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Autore: Bloomsbury    01/08/2014    7 recensioni
[Storia in revisione] Capitoli revisionati: 14/35.
Jay era un ragazzo come tanti, con qualcosa in più o in meno degli altri, un ragazzo normale, un ragazzo omosessuale: particolare insignificante per ogni persona di buon senso.
Si vergognava di tante cose, tranne che di questo.
Jay bramava la luce, la libertà.
Fece la scelta sbagliata nel contesto meno appropriato e quel particolare insignificante diventò la spada che lo uccise, la macchia scura che lo inghiottì.
«Mio figlio è morto il giorno stesso in cui ha tradito la natura che gli ho donato con orgoglio.»
«La natura che mi hai donato è quella che ti ho confessato…»
«È una natura che mi fa ribrezzo!»
Così comincia la storia di Jay Hahn, fatta di dolori, di abbandoni, di amore, di amicizia, di segreti, di bugie, di tempesta.
E le tempeste intrappolano nel proprio occhio ogni cosa, risputandoti fuori lacerato, diverso, un mostro.
Jay uscirà ed entrerà da quelle raffiche di vento, diventerà lui stesso la tempesta e annienterà ogni cosa al suo passaggio.
Compreso se stesso.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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31. Drawbar
 
 
Izaya era arrabbiato come non si era mai visto: stava in silenzio con i denti serrati davanti alla tv, tralasciando il resto.
Jay cercava di stargli distante pur di non rimanere vittima dell’esplosione che presto o tardi sarebbe avvenuta; stava relegato in cucina a preparare qualsiasi tipo di pietanza pur di perdere tempo e assicurare al proprio uomo il giusto periodo di mutismo che servisse a placarlo.
All’Escape avevano conosciuto Lee, un ragazzo omosessuale pieno di interessi e che aveva vissuto per buona parte della sua vita le stesse disavventure di Jay, per questo il ragazzo ne era rimasto affascinato e colpito. Avevano parlato per ore nel privè tagliando Izaya fuori dalla conversazione.
Lee aveva due occhi neri profondi e magnetici e parlava pacatamente, gesticolando di tanto in tanto per rafforzare qualche concetto o semplicemente perché amava ipnotizzare il proprio interlocutore: Jay ne era rimasto ammaliato.
Izaya, dopo aver sopportato un’ora di discorsi dai quali era stato sapientemente escluso, era uscito dal locale per una sigaretta e non era più tornato.
Jay si accorse della sua assenza dopo qualche tempo e l’aveva cercato con gli occhi impazienti senza successo. Mise il broncio, lamentandosi con Lee di essere stato mollato in tronco dal suo uomo; ovviamente, il moro lo aveva rassicurato dicendogli che l’avrebbe accompagnato a casa lui stesso dato che Izaya se n’era andato.
Una volta fuori lo videro seduto dall’altra parte della strada, in attesa, con una sigaretta intrappolata tra le labbra. Jay rimase pietrificato dagli occhi fiammeggianti del suo ragazzo che, in realtà, l’aveva aspettato fuori per tutto il tempo per non dover sorbirsi l’incontenibile entusiasmo di quella irritante conversazione.
Izaya si alzò, lanciando la sigaretta lontano da sé con una forza tale da far comprendere perfettamente la quantità di rabbia che aveva covato in quelle ore di attesa e prese Jay per un polso trascinandolo con sé, senza salutare, senza parlare; lo trascinò e basta, tenendolo accanto.
Aveva taciuto per tutto il viaggio fino a casa e una volta lì aveva proseguito nell’ignorarlo. A momenti era temibile, a volte spassoso soprattutto quando Jay gli rivolgeva la parola trovandosi in risposta uno sguardo fulmineo e nient’altro.
«Izaya, ne parliamo?» azzardò uscendo finalmente dalla cucina, pensando che il distacco fosse stato sufficiente.
Non ricevette alcuna risposta, così si era seduto sul tavolino difronte a lui, per catturare completamente la sua attenzione: «Mi dispiace se ho perso così tanto tempo con Lee senza darti retta, ma quel ragazzo mi somiglia così tanto che non ne ho potuto fare a meno. Volevo conoscere la sua vita…»
«Non mi pare di non avertelo permesso e non ti sto chiedendo di giustificarti.» rispose monocorde, voltando lo sguardo altrove.
«Sei geloso?» chiese con un sorriso beffardo stampato in faccia.
«No!» affermò di fretta, alzando leggermente il mento con fierezza.
«Mi stai facendo una scenata di gelosia? Anzi: La tua prima scenata di gelosia?» insistette addolcito dall’adorabile manifestazione d’orgoglio del suo uomo.
«Non ti dirò mai cosa devi o non devi fare, la vita è la tua anche se stai con me. Se a te faceva piacere parlare con Coso e sbattergli le ciglia in continuazione, sei stato libero di farlo e lo sarai sempre.»
«Sì chiama Lee, non Coso.» puntualizzò con un sorriso sarcastico: amava anche le sue scenate. «Non devi arrabbiarti. Anche se sei adorabile quando ti arrabbi, diventi il doppio della tua normale stazza e allarghi le narici come un toro.» lo canzonò non riuscendo ad affogare una risata scrosciante che lo costrinse a reggersi il ventre.
«Sai che sei irritante?» lo accusò guardandolo in tralice.
«Scusa, non ci posso fare niente. Ti amo così tanto che non riesco a vederti come un omaccione incazzato, ti vedo come un bimbo offeso.»
«Non sono un fottuto bambino.»
«Sì che lo sei…» lo agguantò dal braccio con forza per trarlo a sé senza contare che Izaya era almeno tre volte più grosso e si ritrovò a tirare senza alcun successo: non l’aveva smosso di un centimetro. «Dai, Izaya!!!» cantilenò per convincerlo.
«Piantala!» lo intimò con lo stesso tono di voce.
Prima che Jay potesse rispondere, il ragazzo lo trascinò verso di sé, facendolo accomodare sulle sue gambe: «In questo momento ti odio profondamente ma sappi che mai, in tutta la vita che verrà, ti priverò di qualcosa. Tu sarai sempre libero di fare quello che hai voglia, potrai rimanere affascinato da chi vuoi, potrai parlare liberamente con chi desideri ignorandomi come hai fatto oggi, ma promettimi che questo…» concluse indicandogli con il palmo della mano il petto, all’altezza del cuore: «Sarà sempre mio.»
«Te lo prometto.» garantì commosso.
«Bene!» chiuse gli occhi, come se si fosse levato un peso dal cuore: «Adesso, però… puoi andartene a fare in culo!» se lo levò dalle gambe, scaraventandolo sul divano lontano da lui.
Jay rise e sentì di amarlo ancora di più, proprio perché gli riusciva estremamente naturale.
Fu sempre difficile spiegare quanto, nel loro rapporto, la libertà germogliasse dall’indipendenza individuale a prescindere dal legame. Tutti gli altri avevano sempre fatto fatica a capire il concetto, dicendo che un rapporto di coppia non può mai, in nessun caso, assicurare la libertà totale, ma con Izaya era diverso perché riusciva ad essere autonomo nonostante fosse completamente unito a lui. Ed era proprio questo a renderli speciali.
 
Brad lo portò a casa propria, senza proferire parola durante tutto il viaggio.
Lo aveva portato via dall’Escape dicendogli che il litigio di quel mattino non aveva più alcun valore: lo aveva perdonato malgrado si sentisse ancora ferito.
Dopo aver puntualizzato la sua posizione ed aver ricevuto le scuse, era rimasto in silenzio fino a casa. Entrò nell’appartamento senza accendere le luci e, una volta dentro, Jay vide la jacuzzi piena d’acqua adornata da petali di rose rosse.
Non si sentì felice né sorpreso.
Voleva veramente dare un’altra possibilità a Brad ma quella scena non scatenò l’effetto che l’uomo aveva auspicato: rimase immobile guardando le bolle d’acqua dell’idromassaggio infrangersi al bordo e pensò di non avere nessuna voglia di fare un bagno romantico con lui.
Si risvegliò dai suoi pensieri non appena Brad cominciò a spogliarlo, baciandogli il collo. Si era ripromesso di non respingerlo, così lo lasciò fare cercando di reprimere ogni istinto che gli suggeriva di non farsi toccare.
«Ti amo, Jay.» sospirò tra un bacio e l’altro, godendo della pelle liscia e candida del suo piccolo ragazzo che, con gli occhi assenti, guardava fuori dal finestrone pensando ad altro, senza lasciarsi coinvolgere troppo dai baci e dalle carezze. Se avesse prestato attenzione a ciò che stava accadendo avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di levarsi le mani di Brad da dosso, ma non sarebbe stato corretto poiché l’uomo lo sfiorava con dolcezza e passione; con amore. E lui aveva promesso di accantonare il passato.
«Tu sei mio e di nessun altro. Mi appartieni e guai a chi ti tocca.» disse mordendogli il labbro e poco dopo lo privò di tutti i vestiti per poi adagiarlo nella vasca nel quale avrebbe continuato a possederlo.
Jay gli apparteneva. L’aveva comprato neanche troppo tempo fa.

***
 
Si svegliò la mattina dopo senza aprire gli occhi, se avesse potuto scegliere non li avrebbe mai aperti ma l’impazienza di andare via lo costrinse ad alzarsi ugualmente e realizzò che nulla era cambiato.
Brad non c’era e il biglietto sul tavolo parlava chiaro: “Ti ho lasciato trecento sterline sul tavolo. Divertiti oggi, ne hai tutto il diritto. Non è un pagamento, è un ringraziamento ed un modo per farti svagare un po’. Ti amo. Brad”.
Rassegnato prese quei soldi e li fissò assente: anche se Brad aveva scelto di cambiare, ancora voleva averlo, voleva assicurarsi di non lasciarselo scappare e Jay cadde ancora nella sua trappola.




Angolo Autrice.
Scusate, ho barato. Adesso siamo a -4. Non volevo prendervi per i fondelli ma ho scritto un capitolo enormemente lungo e ho dovuto dividerlo. Perdonatemi. Domani pubblico il prossimo che è praticamente pronto.
Un bacino a tutti e corro a scrivere!!
Grazie *_* Vi amo tutti.
Di più ai miei amori, però U_U
Bloomsbury
   
 
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