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Autore: sfiorisci    27/07/2014    5 recensioni
Quando incontrò Nina il suo cuore era ancora sanguinante, mentre lei aveva appena iniziato a vivere e aveva tanto amore da offrire. Per lui, amarla, era come avere l’acqua del mare sulle ferite: bruciava, faceva male, però disinfettava. Ed avrebbe sopportato tutto il dolore del mondo se questo avesse significato renderla felice.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran, Nina Nesbitt, Nina Nesbitt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salsedine 

I piedi stanchi di Ed vanno avanti, nonostante le sue continue lamentele. Suo unico compagno di viaggio è il silenzio, interrotto solo dalle onde del mare che continuano ad infrangersi sulla riva ritmicamente. Il profumo della salsedine lo avvolge così intensamente ogni volta che inspira aria che ormai gli è entrato nelle vene.
Nessuno ha detto a Ed che è presto, − la stagione delle vacanze estive non è ancora iniziata e chi può resta a dormire nel proprio letto caldo − ma allo stesso tempo è troppo tardi, i pochi pescatori hanno già le tasche piene e se ne sono andati. La spiaggia sarebbe deserta, se non fosse per Ed.
I piedi gli fanno male, non sa da quando sta camminando, forse perché sta solo cercando di scappare dai suoi pensieri e da ciò che lo fa soffrire. La città, con tutte le sue preoccupazioni, è dietro di lui: ogni passo lo porta più lontano da questa, ogni passo è libertà. Ed non è sciocco – forse è solo un po’ ubriaco – sa che quando tornerà indietro tutto ciò che ha lasciato lo attende sempre lì, lo avvolgerà e lo opprimerà di nuovo, ma per ora si gode il mare e la sua libertà.
La testa è leggera come un palloncino e le poche osservazioni che fa sono banali, galleggiano nell’aria e poi scoppiano, ricordandogli le frizzanti bollicine dello spumante bevuto la sera precedente. Ed si ferma, porta una mano alla testa e cerca disperatamente di ricordarsi cos’è accaduto, ma intorno a lui il mondo gira troppo velocemente e la sua memoria gli rimanda solo un’immagine di una risata, non è nemmeno sicuro che sia la sua. Pensa di essere andato in qualche pub, aver brindato con qualcuno, poi bevuto delle birre e da quel punto tutto ciò che ricorda è allegria, spensieratezza e risate.
Ed prova a visualizzare un’immagine, un volto, un dettaglio, ma intorno a lui c’è solo il nero che lo stringe, così apre gli occhi: ha paura del buio, del nero, della solitudine. Sa di aver fatto delle scelte sbagliate nella sua vita, ma l’ha fatto sempre e solo per proteggere gli altri da se stesso. Non è uno sprovveduto, si ricorda com’è essere amato, si ricorda la felicità, la gioia, ma anche le lacrime, il dolore, le ferite.
La prima volta che Ed si era innamorato l’aveva fatto di una ragazza della sua città. Lei si chiamava Alice e aveva gli occhi di un grigio intenso dalle sfumature verdi o azzurre a seconda della luce. Alice è stata il primo vero amore di Ed e anche la sua prima vera ferita. La loro storia conteneva molte promesse, ma le avevano infrante tutte, separandosi per colpa della distanza. Ed non sapeva se amava ancora Alice e non sapeva se lei amasse ancora lui.
Si era ripromesso di non amare più nessuno in quel modo, perché il dolore dell’abbandono superava troppo la gioia del rapporto, ma di nuovo si era trovato a dover infrangere una promessa. Quando incontrò Nina il suo cuore era ancora sanguinante, mentre lei aveva appena iniziato a vivere e aveva così tanto amore da offrire.
Per lui, amarla, era come avere l’acqua del mare sulle ferite: bruciava, faceva male, però disinfettava. Ed avrebbe sopportato tutto il dolore del mondo se questo avesse significato renderla felice. Ebbero un periodo felice insieme ma lo spettro di ciò che era successo con Alice si divertiva a stuzzicare Ed quando Nina non vedeva.
Tanto sai come andrà a finire gli diceva il fantasma, ridendo crudelmente e seminando dubbi all’interno della sua testa. Così, la paura di ferire di nuovo un’altra creatura a cui voleva bene, era tale da non riuscire a sopportarla ed era scappato, preferendo farsi dare del codardo anziché dello stronzo.
Ed non sa in quale direzione sta andando, non sa se è più vicino o più lontano a lei, se lei ha ancora la passione per le tartarughe, se le piacciono ancora i gatti e se piange ancora per lui.
Ed non lo sa, ma vorrebbe scoprirlo.
Un vecchio che passeggia gli fa un cenno con il capo, ma lui sembra non farci caso. È assorto nei suoi pensieri, concentrato sui suoi passi e non gli importa cosa accade intorno a lui.
«Tutto bene ragazzo?» gli chiede l’uomo, notando la bottiglia di birra che Ed ha in mano.
«Sì» risponde Ed, diventando consapevole dell’oggetto a cui non aveva fatto caso. Qualche ora prima non avrebbe esitato a bere, ma ora il solo odore dell’alcol lo fa stare male.
È troppo presto per dire che sta bene, è troppo tardi per bere.
Vorrebbe chiedere altre cose a quel signore, magari dove si trova o come fare per raggiungere Edimburgo. No, Ed è forte, non si farà vincere da un suo capriccio… oppure è debole perché si è allontanato da lei?
Eccoli, sono tornati. Ed pensava di essere salvo, invece non lo è mai. Ha camminato più che poteva per andarsene, per lasciarseli alle spalle, ma i suoi pensieri sono tornati. Non lo hanno aspettato, come sperava, nella diabolica città dove li aveva lasciati; questi hanno approfittato del suo momento di confusione e hanno recuperato tutta la distanza, tornando a tormentarlo.
Dicono a Ed di non andare a vedere Nina, che è uno sbaglio ciò che c’è stato fra loro due, che anche lui è uno sbaglio e andando da lei non si sistemerà nulla, ma lui non li ascolta: il bisogno di vederla, ormai, è qualcosa che va oltre i suoi pensieri, è dettato dal suo cuore.
«Quanto dista Edimburgo?» la domanda esce dalla bocca di Ed prima che lui possa fermarsi.
«Un’ora in macchina»
«E a piedi?»
«Non saprei, non sono mai andato a Edimburgo a piedi. Forse tre ore, forse cinque».
Ed non ha tutto questo tempo, lui deve vedere Nina e deve farlo subito subito.
«Potrebbe darmi un passaggio? La pago se vuole».
Il vecchio guarda Ed, lo fa in modo strano, forse sente anche lui la disperazione nella sua voce, forse anche lui da giovane ha fatto degli errori e ha cercato in tutto i modi di riparare ai suoi sbagli.
L’uomo non dice nulla, si limita a sorridere melanconicamente e fa cenno al ragazzo di seguirlo. Ed getta la bottiglia di birra dentro al primo cassonetto che incontra, sentendosi immediatamente più libero. Inspira profondamente l’aria impregnata dell’odore del mare e il vento, alzatosi da poco, fa arrivare degli spruzzi d’acqua anche sul suo viso, facendolo rinsavire. Non sa più se è ancora ubriaco, se sta smaltendo l’alcol in corpo oppure se sia tornato sobrio, perché ogni singola fascia nervosa del suo essere grida il nome “Nina”.
La macchina del vecchio è piccola e scomoda, ma a Ed non importa: il mezzo di trasporto per arrivare a lei è insignificante, purché ci arrivi. Il suo piede batte agitato, le sue mani sudano, il suo stomaco è sottosopra. Sta prendendo una pessima decisione, lo sa, ma il ragazzo è abituato  a compiere scelte folli dettate dall’istinto. Inoltre è troppo tardi per dire che non vuole farlo più. Forse è questo il problema di Ed: è sempre in anticipo o sempre in ritardo.
«Chi è lei?» chiede l’anziano signore.
Ed è tentato di rispondere che non c’è nessuna lei, che lui sta bene da solo e non ha bisogno di nessuno, ma non ce la fa. È spaventato da ciò che prova, l’onda dei sentimenti dentro di lui cresce e, proprio come quelle del mare che ha visto prima, esce dalla sua bocca, fino a quando non si è estesa al massimo sulla sabbia, per poi tornare dentro di lui.
Ed sente ancora il profumo di salsedine quando respira, anche se il mare ormai è lontano. Dei cartelli indicano i chilometri che mancano per arrivare a Edimburgo e il giovane è sempre più impaziente. Non ce la fa a stare senza Nina, ha bisogno di vederla, di sentire la sua voce, di assaggiare di nuovo le sue labbra. Vuole farla ridere, vuole farsi amare, vuole renderla felice.
Gli sembra di trovarsi in quella macchina da secoli… quanto manca? Il tempo non sembrava passare così lentamente quand’era con lei.
«Si chiama Nina e l’ho lasciata andare perché pensavo di farle del male» dice Ed tutto d’un fiato, quando si accorge che l’ansia dell’attesa potrebbe ucciderlo.
«Allora perché stai tornando da lei?»
La domanda lo lascia spiazzato. Perché sta tornando da lei? Perché la ama, le manca come l’aria che respira e lei è così vicina che sarebbe un peccato non vederla, anche solo per un ultima volta.
«Mi manca»
«E tu a lei manchi?»
«Non lo so. Credo. Forse. Piangeva quando ci siamo lasciati»
«Questo ti pare abbastanza?»
«Non lo so, non capisco nulla. Sono ubriaco, mi gira la testa e ho bisogno di Nina. Mi porti da lei e basta»
«Come vuoi, ma se ti sbatte la porta in faccia non ti riporterò a casa».
«Non succederà»
Non succederà, si ripete Ed nella sua testa e quella piccola convinzione inizia a diventare reale. Stringe la mano a pugno sopra la sua coscia, lo sguardo perso lungo la linea che divide il mare dal cielo. Nina, la sua Nina, non potrebbe mai rimanere indifferente davanti a lui. Sarà arrabbiata, frustrata, piangerà, ma darà sfogo alle sue emozioni, perché quella ragazza è come lui.
Il resto del viaggio continua in silenzio. L’unico rumore che rimane è quello del motore. Arrivano ad Edimburgo in cinquantacinque minuti «Merito dell’ora, non c’è traffico» commenta il vecchio, ma Ed sa che non è così. Forse dovrebbe prenderlo come una avvertimento, forse è troppo presto per vedere Nina, ma non vorrebbe mai che diventi troppo tardi.
Scende dalla macchina e ringrazia frettolosamente l’uomo che l’ha condotto là. È molto tempo che non viene a Edimburgo, eppure si ricorda dov’è la sua casa, ce lo portano i suoi piedi. Percorre la strada sovrappensiero, stupendosi di come la sua memoria sia tipo una mappa: non riconosce le vetrine dei negozi o le varie case, ma sa in quali vie deve svoltare.
Eccola, finalmente l’ha raggiunta. È esattamente come se la ricorda, le tende rosa pallido sono tirate, la vernice bianca è scolorita e c’è della ruggine sulla grondaia. La cassetta delle lettere è piena e Ed pensa con rammarico a tutte le lettere che Nina gli ha scritto, ma alle quali non ha mai risposto. Non c’è nessuna sua lettera lì dentro, nessuna frase romantica o dolorosa o strappalacrime, solo vuoto e silenzio. Sta davvero facendo la cosa giusta? Forse dovrebbe smetterla di rovinare la vita di Nina.
Se solo ne fosse capace.
Ed si posiziona davanti alla porta, le dita gli tremano prima di suonare il campanello. Cosa gli succede? Dov’è tutta la sicurezza mostrata poco prima? Prende un profondo respiro – un respiro che odora di mare – e preme il campanello. Sente il rumore rimbombare fra le pareti vuote, dei passi frettolosi che scendono le scale, la chiave che gira nella serratura, lo scricchiolio della porta che si apre.
La porta è spalancata e Nina è in piedi davanti a lui. La sua sola vista gli fa battere il cuore più velocemente e seccare la gola. Lei gli ha fatto sempre questo effetto, forse perché non si rende conto della sua reale bellezza – qualcosa che va oltre il fisico – e ogni cosa che fa con naturalezza sembra semplicemente straordinaria. Nina fissa Ed come se fosse una fantasma del suo passato, il suo viso ha perso colore improvvisamente e, una volta tanto, non trova nulla da dire, per cui tiene la bocca spalancata.
Nemmeno Ed sa cosa dire, non si è mai trovato in una posizione del genere e ha paura che dalla sua bocca potrebbero uscire parole di cui si pentirà. Ha una gran voglia di baciarla e farci l’amore, ma sta fermo, si trattiene, sa che prima di avere di nuovo il permesso anche solo di sfiorarla – semmai lo otterrà – deve farsi perdonare. Le onde cariche di sentimento dentro di lui hanno trovato lo scoglio su cui andare ad abbattersi, ma lo hanno fatto in maniera così cruenta da togliergli il fiato e lasciarlo nudo e privo di difesa. I suoi occhi la guardando e aspettano pazienti, lanciandole dei messaggi: sarà Nina a fare la prima mossa.
 
 
 
 
   
 
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