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Autore: Tenue    18/07/2014    1 recensioni
In quella piccola cittadina di Francia, petali di rosa, come ali d'uccello, volavano nel cielo, mani di bambini invano cercavano di afferrare quelle ultime goccie di pioggia, artisti rintanati nei giardini tentavano di portare la bellezza delle calle su quei fogli sporchi di grafite. Maggio prometteva il sole dopo le nuvole grigie. Un càrrion color delle rose di maggio roteava tra le mani del ragazzino dagli occhi trasparenti come l'acqua, che di primavere ne aveva viste quattordici ormai. Marluxia è alla ricerca di ispirazione per le sue poesie, Demix suona con spensieratezza il suo sitar; e un futuro imprevedibile si tenderà come una trappola. La domanda è: e se un giorno le macchine si sostituiranno all'uomo?
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demyx, Larxene, Marluxia, Un po' tutti, Vexen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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RUMORE DI RICORDI
La creatura nominata Larxene era seminascosta nell'oscurità; i pezzi meccanici che la componevano brillavano della luce che non c'era. La creatura, seduta sul pavimento scricchiolante di quella vecchia casa polverosa, lasciava che il silenzio penetrasse nella sua mente, quasi le dava fastidio la totale assenza di suono; perchè sapeva, che quando nessun suono o pensiero le ingombrava la testa, appariva quel ricordo.

All'inizio sfocata, ricordava una stazione, di un quartiere malfamato, e le persone all'interno di essa che volevano dileguarsi in fretta da quel posto lugubre. Era attornata da maniaci, drogati e a volte gente morente.
La creatura ricordava di esser stata bambina un tempo; una bimba buona e allegra, dai lucenti occhi verdi. Un angelo dagli splendidi capelli biondi in mezzo a disastro e disperazione. Il ricordo diveniva sempre meno sfocato. Ricordava come il suo sguardo si posava delicato come un'ala di farfalla, sulle rotaie arruginite, che partivano dai binari della stazione per raggiungere l'indefinito orizzonte nebbioso. Ricorda molto bene il grande orologio della stazione, così imponente, le guali lancette stavano per congiungersi alla mezzanotte.
Poi il rumore del treno entrava nella sua mente con violenza.
Il rumore del vento che s'innalzava.
Lo stridere delle ruote sulle rotaie.
L'uomo drogato dietro di loro, forse burattino dell'invidia, spinse quell'innocente bambina contro il treno, sciogliendo la stretta di mano della madre.

L'avevano data per morta.

La creatura mezzo umana sapeva, che quando dominava il silenzio dentro di lei, il ricordo di quella stazione baleava nella sua mente, seguito dal rumore del treno. Quel rumore insopportabile, prodotto dalla sua maledetta memoria umana, la faceva urlare, a volte prendeva a colpire la testa corto il muro per far cessare il rumore.
E gridava
"Guardate. Guardate voi, gente cattiva. Guardate come i miei ricordi bruciano nella mia testa!"
Poi, dopo quella che sembrava un'infinita di tempo, il rumore cessava.
E lei provava un'emozione; l'unica emozione che lei provasse, da quando era diventata così: la paura.
Poi però le tornava in mente il seguito.

Si, l'avevano data per irrecuperabile all'ospedale. Sua madre era morta poco dopo esser stata trasferita in manicomio. La bambina era rimasta sola, abbandonata. Immobile nel suo lettino d'ospedale: non poteva o non voleva svegliarsi.
Poi arrivò Lui, e le cose cambiarono.
Lui non l'aveva mai abbandonata da quando l'aveva portata via dall'ospedale. Era figlio adottivo di uno scienziato, per cui aveva appreso molte cose dal finto padre. Anche se poi era scappato di casa. Inutile dire, che il fatto che Larxene fosse per metà robot, era dovuto ad una lunga serie di esperimenti condotti da Lui. Si deddicava sempre a quella bambina, diventata ormai donna, alla quale aveva salvato la vita.
Quando la creatuta finì di dimenarsi e urlare per la sua mente confusa, Lui le si avvicinò e le mise una mano sul cuore meccanico per rassicurarla, e la guardava negli occhi. Gli occhi azzurro scuro di Lui brillavano della luce di quella bambina rimasta nel cuore di Larxene.
Lui, Zexion, sapeva quello che aveva passato; odiava la gente "cattiva": drogati e malviventi vari, aveva giurato vendetta contro di loro.
Così le sussurrava -Presto otterremmo la nostra vendetta, preparati a scatenare la guerra, ma per ora...attendi in silenzio- e spariva.

Intanto, dall'altra parte della città, si stavano svegliando due ragazzini, uno dalla folta capigliatura rosea e sottili occhi azzurrini e il suo fratello più piccolo, il quale invece esibiva due grandi e raggianti occhi acquamarina e spettinatissimi capelli marrone dorato, lunghi fino alle spalle. Il medico intanto li fissava mentre si preparavano, pensando allo strano comportamento dei ragazzi, quando erano rincasati la sera prima. 
Marluxia era sempre stato taciturno, non aveva bisogno della voce per esprimere emozioni; Demyx invece era sempre stato un casinista, quel giorno però era insolitamente calmo.
Nonostante i ragazzi si fossero coricati piuttosto presto, Marluxia si era addormentato solo verso la mezzanotte. Il suo letto era infatti cosparso di fogli stropicciati e scarabocchiati, sulla quale aveva provato a scrivere la notte prima. Il ragazzo continuava a fissarne uno in particolare, il quale recitava:

Luce di umanità che brilla dentro quel corpo impossibile
Un occhio grande di bambina 
L'altro occhio, artificiale, insensibile

Il suo sguardo delicato 
Ne rimani prima incantato
Poi sorride maliziosa
E il tuo cuore viene divorato.

Prese il foglio, lo accartoccio tra le sue mani, e se ne andò.


  
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