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Autore: ellephedre    19/07/2014    19 recensioni
1. Minako al settimo giorno di vita del suo bambino.
2. Ami al secondo mese di vita del suo bambino.
3. Ami e Rei (prima della nascita). Una chiacchierata a quattro con Usagi e Makoto.
4. Minako al settimo mese di gravidanza. È un pochino giù, ma sa come consolarsi.
5. Usagi e Mamoru, al sesto mese di Chibiusa, a Natale.
6. Yuichiro e Rei (alla nascita di Iria).
....
18. Gen babysitter (con Adam, 1 anno, e Iria, 8 mesi)
19 - Profetessa (Iria, 7 mesi)
20 - Nato per essere padre (Iria, 2 mesi)
21 - Rei e l'istinto materno (7 mesi)
22 - Halloween (Adam, 1 mese - Rei incinta di otto mesi)
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ami/Amy, Minako/Marta, Rei/Rea
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
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Maternità 1

 

Maternità

 

Autore: ellephedre

 

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.

 


  

1 - Minako (al settimo giorno)

  

 

Era una sensazione strana.

Dopo sette giorni a volte le sembrava ancora di prendersi cura di un giocattolo prezioso, rarissimo, inquietante nella sua meraviglia.

Aveva visto il suo volto nella pancia, lo aveva sentito muoversi dentro di lei. Lo aveva visto uscire dal proprio corpo. Al primo contatto con lui si era sentita immensa, completa. Aveva dato un nome al suo bambino, ma ogni tanto lo guardava e aveva voglia di chiedergli, 'Sono io la tua mamma?'

Sei davvero mio, è di me che hai bisogno?

Si sentiva troppo piccola per tutto ciò che meritava l'essere magnifico che teneva tra le braccia. Lui prendeva da lei senza preoccupazioni, come in quel momento, con le sue minuscole labbra che si chiudevano forte attorno al suo capezzolo, succhiando per nutrirsi.

Lei gli teneva la mano chiusa nel pugno, con delicatezza, e quando sentiva le sue dita muoversi si allarmava e gioiva.

Hai bisogno di qualcos'altro? Saprò dartelo?

Non posso credere che tu sia qui.

Sentì che lui smetteva di succhiare e lo staccò dal seno, spostandolo con entrambe le mani. Aveva imparato a maneggiarlo e a rivestirsi; in qualcosa stava diventando brava.

Mentre si ricomponeva e puliva il latte dal seno, lui non fece quasi nulla. Nella penombra la guardò, si guardò attorno. Inerme, aspettava che la vita gli capitasse, o che lei decidesse cosa ne sarebbe stato di tutte le sue giornate.

«Che responsabilità...»

Sorrise. Quando gli parlava si sentiva meglio, le sembrava di comunicare con lui. Il suo piccolo la guardava quando sentiva il suono della sua voce.

«Facciamo una cosa?»

Allungò un braccio di lato e accese una piccola lampada. La luce tenue illuminò la parete accanto a loro.

«Non ti dà fastidio?» mormorò. Hermes la guardò ancora e lei studiò di nuovo il suo viso. Cambiava ogni giorno. Quella mattina c'era qualcosa di nuovo: le labbra sembravano meno paffute.

In aria disegnò la loro forma con un dito, per fissarla meglio nella mente.

Oh. Ora le vedeva meglio, le riconosceva. Quella bocca non era sua.

«Hai capito?» Avvicinò la fronte a quella di lui, ammirando i suoi occhi grigi. «Non è vero che somigli in tutto a mamma.»

Le pupille del suo bambino erano larghe. La stava ascoltando.

«A me non sembra nemmeno che queste siano le mie sopracciglia.» Quelle di lui erano chiare, ma lei non le aveva così grandi. «Sono bellissime. Quando sarai grande ti staranno molto bene.»

Tutti dicevano che Hermes aveva i suoi occhi. Il colore era ancora indefinito, ma il taglio - sembrava - era il suo. Lei non lo riconosceva: era difficile vedersi in un'altra persona. Ma da Usagi a Makoto, tutti i suoi amici dicevano che suo figlio aveva la sua faccia.

Il legame era straordinario, perché quando lei guardava il suo bambino vedeva solo... un'altra persona. Una persona nuova, diversa, unica, capace di reazioni che la sorprendevano, benché avesse imparato a rispondervi nella maniera giusta.

Il modo in cui lui piangeva era tenero e angustiante. Non era un pianto disperato e acuto - 'completamente diverso da Arimi', aveva detto Shun - ma una specie di miagolio sofferente che chiedeva attenzione.

Hermes la stava ancora guardando, sereno nelle sue certezze.

Minako lo portò al petto. «Io so solo che tu hai un odore buonissimo. E che ti voglio bene da morire.»

Proverò a non sbagliare, lo prometto.

Anche se, con ogni giorno che passava, le sembrava che comparisse una nuova cosa che non sapeva fare, un nuovo problema da affrontare.

«Ehi.»

Sollevò gli occhi. Shun era entrato nella stanza, camminando piano.

«Un'altra poppata?»

Minako annuì. Cominciò a massaggiare la schiena del loro bambino, per spingerlo a buttare fuori l'aria.

Shun si sedette nella poltrona davanti a lei. Sbadigliò, una mano davanti alla bocca.

«Va' a dormire» gli disse lei. Non era necessario che stessero alzati in due.

Lui meditò sul proprio sonno per qualche secondo, le palpebre gonfie. Le agitò. «No. Quante volte si è svegliato questa notte?»

«Due.»

«Questa è la terza.»

Non fu proprio una domanda, e il tono fu gentile, ma suonò come un'accusa, a lei o ad Hermes. Minako lo strinse più forte a sé, solo un pochino.

«Sei stanca.»

Oh, sì. Una parte di lei voleva gettarsi tra le braccia di Shun per dormire in eterno e chiedergli di sistemare tutto. Ma un'altra parte di lei - quella che era diventata madre - sapeva che non poteva farlo. Aveva delle responsabilità ora.

«Oggi possiamo provare con quel tiralatte» suggerì  Shun. «O col latte in polvere.»

«Non preoccuparti.»

«Hermes-chan si preoccupa. Vede che la sua mamma è stanca.»

Minako immaginò quelle parole in bocca al loro bambino e suo malgrado sorrise.

Shun allungò le braccia, chiedendole di passarglielo.

La invase un senso di inquietudine così sciocco e strano che seppe di doverlo combattere subito, perché non mettesse radici in lei. Diede suo figlio al padre. Guardandoli insieme si sentì subito più calma, priva di forze, come se avesse appena smesso di sostenere da sola un'enorme peso.

Hermes non lo era, ma... «Non mi sentivo così.»

«Hm?»

«Durante la gravidanza.» L'aveva vissuta come se fosse una divertente gita, una fase della sua esistenza completamente priva di preoccupazioni.

Shun stava massaggiando la schiena al loro bambino, un po' più forte di lei, con maestria. Nelle sue braccia Hermes le sembrò al sicuro, quasi più che con lei. Shun sapeva come crescere un neonato.

«Così come?» le chiese lui.

«In ansia.» Finché non era nato suo figlio aveva creduto di saper fare la mamma, solo perché da qualche mese faceva da madre a una bambina già grande, che camminava, mangiava da sola e si sceglieva persino i vestitini da indossare per l'asilo.

«Be', io non ero incinta.»

La frase di Shun la fece ridere.

«Ma sono stato in ansia anche io, qualche settimana dopo aver preso Arimi. È successo quando mi sono reso conto che sarebbe rimasta per sempre con me.»

Che cosa lo aveva fatto preoccupare?

«È solo...» Shun spostò Hermes, per guardarlo in faccia. «È la sensazione di avere potere assoluto su un'altra persona. Così che se sbagli, la colpa sarà solo tua e sai che non potresti mai perdonarti un errore.»

Shun appoggiò il loro bambino sulle ginocchia.

«Ma lui ha due persone, no? Non sbaglieremo in due, Minako.» Le prese la mano. «Comunque, tu te la caveresti da sola e io me la sono cavata da solo. Fai questi pensieri cupi solo perché sei stanca.»

Non abbastanza da sentire che era il momento per lei di dormire.

«Prova a mettere la testa sul materasso. Crollerai.»

«È mattina. Ormai posso restare sveglia.»

«Da che mondo è mondo, se uno può, dorme almeno fino alle otto.»

Già. Quella mattina erano appena le sei e un quarto.

Guardò di nuovo Hermes, che Shun aveva riappoggiato contro una spalla.

Lui si avvicinò, fino a permetterle di posare la guancia contro la nuca del loro bambino.

«Ti sembra che te lo stia rubando?» sorrise Shun.

Minako strofinò il viso contro la massa di sottili capelli biondi. «No. Mi sembra di rubare me stessa a lui.»

«È così pretenzioso?» Shun cercò gli occhi di Hermes. «Sei così pretenzioso? No, non è vero? Mamma è anche di papà, e di Arimi-chan...»

Oh. È vero, aveva promesso alla piccola che l'avrebbe portata lei a scuola quel giorno. Stavano cercando di farle capire che la sua vita non era cambiata, che lei era ancora importante.

Si sentiva uno straccio. E non sapeva se voleva uscire di casa senza Hermes. Naturalmente poteva portarlo con sé, ma se lo faceva doveva prepararlo, magari fargli un bagnetto, vestirlo bene...

Emise un lamento e nascose la faccia contro la spalla libera di Shun.

Lui le baciò la testa. «Dormi. Dopo sarà tutto come nuovo.»

«Veramente?» Non ci credeva.

«Veramente. Tutte le volte che mi hai dato fiducia, non ho sempre avuto ragione?»

... in effetti...

«Quindi, anche questa volta, lascia fare a me. Ho poteri sovrannaturali, non ricordi?»

Sì, lo avevano scoperto.

Lui scosse la testa. «Non quelli. Sono un super-papà. Se ti addormenti per ventiquattro ore di fila al tuo risveglio trovi lui splendente e sfamato e Arimi che ti fa un balletto nuovo di felicità. Poi sarò distrutto e te li mollerò entrambi, ma nel frattempo...»

Minako rise e tentò un passo verso la porta.

Shun diede un bacio alla guancia di Hermes. «Qui va tutto bene. Vedi? Si sta addormentando.»

Li smentì l'emissione di un suono importante dal corpo del loro piccolo.

Il ruttino era andato.

«Ora si addormenta» sorrise Shun. «Notte.»

Lei si allontanò di un paio di metri. «Se piange troppo svegliami.»

«Va bene.»

«Porto io Arimi all'asilo.»

«Lo so. Ma ora mettiti a letto e sogna cuscini di piuma d'oca e morbidi materassi.»

Il sorriso che le suscitò lui fu come una carezza verso il sonno. Camminò, allontanandosi.

Si fermò fuori dalla stanza.

Shun prese una manina di Hermes e la agitò piano.

Ciao ciao.

Minako si decise ad andare.

Perché non era rimasta capace di giocare come Shun? Perché non era più serena e meno stanca?

Sbadigliò, prendendo così tanta aria che dovette piegarsi in due per immagazzinarne abbastanza.

Tornata nella loro camera, si abbandonò sul letto a due piazze scompostamente, in orizzontale.

Del cuscino non le importò.

Di bello in quel letto c'era... l'odore, la sicurezza.

La calma.

Hermes sta bene, Arimi anche.

Dormi dormi, come se fossi tu una bambina.

Non lo era, ma... non era l'unica mamma in quella casa.

Sorrise, pensando a come riferire la battuta a Shun e...

si addormentò.

 

 

FINE

 

 


 

 

NdA: questa cosa ho dovuto scriverla perché dovevo scriverla :D Come ho sentito dire a una mia lettrice su Facebook, ero piena di 'feels' materni che dovevo mettere su file e quindi eccovi questa storia.

Ho deciso di farne una raccolta perché potrei tornare di umore simile in futuro e magari scrivo qualcosa sull'argomento anche per qualcun altro. Quindi, ecco la raccolta sfogo per questi casi :D

 

Ehm, spero che vi sia piaciuta.

 

Elle

 

P.S. Ho aperto un gruppo Facebook dedicato alle mie storie: Sailor Moon, Verso l'alba e oltre...

 

 

 

 

 

   
 
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