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Autore: workinprogress    13/07/2014    3 recensioni
Una canzone, sette brevi storie. Sette vite, o forse di più.
1. Il bacio della fortuna [Katniss]
2. Ricompensa [Peeta]
3. A casa [Gale]
4. L'ultimo gradino [Coin]
5. In fiamme [Peeta]
6. Porte chiuse [Haymitch]
7. In equilibrio [Lavinia]
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Gale Hawthorne, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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In fiamme


God knows what is hiding, in that world of little consequence

Behind the tears, inside the lies
A thousand slowly dying sunsets

[Dio sa cosa si nasconde in quel mondo di poca importanza
dietro alle lacrime, dentro le bugie
un migliaio di tramonti che muoiono lentamente]



La giornata era stata luminosa. Il sole stava per tramontare su Capitol City, e splendeva rendendo più intenso ogni colore.
Peeta sedeva sulle coperte rimaste abbandonate sulla terrazza del Centro di Addestramento. Indossava lo smoking dell'intervista. Sarebbero andati in onda nel giro di mezz'ora.
Vai, gli aveva detto Portia, una volta finito di prepararlo. Abbiamo ancora cinque minuti.
Solo la sera prima era stato lì con Katniss, nel giardino.
Vorrei poter fermare il tempo e vivere così per sempre.
L'aveva vista addormentarsi contro di lui. Il tramonto aveva infiammato l'aria intorno a loro. Sembrava che Capitol City andasse a fuoco.
Va bene.
Per un attimo li aveva visti. I grattacieli davanti a loro bruciavano inghiottiti dalle lingue vive delle fiamme. Distrutti dal calore del sole.
E solo per quell'attimo, tutto era svanito. L'Arena, la verità, le bugie.
Erano rimasti come sospesi in un limbo infuocato, loro due soltanto, padroni di un destino ancora da forgiare.
Dal tramonto di quella sera, invece, Peeta avrebbe dovuto forgiare soltanto menzogne e bugie lunghe una vita. Ancora qualche minuto e per Capitol City sarebbe diventato un marito e un padre condannato a non veder mai nascere il proprio figlio.
Il sole iniziava ad abbassarsi sull'orizzonte.
Uno dopo l'altro, Peeta aveva accantonato tutti i desideri messi insieme in una vita, nel tentativo di accettare la prospettiva di una nuova Arena in cui morire.
Mentre guardava i primi accenni del tramonto, lasciò che l'idea di formare una famiglia prendesse fuoco e iniziasse a bruciare.
Prima di andarsene, indugiò un attimo sulla soglia. Era l'ultima volta che saliva su quella terrazza. Chiuse gli occhi e si scolpì ogni dettaglio di quel luogo nella mente.
Raggiunse in silenzio le quinte, insieme agli altri. Katniss era al suo fianco, in un lucente abito da sposa.
Peeta abbassò lo sguardo sulle proprie mani guantate. Era il momento di un'ultima bugia. Davanti a lui il vestito di Katniss frusciava piano sul pavimento chiaro.
Restava solamente da trovare il coraggio di morire.





Porte chiuse


God knows what is hiding in those weak and drunken hearts

I guess the loneliness came knocking
No on needs to be alone, oh save me

[Dio sa cosa si nasconde in quei cuori deboli e ubriachi
immagino che la solitudine sia venuta a bussare
nessuno deve restare solo, salvami]



Hazelle aveva impiegato un'intera settimana per rendere di nuovo abitabile la casa di Haymitch. Aveva lavato, strofinato, sudato e lucidato finché non era riuscita a rivelare l'aspetto originale dei pregiati pavimenti e dei mobili in legno massiccio.
Era rimasta incantata dalle finiture che comparivano pian piano, e aveva ammirato la straordinaria cura con cui erano state realizzate.
Non era stata in grado di tenere il conto delle bottiglie che aveva buttato. Per la maggior parte erano rotte, abbandonate alla rinfusa in giro per la casa, macchiando tappeti e parquet con le ultime gocce di liquore che stillavano.
Haymitch si faceva vedere raramente. Le sue scorte di liquore erano quasi terminate, e anche Katniss e Peeta non potevano più fare molto per procurarselo, con Ripper sempre alla gogna e il Distretto sottosopra.
A volte Hazelle lo sentiva gridare, quando la stanchezza prendeva il sopravvento e gli incubi lo assalivano, senza più il liquore a tenerli a bada.
La prima volta che era successo le si era ghiacciato il sangue nelle vene. Lo aveva trovato sulla poltrona del salotto che brandiva un coltello, gli occhi iniettati di sangue e il respiro affannoso che lo scuoteva tutto. C'erano voluti diversi episodi simili per abituarsi, e tutt'ora ogni volta si scopriva a trasalire.
C'erano stanze in quella casa enorme che Haymitch non visitava mai. Le camere degli ospiti, ad esempio, tranne quelle volte in cui Hazelle gli ordinava di andare a dormire su un letto e lui non era in grado di distinguere la sua stanza dalle altre.
Ma con l'ultima in fondo al corridoio non succedeva. Hazelle l'aveva trovata chiusa, la prima volta che un Haymitch quasi sobrio le aveva fatto fare di malavoglia il giro della casa.
Quando non era stato più in giro, Hazelle era entrata per valutare l'entità dei danni.
Aveva tutta l'aria di non aver ricevuto visite da un bel po', con uno spesso strato di polvere a coprire ogni cosa, ma tutto sommato era l'ambiente meglio tenuto della casa. C'erano cocci sul pavimento, bottiglie e bicchieri probabilmente, e un paio di cassetti erano stati rovesciati e strappati dalla cassettiera.
Hazelle aveva lasciato quella stanza per ultima, sapendo che c'erano cose ben più urgenti da cui iniziare. Quando era riuscita a metterci piede per ripulirla, una settimana dopo, aveva fatto le cose con più calma ed attenzione. Aveva raccolto i vestiti sul pavimento in un unico mucchio di cose da lavare, spazzato per togliere di mezzo tutti i pezzi di vetro, e pulito a fondo la stanza.
Non si era aspettata di trovare tutti quei ricordi.
Nell'armadio c'erano abiti da donna e da bambino che sembravano vecchi di decenni. C'erano delle foto, tra le pagine di un libro posato nell'angolo più remoto di un cassetto.
Hazelle si rendeva conto che non erano in alcun modo affari suoi, ma non riusciva a rimettere a posto quelle fotografie.
Riconosceva quei volti. Erano facce del Giacimento, incrociate spesso tra le scure strade polverose. Qualche volta aveva parlato con la madre di Haymitch, alta e gentile, con un bambino per mano che somigliava tanto al fratello.
Si ricordava la ragazza dagli occhi scuri. Frequentava la classe dopo la sua, ed era una vera bellezza.
Hazelle sospirò. Occhi di carbone.
Richiuse ogni cosa e scese a preparare il pranzo. Haymitch giaceva riverso sul divano con il coltello tra le mani, che tremavano anche nel sonno.
Quando tornò a casa, quella sera, strinse a sé senza parlare ognuno dei suoi figli. Gale cercò il suo sguardo più a lungo, tentando di capire, ma lei scosse solo piano la testa e si allungò per lasciargli un bacio sulla fronte.
C'erano cose che non avrebbe capito, e Hazelle sperava con tutto il cuore che nessuno di loro, in futuro, dovesse capirle mai.




In equilibrio


People help the people

and if you're homesick, give me your hand and I'll hold it
People help the people
and nothing will drag you down

[Le persone si aiutano

e se hai nostalgia di casa, dammi la tua mano e io la stringerò
Le persone si aiutano
e niente ti trascinerà in basso]



Cosa c'è?

Lavinia alzò gli occhi dal foglio, incontrando quelli di Darius.
Stava sorridendo. Lavinia non riusciva a crederci. I suoi occhi da ragazzino scintillavano alla luce della torcia, puntati sul viso di lei, alla ricerca della risposta alla domanda scritta sul quadernino.
Darius sorrideva.
Perché stai sorridendo?
Lo vide esitare un attimo di fronte a quella domanda, confuso, quasi incerto. Dopo un attimo, un timido sorriso fece di nuovo capolino sulle sue labbra.
Sto bene qui con te.
Anch'io, avrebbe voluto scrivere Lavinia. Ma perché stai sorridendo?
Invece, scrisse qualcos'altro.
Non hai paura?
Il modo in cui Darius teneva la matita l'aveva sempre incuriosita. Aveva una presa forte, un po' accartocciata in un pugno, quasi per tenere uno scalpello. La sua calligrafia era disordinata, con le lettere che a volte si accavallavano tra loro come se non fossero riuscite a tenere il ritmo dei suoi pensieri.
Quando scriveva, le ricordava un po' un bambino. Ma le sue parole a volte toglievano il respiro.
Sono terrorizzato. Darius non sorrideva più. Le cose potrebbero precipitare da un momento all'altro e io non sono pronto a perderti. Voglio essere felice perché non so quanto tempo ci resta.
Lavinia rimase a fissare il foglio. Se si fosse avvicinato qualcuno, non lo avrebbe sentito arrivare. Il cuore le batteva assordante nelle orecchie, nel petto, nella gola.
Darius, scrisse, e non riuscì più ad andare avanti.
Rimase immobile senza sapere cosa dire. Non riusciva a pensare a nulla. La torcia gettava una luce chiara sul muro di fronte a loro.
Alzò gli occhi su Darius, e lui la stava guardando. Non sorrideva più.
Vorrei sentirti parlare.
Non sarebbe mai accaduto. Darius per lei era destinato a rimanere soltanto un volto, e una calligrafia.
Prese fiato e alzò lo sguardo per vedere che effetto avessero avuto le sue parole.
Era stata avventata. Per lei essere una senza-voce ormai era l'unica realtà che esistesse, e non era più sensibile a certi argomenti. Ma Darius fino a qualche mese prima era ancora libero. Certe ferite non si rimarginavano tanto in fretta.
Quando incrociò i suoi occhi, li trovò sorridenti. Il tempo di chiedersi perché, e lui aveva già poggiato le labbra sulle sue.
L'ultimo bacio di Lavinia apparteneva ad una vita passata. Era un bacio bagnato di bourbon, sotto le luci sfavillanti di Capitol City, con un ragazzo a cui una volta aveva voluto bene.
Baciare Darius era delizioso e straziante. Erano così vicini, eppure era come restare sbilanciati dopo uno slancio troppo convinto. Non potevano sentire il sapore dell'altro, non potevano raggiungerlo. Non potevano far altro che sfiorare le labbra e la pelle e respirare a pieni polmoni ogni cosa.
Darius le prese il volto tra le mani e posò la fronte sulla sua. In silenzio, la guardava.
Prese il quadernino dalla mano di Lavinia e raccolse la matita che lei aveva lasciato cadere. Scostò piano i capelli dalla sua spalla, e le lasciò un bacio sul collo.
Mi hai sentito?
Lavinia sorrise. Accarezzò i suoi capelli disordinati e posò un bacio sulla sua guancia. Era un gesto strano nella condizione di un senza-voce, e non assomigliava ai baci nei suoi ricordi.
Ma Darius la guardava come se lei fosse stata una speranza e forse un sogno, e non c'era un momento così dolce nei suoi vecchi ricordi di Capitol City.
Oh, sì. Gran bel discorso.


_______________





Workinprogress al rapporto

Ragazzi, che sonno. Domattina la giornata comincia prestissimo, quindi sarà meglio che mi dia una mossa.
Solo un appunto sulla storia di Haymitch. Lo so che avrei dovuto menzionare Hazelle, in quanto narratrice, ma la citazione musicale si riferisce ad Haymitch, e non volevo scrivere cose come Hazelle/Haymitch per non farli sembrare una coppia.

Finalmente posso dichiarare conclusa questa raccolta! Spero che vi sia piaciuta.
Un abbraccio a tutti,
wip
  
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