- Belle, passerò l'intera mattinata
nel mio laboratorio. Ho delle faccende urgenti da sbrigare quindi
bada di non disturbarmi per nessun motivo. Quanto a te, oggi pulirai
le stanze del terzo piano; sono anni che nessuno ci mette piede
quindi immagino che avrai un bel po' di lavoro da fare. -
Rumpelstiltskin accompagnò
quell'ultima considerazione con un ghigno furbo, poi si diresse su
per la sinuosa scala a chiocciola che conduceva alla misteriosa
stanza in cui il folletto creava le sue pozioni e custodiva
gelosamente gli ingredienti, rari e preziosi, che occorrevano alla
loro preparazione.
Dopo pochi minuti, Belle udì il suono
breve e secco della porta di legno massiccio che si richiudeva alle
spalle del suo padrone e che, solitamente, precludeva a lei ogni
possibilità di vederlo o parlargli per almeno mezza giornata, sempre
che quella non fosse una delle occasioni, tutt'altro che rare, nelle
quali l'Oscuro si decideva ad uscire dal laboratorio solo a tarda
sera, quando ormai la luna era sorta da un pezzo e lei era già in
procinto di andare a dormire.
La ragazza sapeva che avrebbe dovuto
essere felice della possibilità di godere di qualche ora di quiete e
lontananza da quegli occhiacci folli e penetranti e dalla voce
stridula e acuta con la quale Rumpelstiltskin era solito schernirla o
minacciarla di trasformarla in qualche animale; eppure, ogni singolo
secondo che la giovane trascorreva senza la compagnia del Signore
Oscuro diventava nient'altro che una miserabile briciola di tempo
perso e inutile, amaro e senza alcun senso. Un insulso granello di
sabbia che si perdeva nell'immensa clessidra della vita.
Ma quella mattina, il folletto le aveva
assegnato un compito ben preciso da svolgere e, nonostante Belle
tremasse al pensiero dell'enorme quantità di polvere e sporcizia che
avrebbe trovato ad accoglierla in quei luoghi disabitati da tanto
tempo, era ben felice di poter visitare stanze nuove del castello e
di avere un pretesto per tenersi occupata e non pensare al suo
padrone.
Come previsto, le ricche e ampie sale
che si aprivano sul vasto corridoio del terzo piano, erano diventate,
negli anni, il terreno ideale per il proliferare della polvere, il
cui spesso strato grigio e opaco ricopriva la mobilia e ogni singolo
centimetro del pavimento, quasi a voler fagocitare l'intero ambiente.
Le tende erano tirate e ogni cosa era
avvolta dalle insidiose spire dell'oscurità, ma quando Belle, non
senza una buona dose di fatica, riuscì ad aprirle e a consentire il
passaggio della luce del sole mattutino attraverso i vetri incrostati
di sporco, le condizioni disastrose in cui versavano quegli antri
antichi e imponenti si rivelarono ai suoi occhi in tutta la loro
indecenza.
I ricchi e sfarzosi lampadari di cristallo, un
tempo scintillanti e lustri, erano avvolti da intricatissime e fitte
ragnatele che, ora che le tende erano state aperte, luccicavano come
fili d'argento o di madreperla, colpite in pieno dai raggi solari.
L'odore di chiuso e muffa impregnava
ogni cosa ed era soffocante.
La ragazza sospirò, rassegnata:
sarebbe stata una lunga mattina.
La giovane domestica si rimboccò le
maniche e si armò di scopa, straccio e spugna.
Fece del suo meglio per cercare di
liberare tutte le stanze dal secolare e incontrastato dominio della
sporcizia e, verso il primo pomeriggio, si ritrovò coperta di
polvere da capo a piedi, sudata e stanchissima, ma anche decisamente
soddisfatta per essere riuscita a portare a termine l'arduo compito
che le era stato affidato.
Con un sospiro affaticato, la giovane
si passò una mano sulla fronte e volse lo sguardo verso l'orologio
che aveva appena pulito e rimesso in funzione; le spesse e acuminate
lancette nere, rimaste immobili per chissà quanti anni, indicavano
che l'ora di pranzo era passata da un pezzo, ma lei era stata così
assorbita dal suo lavoro che si era completamente dimenticata di ogni
altra cosa, compreso il morso della fame che ora le stringeva lo
stomaco.
Rumpelstiltskin non era venuto a
cercarla. Non era comparso sulla soglia della porta con aria
contrariata e impaziente per ordinarle con sgarbo di andare nelle
cucine a preparargli qualcosa da mangiare, il che poteva solo
significare che anch'egli si stava dedicando totalmente, anima e
corpo, a qualunque cosa lo stesse tenendo occupato tra le mura
circolari del suo impenetrabile laboratorio, fino a perdere la
cognizione del tempo, esattamente come lei.
Le riflessioni di Belle in merito al
Signore Oscuro furono, però, bruscamente interrotte dall'ennesimo
attacco di tosse, provocato dalla grande quantità di polvere che si
era sollevata nell'aria malsana di quelle vecchie sale e si era poi
depositata su di lei, fino a opprimerle i polmoni e la gola. Doveva
assolutamente fare un bagno e indossare un abito nuovo e pulito,
prima di finire soffocata.
Fece per uscire dalla stanza, animata
proprio da quelle intenzioni, quando, con la coda dell'occhio, colse
un rapido movimento poco distante dal punto in cui si trovava, e,
nello stesso istante, un rumore simile a dei colpi battuti
violentemente contro il legno, la fece sobbalzare.
La ragazza tornò sui suoi passi e, con
lo sguardo, passò in rassegna l'intera sala, ma non trovò anima
viva che avesse potuto provocare quegli strani fenomeni; eppure i
suoi occhi e le sue orecchie non l'avevano ingannata.
Anima viva. E se invece si fosse
trattato di un fantasma o di uno spirito? Quante storie aveva letto
riguardanti spettri inquieti e invisibili, che vagavano tristemente
per gli antichi castelli, in cerca della pace eterna che era stata
loro negata e che tanto anelavano!
La giovane attese ancora un paio di
minuti, con tutti i sensi in allerta, ma non accadde più nulla.
Tutto taceva ed era perfettamente immobile, com'era giusto e normale
che fosse.
Probabilmente mi sono solo
immaginata tutto.
Ma proprio mentre formulava quel
pensiero, il movimento e il rumore di poco prima si ripeterono, ma,
stavolta, Belle riuscì a identificarne la fonte.
Si trattava di un vecchio e austero
armadio, con le ante di legno massello scuro, posto in un angolo
della stanza. Oscillava e ondeggiava ripetutamente, sbattendo contro
il muro, come se qualcosa al suo interno si agitasse e si dibattesse,
nel disperato tentativo di uscire.
La ragazza deglutì, incerta sul da
farsi. Forse la cosa migliore era andare a chiamare subito
Rumpelstiltskin e lasciare a lui il compito di dare un'occhiata al
misterioso contenuto del mobile; ma egli era stato molto chiaro
quella mattina: non voleva essere disturbato per nessun motivo,
inoltre il tenace orgoglio di Belle si rifiutava categoricamente di
ricorrere all'aiuto dell'Oscuro.
Già s'immaginava l'espressione
ghignante e insolente del suo viso e le parole di scherno che le
avrebbe rivolto con tono cantilenante e divertito: “Ma come,
dearie? Pensavo che volessi essere un'eroina, che volessi essere
coraggiosa e impavida come i protagonisti dei tuoi libri, e poi hai
paura di aprire un armadio?!”
Pensandoci bene, poteva anche trattarsi
di uno stupido scherzo, architettato proprio da quel pestifero di un
folletto. Non sarebbe stata certo la prima volta che Rumpelstiltskin
tentava di spaventarla e si divertiva alle sue spalle, e poi Belle
ricordava fin troppo bene lo strano ghigno che era apparso sulle sue
labbra solo poche ore prima, quando le aveva annunciato che avrebbe
dovuto pulire le stanze del terzo piano.
Ma la giovane non gliel'avrebbe data
vinta e non sarebbe corsa da lui a chiedere aiuto. Gli avrebbe invece
dimostrato che era più che in grado di cavarsela da sola.
Prese un lungo sospiro per darsi
coraggio; abbassò lentamente la maniglia arrugginita dell'armadio,
dopodiché, per sicurezza, indietreggiò di qualche passo.
Un secondo dopo, le vecchie ante di
legno si spalancarono, cigolando sonoramente, e, da quell'oscurità
polverosa e opprimente, uscì, a fatica, un uomo dalle fattezze
piuttosto robuste e dal passo malfermo.
Indossava una corazza da battaglia
molto simile a quelle che Belle aveva potuto osservare innumerevoli
volte indosso ai soldati di Avonlea, quando ancora viveva a palazzo
come principessa, ma questa era vistosamente macchiata di quello che
era, inconfondibilmente, sangue rappreso e, in alcuni punti, era
stata brutalmente lacerata. Il metallo dell'armatura era ammaccato e
doveva essere stato colpito con tale violenza che aveva formato delle
infossature che, senza dubbio, dovevano mozzare dolorosamente il
fiato a colui che la indossava. Al suo fianco pendeva uno spadone
insanguinato, dal quale colavano goccioline vermiglie; le sue spalle
larghe erano avvolte da un mantello color porpora, strappato, sporco
e lacero. La visiera dell'elmo era calata sul viso dell'uomo e ne
nascondeva i lineamenti, rendendolo irriconoscibile, eppure, la
ragazza riuscì a distinguere, in quello sconosciuto, qualcosa di
incredibilmente famigliare.
- Chi siete? - sussurrò con un filo di
voce atterrita.
Il misterioso guerriero non rispose, ma
si portò le mani alla testa e, con un gesto esasperatamente lento,
si liberò dell'elmo.
A quel punto, il cuore di Belle si
fermò e tutta l'aria sembrò venir risucchiata via dai suoi polmoni.
Non è possibile! Non può essere!
La ragazza non
poteva credere ai suoi occhi. Quell'uomo ferito, comparso
misteriosamente dall'interno del vecchio armadio, e che ora la
fissava con sguardo vitreo e sofferente, era identico a...
- Belle. -
Quando parlò, la
sua voce dissipò ogni dubbio dalla mente della giovane.
- P- papà?! Io...
non capisco... cosa ci fai qui? Cosa sta succedendo? -
- Figlia mia, gli
orchi hanno preso Avonlea. Il nostro regno è caduto e l'esercito è
stato annientato. Io stesso sono dovuto scendere sul campo di
battaglia, ma il nemico non ci ha lasciato scampo neanche per un
istante. Il nostro destino era già segnato. -
La voce di Maurice
suonava debole e stanca, come un rantolo, il fiato sembrava mancargli
ed ogni parola pareva costargli un'immensa fatica.
Ad un tratto, un
rivolo di sangue purpureo iniziò a scorrere sul suo volto livido e
scavato, e a rigargli la fronte. - Come vedi, anch'io sono stato
colpito e temo che non vivrò ancora a lungo. -
- No! Papà! -
Belle, inorridita,
si era portata le mani alla bocca e le sue gambe avevano iniziato a
tremare. Eppure la ragazza sentiva che qualcosa non andava. Quella
faccenda era totalmente assurda e l'uomo di fronte a lei non
poteva essere davvero suo padre, nonostante ne possedesse
l'aspetto e la voce.
Forse si trattava
solo di un brutto sogno. Forse di lì a poco si sarebbe svegliata
nella sua cella, distesa sul suo misero pagliericcio, infreddolita e
spaventata, con la fronte madida di sudore e la tipica sensazione di
amaro sulla lingua che gli incubi peggiori sono soliti lasciare in
ricordo del loro passaggio.
Sì, doveva essere
così. Eppure, allo stesso tempo, era tutto troppo reale, troppo
vivido e spaventoso per poter appartenere al mondo onirico.
All'improvviso, lo
sguardo del sovrano di Avonlea si piantò dritto nelle iridi cerulee
della figlia e si fece più duro e freddo, come granito. - Il tuo
sacrificio è stato inutile. La Bestia che hai scelto di seguire non
ha rispettato i patti, e ora il nostro popolo, la nostra famiglia e
il nostro splendido regno sono stati distrutti per colpa tua! Perché
non hai voluto sposare Gaston, pur sapendo che l'esercito del suo
reame avrebbe potuto aiutarci e perché hai preferito fare di testa
tua, come sempre. -
Maurice mosse
qualche passo instabile e vacillante in direzione di Belle, ma lei si
ritrasse e indietreggiò, inciampando nel tappeto e urtando
accidentalmente un piedistallo sul quale era posizionata una strana
scultura di cristallo, che cadde rovinosamente a terra e andò in
mille pezzi con un frastuono assordante.
Rumpelstiltskin,
rinchiuso nella quiete del suo laboratorio, stava trafficando con una
serie di provette e alambicchi contenenti liquidi e fluidi colorati e
luminescenti, quando, alle sue orecchie, giunse un baccano
improvviso, proveniente, senza alcun dubbio, da una delle sale del
terzo piano.
Il folletto sospirò
e alzò gli occhi al cielo: quella maldestra di Belle doveva averne
combinata una delle sue. Non era la prima volta che, durante le
pulizie, finiva per rompere qualche oggetto di inestimabile valore,
che lui doveva poi riparare facendo ricorso alla magia.
Il Signore Oscuro
decise che, in ogni caso, sarebbe stato meglio recarsi di sotto per
verificare l'entità del danno e per dare una bella strigliata alla
sua disattenta domestica, sempre con quella sua incantevole testolina
tra le nuvole, intenta a sognare ad occhi aperti.
Scese la scala a
chiocciola e percorse tutto il corridoio del terzo piano, fino a
quando non arrivò all'ultima stanza e si trovò di fronte uno
spettacolo del tutto inaspettato e quantomai bizzarro.
Belle giaceva a
terra in un angolo, pallida, tremante e con gli occhi sbarrati e
pieni di orrore che fissavano un guerriero morente e ricoperto di
sangue. E non un guerriero qualsiasi, bensì il suo stesso padre: Re
Maurice di Avonlea.
Dopo un primo
istante di smarrimento e sorpresa, il folletto intuì cosa dovesse
essere accaduto e, con passo deciso e svelto, si parò davanti alla
giovane, frapponendosi tra lei e l'uomo.
Il sovrano studiò
per un attimo il nuovo arrivato con interesse, poi, nel giro di pochi
istanti, scomparve e, al suo posto, si materializzò un ragazzino
magro, con folti capelli castani e occhi scuri e tristi.
Rumpelstiltskin
strinse forte i pugni e digrignò i denti acuminati. Guardare quel
viso giovane eppure così saggio per la sua età, che per anni gli
aveva riservato il sorriso più bello e spontaneo che un padre avesse
potuto desiderare, cogliere la sua espressione di biasimo e delusione
gli faceva provare un terrore e una sofferenza indicibili, ma non era
davvero lui; non doveva lasciarsi trarre in inganno come un
principiante, e così, prima che la sagoma potesse aprir bocca, il
folletto allungò una mano e, grazie ad una magica e potente onda
d'urto, la scaraventò di nuovo nell'armadio dal quale era comparsa.
Le pesanti ante lignee si richiusero con un colpo secco, infine
apparve un robusto lucchetto di metallo che le sigillò.
Il mobile, o
meglio, la creatura prigioniera al suo interno, prese ad agitarsi
furiosamente, ma, alla fine, si calmò e tutto tornò alla normalità.
Il Signore Oscuro
rimase per qualche secondo a fissare il vuoto, proprio nel punto in
cui, fino a pochi secondi prima, se ne stava il giovinetto dall'aria
malinconica, dopodiché si voltò e allungò una mano per aiutare
Belle a rialzarsi. - Stai bene? -
La ragazza sembrava
troppo scioccata per rispondere, ma strinse le proprie dita candide
attorno a quelle calde e squamose del folletto. C'era qualcosa di
incredibilmente rassicurante nel calore della sua pelle e nel
contatto con la superficie ruvida del suo palmo.
Quando la giovane
si rimise in piedi, il suo sguardo iniziò a saettare freneticamente
dall'armadio incriminato, al suo padrone.
- Rumpelstiltskin,
io non capisco... ho appena visto mio padre in punto di morte! Ha
detto che non avete rispettato l'accordo e che Avonlea è stata presa
dagli orchi... -
- Belle... -
- Ma com'è potuto
arrivare fin qui in quelle condizioni? E perché è scomparso appena
siete arrivato? -
- Belle, calmati
ora! Quello non era affatto tuo padre. -
Gli occhioni della
giovane, resi, se possibile, ancora più grandi a causa del terrore,
si posarono, confusi e smarriti, sul volto dell'Oscuro che, come
sempre accadeva, avvertì un piacevole fremito quando incrociò
quelle mille tonalità di blu e azzurro. Avrebbe quasi voluto potersi
tuffare in quei pozzi d'acqua cristallina e pura, in quell'immensità
meravigliosa eppure così terrificante proprio per la sua limpidezza
e la sua innocenza.
- Ma allora che
cos'era e perché gli somigliava così tanto? -
Rumpelstiltskin si
riscosse dalla contemplazione delle iridi celestiali della sua
domestica e gettò una rapida occhiata all'armadio, che ora se ne
stava tranquillo e silenzioso al suo posto, come un qualunque altro
mobile.
- Era solo un
Molliccio. - rispose seccamente.
- Un cosa? -
Belle non aveva mai sentito quella strana parola in vita sua. Non
ricordava neanche di averla letta in qualcuno dei suoi libri.
- Un Molliccio,
dearie. - ripeté il folletto con impazienza.
La giovane inarcò
un sopracciglio. - Non sembra qualcosa di pericoloso, almeno a
giudicare dal nome. -
Il Signore Oscuro
sogghignò e annuì. - Infatti non lo è. Non avrebbe mai potuto
farti del male, non fisicamente almeno. I Mollicci sono creature
assolutamente innocue, e la loro unica capacità è assumere la forma
di ciò che la persona che si trova davanti a loro teme di più.
Nessuno ne conosce il vero aspetto. Amano i luoghi chiusi e oscuri e
immagino che l'esemplare che abbiamo appena avuto il piacere di
incontrare si fosse insediato in quel vecchio armadio proprio per
tale motivo. Questo posto non ha conosciuto visitatori per moltissimi
anni, ma i tuoi movimenti e la tua presenza devono averlo ridestato.
Me ne sbarazzerò più tardi, personalmente. -
Ci fu una pausa.
Belle era intenta a fissare, con sguardo assente, le ante scure del
mobile, pensierosa, rielaborando, nella sua mente, le informazioni
che aveva appena ricevuto dal folletto. Il suo istinto aveva ragione,
dunque: non aveva visto realmente suo padre in fin di vita, ma solo
una proiezione della sua più grande paura, eppure si sentiva ancora
inquieta.
Rumpelstiltskin
sembrò cogliere quei pensieri che si affollavano nella sua testa,
sotto la lucente chioma di ebano e rame. - Belle. -
La giovane si volse
verso il viso del suo padrone, che si era fatto incredibilmente
serio. - In tutta la mia lunga vita, c'è un solo accordo che io non
abbia rispettato, e posso assicurarti che non si tratta affatto di
quello che ho stipulato con te. Il tuo regno è salvo e così pure i
suoi abitanti e tuo padre. Non hai alcun motivo di preoccuparti. -
poi il suo tono si fece più stizzito - Sai, dearie, potrei quasi
ritenermi offeso: credevo sapessi che sono un uomo di parola e che
rispetto sempre le mie promesse. -
La ragazza si sentì
lievemente rincuorata e, nonostante fosse ancora piuttosto scossa,
arrossì e abbozzò perfino un sorriso imbarazzato.
- Bene, e ora devo
tornare alle mie pozioni. Tu puoi fare quello che preferisci; ti
concedo di avere libero il resto della giornata, basta che non ti
salti in mente di venire a seccarmi con le tue sciocchezze. -
Il Signore Oscuro
si stava già avviando fuori dalla sala, quando la domestica gli
porse una domanda a bruciapelo e inattesa. - Rumpelstiltskin? Chi era
quel ragazzino che è comparso davanti a voi al posto di mio padre? -
Il folletto
s'irrigidì ma non si voltò verso la sua impertinente
interlocutrice. - Non sono cose che ti riguardano, dearie. - tagliò
corto, per poi sparire oltre la porta.
Da Stria93:
E, come preannunciato – o minacciato -, eccomi di nuovo qui, miei
cari!
Stavolta ho deciso
di unire la mia passione per i RumBelle alla mia infinita venerazione
per la saga di “Harry Potter” e per l'insuperabile J.K.Rowling.
È la seconda volta
che provo a cimentarmi in un velato cross-over tra OUAT e HP e, se
nell'ultima occasione, ho “preso in prestito” l'Amortentia dal
mondo potteriano, stavolta ho deciso di trasportare nella Foresta
Incantata addirittura un Molliccio. (Perdonami, zia Jo!)
Inizialmente l'idea
era di scrivere una OS, ma sarebbe diventata un po' troppo lunga,
così quella di dividerla in due capitoli mi è parsa la soluzione
migliore, anche considerando il nucleo tematico che avrei in mente di
sviluppare nella prossima parte di questa storia e che si discosterà
leggermente da quello presentato in questo capitolo.
Come spesso accade,
non mi ritengo pienamente soddisfatta del mio lavoro, che mi sembra
davvero privo di ogni originalità e fin troppo simile alle molte
altre mie storie aventi come tema la vita di Belle e Rumpel al
Castello Oscuro, e che ormai sembrano seguire tutte la stessa trama,
senza divergere quasi mai da quello che sembra un percorso
prestabilito. -.-
Purtroppo in questo
periodo l'ispirazione è molto sfuggente e fa i capricci, complice la
pausa estiva di OUAT, ma spero che possiate comunque apprezzare
almeno un pochino questo scritto. :)
Ringrazio
immensamente tutti coloro che apriranno questa storia e, ancora di
più, chi vorrà lasciarmi un commentino. I vostri pareri, positivi o
negativi che siano, sono molto preziosi e sempre più che apprezzati.
;)
Un bacio a tutti,
meraviglie! :*