimo, come sempre.
Ma fu un’ottima copertura per poter ascoltare indisturbato quanto stava accadendo.
-Che desiderio scriverai, Xion?- cominciò Roxas, prendendo una delle penne che Axel stava porgendo.
Se si era portato le penne, perché disturbarlo nel chiedergli la carta?
-Non lo so, ne ho così tanti! Forse quello di riottenere un cuore…?- rispose Xion, ottenendo un moto di disapprovazione dal biondino.
-Buh! Che noia che sei. Axel, tu già stai scrivendo?
Ed infatti era così. Piegato sul tavolino, Axel stava componendo il suo desiderio, con una calligrafia decisa e vagamente sgraziata. Annuì soltanto, accennando un ‘mh-mh’ mugugnato appena.
Roxas si avvicinò curioso. E anche Saix, a quel punto, pensò che forse non gli sarebbe dispiaciuto sapere…
-Che cosa stai chiedendo?- si intromise il numero Tredici, sbirciando con noncuranza.
Saix si sarebbe immaginato una reazione indignata da Axel. Roba tipo ‘è una cosa personale, fatti gli affari tuoi!’ . Ed invece…
-…di avere sempre i denti in buona salute per mangiare gelati.
-…Axel, ma sei peggio di Xion!|
-Lo so!- commentò ridendo il ragazzo coi capelli rossi, ammirando in tutto il suo splendore il suo stupido desiderio. Perfino per i gusti di Saix era troppo ridicolo.
Finchè Axel non aprì di nuovo bocca, dopo qualche secondo di contemplazione.
-…è che i desideri davvero importanti, purtroppo, non si avverano.
La frase destò un moto di delusione in Roxas e Xion.
Ed una strana fitta a Saix, che sollevò lievemente lo sguardo, senza farsi notare.
-Perché dici così?- si lamentò Xion, stringendo i pugni.
Ma Axel non rispose. Rimase fermo, a fissare il suo tanzaku con aria assorta, come se avesse scritto il poema del secolo.
Roxas voleva sapere. Xion voleva sapere.
Ma Saix chinò il viso, guardando un punto non ben definito della stanza.
Lui sapeva la risposta.


-Isa! Isa presto!-
Isa dovette sollevare lo sguardo dal proprio libro, sbuffando sonoramente e guardando irritato l’amico coi capelli rossi, agitato davanti a lui come se stesse per scoppiare una guerra.
Si era messo comodo, lì, nel giardino di casa sua, accompagnato da un bel tè ghiacciato ed il suo romanzo preferito, ed ora doveva stare a sentire le chiacchiere infantili di quello che malauguratamente era ormai diventato una costante fissa delle sue giornate.
…malauguratamente, si fa per dire.
-Cosa Lea. Cosa c’è, stavolta.- mormorò secco, rivolgendogli tutta l’attenzione –e la pazienza- che poteva.
Lea era lì, con un pennarello e due fogli di carta sottili tra le dita.
-Presto, Isa. Prima che faccia sera. Dobbiamo scrivere i nostri desideri e poi salutare Orihime e Hikoboshi!-
Isa potè notare, a quel punto, che Lea aveva perfino deciso di indossare uno yukata arancione, e nonostante potesse constatare che gli stesse davvero molto bene, non potè non pensare a quanto fosse stupido tanto entusiasmo.
Insomma, era forse l’unico ragazzino della loro età che stava prendendo la cosa davvero sul serio. E poi non era da ragazzine indossare lo yukata?
A quanto pare per Lea questi erano solo dettagli, perché continuò imperterrito, come un razzo.
-E poi c’è la fiera, e ho una voglia matta di mangiare dei takoyaki!
-Perché, li fanno?- commentò annoiato Isa, poggiando il libro sul tavolino ed alzandosi di malavoglia.
Lo sapeva che Lea non avrebbe smesso tanto facilmente. Tanto valeva assecondarlo.
E poi, c’era da dirlo. A quel punto diventava quasi…contagioso. Ma sì. Una passeggiata in mezzo alla gente non poteva essere tanto malvagia, no?
Le guance di Lea si colorarono per la gioia di vedere che il suo migliore amico, finalmente, avrebbe partecipato al suo entusiasmo.
Porse il pennarello ed un foglio di carta. Isa lo guardò incerto.
-…e che devo farci?
-Scrivere un desiderio, te l’ho detto!
-Non ho desideri- tagliò corto Isa, infilandosi le mani in tasca.
Ma Lea già aveva gonfiato le guance, pestando un piede. Come il bambino capriccioso che era.
-Insomma, la vogliamo fare bene questa cosa sì o no?
Isa sbuffò di nuovo, e sospirò così forte che si sentì il suo ‘aaahhh’ riecheggiare per l’aria.
Prese il foglietto, sgraziatamente, e la penna. Ci pensò su solo qualche istante. Poi poggiò tutto sul tavolo, e dopo pochi gesti veloci, la sua calligrafia così precisa e ordinata sfavillava sul foglio.
Lea allungò il collo impunemente, curioso da morire.
…solo che venne deluso, e non poco.
-Ma che desiderio è? – si lamentò, cercando lo sguardo dell’amico che al contrario, sembrava completamente soddisfatto di quanto aveva scritto.
-Non c’è niente di male nel voler avere successo nella vita- affermò orgoglioso Isa, incrociando le braccia ed esibendo la sua espressione più snob.
-…sì, ma… ‘voglio passare l’anno con tutti 10’. Dai Isa. Lo sappiamo entrambi che sarà così!
-Ma perché? Che desiderio avrei dovuto scrivere?- brontolò Isa a quel punto, porgendo a sua volta la penna all’amico, che si fece subito pensoso.
Per poco. Perché si mise dalla parte opposta del tavolo, e coprendo con un braccio, iniziò a scrivere.
-…non lo so, ma qualcosa di…importante…- rispose, assorto, mentre sceglieva con cura le parole con cui esprimere il proprio desiderio.
Isa faceva di tutto per sembrare disinteressato, ma più volte si scoprì mentre allungava il collo nel tentativo di leggere, solo per vedersi ricambiare con un’occhiataccia di Lea, che spostava di volta in volta il foglio, al punto che entrambi fecero quasi un giro completo del tavolo.
Fu a quel punto che Isa non ne potette più.
-…andiamo, cos’hai scritto?
-Non te lo dico!- esclamò dispettoso il ragazzino coi capelli rossi, tenendo con entrambe le mani il suo tanzaku, orgoglioso.
Isa si indispettì a sua volta, suonando quasi infantile. Eh già. Lea aveva questo potere.
-Io il mio te l’ho detto!
-Ma il tuo era orribile.
-Ed il tuo è meglio?- domandò indignato Isa, con una smorfia.
-Il mio è perfetto- e con questa affermazione, Lea si incamminò verso l’uscita del giardino.
Isa lo fissò perplesso.
-Dove stai andando?
-Vicino alla fontana hanno messo delle piante di bambù! Vado ad appenderlo!
-…e tu vuoi appendere i fatti tuoi così, come se nulla fosse?
-Lo appenderò al ramo più alto!- e con questo, Lea si congedò con un sorrisone ed un saluto della mano. -…ci vediamo tra dieci minuti a casa mia, andiamo alla fiera assieme!-
-Che razza di bambino sei- fu il saluto di Isa, che si sedette di nuovo al tavolino, con l’intenzione di leggere il suo prezioso romanzo. Ma il silenzio fu quasi assordante. E…
Stupido Lea. Era colpa sua. Quando non c’era, Isa poteva quasi sentire il rumore del vuoto.
Ma a quel punto, rimasto solo col tanzaku, ignorò del tutto il libro, e prese tra due dita il suo desiderio. Effettivamente dovette ammettere che non era un granchè. Ma non aveva proprio idea di cosa scrivere.
Quindi, perché non prendere un po’ di ispirazione?

Ci mise poco ad arrivare alla sua meta, ed anche se quell’idiota di Lea non aveva specificato quale fosse la fontana adibita a ‘pozzo dei desideri’, la folla ridente gli indicava che quello era senz’altro il posto giusto.
Dovette faticare un po’, perché la folla davvero gli impediva di arrivare di fronte ai rami coi desideri. Ma sgomitando e sgusciando –benedetta la sua esilità, per una volta- finalmente aveva davanti una panoramica precisa.
Centinaia di tanzaku erano già stati appesi. Ognuno strillava speranzoso il desiderio del suo creatore.
Per quanto stupido, Isa doveva ammettere che…beh, era divertente. Non appese il suo, ma si divertì per un po’ a leggere quelli degli altri.
‘Vorrei un nuovo lavoro!’
‘Vorrei trovare un fidanzato!’
‘Vorrei un cane!’
‘Vorrei avere i capelli lunghi!’
‘Vorrei dimagrire!’
‘Vorrei essere promosso!’
‘Vorrei poter restare per sempre con Isa.’
Isa spalancò gli occhi, stupito da quell’ultimo desiderio. Non era firmato, ovvio, ed era stato appeso abbastanza in alto, ma aveva comunque catturato la sua attenzione per la calligrafia particolare.
Ed una volta compreso di chi fosse quella calligrafia…
…e…e quel desiderio…
Isa non riuscì a non arrossire, fissando quel foglietto. Razza di idiota! Non…non era una cosa da scrivere, quella! Qualcuno avrebbe potuto capire, e…e fraintendere, e…! ‘Vorrei poter restare per sempre con Isa’…!
Ma quanto poteva essere stupido?
Era chiaro che sarebbero rimasti insieme per sempre!
Avvampò ancora di più per il proprio flusso di pensieri. E rieccolo, il terribile potere di Lea di trasformarlo in una donnina sentimentale.
Il suo sguardo, però, si addolcì. Nella sua mente, riecheggiarono le parole di Lea.
‘Deve essere qualcosa di importante!’.
-…è importante anche per me…- sussurrò al biglietto, allungando la mano verso di esso.
Era un dono prezioso, quello. E Isa sentì dentro di sé la presunzione di poter affermare che quello era un desiderio solo suo. Nessun altro avrebbe dovuto vederlo.
Al diavolo Orihime, al diavolo…quell’altro, nemmeno ricordava il nome.
Ci avrebbe pensato lui ad esaudire tutti i desideri di Lea.
Si allontanò tra la folla, indisturbato, riponendo quel pezzo di cuore nella tasca dei suoi pantaloni.
Aveva un appuntamento, adesso.


-…e ora dove lo appendiamo, Axel?-
La vocina irritante di Roxas lo ridestò dai suoi improvvisi ricordi. Sbattè le palpebre, come se non si ricordasse cosa fosse accaduto, ma dopo pochi secondi, tutto fu chiaro.
Giusto in tempo per vedere l’espressione riflessiva di Axel.
-…appendeteli alle vostre finestre. Orihime e Hikoboshi lo vedranno senz’altro.
-Urrà!- fu il commento di entrambi i ragazzini, che entusiasti, corsero fuori dalla sala, stringendo nelle mani il loro tanzaku. Axel li osservò mentre andavano via, sorridendo dolcemente.
Un sorriso che rese Saix quasi geloso. O…o meglio, avrebbe potuto esserlo se…
Ma dovette interrompersi di nuovo. Lo stava fissando. E se ne rese conto solo quando, imbarazzato, notò gli occhi verdi di Axel rivolgersi verso di lui. Il sorriso era sparito. Lo stava fissando in modo quasi…inquisitorio.
-…tu non scrivi il desiderio, Isa?- domandò, in un modo stranamente serio.
Saix rimase zitto per qualche secondo. Poi, rispose.
-…i desideri vengono dal cuore.-
Quell’affermazione provocò una risata sarcastica ad Axel, che afferrò il suo desiderio dal tavolo –qualcuno lo aveva effettivamente letto?- e si avviò anche lui verso l’uscita.

-Potresti almeno provare, sai?- disse, prima di lasciare definitivamente la sala.
E a quel punto, Saix rimase nuovamente solo.
Quelle carte tra le mani come uniche compagne.
Si sentì quasi amareggiato da quella provocazione. Desideri? Si rendeva conto di quanto fosse stupido anche solo parlare di desideri, per quelli come loro?
E proprio come quando era completo, sentì il…peso…di quel vuoto.
Quell’assenza che senti quando arriva il gelo dopo una giornata di sole.
Purtroppo, anche senza un cuore, Axel…o meglio…
Lea…
…gli faceva ancora effetto.


In quell’eterna notte, si fece ancora più buio.
E Saix non poteva rimanere nella sua stanza. Non riusciva a prendere sonno, non era stanco.
E poi, aveva qualcosa da fare. Qualcosa di importante da fare.
Sapeva essere silenzioso, Saix.
Grazie alle sue ottime capacità di spionaggio, e c’era da dirlo, a quegli utilissimi corridoi oscuri, riuscì intrufolarsi silenziosamente attraverso quella porta chiusa. Quella porta bianca su cui padroneggiava un numero romano scritto in nero lucente.
VIII.

Non poteva fare a meno di fissare il suo ex-migliore…amico…mentre dormiva.
Migliore amico, poi. Una risatina sommessa, amareggiata.
Lo sapeva che c’era qualcosa di più profondo, che si nascondeva.
Qualcosa che era stata portata via dagli eventi. Qualcosa che Saix non aveva più.
La spavalderia del Soffio di Fiamme Danzanti spariva quando chiudeva gli occhi, e pur con quelle lacrime tatuate sulle guance, Saix poteva vedere il volto rilassato di un bambino che un tempo conosceva bene.
Gli sfiorò appena i capelli, ma i guanti gli impedirono di sentire quanto fossero soffici.
Un lieve moto di ansia lo spinse a non perdersi più in pensieri. Rovistò velocemente nella tasca destra del cappotto, per estrarne un pezzettino di carta. Lo aprì. La luce della luna gli permise di leggerlo, ancora una volta.
Vorrei poter restare per sempre con Isa.”
-…mi spiace, piccolo…- sussurrò malinconicamente, ripiegando il fogliettino e piegandosi a sua volta verso il materasso del giovane, con l’intento di nascondere ciò che aveva in mano tra le coltri in cui dormiva. -…non sono stato proprio capace di esaudire i tuoi desideri…-
…ma giusto qualche istante prima che potesse appoggiare il foglietto sotto al cuscino del giovane, una folata di vento –lasciava sempre la finestra aperta, quell’idiota. Normale che poi prendesse sempre malanni…-  raggiunse il suo collo, facendolo rabbrividire.
…e muovendo qualcosa, che causò un fruscio…
Saix si voltò verso la finestra. E fu lì che lo vide.
Un altro foglietto. Quasi uguale a quello che aveva in mano, piegato.
Esitò. Non poteva restare così a lungo lì, no?
Eppure doveva ammetterlo a sé stesso. Era davvero una persona dannatamente curiosa.
Si rialzò in piedi, avvicinandosi cauto alla finestra.
Una lentezza estenuante, che alla luce della luna lo faceva sembrare quasi un fantasma.
Allungò la mano verso il biglietto, e lo staccò.
Già si aspettava di leggere quel desiderio assurdo riguardo i gelati.
Fu per questo che, cuore o senza, sentì qualcosa di…violento…nel proprio petto, mentre i suoi occhi scorrevano quelle lettere.
‘Vorrei che Isa tornasse da me. Per favore, è importante.’
Si voltò a guardare il ragazzo, ancora ignaro, ancora stretto tra le braccia dolci del sonno.
Saix fissò il foglio. E poi la luna. E poi di nuovo Axel.
E sentì nella sua testa una voce. Una voce che conosceva bene.
-…è importante anche per me…- sussurrò, le dita tremanti per…qualche motivo.
Piegò anche quel foglietto, assieme al vecchio che aveva portato con sé.
Un’ultima occhiata al ragazzo addormentato.
-…buonanotte, Lea…-
E con lo stesso silenzio con cui era entrato, uscì dalla stanza.

 

 

 

 

 

*Tanabata: in giapponese, vuol dire ‘settima notte’.

Note.
Io ho scritto il mio desiderio.
L’ho appeso ad un poster in camera, però.

E’ dedicata a tre ragazze folli, che vedranno i loro sogni realizzati presto. Anche se una di loro mi tradisce con lo Xemsai.
E' dedicata ad un'altra ragazza, che lascia a volte i sogni da parte.
E ad altre due fanciulle piccine che mi mancano tanto.
. E’ dedicata a ChiiCat92. Perché è tanto dolce.
Prendete tutte carta e penna, e scrivete.
Orihime e Hikoboshi vi stanno a sentire stanotte.







   
 
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