Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: Bloomsbury    23/07/2014    10 recensioni
[Storia in revisione] Capitoli revisionati: 14/35.
Jay era un ragazzo come tanti, con qualcosa in più o in meno degli altri, un ragazzo normale, un ragazzo omosessuale: particolare insignificante per ogni persona di buon senso.
Si vergognava di tante cose, tranne che di questo.
Jay bramava la luce, la libertà.
Fece la scelta sbagliata nel contesto meno appropriato e quel particolare insignificante diventò la spada che lo uccise, la macchia scura che lo inghiottì.
«Mio figlio è morto il giorno stesso in cui ha tradito la natura che gli ho donato con orgoglio.»
«La natura che mi hai donato è quella che ti ho confessato…»
«È una natura che mi fa ribrezzo!»
Così comincia la storia di Jay Hahn, fatta di dolori, di abbandoni, di amore, di amicizia, di segreti, di bugie, di tempesta.
E le tempeste intrappolano nel proprio occhio ogni cosa, risputandoti fuori lacerato, diverso, un mostro.
Jay uscirà ed entrerà da quelle raffiche di vento, diventerà lui stesso la tempesta e annienterà ogni cosa al suo passaggio.
Compreso se stesso.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



“On candystripe legs the spiderman comes
Softly through the shadow of the blissfully dead
Looking for the victim shivering in bed
Searching out fear in the gathering gloom
Suddenly!
A movement in the corner of the room!
And there is nothing I can do
When I realise with fright that
The spiderman is having me for dinner tonight!”

Lullaby- The Cure 


 
 


27. Lullaby
 
Ci sarebbe andato.
Per ripicca o forse per prendersi una soddisfazione, aveva deciso di andare a casa di sua madre e dirle tutto.
Sarebbe entrato e una volta lì, davanti a lei, le avrebbe spiattellato in faccia ogni cosa. Gli avrebbe raccontato di suo padre, di se stesso, di tutti gli anni che aveva vissuto senza il suo appoggio; le avrebbe parlato di Izaya e di quanto lo avesse amato e avrebbe urlato tutto il suo odio per il destino che glielo aveva portato via e se lei avesse cercato, anche solo con uno sguardo, di sminuirlo o ignorarlo, avrebbe spaccato ogni cosa accusandola, scagliandole addosso tutto il suo disprezzo.
Il motivo che lo spingeva ad agire era sconosciuto anche a lui stesso, ma la voglia di urlare e di sfogarsi lo aveva reso prigioniero. Doveva tirare fuori la rabbia che sentiva crescere sempre di più.
Aveva voltato le spalle a Brad con freddezza eppure la collera aveva cominciato a montargli nello stomaco senza spiegazioni.
Riconobbe in ogni piccola cosa il quartiere nel quale era nato e cresciuto; camminò sempre più deciso, superando il muretto sul quale aveva scritto di suo pugno tutte le battute divertenti da ricordare che aveva condiviso con Chaz, calpestando la sgommata che aveva lasciato con la sua bici da bambino quando, sul marciapiede, non aveva calibrato abbastanza bene la velocità mentre suo padre lo rimproverava impaurito.
Si lasciò alle spalle ogni cosa, tranne una.
«Jay!».
Si fermò.
Niente l’avrebbe fermato, ne era certo, tranne lui.
Vide la sua sagoma avvinarsi con incertezza ma poté riconoscere perfettamente la sua andatura nonostante non fosse ancora chiara la sua immagine.
Non lo raggiunse, ma attese il suo arrivo sentendo scalciare qualcosa dentro. Dopo mesi provava qualcosa di diverso dal rancore.
Era vicino.
Non solo lo vedeva, ma riusciva a percepirlo con una forza tale da fargli perdere il fiato. Erano passati quasi quattro anni, eppure, Chaz sembrava sempre lo stesso: gli occhi neri senza alcuna ombra, le labbra ben delineate con un pizzico di sorriso imbarazzato. Occhi neri nel quale si era perso per minuti e minuti neanche troppo tempo fa.
«Come stai?» chiese Chaz stando a debita distanza, come se avesse paura di valicare un confine ormai troppo netto.
«Sto bene.» lo fissò con cautela e incredulo; temeva di avere davanti un fantasma.
«Come al solito: è sempre la prima risposta che dai.» ironizzò con una punta di nostalgia, per poi avvicinarsi un po’ di più verso quel ragazzo così diverso nell’aspetto, nello sguardo, eppure così uguale nelle risposte e probabilmente nell’essenza: «Sono infinitamente felice di vederti, Jay.».
Una volta lo avrebbe certamente abbracciato, avrebbe corso verso di lui e l’avrebbe stretto con tutta la forza che aveva in corpo, adesso lo fissava incerto.
Cercava parole da dire, cose da fare per manifestargli ciò che sentiva dentro, ma rimase immobile.
«Sei ritornato a casa, alla fine?» chiese Chaz, convinto che fosse lì perché ci abitava.
Jay si ricompose e disgustato solo dall’idea, rispose categorico: «No. Non ci sarei mai ritornato.»
«Cosa ci fai qui, allora?» perseverò senza notare l’agitazione e l’insofferenza che pian piano prendevano possesso del corpo del suo vecchio amico.
Anni fa l’aveva lasciato lacerato, ma in procinto di rifarsi una vita; lo ritrovava consumato, disfatto, come il trucco che portava sugli occhi. Con un pizzico di soddisfazione pensò che Izaya l’avesse deluso, preferì non ostentare apertamente tale pensiero. Non era felice del fatto che Jay fosse triste ma che Izaya avesse sbagliato tutto.
«Non c’è più, Chaz. Izaya non c’è più. È morto un anno e mezzo fa.»
«Ah…» mormorò con un nodo in gola.
Capì che, in qualche modo, Jay avesse immaginato i suoi pensieri e così aveva preferito precisare prima ancora di sentirsi fare delle domande scomode, ciò lo fece stare male: era stato l’autore di tanta indelicatezza, si sentì come se avesse infierito direttamente sul corpo di Jay, percuotendolo crudelmente: «Mi dispiace.»
«Tranquillo, sono le cose della vita.» minimizzò senza credere neanche un secondo a ciò che stava dicendo.
«Sono cose che fanno male.» concluse Chaz fissandolo.
Lo guardò bene e si accorse di quanto quel ragazzo avesse occupato ogni singolo giorno sebbene l’avesse estromesso dalla sua vita.
Jay non si era mosso di una virgola, non si era avvicinato a lui come non si era scomposto. Ogni parola pronunciata dalla sua bocca pareva un pugno gelido in pieno stomaco ma la sua postura non era mai cambiata: stava dritto sulla gamba sinistra, con le spalle rigide e la testa leggermente rivolta altrove, come se stesse sempre sul punto di andarsene. Ogni tanto postava lo sguardo da lui e si inumidiva le labbra come se volesse fermare parole imprudenti.
Jay era bello e dignitoso tanto da metterlo in soggezione; Chaz non si vergognò di ciò che pensava perché dopo tanto tempo, nonostante i cambiamenti, ancora subiva il suo fascino, sentendosi sempre più attratto da quegli occhi limpidi che, diversamente dal solito, avevano qualcosa di più che lo rendeva incantevole, insostenibile.
«Mi dispiace per quello che è successo.» asserì con sicurezza sperando che Jay non riuscisse a leggere ancora nel suo cuore. Il dispiacere esisteva, ma avercelo davanti era la cosa più importante.
«Lo so che ti dispiace, ma…» si fermò, mordendosi le labbra per frenare sul nascere il sorrisetto divertito provocato dalle sue deduzioni perché, come al solito, aveva colto i pensieri dell’amico. Cambiò discorso: «Che hai fatto in questi anni?» chiese rilassandosi, incrociando le braccia.
«Niente di che. Mi sono iscritto all’University of Bath.»
«Bath!» esclamò inarcando le sopracciglia e annuendo in segno di approvazione. «E per il resto? Come stanno i tuoi?»
«Non ci sono al momento, sono in viaggio, torneranno tra un paio di giorni.» rispose imbarazzato, dondolandosi per non apparire impacciato; teneva le mani nelle tasche dei jeans per evitare che Jay potesse accorgersi del tremore: l’emozione cominciava a farsi sentire.
«Sono felice di averti visto, Chaz. Stammi bene…» si congedò con un’espressione compiaciuta e sorniona, servendogli un breve sorriso. Si voltò ma, prima che potesse fare il primo passo, l’altro ragazzo lo dissuase dal compierne altri: «Aspetta!».
Jay indirizzò ancora lo sguardo verso di lui e attese.
Passarono minuti interminabili di silenzio, quei tipici attimi che a contarli con l’orologio restano reali minuti ma che a misurarli con la sensazione che lasciano addosso sembrano manciate di eternità tutte concentrate in un istante.
Chaz esitava, così Jay non aspettò più: si avvicinò sicuro ma senza alcuna irruenza e gli afferrò il viso tra le mani per poi affondare la lingua tra le sue labbra, gustandole, mordendole mentre sfiorava con il pollice l’angolo della bocca per sentire attraverso il tatto stesso la sensuale ed avida lotta.
Sebbene si trovassero in strada Chaz non protestò, ma si lasciò accarezzare bramosamente e spingere piano piano verso casa sua.
Jay continuava a baciarlo insaziabile come se avesse trattenuto per anni un istinto che, prima o poi, sarebbe esploso e non appena furono abbastanza vicini al cancello si staccò da lui, lo afferrò per la mano e senza chiedere, senza pensare, si introdusse nel giardino dell’amico portandoselo dietro con prepotenza. Non voleva fermarsi per nessuna ragione al mondo, non erano più amici, non avevano più niente da perdere entrambi, così non gli diede il tempo neanche di negarsi qualora Chaz avesse voluto.

***
 
Le sue mani grandi lo stringevano con vigore e dolcezza, la sua pelle vibrava al solo contatto con le labbra dell’altro e la mente si liberava da ogni pensiero per lasciare spazio all’unica cosa che importasse davvero: “Io ti amo, Jay.”. Lo sussurrava a fior di labbra ogni volta che si ritrovava sul suo piccolo ragazzo, mentre si spingeva sempre più dentro di lui. Si muovevano insieme per sentirsi, per consumarsi, per afferrarsi, per godere di ogni impercettibile sfumatura. Jay annusava, percepiva ed indovinava ogni desiderio e così anche l’altro che, con smaniosa nostalgia, si appropriava di ogni suo respiro, intrappolandolo tra le labbra per poi portarlo ad infrangersi sulla bocca di chi l’aveva appena generato. Non c’era niente oltre il loro odore, oltre il loro desiderio, oltre il loro amore. “Ti amo anche io, Izaya”.
 
Scosse la testa per togliersi quel ricordo dalla mente mentre sfiorava con la lingua il disegno perfetto e carnoso delle labbra di Chaz; seguiva con le labbra ogni curva del suo corpo, da capo a piedi, per poi concludere il viaggio nel punto più desiderato, tenendogli le braccia immobilizzate all’altezza del petto, stringendogli i polsi in una mano.
Chaz era stordito, compiaciuto, incredulo. Felice.
I respiri affannati riempirono la stanza in penombra, alimentando l’impazienza; l’attesa divenne insostenibile in balia dei baci di Jay: «Sei qui, con me.» sussurrò Chaz divaricando le gambe per accorciare le distanze ancora un po’ e permettere a Jay di farlo suo con tutto il desiderio che avevano collezionato in quei minuti fatti di intenzioni, di promesse.
Si mosse adagio sul corpo accaldato che si concedeva apertamente a lui, e saggiando con la punta delle dita il calore intriso di piacere, lo fece suo con impulso strappandogli un lamento.

Sentiva la barba folta di Izaya contro la propria spalla quando lui lo ghermiva, voltava la testa per guardarlo di tanto in tanto mentre lo stringeva dentro di sé, per cogliere la smorfia di piacere che non si sarebbe perso per nulla al mondo: Izaya strizzava gli occhi e si mordeva le labbra mentre si muoveva stringendogli i fianchi, accompagnando i loro movimenti unificati e perfettamente simbiotici. C’era dolcezza e frenesia, amore e sesso, felicità e divertimento.
C’era Izaya.

Jay si mosse più aggressivamente per distogliere la mente, strinse gli occhi senza mai guardare Chaz. Si ammonì per questo e li riaprì per vedere la faccia di chi aveva sotto di sé mentre, con le ginocchia piantate al letto, infieriva senza riguardo nelle viscere dell’altro.
Sapeva con chi era e non l’avrebbe mai dimenticato, ma i ricordi lo torturarono fino a strappargli le lacrime che poi lasciò cadere con rabbia, stringendo i denti, nel momento in cui raggiunse l’apice, invadendo di piacere ogni recesso.
Si lasciò cadere supino sul letto, liberando dalla presa Chaz che, per tutto il tempo, non si era minimamente accorto della presenza di quei ricordi tra loro, non sapeva di essere una scappatoia neanche troppo efficace; sorrise appagato mentre scrutava il solito lampadario che simboleggiava l’abbraccio impossibile tra il sole e la luna e pensò che, per un volta, in realtà era accaduto, era stato possibile. Jay, invece, fissava il vuoto.

“Non mi lascerai mai, vero?”

“Non potrei mai lasciarti.”





Angolo Autrice
Coff Coff!
Ero un po' in crisi perché, effettivamente, non sapevo di essere capace di scrivere scene un po' più... insomma, avete capito.
Spero di essere stat efficace ma non volgare.
Voglio chiedere perdono stavolta a Babbo Aven. Forse questa scena non è stata il massimo per te XD ma doveva esserci perché, come hai potuto vedere, non è una mera descrizione di una notte di sesso, è una serie di cose. Quindi ti chiedo perdono: non lo faccio più :(
Voglio dedicare questo capitolo ad Oxymoros perché sì e anche a Julie. A Julie perché in questi due giorni mi ha fatto un regalo: ha deciso di portare avanti una crociata per mettersi in pari e mi ha riempita di recensioni stupende che non dimenticherò mai. Le sue reazioni mi hanno colpita molto e spero di non averla depressa troppo (sì, ha scoperto che Izaya è morto ): ).
Voglio ringraziare la splendida Bijouttina, LadyWolf e DarkViolet92 (grazie anche a te ma... spoilerizzi un sacco nelle recensioni T_T).
Ringrazio un sacchissimo dal profondo del mio cuore Elsker perché, non solo si è messa in pari, ma ha scritto delle recensioni cariche di amore per Jay ed è una consolazione per lui (per lui sul serio :P)... anche per me!
Grazie a tutti quelli che hanno inserito la storia nelle Preferite/Ricordate/Seguite.
Se qualcun altro volesse lasciare un commentino ne sarei davvero felice ^_^
Un abbraccio.
Bloomsbury
   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Bloomsbury