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Autore: Ai Khanum    24/07/2014    2 recensioni
Prima classificata al contest Angeli e demoni vanno sempre a braccetto indetto da Mariam_Kasinaga
Dal testo: "Ho sempre letto sui libri che angeli e demoni sono solo frutto di fantasia. Mio padre dice che sono solo figure inventate dall’uomo per creare pathos nel credente, che quindi teme questi aiutanti del Bene e del Male ed ha paura di essere visitato da loro. Mamma sorride quando le domando qualcosa in merito; dice che se esistessero la vita sarebbe dipinta con colori più sgargianti. Chi, invece, mi stupisce sempre è la nonna. Lei ha sempre visto la spiritualità in modo diverso e c’è una storia in particolare che mi racconta da quand’ero ragazzina."
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho sempre letto sui libri che angeli e demoni sono solo frutto di fantasia. Mio padre dice che sono solo figure inventate dall’uomo per creare pathos nel credente, che quindi teme questi aiutanti del Bene e del Male ed ha paura di essere visitato da loro. Mamma sorride quando le domando qualcosa in merito; dice che se esistessero la vita sarebbe dipinta con colori più sgargianti. Chi, invece, mi stupisce  sempre è la nonna. Lei ha sempre visto la spiritualità in modo diverso e c’è una storia in particolare che mi racconta da quand’ero ragazzina.
 
Teatro dell’Opera
Agosto
 
Si avvicinava la notte di San Lorenzo, in un’afosa estate del 1932. Parigi era in fermento, perché era in programma un assolo per arpa di un’artista davvero rinomata all’epoca. La chiamavano Le Fleur du Mal, il Fiore del Male, perché la sua presenza scenica aveva tutto fuorché la bellezza quasi eterea di una comune arpista. Le sue esibizioni erano molto scenografiche, la giovane prediligeva sfondi infernali e fiamme vere in enormi bracieri. Inoltre, la musica che suonava non apparteneva ad alcun compositore conosciuto. Suonava melodie inedite, diverse da spettacolo a spettacolo.
Era rinomata, inoltre, per la predilezione alla solitudine in camerino. Si truccava da sola, i vestiti le venivano lasciati fuori dalla porta.
Quando si presentava sul palco, ciò che più colpiva l’occhio era un palco di corna ritorte in testa e un ticchettio di zoccoli al passaggio, che tuttavia nessuno mai riusciva a vedere.
La donna si sedeva e cominciava a suonare. Come per magia i suoi capelli corvini sembravano mossi dal vento, cosa impossibile in un ambiente chiuso. E poi: l’imprevedibile. Dal nulla apparivano lingue di fuoco sul pavimento di legno, oppure le fiamme nei bracieri cambiavano colore, a seconda del sentire insito nella melodia. Le mani della fanciulla scorrevano veloci sulle corde dello strumento, così rapide che sembravano semplicemente sfiorare l’arpa.
Quel caldo agosto, tuttavia, fu diverso dagli altri anni. Successe la domenica di San Lorenzo, quando l’Opera di Parigi aveva esaurito i posti. La gente era accalcata, addirittura qualcuno aveva pagato per rimanere in piedi ad ascoltare. Il Palco numero 5, però, era l’unico ad essere vuoto.
Come sempre la giovane musicista fece la sua entrata in scena accompagnata dal rumore di zoccoli. Era vestita con un lungo abito rosso, molto scollato e quindi sconveniente per l’epoca. Si sedette accanto alla propria arpa, intagliata con figurine urlanti, e cominciò a suonare.
Il pubblico, però, dopo qualche minuto di ascolto, fu rapito da una luce proveniente dal palco numero 5. Un uomo imponente, dalle meravigliose ali bianche e piumate, guardava sorridente la giovane.
Nella sala tutti tacevano rapiti dalla scena, sicuramente voluta dall’arpista stessa. Ma quella notte non era destinata all’invariabilità del programma.
La fanciulla alzò lo sguardo mentre suonava e inquadrò l’angelo. Sorrise. E nel farlo, nuovamente le fiamme dei bracieri presero vita. Si allungarono a dismisura, come alimentate da una sostanza altamente infiammabile, e fecero da ponte verso il giovane. Egli si alzò ed aprì le enormi ali, scendendo poi tramite quel ponteggio di squisita fattura divina.
Con un gesto verso il pubblico stese una patina di gentil sonnolenza, e quindi allungò entrambe le braccia verso l’arpista. Sullo sfondo, le ombre dei due amanti si fusero fino a formare una figura alata con delle corna ritorte sul capo.
 
Chi passava da fuori per la via su cui affacciava lo stabile poté vedere come un improvviso fulmine a ciel sereno avesse squarciato il cielo terso ed appiccato il fuoco sul Teatro dell’Opera. La gente, terrorizzata, cominciò ad urlare e a chiamare i soccorsi. Tutti avevano gli occhi puntati sulle fiamme, tranne una persona.
Una bambina alzò gli occhi al cielo e vide una figura umana dalle grandi ali bianche levitare in alto, sempre di più, fino a sparire nel firmamento come una stella luminosa.
Quando le fiamme furono domate e i pompieri entrarono nel teatro, trovarono una platea addormentata, ma priva di qualsiasi danno, e un’arpa carbonizzata, spoglia ormai delle sue corde.
La ragazza, invece, non fu mai trovata. Sul legno del palco vennero trovate solo due impronte di zoccoli.
 
  
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