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Autore: LindaBaggins    19/07/2014    5 recensioni
«Possiamo tornare di nuovo a vivere quei giorni, Wendy» bisbigliò, suadente come le voci delle sirene che si sentivano cantare nella laguna, persuasivo come soltanto lui sapeva essere. «Possiamo tornare ad essere soltanto io, te e la luna che ci guarda dall’alto mentre balliamo intorno al fuoco. Di’, non ti piacerebbe?»
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Peter Pan deve convincere Wendy a mentire ad Henry fingendosi malata, ma la ragazzina non ha nessuna intenzione di aiutarlo a fare del male al figlio di Baelfire.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pan, Wendy, Darling
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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LA SCELTA DI WENDY
 

You say you care for me
but hide it well
how can you love someone not yourself?

[Alter Bridge, Watch over you]
 

Wendy si strinse le braccia nude intorno al petto e mosse qualche passo incerto, guardandosi nervosamente intorno.
Si trovava nella stanza più bizzarra che le fosse mai capitato di vedere in vita sua. Munita, come ogni altra stanza da letto degna di questo nome, di un letto, di tende, di un comodino con sopra una lampada a olio e di un soffice tappeto, si distingueva tuttavia per unico, significativo particolare: era interamente costruita all’interno di una grotta, e vi si poteva accedere solo inerpicandosi su per una traballante scala di legno appoggiata contro la parete rocciosa.
Per tentare di arrestare il tremito impietoso che la scuoteva – un tremito che con il freddo aveva poco o nulla a che fare – Wendy si sforzò di immaginare di trovarsi a Londra, nella sua casa, nella sua camera da letto, pronta per ricevere il bacio della buonanotte da sua madre e per rimboccare le coperte ai suoi fratelli, e per un breve, meraviglioso secondo riuscì persino a convincersene. Le sembrò di sentire il rumore del trenino elettrico di Michael, il frusciare delle pagine dei libri di John, sua madre che cantava distrattamente al piano di sotto mentre era impegnata nel ricamo, e un vago sorriso riuscì per un momento a farsi strada sulle sue labbra.
Ma fu un’illusione di breve durata. Presto le fredde pareti scoscese della caverna e i rumori minacciosi della giungla sotto di lei le fecero ricordare che si trovava molto lontana da casa, da John, da Michael e da sua madre, e che con tutta probabilità non avrebbe più rivisto nessuno di loro. Una morsa di disperazione le strinse la gola e minacciò di farla scoppiare a piangere, ma Wendy aveva imparato da tempo che le lacrime non l’avrebbero potuta aiutare, e che quindi la miglior cosa da fare era ricacciarle stoicamente indietro.
“John e Michael sono vivi. E’ questa l’unica cosa importante, questa e nessun’altra.”
Se lo ripeteva continuamente, quando pensava di avere finito le ragioni per resistere, e quel pensiero riusciva a renderla più forte di quanto avrebbe mai potuto essere una normale ragazzina della sua età. Per la prima volta le venne da pensare che forse, senza accorgersene, aveva smesso da tempo di essere una ragazzina. E non c’entrava affatto il suo aspetto – il suo corpo minuto, il suo viso pulito e sempre uguale, la candida camicia da notte che le arrivava alle caviglie. No. Era per qualcosa che le mancava dentro, un buco vuoto nel petto lasciato da qualcosa di cui nessun ragazzino dovrebbe essere privato: la speranza.
L’inequivocabile rumore di qualcuno che saliva la scala la strappò alle sue malinconiche riflessioni. Il suo cuore, come rispondendo ad un impulso irresistibile, iniziò a martellarle frenetico nella gola, mentre la ragazzina arretrava istintivamente di qualche passo verso la parete opposta della caverna. Sapeva benissimo chi stava per arrivare, e, se avesse potuto scegliere, avrebbe rimandato quell’incontro il più a lungo possibile.
Significa … che sono libera? ricordava di aver balbettato confusa, alla vista della sua mano tesa verso di lei nella gabbia inaspettatamente aperta. Temeva che fosse soltanto un altro dei suoi scherzi crudeli, e per diversi secondi si era rifiutata di muovere un solo muscolo, benché le sue gambe intorpidite gridassero a gran voce il loro bisogno di sgranchirsi.
Non ancora, Wendy. Lo sguardo minaccioso nei suoi occhi, in stridente contrasto con il sorriso sornione che gli incurvava le labbra, l’avevano convinta ad allungare la mano e afferrare la sua, lasciandosi condurre fuori dalla sua prigione di legno. Ma questo non ti impedisce di uscire a giocare.
Wendy aveva sentito i capelli drizzarsi sulla nuca. Aveva sacrificato la propria libertà e accettato di rimanere su quell’isola per garantire la salvezza dei suoi fratelli, ma aveva sempre immaginato che il suo destino fosse semplicemente quello di rimanere per sempre prigioniera in una gabbia di legno come garanzia della docile obbedienza di John e Michael. Conosceva bene quelli che lui amava chiamare giochi, e non aveva alcun desiderio di ritrovarsi coinvolta in uno di essi. Tuttavia, non aveva avuto altra scelta che farsi scortare da Felix attraverso la giungla, in una traversata dell’isola che le parve interminabile e durante la quale le sue braccia e i suoi piedi nudi si ritrovarono più volte graffiati da insidiosi rami sporgenti o da sassi affioranti dal terreno. Alla fine, il bimbo sperduto l’aveva sospinta rudemente su per la stretta scala di legno e le aveva intimato di aspettare lì senza azzardarsi a muovere un dito: lui sarebbe arrivato presto a farle visita. A Wendy non era passato nemmeno per la testa di provare a scappare: non aveva idea di come orientarsi nella giungla, e sapeva benissimo che Felix o qualcun altro dei Bimbi Sperduti l’avrebbe trovata e riacciuffata prima che fosse riuscita a percorrere anche solo dieci metri. Desiderava soltanto sapere perché si trovava lì, nient’altro. Per qualche strana ragione, l’apparente atmosfera rassicurante di quella stanza da letto la spaventata più delle aride sbarre della sua gabbia di legno. Quando finalmente una testa e delle braccia iniziarono ad emergere dalla cima della parete di roccia, capì che presto – forse troppo presto – avrebbe avuto le risposte che cercava.
Peter Pan, il fidato pugnale al fianco e un involto di stoffa nella mano destra, fece il suo ingresso nella grotta con un agile balzo, e i suoi occhi individuarono immediatamente Wendy sul fondo della stanza. Un sogghigno di scherno gli incurvò le labbra: non gli era sfuggito l’istintivo passo indietro che la ragazzina aveva fatto nel vederlo comparire sulla soglia.
«Non c’è bisogno di essere così sospettosa» esordì, in quello che avrebbe dovuto somigliare ad un tono rassicurante. «Non ho intenzione di farti del male.»
«Che cosa ci faccio qui? Perché mi avete portato in questo posto?» domandò d’impulso Wendy, la voce incrinata da una nota di paura.
Il ghigno sul volto di Peter Pan si trasformò lentamente in un sorriso indecifrabile. «Ogni cosa a suo tempo, Wendy» fu a sibillina risposta del ragazzo. «Tieni,» aggiunse poi, porgendole il fagotto di stoffa che stringeva in mano. «Ti ho portato qualcosa da mangiare. Immagino che tu sia affamata.»
Wendy, a digiuno ormai da parecchie ore, sentiva lo stomaco contorcersi e brontolare, ma si limitò a fissare il fagotto con aria inespressiva, senza accennare a muoversi dal punto in cui si trovava. Peter Pan sospirò roteando gli occhi verso l’alto, e, poggiato il fagotto su un tavolino seminascosto dalla tenda, lo aprì e ne estrasse una manciata di piccoli frutti dal colore violetto. Le infilò in bocca e iniziò a masticarle con convinzione, aiutandosi a mandarle giù con un sorso d’acqua da una borraccia di legno.
«Ecco» disse, allargando le braccia. «Adesso mi sono guadagnato la tua fiducia, oppure pensi di continuare a rimanere rannicchiata in quell’angolo come un coniglietto spaventato?»
Wendy deglutì. Non si era accorta di avere una tale acquolina in bocca: quel fagotto pieno di cibo calamitava il suo sguardo in modo irresistibile, mettendo a dura prova la sua determinazione a non lasciarsi irretire. Alla fine, prima che riuscisse a impedirlo, le sue gambe si mossero di propria iniziativa, e in men che non si dica la ragazzina si ritrovò accanto al tavolo, a masticare voracemente frutta e pezzi di carne fredda, interrompendosi solo di tanto in tanto per bere qualche sorso d’acqua dalla borraccia. Peter Pan non disse una parola. Si limitò a fissarla in silenzio, un angolo della bocca piegato in un sorriso indecifrabile, lasciandola mangiare e bere quanto voleva. Per diversi secondi, la mente annebbiata dall’irrefrenabile voglia di riempirsi la pancia, Wendy fu a malapena consapevole della sua presenza accanto a lei. Cominciò a rendersene conto solo quando, messa a tacere la fame e alzati gli occhi nella sua direzione, lo sorprese a fissarla intensamente dall’alto dei suoi venti centimetri in più. Era sempre stato così alto? Wendy non avrebbe saputo dirlo.
«Adesso che ti sei rifocillata, credo che possiamo iniziare a parlare di cose serie» affermò il ragazzo in tono soave. Una pausa ad effetto di qualche secondo seguì le sue parole. Wendy, di nuovo intimorita, abbassò lo sguardo e lasciò che Pan le togliesse delicatamente di mano la borraccia e la poggiasse sul tavolo. Nel farlo, le sue dita indugiarono per una frazione di secondo tra quelle di lei, e Wendy sentì le guance prenderle inspiegabilmente fuoco.
«Mi hai chiesto perché ti ho fatto portare qui, e te lo dirò subito» continuò Pan. «Ho bisogno che tu faccia una cosa per me, Wendy.»
La ragazzina alzò di nuovo gli occhi verso di lui e lo fissò, confusa, ma prima che potesse chiedere spiegazioni Pan aveva già ripreso a parlare.
«Vedi … c’è un ragazzino, sull’Isola che non c’è, un po’ riluttante a farsi convincere a seguire la strada che io ho scelto per lui. Avrebbe bisogno … come dire … di una piccola spinta. Un incentivo, se vogliamo chiamarlo così.»
La voce suadente e conciliante di Peter Pan non riuscì a ingannare Wendy nemmeno per un secondo. Lo conosceva fin troppo bene, aveva sperimentato sulla propria pelle fin troppe volte il suo ignobile modo di giocare sporco con le persone, di usarle per i propri scopi.
Con una smorfia di disprezzo, lo superò e si diresse verso la soglia della caverna, fermandosi a fissare a braccia conserte e mandibola contratta la giungla che, sotto di lei, si stendeva all’infinito in tutte le direzioni. «E immagino che la strada che dici di aver scelto per lui abbia molto più a che fare con i tuoi interessi che con i suoi …»
«Sei sempre stata una ragazza perspicace.»
Wendy non poteva vedergli la faccia, ma sapeva che in quel momento era attraversata da quel sogghigno compiaciuto che riusciva a suscitarle un violento misto di timore e odio. Le sembrava così lontano il tempo in cui, arrivata sull’Isola per la prima volta, era rimasta stordita e abbagliata dallo strano fascino di quel sorriso! Non ci aveva messo molto, comunque, a capire cosa vi si nascondeva dietro e quali terribili guai poteva portare …
«Non capisco a cosa potrei servirti» replicò, continuando a voltargli le spalle. «Pensavo che tu potessi convincere i Bimbi Sperduti a fare tutto ciò che vuoi …»
«Oh, quindi credi che si tratti di uno di loro!» Pan scoppiò in una breve risata a metà tra lo stupore e la condiscendenza. «No, niente del genere! Il ragazzino di cui parlo non è un Bimbo Sperduto … o, almeno, non del tutto. Il suo nome è Henry.»
Wendy non reagì. Quel nome non le diceva assolutamente niente.
«Non mi aspetto che tu lo conosca, certo» continuò Pan in tono comprensivo, ma lasciando volutamente trapelare dalla voce una impercettibile nota allusiva. «Ma forse potrà suonarti più familiare il nome di suo padre … Baelfire.»
La ragazzina si voltò di scatto verso di lui, gli occhi sgranati e le labbra tremanti, con la terrorizzante sensazione che una voragine si fosse appena aperta sotto i suoi piedi. Il cuore aveva improvvisamente ripreso a martellarle nel petto, a velocità persino doppia rispetto a qualche minuto prima. «Cosa? …» esalò, senza fiato. «Bae ha un figlio? Un figlio che … si trova qui?»
Un sorrisetto crudele, più simile ad una smorfia, increspò le labbra di Pan senza tuttavia coinvolgere gli occhi. «Sapevo che avresti avuto questa reazione. Sei sempre stata tanto affezionata al tuo caro Baelfire! Ricordo che non facevi altro che parlare di lui, di quanto ti mancava, di quanto ti sarebbe piaciuto rivederlo!»
Wendy rimase disorientata dall’improvviso scivolamento della conversazione sui suoi rapporti con Bae, non meno che dall’insolita acredine con cui Peter Pan ne parlava. «Certo che mi mancava» replicò seccamente. «Mi mancava la mia famiglia. Bae era come un fratello, per me.»
Pan proruppe in una risata fredda e tagliente come una lama appena affilata. «Come un fratello?» la schernì, con l’evidente tentativo di ferirla. «Oh, io non credo proprio! Credo che lui significasse per te molto più di quanto tu abbia mai voluto ammettere! Perché, altrimenti, saresti tornata sull’Isola per liberarlo?»
«Perché gli volevo bene! In un modo che tu non riuscirai mai a capire, perché l’unica cosa che sai fare è pensare a te stesso!» sbottò Wendy esasperata, voltandosi di scatto e piantando gli occhi nei suoi con aria di sfida. Che colpa stava scontando, in nome del cielo? Qual’era il motivo di quel sadico accanimento di Peter Pan contro di lei? Aveva imparato ormai da tempo a conoscere il suo gusto nel divertirsi con i più deboli, come il gatto si trastulla con l’uccellino a cui sta per dare il colpo di grazia, ma a volte le veniva da pensare di essere proprio lei il suo giocattolo preferito. Lei, l’ingenuo uccellino che, tanto tempo prima, si era gettato spontaneamente nelle fauci del gatto …
Per un attimo sembrò che persino Peter Pan fosse rimasto interdetto dalla sua veemenza. Il carattere di Wendy era sempre stato dolce e incline alla gentilezza, e la rigida educazione che aveva ricevuto a Londra durante l’infanzia le aveva insegnato che per una signorina non stava bene perdere il controllo di sé ed esprimersi sgarbatamente. Ma la ragazzina non ricordava di essersi mai sentita tanto arrabbiata in vita sua, nemmeno quando John, a sei anni, aveva fracassato l’intero servizio da tè della mamma e poi aveva dato la colpa a lei per evitare la punizione.
Quando rialzò lo sguardo, quasi intimorita dalla sua stessa reazione, si rese conto che negli occhi di Peter Pan lo stupore aveva lasciato il posto ad una gelida durezza.
«In quest’Isola tutti pensano soltanto a se stessi, dovresti saperlo» replicò, freddo. «E io non ho mai avuto bisogno di sciocche ragazzine sentimentali, tra i miei Bimbi Sperduti!»
Il colpo arrivò inaspettato, prendendo Wendy alla sprovvista e costringendola a deglutire varie volte per ricacciare indietro le lacrime che minacciavano di gettarsi a capofitto giù per le guance. Dovette aspettare diversi secondi, prima di riuscire a parlare: un grosso sasso sembrava essersi impigliato lungo la sua gola, impedendole di emettere il benché minimo suono.
«Allora sono questo per te …» fu tutto ciò che riuscì a sussurrare alla fine con voce tremante. «Una sciocca ragazzina sentimentale …»
Perché avrebbe dovuto prendersela tanto per ciò che pensava di lei quel ragazzo crudele e arrogante, quel ragazzo che la teneva prigioniera da anni e anni con il ricatto, Wendy non avrebbe saputo dirlo. Sapeva solo di avere freddo e paura, e di essere esausta per la lunga camminata attraverso la giungla; sapeva solo che, se in quel momento avesse potuto esprimere un desiderio, sarebbe stato far scomparire quella grotta per tornare indietro a tanto e tanto tempo prima: a una notte trapuntata di stelle, allo scoppiettare di un fuoco, a decine di ragazzi che ballavano frenetici intorno alle fiamme, a Peter Pan che suonava il flauto con i suoi occhi magnetici fissi solo e soltanto su di lei, alla mano stretta nella sua mentre le insegnava a volare e a parlare con le sirene.
«Quello che so» sibilò rabbiosamente Pan, con le labbra a pochi centimetri dal suo orecchio «è che tu hai sempre preferito il tuo prezioso Baelfire e la tua famiglia a … a tutto quello che avresti potuto avere quest’Isola.»
«E che cosa avrei potuto avere?» Il tono di Wendy, questa volta, era amaro. «Questo posto non mi ha mai portato altro che dolore! Forse sarei potuta rimanere se solo …»
Si interruppe, rendendosi conto di aver parlato senza pensare. Ma a Peter Pan non erano sfuggite le sue ultime parole, e immediatamente la ragazzina sentì bruciare sulla pelle il suo sguardo indagatore.
«Se solo?» ripeté lentamente il ragazzo.
Wendy sospirò e rivolse lo sguardo alla  luccicante striscia di mare che si intravedeva al di sopra delle cime degli alberi.
«Se solo tu fossi stato … diverso.»
Le sue labbra si erano mosse quasi di loro iniziativa, prima che potesse fare qualsiasi cosa per fermarle. Ma nel medesimo istante in cui si rendeva conto, stordita, di ciò che aveva appena detto, seppe anche con estrema chiarezza che in fondo, in qualche modo, l’aveva sempre saputo.
Ci furono diversi secondi di silenzio, rotto soltanto dal rumore del respiro pesante di Pan. Wendy stava facendo di tutto per evitare di guardarlo, ma non poté fare a meno di notare, con la coda dell’occhio, i suoi pugni serrati e la sua mascella contratta, segno dei sentimenti contrastanti che in quel momento si agitavano dentro di lui. Sapeva di averlo preso completamente alla sprovvista, e sapeva anche che questo avrebbe potuto causare reazioni imprevedibili: Peter Pan non amava essere preso alla sprovvista. Mai.
Stranamente, dopo quelle che a Wendy parvero ore, il respiro del ragazzo si fece più regolare; la stretta dei suoi pugni si allentò, e il fuoco nei suoi occhi si ridusse a una tiepida fiammella che prese a scrutarla  con cauto interesse, come studiandola. Wendy sobbalzò leggermente, quando sentì la sua mano circondarle il braccio, ma con sua grande sorpresa Pan non fece altro che pulirle via il sangue da un graffio ancora fresco con un leggero movimento del pollice. Poi sollevò la mano verso il viso di Wendy, ancora ostinatamente voltata dalla parte opposta, e fece lo stesso con un altro piccolo taglio sullo zigomo. La ragazzina chiuse gli occhi e respirò profondamente, tentando di ignorare quel dito che si muoveva in modo così delicato sulla sua pelle, ma il rumore sordo del cuore che le rimbombava nella gola le fece capire che non sarebbe stato così facile come credeva. Riaprì gli occhi solo quando Peter Pan, prendendole il mento tra pollice e indice, la costrinse a voltare il viso verso di lui. Wendy fremette, mentre i suoi occhi si specchiavano in quelli di ghiaccio del ragazzo che le stava davanti; considerò per un momento la possibilità di divincolarsi, ma il suo corpo, come pietrificato, sembrava non rispondere più alla sua volontà. Pan parlò lentamente, con una calma quasi inquietante, senza smettere nemmeno per un attimo di fissarla negli occhi.
«E come vorresti che fossi?»
Wendy deglutì. Doveva rispondere, lo sapeva: ormai non era più possibile tornare indietro.
«Meno egoista …» esalò con voce tremante. «Meno crudele …»
Era terribilmente consapevole che il viso di Pan si stava avvicinando sempre di più al suo, e il leggero sogghigno che si allargò sulle sue labbra non contribuì affatto a migliorare la situazione. «Non sembravi pensarla così, la prima volta che sei stata su quest’isola ...» constatò il ragazzo, con l’evidente intenzione di prendersi gioco di lei.
«Pensavo di conoscerti. Mi sbagliavo.»
Pan non sentì la nota di triste amarezza nella voce di Wendy, o forse fece soltanto finta di non accorgersene. Quando parlò di nuovo, la sua voce era ridotta ad un sussurro appena udibile, le labbra che sfioravano l’orecchio della ragazzina.
«Possiamo tornare di nuovo a vivere quei giorni, Wendy» bisbigliò, suadente come le voci delle sirene che si sentivano cantare nella laguna, persuasivo come soltanto lui sapeva essere. «Possiamo tornare ad essere soltanto io, te e la luna che ci guarda dall’alto mentre balliamo intorno al fuoco. Di’, non ti piacerebbe?»
Wendy si chiese, con un moto di soffocante disperazione, che cosa avesse fatto di male per venire torturata in quel modo. I momenti spensierati e felici passati insieme, prima che lei scoprisse il suo lato crudele e prima che il suo cuore fosse irrimediabilmente spezzato, i momenti passati a ballare intorno al fuoco, nuotare nella Baia del Teschio e sfiorarsi distrattamente (o forse non tanto distrattamente) le mani, erano impressi troppo a fondo nella sua memoria perché potesse dimenticarli. Peter Pan lo sapeva bene. Conosceva bene la sua incapacità di odiarlo fino in fondo, nonostante tutto quello che le aveva fatto. Per questo stava giocando sporco.
«Ma per riuscirci,» continuò il ragazzo, approfittando della sua confusione «devi aiutarmi con Henry e fare esattamente quello che ti dirò.»
Un istintivo moto di ribellione scosse la coscienza di Wendy. «Io non … non voglio aiutarti a fargli del male» si oppose debolmente, come in un’ultima, disperata illusione di avere qualche possibilità di scelta.
«E chi ti dice che voglia fargli del male?» sussurrò Pan in risposta, sfiorandole le labbra con le sue. Il suo respiro caldo le lambiva la pelle, le sue mani le accarezzavano lievemente il viso soffermandosi a giocare con delle ciocche di capelli, e Wendy capì che, se si fosse prestata al suo gioco anche solo un secondo di più, ciò che restava della sua determinazione avrebbe ceduto, e la sua anima sarebbe stata irrimediabilmente perduta.
«Wendy …» bisbigliò Pan, in un sussurro in cui, dietro al subdolo tentativo di irretirla, si avvertiva un genuino desiderio di annullare la distanza tra le loro labbra. La ragazzina, senza sapere come, riuscì a fare appello alla poca forza che le rimaneva e voltò leggermente la testa, sottraendosi al suo bacio.
«Mi dispiace» sussurrò, trattenendo a stento le lacrime. «Hai smesso di essere il Peter Pan che ricordavo molto tempo fa.»
Lo sentì quasi subito irrigidirsi e staccarsi da lei, come se qualcosa fosse improvvisamente andato in pezzi e non potesse più essere riaggiustato. Persino i rumori della giungla, adesso, sembravano spariti, facendo cadere la bizzarra camera da letto in un silenzio dalla pesantezza quasi insostenibile. Quando finalmente trovò il coraggio di alzare lo sguardo verso Pan, Wendy fu quasi spaventata dall’ira che traboccava dai suoi occhi chiari: un’ira resa ancora più violenta dall’impotenza, dalla disarmante consapevolezza di averla persa di nuovo – di averla persa per sempre. Wendy cercò nel suo sguardo spietato una traccia del ragazzo che, tanto tempo prima, aveva suonato per lei accanto al fuoco, del ragazzo che le aveva insegnato a volare, del ragazzo che forse, una volta, avrebbe potuto arrivare ad amare, ma fu tutto inutile. Quel Peter Pan era ormai solo uno struggente ricordo, irraggiungibile nell’oscuro sentiero di potere e ambizione in cui aveva deciso di smarrirsi. Wendy avvertì una lama di dolore affondarle brutalmente nel petto, ma la fermezza nei suoi occhi umidi di lacrime non diminuì.
«Avevo sottovalutato la tua ostinazione» disse Pan con inquietante lentezza, dopo un tempo che a Wendy parve interminabile. «Speravo che tu decidessi di aiutarmi spontaneamente, ma vedo che non mi lasci altra scelta. Devo ricordarti per l’ennesima volta che i tuoi fratelli rimarranno vivi e vegeti finché tu eseguirai i miei ordini?»
Il gelo nella sua voce era quasi palpabile. Wendy chinò il viso, rassegnata, e fece meccanicamente segno di no con la testa. Era inevitabile che si arrivasse a questo, l’aveva saputo sin dall’inizio. Si sentiva vuota, come se qualcosa avesse appena risucchiato via dal suo corpo tutta la forza che le rimaneva. Un ghigno si allargò sulle labbra di Peter Pan.
«Molto bene.»
Il ragazzo fece qualche passo indietro e, fermatosi accanto al letto, ne sfiorò le coperte con il dorso di una mano, gli occhi accesi di trionfante soddisfazione.
«Spero che tu sappia recitare, Wendy» la apostrofò in tono canzonatorio. «Perché tra poco dovrai andare in scena.»
Un singhiozzo squassò il petto di Wendy, e quasi nello stesso momento la ragazzina sentì le labbra inumidirsi. Era così stordita che le ci volle qualche secondo per capire che si trattava di lacrime. Per un attimo fu terribilmente cosciente delle sue braccia e dei suoi piedi nudi, del suo corpo magro, della sua fragilità, della sua piccolezza di fronte agli eventi troppo più grandi di lei che stava per contribuire a mettere in moto, e questa consapevolezza minacciò di farla vacillare. Ma non poteva permetterselo. Doveva farsi forza, mettere a tacere il senso di colpa e fare esattamente quello che lui le avrebbe detto di fare: ne andava della vita di John e Michael.
Perdonami, Bae. Perdonami.
Tirò su con il naso e, asciugandosi coraggiosamente le guance con il palmo della mano, trasse un profondo respiro.
Adesso toccava a lei.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE
Cucù! C’è ancora qualcuno? :) Ho notato con disappunto che questo fandom è tristemente carente di ff a tema Darling Pan, così ho pensato che fosse giunto il momento di porvi rimedio. Sì, mi rendo conto che è una coppia un po’ (molto) male assortita, ma dopo aver visto la 3x07 sono andata in fissa con questi due in modo irreversibile … e poi, se tutte le ship fossero carine, perfettine e rose e fiori, i nostri feelings di che cosa si nutrirebbero? (sì, sono geneticamente incapace di provare interesse per una ship se essa non implica una consistente percentuale di tormento, angst e disperazione). Come al solito ho cercato di mantenermi più IC possibile e di ricostruire il loro rapporto in modo credibile, ma il mio invito è sempre lo stesso: se c’è qualcosa che non vi ha convinto, non fatevi problemi a dirmelo ;)

A presto (spero)!!!

MrsBlack90



 
 

 
   
 
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