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Autore: Bloomsbury    13/07/2014    10 recensioni
[Storia in revisione] Capitoli revisionati: 14/35.
Jay era un ragazzo come tanti, con qualcosa in più o in meno degli altri, un ragazzo normale, un ragazzo omosessuale: particolare insignificante per ogni persona di buon senso.
Si vergognava di tante cose, tranne che di questo.
Jay bramava la luce, la libertà.
Fece la scelta sbagliata nel contesto meno appropriato e quel particolare insignificante diventò la spada che lo uccise, la macchia scura che lo inghiottì.
«Mio figlio è morto il giorno stesso in cui ha tradito la natura che gli ho donato con orgoglio.»
«La natura che mi hai donato è quella che ti ho confessato…»
«È una natura che mi fa ribrezzo!»
Così comincia la storia di Jay Hahn, fatta di dolori, di abbandoni, di amore, di amicizia, di segreti, di bugie, di tempesta.
E le tempeste intrappolano nel proprio occhio ogni cosa, risputandoti fuori lacerato, diverso, un mostro.
Jay uscirà ed entrerà da quelle raffiche di vento, diventerà lui stesso la tempesta e annienterà ogni cosa al suo passaggio.
Compreso se stesso.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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"I don't wanna be a star
But a stone on the shore
Long door, frame the wall
When everything's overgrown
...

Time passes in the constant state."

Overgrown- James Blake 

 





23. Overgrown
 
 
Per primo percepì il profumo di dolci caldo e accogliente e, per secondo, il dolore acuto tra le gambe accompagnato al calore madido delle lenzuola in corrispondenza dei glutei.
Tutte quelle sensazioni non erano nuove, aveva già conosciuto i dolori tipici del sesso, ma non per mano di qualcuno diverso da Izaya.
Tastò il posto lasciato vacante accanto a lui, sperando di essere solo come percepiva e, infatti: non c’era nessuno.
Senza aprirli posò il braccio sugli occhi per negarsi la vista di qualcosa che sapeva, a prescindere, di non poter sopportare.
Ciò che più gli faceva male era il fatto di essersi dato così facilmente ad un uomo che non conosceva mentre il ricordo di Izaya era ancora lì, stampato a forza nella sua mente.
Aveva cercato in ogni modo di dimenticarlo, ma era ancora presente, più di quanto avesse mai immaginato.
Il viso del suo uomo, gelido e immobile, si mostrò nei suoi ricordi: aveva un livido sulla fronte gonfia e pallida e la barba incrostata dal sangue scuro sgorgato dalle labbra violacee.
Sobbalzò come se quel ricordo l’avesse schiaffeggiato e si sedette al centro del letto da dove, infine, vide la stanza sconosciuta nel quale aveva sospirato di un piacere colpevole e vuoto.
Il letto, sopraelevato rispetto al pavimento, imperava nella stanza lussuosa illuminata dai finestroni che davano su una terrazza riccamente arredata.
La piscina esterna, colpita dai primi raggi del sole, era vuota e, per un attimo, avrebbe voluto affogarcisi dentro.
Si alzò dal letto, percorrendo la stanza in cerca del bagno, passando accanto al tavolo imbandito per la colazione. Passò oltre, dopo avergli gettato un’occhiata di disgusto e si diresse alla doccia in marmo, cinta dal vetro bagnato, probabilmente, da Brad che pareva non esserci.
Un dolore acuto alla schiena lo fece rabbrividire e, guardando i polsi segnati dalla stretta poderosa di quell’uomo che aveva spinto dentro di lui con bramosia e ferocia, si irrigidì; si girò su stesso per ritornare sui suoi passi e, preso dall’impazienza, ritornò nella stanza, raccogliendo dal pavimento i suoi vestiti.
Si vestì velocemente, lamentandosi, di tanto in tanto, dei dolori cosparsi per tutto il corpo.
Chiusi i bottoni dei jeans che sembravano più stretti e fastidiosi del solito, prese il resto dei suoi oggetti personali inusualmente disposti sul tavolo: non ricordava di aver messo lì né il cellulare né il portafogli, ma la fretta di scappare lo indusse a non curarsene.
Si avvicinò alla porta di ingresso e scrutò il suo riflesso al grande specchio accanto alla porta: un morso evidente al labbro inferiore lo costrinse a portasi le mani alla bocca mentre, con la lingua, cercava di portare via il residuo ferruginoso di sangue.

***
 
Londra sfilava davanti ai suoi occhi assenti mentre, di ritorno a casa, si abbandonava al finestrino dell’autobus. Nonostante gli urti e gli scossoni gli facessero male, i pensieri spenti riuscivano a lenire ogni dolore fisico, acutizzando, però, il malessere che si cibava della sua anima.
Le numerose telefonate di Lizzie rimasero senza risposta per tutto il viaggio finché, arrivato all’appartamento, si ritrovò a dover dare spiegazioni alla ragazza che, preoccupata, era già fuori dalla porta di casa in attesa: «Che cazzo di fine hai fatto? Ho provato a chiamarti tutta la mattina. Dove sei stato?»
Entrato in casa, lanciò le chiavi sulla penisola in legno della cucina, ignorandola.
«Sto parlando con te.»
Jay bevve in un solo sorso un bicchierone d’acqua, fingendo di non sentirla.
«Sono stata in pensiero per te e tu, coglione che non sei altro, ti prendi anche il lusso di ignorarmi?»
Il ragazzo, stanco e lacerato, non lasciò intravedere il suo reale stato d’animo e per fare in modo che la farsa risultasse ancora più convincente, ostentando spavalderia, sospirò seccato, chiudendosi nel bagno, lasciando fuori Lizzie.
L’acqua scorse copiosa nella vasca, trascinando i residui di cenere lasciati a sedimentarsi e le parole di Lizzie vennero soffocate dal rumore scrosciante, aiutando Jay a chiudersi maggiormente nel mutismo.
La ragazza, fuori di sé, cominciò a bussare insistentemente, costringendo Jay ad uscire e a mettere in atto una scena che avrebbe voluto evitare.
Uscì fuori dal bagno così rapidamente da lasciare Lizzie interdetta davanti agli occhi rabbiosi dell’amico: «Che cazzo di problema hai? Che spiegazioni vuoi? Anzi: che spiegazioni ti devo?»
La fissò minacciosamente dall’alto al basso, avvicinandosi a lei con rabbia.
«Tu non mi devi nessuna spiegazione, ma è assurdo che tu non risponda alle domande che ti pongo. Non vuoi dirmi dove sei stato? D’accordo.» si allontanò da lui, cercando di sottrarsi a quella vicinanza forzata che pesava come un macigno. «L’importante è che tu stia bene. Non mi importa altro.»
«Mi vedi. Sto bene! E adesso puoi finirla di urlare e di rompere le scatole. Non hai niente di meglio da fare, oggi? Tornatene a casa da tuo marito, non sono un bambino da accudire. Ho ventuno anni, so badare a me stesso.»
«Vedo. Lo vedo benissimo» rispose avvilita e sull’orlo del pianto.
Non erano lacrime di collera a minacciare il suo sguardo, ma di delusione e di rammarico.
Rimasero in silenzio per qualche istante e solo il respiro affannato di Jay rompeva la tensione quieta che li avvolgeva.
La ragazza si voltò e, avvicinandosi alla porta di ingresso, si forzò a parlare con calma nonostante percepisse le parole rompersi in gola: «Io vado. Se hai bisogno di me sai dove trovarmi».
Non arrivò alcuna risposta, così andò via dall’appartamento senza voltarsi a guardarlo.


 
Dopo aver fatto una doccia che, però, si dimostrò inutile poiché non fece altro che fargli notare segni in più che avrebbe piacevolmente ignorato, si sedette a fatica sul water, accendendo una sigaretta pescata dal pacchetto preso dai jeans adagiati sul pavimento. Dopo il primo tiro cercò di portare lontano da sé pensieri che non avrebbe mai retto se avesse permesso al vecchio Jay, debole e fragile, di prendere il sopravvento. Scompigliò i capelli bagnati per privarli dell’acqua in eccesso e allungando il collo longilineo e pallido, prese una boccata d’aria con l’intento di calmare il cuore affaticato dai battiti accelerati dall’irrequietezza. Così si costrinse nuovamente all’indifferenza, la stessa che gli aveva permesso di allontanare Izaya dal suo cuore.
Strinse gli occhi per togliersi dalla mente l’immagine ignobile di Brad che, senza alcuna delicatezza, l’aveva preso con la forza senza chiedersi per un attimo se a lui piacesse quel trattamento da piccola bestia inerme costretta a subire senza poter prendere il sopravvento.
Aprì gli occhi, resi ancora più chiari dal riflesso dell’acqua nella vasca lambita dalla luce della tarda mattinata, e non appena indirizzò lo sguardo sul pavimento, un’idea sfiorò la sua mente: intrappolò la sigaretta tra le labbra e raccolse freneticamente i jeans, cercando la tasca nella quale avrebbe trovato il portafogli. Aveva trovato i suoi oggetti personali sul tavolo dell’appartamento di Brad senza che lui ce li avesse messi, così, non appena aprì il portafogli, capì il perché: duecento sterline, certamente non sue, riempivano la tasca riservata alle banconote.
Le fissò incredulo per secondi incalcolabili «Bastardo, figlio di puttana!»
Avrebbe voluto scaraventarli nel water e tirare lo sciacquone, ma sarebbe stato troppo istintivo, se l’avesse fatto non avrebbe goduto nel vederli sparire.
Dopo un primo momento di confusione, condito dai movimenti rabbiosi e incerti delle mani, una risata di scherno vivificò il suo volto e, tenendo le banconote strette davanti ai suoi occhi, gli diede fuoco lentamente con la sigaretta appena accesa: «Fottuto stronzo. Non mi servono i tuoi soldi. Sei la feccia più schifosa che io abbia incontrato nella vita. I tuoi sporchi soldi, Brad, stanno bruciando. Pensavi di avermi comprato ma ti sbagli.»
Prima che potessero prendere fuoco totalmente, li gettò nel water, fissandoli con disgusto.
Se l’atto di bruciare ogni cosa poteva essere la strada per alleviare ogni dolore, allora, avrebbe dato fuoco a qualsiasi cosa con soddisfazione.
Avrebbe ridotto in cenere anche i suoi stessi sentimenti, la sua umanità, la dolcezza che l’aveva da sempre contraddistinto.
Avrebbe raso al suolo ogni cosa sotto l’impietosa mano del suo cinismo.




Angolo Autrice.
Ciao!
Aggiorno alla svelta e ne sono molto felice.
Voglio ringraziare tutti quanti, come al solito, siete diventanti tutti indispensabili. Il fatto che voi amiate questa storia e me lo dimostriate continuamente mi riempie il cuore di gioia. Quindi, ringrazio Babbo Aven, Bijouttina, LadyWolf e Ghost.
Inoltre, voglio ringraziare la piccola Elsker, DarkViolet92, Oxymoros e tutti quelli che continuano a seguire la storia.
Grazie a chi lo fa in silenzio, a chi lo fa con le mazze chiodate sempre in mano, chi lo fa scrivendomi su fb o sugli MP.
Grazie a tutti.
Non voglio seccare con sti spazi autrice pieni di ringraziamenti, quindi vi dico solo che la vostra presenza è sempre un motivo in più che mi spinge ad andare avanti.
Spero che questa storia arrivi alla fine entro fino Luglio ma visto che mi gufo da sola, sto zitta.
Un abbraccio grande.
Bloomsbury
   
 
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