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Autore: heliodor    15/07/2014    2 recensioni
Due Regni
Due Re
Due Eredi
Un Solo Destino
Ewan è un giovane principe destinato a diventare, un giorno, sovrano di Avalon. Lyra è solo una pastorella, sognatrice e ribelle. Insieme dovranno affrontare il viaggio più difficile della loro vita per impedire che una sanguinosa guerra distrugga per sempre i loro sogni.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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― Tu, avvicinati ― dice l'uomo puntando un dito ossuto. Gli occhi sono scavati, la barba lunga e bianca come i capelli che crescono solo intorno alle tempie. Indossa una tunica color verde stinto che gli copre i piedi ed emette un fruscio a ogni passo. ― Sì, dico a te ― aggiunge con voce sottile. ― Vieni, non aver paura. ― Tra le mani stringe un libro dalla copertina consumata. ― Voglio raccontarti una storia.
Si ferma al centro della radura, una corona di alberi che racchiude una manciata di tende, un recinto con una dozzina di pecore e un paio di bracieri su cui arde la cacciagione. Uomini con la schiena appoggiata allo steccato si lanciano sguardi annoiati. Un ragazzo gioca a farsi inseguire da un cucciolo di cane che abbaia e saltella tra i suoi piedi. Sopra le loro teste il cielo è un velo di seta nero sul quale una mano generosa ha sparpagliato centinaia di diamanti di ogni grandezza e lucentezza.
Ragazzi e adulti di ogni età si raccolgono intorno a lui formando un cerchio. Indossano abiti semplici, casacche colorate, tuniche e mantelli.
L'uomo apre il libro. Fa scorrere tra le dita le pagine ingiallite fitte di parole scritte con una calligrafia minuta e precisa.
Il vecchio ne ferma una e punta il dito ossuto su di un disegno. Una mano precisa ha tracciato i confini di montagne, fiumi e nomi di città e villaggi.
― Due regni vicini. Lyonesse e Avalon ― dice il vecchio con voce solenne. ― Governati da generazioni di sovrani fieri e orgogliosi, sempre rivali, sempre in competizione, ma mai nemici. I loro re si consideravano fratelli e secondo un'antica tradizione, si scambiavano regali, cortesie e visite. E fu durante una di queste che il destino e un servo intrigante misero fine alla pace e alla concordia.
Solleva la mano e nello stesso momento lo scoppiettio del fuoco di uno dei bivacchi fa trasalire il pubblico. ― Ma saranno il tempo ― dice il vecchio dopo aver chiuso e riaperto gli occhi. ― E l'amore di due giovani, a forgiare il destino dei due Regni.
 
 
IL LEONE E L'UNICORNO
 
Uomini in livrea e marinai si affollano sul molo. Altri uomini percorrono una passerella tesa verso una nave trasportando sulla schiena casse e barili.
Due uomini in abiti eleganti percorrono lo stesso molo, sullo sfondo si intravede una nave a tre alberi all'ancora.
Uno dei due ha il viso incorniciato da una folta barba castana, capelli che scendono in lunghi boccoli sulle spalle e un naso a forma di patata.
L'altro, più basso ma non meno imponente, ha il viso glabro, capelli scuri e lineamenti regolari.
― Sicuro di non voler restare un'altra settimana? ― domanda il primo, le mani dietro la schiena.
― Impegni urgenti mi attendono ad Avalon, fratello ― risponde l'altro guardando con tristezza il mare. ― Vorrei restare ma...
― Dì a Lazare di sbrigare questi affari al posto tuo.
― Io sono il re ― esclama.
― E io no? Te lo sto chiedendo da sovrano. Non costringermi a incarcerarti ― dice con tono severo.
― Non oseresti ― risponde indignato. Poi, con espressione serena, aggiunge: ― Leonida, fratello mio, Avalon attende con ansia il mio ritorno. Per nove mesi ho rimandato la partenza...
― Aspetta ancora qualche giorno, Philip. Mirande ha quasi finito il suo tempo. Manca poco ormai.
― Leonida, io...
Leonida gli poggia una mano sulla spalla. ― Io voglio che tu faccia da padrino al mio primogenito. Ci terrei davvero molto.
― Sarebbe un onore...
― Sarà un onore ― dice Leonida.
Philip sospira. ― E sia. Resterò fino a quel giorno, ma non uno di più.
Leonida lo abbraccia. ― Non sai quanto mi rendi felice, fratello. Torniamo al castello. Voglio informare subito Mirande della bella notizia.
***
In piedi davanti a una finestra, l'uomo guarda verso il basso con espressione corrucciata. ― Guardali, Angus. Hai mai visto niente di più disgustoso? ― I suoi occhi osservano due minuscole figure - Philip e Leonida - percorrere a braccetto il cortile. Passando davanti alle guardie ricevono un inchino prima di infilarsi in un portone sormontato da una testa di leone scolpita nella pietra.
Dietro di lui, Angus attende con la schiena appoggiata al muro, gli occhi bassi e le braccia incrociate sul petto. Indossa un vestito informale, una casacca grigia su pantaloni neri e pesanti stivali.
Quando l'uomo si volta a guardarlo, Angus rialza la testa. ― Dicevi a me, padron Vortiger?
Vortiger gli rivolge una smorfia di disgusto. ― Sì, dico a te inutile topo di fogna. C'è forse qualcun altro in questa stanza?
Angus s guarda attorno. ― Direi di no, padron...
Vortiger si stacca dalla finestra ed emette un sospiro di esasperazione. ― Ti prego, rimani in silenzio, Angus.
― Padrone...
― Che c'è ancora? ― Vortiger si guarda in uno specchio. Il suo viso è scarno, gli zigomi alti e affilati. Sul mento appuntito c'è un accenno di barba scura. I capelli sono lunghi. Indossa una tunica nera con i risvolti grigi, maniche ampie in cui può nascondere le mani. Si passa un dito sottile sulla fronte cercando di far distendere una ruga d'espressione.
― I miei uomini vogliono essere pagati. Attendono giù al porto che gli venga corrisposto il compenso.
Vortiger si volta sconvolto. ― Per cosa dovrei compensarli? Sono settimane che non sbarcano un buon carico di merci.
― Non c'è più nulla da contrabbandare, padrone. Da quando re Philip ha aperto le frontiere di Avalon, le navi sono libere di andare e venire quando vogliono. Nessuno ha bisogno di contrabbandieri se le via commerciali sono libere.
Vortiger fissa con odio l'immagine riflessa nello specchio. ― Niente contrabbando, niente compenso. Di' questo ai tuoi uomini.
― Non ne saranno felici.
― E cosa vuoi che me ne importi? ― Dice Vortiger, la bocca atteggiata in un ringhio minaccioso. ― Le cose andavano così bene ― aggiunge prendendo a girare per la stanza. ― Secoli e secoli di rivalità, conflitti... mai nella storia Avalon e Lyonesse erano stati così uniti. ― Si ferma davanti al quadro che ritrae un uomo incoronato seduto su di un trono sormontato dall'arazzo di un unicorno rampante. Al suo fianco, un secondo uomo è in piedi, una mano scheletrica con dita simili ad artigli posata sulla spalla del sovrano. ― Mio nonno Malagant... cosa penserebbe di me? La mia famiglia ha sempre amministrato le risorse di Lyonesse. ― Si batte il petto, il tono di voce ridotto a un singhiozzo. ― Per secoli abbiamo aiutato il regno a prosperare nonostante le difficoltà... e in cambio di cosa? Una piccola, minuscola parte di quella ricchezza. La giusta ricompensa per la nostra fedeltà. ― Raggiunge un bancone ingombro di pergamene e matite. Al centro troneggia il modellino di un castello completo di mura che collegano le torri e di un mastio centrale. Vortiger fa scattare un meccanismo con la punta del dito e il modellino si apre, rivelando all'interno un complesso sistema di ingranaggi e leve. ― Avevo grandi progetti per questo posto. ― I suoi occhi brillano. ― E per Lyonesse e tutti i regni vicini. ― Getta un'occhiata triste fuori dalla finestra. ― E ora, a causa di questa scellerata alleanza, tutto è perduto.
Angus si schiarisce la voce.
Vortiger gli lancia un'occhiataccia. ― Sei ancora qui? Vai al porto. Vai dove ti pare, ma lasciami solo.
Angus si inchina ed esce dalla stanza.
Vortiger rimane a fissare la sua immagine riflessa nel vetro della finestra. ― Tutto è perduto. ― Ringhia mostrando i denti, gli occhi ridotti a due fessure. ― A meno che... l'alleanza così faticosamente creata non si rompa. Sì, un incidente può sempre accadere, dopotutto.
Si volta di scatto e corre alla porta spalancandola. ― Angus ― urla all'uomo che attende di fuori, la schiena appoggiata al muro.
Angus solleva la testa. ― Sapevo che avresti avuto bisogno di me ― dice con un mezzo ghigno.
Vortiger mostra i denti in un sorriso grottesco. ― Vai al porto e di' ai tuoi di tenersi pronti per stanotte. Paga raddoppiata.
― Agli ordini. Posso sapere che cos'hai in mente?
― Ancora non lo so di preciso, ma tieniti pronto ad agire. ― Vortiger gli sbatte la porta in faccia.
***
Una finestra ampia quanto la parete si apre su di un giardino circondato da un portico formato da colonne. Al centro campeggia la statua di una donna posta su di un piedistallo, raffigurata mentre volge gli occhi e le braccia al cielo.
Dall'altra parte della finestra, una donna dalle fattezze simili a quelle della statua - lunghi capelli biondo ramati che cadono in delicati boccoli sulle spalle, occhi grandi e luminosi, bocca dalle labbra sottili - la guarda con espressione accigliata. ― Continuo a dire che non mi somiglia affatto ― dice portandosi la mano al mento.
Dietro di lei appare la figura di Leonida. ― La mano del più abile scultore non potrebbe mai imitare il tuo splendore. ― Il re le cinge le spalle con un gesto affettuoso e la fa voltare.
La donna si passa la mano sul ventre rigonfio. ― Nemmeno ora che ho il pancione?
La mano di Leonida prende quella della donna e la stringe con delicatezza. ― Non siete mai stata così splendida, mia regina.
La donna arrossisce.
Philip, in piedi di fronte ai due a qualche passo di distanza, si schiarisce la voce.
Leonida lo indica con un gesto della mano. ― Oh, quasi dimenticavo. Re Philip ha deciso di restare fino alla nascita del nostro primogenito. Sarà lui a fargli da padrino.
La donna sorride e abbraccia Philip. ― Phil ― esclama con voce commossa. ― Sono così contenta. Ormai non dovrebbe mancare tanto.
Philip ricambia l'abbraccio con un certo imbarazzo. ― Per me è un onore, Mirande.
― Mio figlio avrà un re come padrino ― esclama Leonida con orgoglio.
Mirande gli rivolge un'occhiataccia. ― Mio caro, potrebbe anche essere una femmina.
― Femmina? Lyonesse ha bisogno di un erede al trono ― risponde Leonida toccandosi il petto. ― Un ragazzo forte e robusto che guidi il regno. Come il figlio del nostro Philip. Non è così?
Philip annuisce, gli occhi tristi.
Mirande gli sfiora un braccio. ― Phil, mi ero quasi dimenticata del piccolo Ewan. Quanti anni ha adesso?
― Due.
― E sono quasi nove mesi che non lo vedi. Deve mancarti molto.
Philip annuisce. ― Ma sta bene. Cresce sicuro con le balie che gli ho trovato. Certo, se ci fosse Lyrael le cose andrebbero meglio, ma...
― La sua perdita è stata una tragedia ― dice Leonida con lo sguardo triste.
― Phil ― dice Mirande con tono comprensivo. ― Se senti il bisogno di tornare da tuo figlio, non sentirti obbligato a restare.
― Ormai ho promesso.
― Posso sempre scioglierti dall'impegno ― dice Leonida. ― Ne soffrirei molto, ma non sopporto di vederti così...
― Resto ― dice Philip sicuro.
Leonida gli rivolge un sorriso.
Philip lo ricambia con uno sguardo sereno. ― Ora, se mi volete scusare, vado a cambiarmi. Ho ancora addosso gli abiti per il viaggio. ― Senza attendere la risposta, rivolge un inchino a Mirande e si volta.
Leonida lo segue con lo sguardo e quando ha lasciato la stanza, si lascia andare a un lungo sospiro. ― Soffre ancora molto per lei.
― È comprensibile. Lyrael era tutto per lui.
Leonida scuote la testa. ― Anche se quello che sto per dire sembrerà orribile, Philip dovrebbe guardare avanti e trovare un'altra donna. Per il suo bene e quello di Ewan. Deve dimenticarla.
― Tu riusciresti a dimenticare me?
Leonida la guarda con sguardo triste, poi scuote la testa e l'abbraccia.
Una ragazza fa il suo ingresso con passo deciso. Indossa un abito vaporoso fatto di vari strati, una mantellina color turchese gettata sulle spalle sottili e stivali di pelle. Il viso dai tratti regolari è incorniciato da una chioma di capelli biondo ramati e lisci che scendono giù per la schiena fin quasi ai lombi.
Marcia spedita verso Leonida e Mirande e si ferma a pochi passi di distanza. Si schiarisce la voce. ― Perdonatemi se vi interrompo ― dice con un ampio sorriso sulle labbra che mette in mostra due file di denti bianchi e regolari.
I sovrani di Lyonesse la fissano imbarazzati, il loro abbraccio si scioglie.
― Jolane ― esclama Mirande andandole incontro.
Le due donne si stringono in un abbraccio.
― Sorellina ― dice Mirande accarezzandole i capelli. ― Non mi hai avvertito della tua visita.
La ragazza rivolge a Leonida un inchino. ― Maestà.
Leonida fa un gesto vago con la mano. ― Non c'è bisogno di seguire il protocollo. Ormai sei della famiglia.
Jolane sorride imbarazzata. ― Perdonami se arrivo così all'improvviso. Spero di non disturbarti.
― Ci mancherebbe ― risponde Mirande. ― Sei la benvenuta. Qui c'è così tanto spazio.
― Non mi tratterrò a lungo. Posso parlarti da sola? Ti ruberò solo cinque minuti.
Leonida rivolge un inchino alle due donne. ― Col vostro permesso ― dice prima di allontanarsi.
Jolane si porta una mano al viso. ― Non intendevo farlo andare via. Non si sarà forse offeso?
Mirande sorride. ― Lui è fatto così.
Jolane sorride imbarazzata. ― Si tratta di una cosa piuttosto personale.
― Lo sai che a me puoi dire tutto ― dice Mirande con tono dolce. ― Sei venuta qui apposta, no?
Jolane inspira una boccata d'aria. ― Ho conosciuto una persona mentre ero in viaggio per Lyonesse.
― Una persona? Non capisco.
― Un uomo. Quasi. Ha solo due anni più di me.
Mirande la guarda sorpresa. ― Sul serio? E lui è...
Jolane nasconde il viso tra le mani. ― Io credo di amarlo. Insomma, siamo stati davvero bene insieme durante il viaggio. Lui è stato molto carino e gentile ― dice senza prendere fiato.
Mirande annuisce. ― Sono molto contenta per te. Ma non dovresti conoscerlo meglio? Voglio dire, vi siete frequentati per così poco tempo e già credi di amarlo?
― Io non credo. Io so di amarlo ― risponde Jolane imbronciata.
― Non lo sto mettendo in dubbio. È solo che...
― Lo so lo so ― dice la sorella con tono sufficiente. ― Bisogna prima conoscersi, l'amore è una faccenda troppo seria e così via. Sembri nostra madre.
― La mamma era una persona saggia ― dice Mirande con tono triste. ― E io stavo solo per dire che potresti invitarlo a stare qui con noi per qualche giorno. Giusto il tempo di farcelo conoscere.
Jolane batte le mani eccitata. ― Davvero? Voglio dire, ho il permesso di vederlo?
― Ormai sei grande e non devi chiedermi il permesso. Però mi fa piacere che tu ne abbia parlato prima con me.
Jolane sospira. ― C'è solo una cosa che... ― scuote la testa.
― Cosa?
― Lui non è un nobile.
Mirande sorride. ― Tutto qui? Non ha alcuna importanza se sia di sangue nobile o meno.
― E se il re avesse qualcosa da ridire?
Mirande ride. ― Leonida sarà d'accordo, te lo garantisco. E se non lo sarà, io farò in modo che lo sia.
Jolane sorride. ― Sono così contenta che le cose tra di voi vadano bene. Sembrate così felici.
― Lo siamo.
Jolane si morde il labbro. ― Scusami se tiro fuori l'argomento ma venendo ho visto la insegne di Avalon. Lui è qui?
― Sì. Leonida l'ha convinto a rimandare la partenza fino alla nascita del bambino.
― E vanno d'accordo?
― È un miracolo, ma sì. La loro amicizia è ancora salda, nonostante tutto.
― Lui ti ama ancora?
Mirande storce la bocca. ― A volte ho l'impressione di sì, ma ha sempre rispettato la mia scelta e si è fatto da parte.
― Meglio così.
Mirande la prende sotto braccio. ― Adesso però devi dirmi tutto di questo misterioso uomo che ti ha rubato il cuore ― sussurra con tono complice alla sorella.
***
Seduto a capotavola, Leonida agita il cucchiaio con la mano. Il piatto di fronte a sé è ricolmo di una zuppa da cui sale un filo di fumo. ― Sono proprio ansioso di conoscere il fidanzato di Jolane. Quando hai intenzione di presentarcelo?
Alla destra di Leonida siede Mirande. Alla destra di questa, Jolane. Philip siede al capo opposto. Vortiger, il viso severo e l'espressione disgustata, si è accomodato in uno dei quattro posti centrali. Le altre sedie sono vuote.
Lungo l'asse del tavolo sono allineati vassoi pieni di frutta e dolci, insieme a bottiglie di vino. Due servi attendono in silenzio a qualche passo di distanza, mentre una donna di mezza età dall'aria arcigna osserva i commensali.
Jolane si schiarisce la voce. ― In verità, vostra maestà, non è ancora il mio fidanzato.
― Ma lo diventerà presto, vero? ― chiede Leonida spazientito. ― Insomma, costui ha intenzioni serie o no?
Jolane arrossisce. ― Penso di sì.
― Pensi?
Mirande posa una mano sul braccio del marito. ― Leo, si sono appena conosciuti. Da' loro un po' di tempo prima di prendere una decisione così importante.
Leonida scrolla le spalle. ― Non mi avete detto se è un conte o un barone. Anche se un principe sarebbe assai più gradito. ― Sorride alla moglie che lo ricambia con un'occhiata severa.
Jolane guarda la sorella e si stringe nelle spalle.
Mirande le posa una mano sulla spalla. ― Il giovane Valek è un onesto mercante. Possiede delle terre poco fuori la capitale.
Leonida sgrana gli occhi. ― Un mercante? Ho sentito bene?
― Avete sentito benissimo ― dice Mirande.
― Ma Jolane non può sposare un mercante. Lei è la sorella della regina. Non sarebbe... alla sua altezza.
Jolane sprofonda nella sedia.
― Mia sorella sposerà l'uomo che desidera.
― Io...
― E noi le daremo la nostra benedizione, quando sarà il momento. ― Mirande rivolge un sorriso alla sorella. ― C'erano principi e sovrani di regni più grandi e ricchi di Lyonesse che volevano la mia mano, ma io ho scelto di seguire il mio cuore.
Leonida si rivolge a Philip. ― Tu che ne pensi amico mio?
Philip solleva il calice pieno di vino. ― Viva l'amore.
― Lo sapevo. ― Leonida scuote la testa e sorride. ― Sapete che cosa vi dico? Farò del fidanzato di Jolane un barone, ecco cosa farò.
Jolane si raddrizza, l'espressione felice. ― Dite sul serio? Voglio dire, vi ringrazio maestà.
― Mi sembra un'ottima idea ― esclama Mirande felice.
Tutti quelli seduti a tavola alzano il proprio bicchiere, tranne Vortiger che fissa disgustato la zuppa.
Mirande richiama l'attenzione della serva di mezza età. ― Gwenola.
La donna si affianca alla regina. ― Sì, maestà?
Mirande indica un vassoio pieno di mele e pesche. ― Questa frutta domani andrà a male e noi non riusciremo a consumarla tutta stasera. Cosa ne farete?
― La butteremo via come sempre.
― Stavolta no. Da oggi in poi il cibo avanzato verrà distribuito tra i poveri della capitale. L'inverno è stato molto duro e ho sentito dire che molte persone non hanno di che sfamarsi.
― Darò io stessa l'ordine ― dice Gwenola ritirandosi.
― Un gesto nobile ― dice Philip. ― Degno di una vera regina.
Leonida rivolge alla moglie un sorriso. ― È uno dei motivi per cui l'ho sposata.
Mirande ricambia il sorriso.
Vortiger emette un sospiro rassegnato.
Leonida si volta verso di lui, spazientito. ― Volete dire qualcosa?
Vortiger si mostra sorpreso. ― Io? Cos'altro posso aggiungere, vostra Maestà? La regina ha deciso di regalare il cibo. Domani cosa regalerà ai poveri che affollano le vie della capitale? Oro? Gioielli? Perché non un titolo nobiliare come volete fare con quel mercante?
Mirande gli rivolge un'occhiataccia. ― Non c'è alcun bisogno di essere sarcastico, lord Vortiger. L'oro e i gioielli non si mangiano.
― Se volete sapere la verità ― dice Vortiger stizzito. ― I campi di Lyonesse non possono produrre cibo per tutti. Non ne avrete mai abbastanza per sfamare i poveri della capitale.
― Non è un buon motivo per buttarlo via ― risponde Mirande.
― Lo è, se vogliamo averne abbastanza per noi.
― Ma noi non soffriamo la fame.
Vortiger si alza. ― Solo perché io faccio in modo di amministrare con cura il poco che abbiamo.
Leonida gli fa cenno con la mano di sedersi. ― Lord Vortiger, scusatevi con la regina. Adesso.
― Chiedo il vostro perdono, mia regina. ― Vortiger si esibisce in un inchino. ― Col vostro permesso, vorrei ritirarmi nelle mie stanze.
― Accordato ― dice rapido Leonida.
Vortiger lascia la sala con passi veloci e nervosi.
Leonida scuote la testa. ― Deve essere impazzito a parlarti in questo modo ― dice rivolto alla moglie. ― Domani dovrà scusarsi sul serio o se ne pentirà.
― Perché lo tieni ancora con noi? ― domanda Mirande. ― Dicevi di volerlo cacciare dopo che tuo padre lo sorprese a rubare dal tesoro.
― Era solo una piccola somma. E poi mi serve. È un ladro e un bugiardo, ma è abile a far quadrare i conti. Senza di lui il regno sarebbe in bancarotta. ― Leonida batte il pugno sul tavolo facendo sobbalzare bicchieri e posate. ― Ormai passa quasi tutto il tempo nel suo studio a progettare strani marchingegni. Non può fare molti danni.
― Leonida ― dice Philip serio. ― Mirande ha ragione. È un ladro. Devi cacciarlo via. Avalon vi aiuterà a superare questo momento difficile.
Leonida trae un profondo respiro. ― Ci penserò sopra.
  
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