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Autore: Stria93    02/08/2014    7 recensioni
Probabilmente mi sono solo immaginata tutto.
Ma proprio mentre formulava quel pensiero, il movimento e il rumore di poco prima si ripeterono, ma, stavolta, Belle riuscì a identificarne la fonte.
Si trattava di un vecchio e austero armadio, con le ante di legno massello scuro, posto in un angolo della stanza. Oscillava e ondeggiava ripetutamente, sbattendo contro il muro, come se qualcosa al suo interno si agitasse e si dibattesse, nel disperato tentativo di uscire.
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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cap1

- Belle, passerò l'intera mattinata nel mio laboratorio. Ho delle faccende urgenti da sbrigare quindi bada di non disturbarmi per nessun motivo. Quanto a te, oggi pulirai le stanze del terzo piano; sono anni che nessuno ci mette piede quindi immagino che avrai un bel po' di lavoro da fare. -
Rumpelstiltskin accompagnò quell'ultima considerazione con un ghigno furbo, poi si diresse su per la sinuosa scala a chiocciola che conduceva alla misteriosa stanza in cui il folletto creava le sue pozioni e custodiva gelosamente gli ingredienti, rari e preziosi, che occorrevano alla loro preparazione.
Dopo pochi minuti, Belle udì il suono breve e secco della porta di legno massiccio che si richiudeva alle spalle del suo padrone e che, solitamente, precludeva a lei ogni possibilità di vederlo o parlargli per almeno mezza giornata, sempre che quella non fosse una delle occasioni, tutt'altro che rare, nelle quali l'Oscuro si decideva ad uscire dal laboratorio solo a tarda sera, quando ormai la luna era sorta da un pezzo e lei era già in procinto di andare a dormire.
La ragazza sapeva che avrebbe dovuto essere felice della possibilità di godere di qualche ora di quiete e lontananza da quegli occhiacci folli e penetranti e dalla voce stridula e acuta con la quale Rumpelstiltskin era solito schernirla o minacciarla di trasformarla in qualche animale; eppure, ogni singolo secondo che la giovane trascorreva senza la compagnia del Signore Oscuro diventava nient'altro che una miserabile briciola di tempo perso e inutile, amaro e senza alcun senso. Un insulso granello di sabbia che si perdeva nell'immensa clessidra della vita.
Ma quella mattina, il folletto le aveva assegnato un compito ben preciso da svolgere e, nonostante Belle tremasse al pensiero dell'enorme quantità di polvere e sporcizia che avrebbe trovato ad accoglierla in quei luoghi disabitati da tanto tempo, era ben felice di poter visitare stanze nuove del castello e di avere un pretesto per tenersi occupata e non pensare al suo padrone.


Come previsto, le ricche e ampie sale che si aprivano sul vasto corridoio del terzo piano, erano diventate, negli anni, il terreno ideale per il proliferare della polvere, il cui spesso strato grigio e opaco ricopriva la mobilia e ogni singolo centimetro del pavimento, quasi a voler fagocitare l'intero ambiente.
Le tende erano tirate e ogni cosa era avvolta dalle insidiose spire dell'oscurità, ma quando Belle, non senza una buona dose di fatica, riuscì ad aprirle e a consentire il passaggio della luce del sole mattutino attraverso i vetri incrostati di sporco, le condizioni disastrose in cui versavano quegli antri antichi e imponenti si rivelarono ai suoi occhi in tutta la loro indecenza.
I ricchi e sfarzosi lampadari di cristallo, un tempo scintillanti e lustri, erano avvolti da intricatissime e fitte ragnatele che, ora che le tende erano state aperte, luccicavano come fili d'argento o di madreperla, colpite in pieno dai raggi solari.
L'odore di chiuso e muffa impregnava ogni cosa ed era soffocante.
La ragazza sospirò, rassegnata: sarebbe stata una lunga mattina.


La giovane domestica si rimboccò le maniche e si armò di scopa, straccio e spugna.
Fece del suo meglio per cercare di liberare tutte le stanze dal secolare e incontrastato dominio della sporcizia e, verso il primo pomeriggio, si ritrovò coperta di polvere da capo a piedi, sudata e stanchissima, ma anche decisamente soddisfatta per essere riuscita a portare a termine l'arduo compito che le era stato affidato.
Con un sospiro affaticato, la giovane si passò una mano sulla fronte e volse lo sguardo verso l'orologio che aveva appena pulito e rimesso in funzione; le spesse e acuminate lancette nere, rimaste immobili per chissà quanti anni, indicavano che l'ora di pranzo era passata da un pezzo, ma lei era stata così assorbita dal suo lavoro che si era completamente dimenticata di ogni altra cosa, compreso il morso della fame che ora le stringeva lo stomaco.
Rumpelstiltskin non era venuto a cercarla. Non era comparso sulla soglia della porta con aria contrariata e impaziente per ordinarle con sgarbo di andare nelle cucine a preparargli qualcosa da mangiare, il che poteva solo significare che anch'egli si stava dedicando totalmente, anima e corpo, a qualunque cosa lo stesse tenendo occupato tra le mura circolari del suo impenetrabile laboratorio, fino a perdere la cognizione del tempo, esattamente come lei.
Le riflessioni di Belle in merito al Signore Oscuro furono, però, bruscamente interrotte dall'ennesimo attacco di tosse, provocato dalla grande quantità di polvere che si era sollevata nell'aria malsana di quelle vecchie sale e si era poi depositata su di lei, fino a opprimerle i polmoni e la gola. Doveva assolutamente fare un bagno e indossare un abito nuovo e pulito, prima di finire soffocata.
Fece per uscire dalla stanza, animata proprio da quelle intenzioni, quando, con la coda dell'occhio, colse un rapido movimento poco distante dal punto in cui si trovava, e, nello stesso istante, un rumore simile a dei colpi battuti violentemente contro il legno, la fece sobbalzare.
La ragazza tornò sui suoi passi e, con lo sguardo, passò in rassegna l'intera sala, ma non trovò anima viva che avesse potuto provocare quegli strani fenomeni; eppure i suoi occhi e le sue orecchie non l'avevano ingannata.
Anima viva. E se invece si fosse trattato di un fantasma o di uno spirito? Quante storie aveva letto riguardanti spettri inquieti e invisibili, che vagavano tristemente per gli antichi castelli, in cerca della pace eterna che era stata loro negata e che tanto anelavano!
La giovane attese ancora un paio di minuti, con tutti i sensi in allerta, ma non accadde più nulla. Tutto taceva ed era perfettamente immobile, com'era giusto e normale che fosse.
Probabilmente mi sono solo immaginata tutto.
Ma proprio mentre formulava quel pensiero, il movimento e il rumore di poco prima si ripeterono, ma, stavolta, Belle riuscì a identificarne la fonte.
Si trattava di un vecchio e austero armadio, con le ante di legno massello scuro, posto in un angolo della stanza. Oscillava e ondeggiava ripetutamente, sbattendo contro il muro, come se qualcosa al suo interno si agitasse e si dibattesse, nel disperato tentativo di uscire.
La ragazza deglutì, incerta sul da farsi. Forse la cosa migliore era andare a chiamare subito Rumpelstiltskin e lasciare a lui il compito di dare un'occhiata al misterioso contenuto del mobile; ma egli era stato molto chiaro quella mattina: non voleva essere disturbato per nessun motivo, inoltre il tenace orgoglio di Belle si rifiutava categoricamente di ricorrere all'aiuto dell'Oscuro.
Già s'immaginava l'espressione ghignante e insolente del suo viso e le parole di scherno che le avrebbe rivolto con tono cantilenante e divertito: “Ma come, dearie? Pensavo che volessi essere un'eroina, che volessi essere coraggiosa e impavida come i protagonisti dei tuoi libri, e poi hai paura di aprire un armadio?!”
Pensandoci bene, poteva anche trattarsi di uno stupido scherzo, architettato proprio da quel pestifero di un folletto. Non sarebbe stata certo la prima volta che Rumpelstiltskin tentava di spaventarla e si divertiva alle sue spalle, e poi Belle ricordava fin troppo bene lo strano ghigno che era apparso sulle sue labbra solo poche ore prima, quando le aveva annunciato che avrebbe dovuto pulire le stanze del terzo piano.
Ma la giovane non gliel'avrebbe data vinta e non sarebbe corsa da lui a chiedere aiuto. Gli avrebbe invece dimostrato che era più che in grado di cavarsela da sola.
Prese un lungo sospiro per darsi coraggio; abbassò lentamente la maniglia arrugginita dell'armadio, dopodiché, per sicurezza, indietreggiò di qualche passo.
Un secondo dopo, le vecchie ante di legno si spalancarono, cigolando sonoramente, e, da quell'oscurità polverosa e opprimente, uscì, a fatica, un uomo dalle fattezze piuttosto robuste e dal passo malfermo.
Indossava una corazza da battaglia molto simile a quelle che Belle aveva potuto osservare innumerevoli volte indosso ai soldati di Avonlea, quando ancora viveva a palazzo come principessa, ma questa era vistosamente macchiata di quello che era, inconfondibilmente, sangue rappreso e, in alcuni punti, era stata brutalmente lacerata. Il metallo dell'armatura era ammaccato e doveva essere stato colpito con tale violenza che aveva formato delle infossature che, senza dubbio, dovevano mozzare dolorosamente il fiato a colui che la indossava. Al suo fianco pendeva uno spadone insanguinato, dal quale colavano goccioline vermiglie; le sue spalle larghe erano avvolte da un mantello color porpora, strappato, sporco e lacero. La visiera dell'elmo era calata sul viso dell'uomo e ne nascondeva i lineamenti, rendendolo irriconoscibile, eppure, la ragazza riuscì a distinguere, in quello sconosciuto, qualcosa di incredibilmente famigliare.
- Chi siete? - sussurrò con un filo di voce atterrita.
Il misterioso guerriero non rispose, ma si portò le mani alla testa e, con un gesto esasperatamente lento, si liberò dell'elmo.
A quel punto, il cuore di Belle si fermò e tutta l'aria sembrò venir risucchiata via dai suoi polmoni.
Non è possibile! Non può essere!
La ragazza non poteva credere ai suoi occhi. Quell'uomo ferito, comparso misteriosamente dall'interno del vecchio armadio, e che ora la fissava con sguardo vitreo e sofferente, era identico a...
- Belle. -
Quando parlò, la sua voce dissipò ogni dubbio dalla mente della giovane.
- P- papà?! Io... non capisco... cosa ci fai qui? Cosa sta succedendo? -
- Figlia mia, gli orchi hanno preso Avonlea. Il nostro regno è caduto e l'esercito è stato annientato. Io stesso sono dovuto scendere sul campo di battaglia, ma il nemico non ci ha lasciato scampo neanche per un istante. Il nostro destino era già segnato. -
La voce di Maurice suonava debole e stanca, come un rantolo, il fiato sembrava mancargli ed ogni parola pareva costargli un'immensa fatica.
Ad un tratto, un rivolo di sangue purpureo iniziò a scorrere sul suo volto livido e scavato, e a rigargli la fronte. - Come vedi, anch'io sono stato colpito e temo che non vivrò ancora a lungo. -
- No! Papà! -
Belle, inorridita, si era portata le mani alla bocca e le sue gambe avevano iniziato a tremare. Eppure la ragazza sentiva che qualcosa non andava. Quella faccenda era totalmente assurda e l'uomo di fronte a lei non poteva essere davvero suo padre, nonostante ne possedesse l'aspetto e la voce.
Forse si trattava solo di un brutto sogno. Forse di lì a poco si sarebbe svegliata nella sua cella, distesa sul suo misero pagliericcio, infreddolita e spaventata, con la fronte madida di sudore e la tipica sensazione di amaro sulla lingua che gli incubi peggiori sono soliti lasciare in ricordo del loro passaggio.
Sì, doveva essere così. Eppure, allo stesso tempo, era tutto troppo reale, troppo vivido e spaventoso per poter appartenere al mondo onirico.
All'improvviso, lo sguardo del sovrano di Avonlea si piantò dritto nelle iridi cerulee della figlia e si fece più duro e freddo, come granito. - Il tuo sacrificio è stato inutile. La Bestia che hai scelto di seguire non ha rispettato i patti, e ora il nostro popolo, la nostra famiglia e il nostro splendido regno sono stati distrutti per colpa tua! Perché non hai voluto sposare Gaston, pur sapendo che l'esercito del suo reame avrebbe potuto aiutarci e perché hai preferito fare di testa tua, come sempre. -
Maurice mosse qualche passo instabile e vacillante in direzione di Belle, ma lei si ritrasse e indietreggiò, inciampando nel tappeto e urtando accidentalmente un piedistallo sul quale era posizionata una strana scultura di cristallo, che cadde rovinosamente a terra e andò in mille pezzi con un frastuono assordante.


Rumpelstiltskin, rinchiuso nella quiete del suo laboratorio, stava trafficando con una serie di provette e alambicchi contenenti liquidi e fluidi colorati e luminescenti, quando, alle sue orecchie, giunse un baccano improvviso, proveniente, senza alcun dubbio, da una delle sale del terzo piano.
Il folletto sospirò e alzò gli occhi al cielo: quella maldestra di Belle doveva averne combinata una delle sue. Non era la prima volta che, durante le pulizie, finiva per rompere qualche oggetto di inestimabile valore, che lui doveva poi riparare facendo ricorso alla magia.
Il Signore Oscuro decise che, in ogni caso, sarebbe stato meglio recarsi di sotto per verificare l'entità del danno e per dare una bella strigliata alla sua disattenta domestica, sempre con quella sua incantevole testolina tra le nuvole, intenta a sognare ad occhi aperti.
Scese la scala a chiocciola e percorse tutto il corridoio del terzo piano, fino a quando non arrivò all'ultima stanza e si trovò di fronte uno spettacolo del tutto inaspettato e quantomai bizzarro.
Belle giaceva a terra in un angolo, pallida, tremante e con gli occhi sbarrati e pieni di orrore che fissavano un guerriero morente e ricoperto di sangue. E non un guerriero qualsiasi, bensì il suo stesso padre: Re Maurice di Avonlea.
Dopo un primo istante di smarrimento e sorpresa, il folletto intuì cosa dovesse essere accaduto e, con passo deciso e svelto, si parò davanti alla giovane, frapponendosi tra lei e l'uomo.
Il sovrano studiò per un attimo il nuovo arrivato con interesse, poi, nel giro di pochi istanti, scomparve e, al suo posto, si materializzò un ragazzino magro, con folti capelli castani e occhi scuri e tristi.
Rumpelstiltskin strinse forte i pugni e digrignò i denti acuminati. Guardare quel viso giovane eppure così saggio per la sua età, che per anni gli aveva riservato il sorriso più bello e spontaneo che un padre avesse potuto desiderare, cogliere la sua espressione di biasimo e delusione gli faceva provare un terrore e una sofferenza indicibili, ma non era davvero lui; non doveva lasciarsi trarre in inganno come un principiante, e così, prima che la sagoma potesse aprir bocca, il folletto allungò una mano e, grazie ad una magica e potente onda d'urto, la scaraventò di nuovo nell'armadio dal quale era comparsa. Le pesanti ante lignee si richiusero con un colpo secco, infine apparve un robusto lucchetto di metallo che le sigillò.
Il mobile, o meglio, la creatura prigioniera al suo interno, prese ad agitarsi furiosamente, ma, alla fine, si calmò e tutto tornò alla normalità.
Il Signore Oscuro rimase per qualche secondo a fissare il vuoto, proprio nel punto in cui, fino a pochi secondi prima, se ne stava il giovinetto dall'aria malinconica, dopodiché si voltò e allungò una mano per aiutare Belle a rialzarsi. - Stai bene? -
La ragazza sembrava troppo scioccata per rispondere, ma strinse le proprie dita candide attorno a quelle calde e squamose del folletto. C'era qualcosa di incredibilmente rassicurante nel calore della sua pelle e nel contatto con la superficie ruvida del suo palmo.
Quando la giovane si rimise in piedi, il suo sguardo iniziò a saettare freneticamente dall'armadio incriminato, al suo padrone.
- Rumpelstiltskin, io non capisco... ho appena visto mio padre in punto di morte! Ha detto che non avete rispettato l'accordo e che Avonlea è stata presa dagli orchi... -
- Belle... -
- Ma com'è potuto arrivare fin qui in quelle condizioni? E perché è scomparso appena siete arrivato? -
- Belle, calmati ora! Quello non era affatto tuo padre. -
Gli occhioni della giovane, resi, se possibile, ancora più grandi a causa del terrore, si posarono, confusi e smarriti, sul volto dell'Oscuro che, come sempre accadeva, avvertì un piacevole fremito quando incrociò quelle mille tonalità di blu e azzurro. Avrebbe quasi voluto potersi tuffare in quei pozzi d'acqua cristallina e pura, in quell'immensità meravigliosa eppure così terrificante proprio per la sua limpidezza e la sua innocenza.
- Ma allora che cos'era e perché gli somigliava così tanto? -
Rumpelstiltskin si riscosse dalla contemplazione delle iridi celestiali della sua domestica e gettò una rapida occhiata all'armadio, che ora se ne stava tranquillo e silenzioso al suo posto, come un qualunque altro mobile.
- Era solo un Molliccio. - rispose seccamente.
- Un cosa? - Belle non aveva mai sentito quella strana parola in vita sua. Non ricordava neanche di averla letta in qualcuno dei suoi libri.
- Un Molliccio, dearie. - ripeté il folletto con impazienza.
La giovane inarcò un sopracciglio. - Non sembra qualcosa di pericoloso, almeno a giudicare dal nome. -
Il Signore Oscuro sogghignò e annuì. - Infatti non lo è. Non avrebbe mai potuto farti del male, non fisicamente almeno. I Mollicci sono creature assolutamente innocue, e la loro unica capacità è assumere la forma di ciò che la persona che si trova davanti a loro teme di più. Nessuno ne conosce il vero aspetto. Amano i luoghi chiusi e oscuri e immagino che l'esemplare che abbiamo appena avuto il piacere di incontrare si fosse insediato in quel vecchio armadio proprio per tale motivo. Questo posto non ha conosciuto visitatori per moltissimi anni, ma i tuoi movimenti e la tua presenza devono averlo ridestato. Me ne sbarazzerò più tardi, personalmente. -
Ci fu una pausa. Belle era intenta a fissare, con sguardo assente, le ante scure del mobile, pensierosa, rielaborando, nella sua mente, le informazioni che aveva appena ricevuto dal folletto. Il suo istinto aveva ragione, dunque: non aveva visto realmente suo padre in fin di vita, ma solo una proiezione della sua più grande paura, eppure si sentiva ancora inquieta.
Rumpelstiltskin sembrò cogliere quei pensieri che si affollavano nella sua testa, sotto la lucente chioma di ebano e rame. - Belle. -
La giovane si volse verso il viso del suo padrone, che si era fatto incredibilmente serio. - In tutta la mia lunga vita, c'è un solo accordo che io non abbia rispettato, e posso assicurarti che non si tratta affatto di quello che ho stipulato con te. Il tuo regno è salvo e così pure i suoi abitanti e tuo padre. Non hai alcun motivo di preoccuparti. - poi il suo tono si fece più stizzito - Sai, dearie, potrei quasi ritenermi offeso: credevo sapessi che sono un uomo di parola e che rispetto sempre le mie promesse. -
La ragazza si sentì lievemente rincuorata e, nonostante fosse ancora piuttosto scossa, arrossì e abbozzò perfino un sorriso imbarazzato.
- Bene, e ora devo tornare alle mie pozioni. Tu puoi fare quello che preferisci; ti concedo di avere libero il resto della giornata, basta che non ti salti in mente di venire a seccarmi con le tue sciocchezze. -
Il Signore Oscuro si stava già avviando fuori dalla sala, quando la domestica gli porse una domanda a bruciapelo e inattesa. - Rumpelstiltskin? Chi era quel ragazzino che è comparso davanti a voi al posto di mio padre? -
Il folletto s'irrigidì ma non si voltò verso la sua impertinente interlocutrice. - Non sono cose che ti riguardano, dearie. - tagliò corto, per poi sparire oltre la porta.





Da Stria93: E, come preannunciato – o minacciato -, eccomi di nuovo qui, miei cari!
Stavolta ho deciso di unire la mia passione per i RumBelle alla mia infinita venerazione per la saga di “Harry Potter” e per l'insuperabile J.K.Rowling.
È la seconda volta che provo a cimentarmi in un velato cross-over tra OUAT e HP e, se nell'ultima occasione, ho “preso in prestito” l'Amortentia dal mondo potteriano, stavolta ho deciso di trasportare nella Foresta Incantata addirittura un Molliccio. (Perdonami, zia Jo!)
Inizialmente l'idea era di scrivere una OS, ma sarebbe diventata un po' troppo lunga, così quella di dividerla in due capitoli mi è parsa la soluzione migliore, anche considerando il nucleo tematico che avrei in mente di sviluppare nella prossima parte di questa storia e che si discosterà leggermente da quello presentato in questo capitolo.
Come spesso accade, non mi ritengo pienamente soddisfatta del mio lavoro, che mi sembra davvero privo di ogni originalità e fin troppo simile alle molte altre mie storie aventi come tema la vita di Belle e Rumpel al Castello Oscuro, e che ormai sembrano seguire tutte la stessa trama, senza divergere quasi mai da quello che sembra un percorso prestabilito. -.-
Purtroppo in questo periodo l'ispirazione è molto sfuggente e fa i capricci, complice la pausa estiva di OUAT, ma spero che possiate comunque apprezzare almeno un pochino questo scritto. :)
Ringrazio immensamente tutti coloro che apriranno questa storia e, ancora di più, chi vorrà lasciarmi un commentino. I vostri pareri, positivi o negativi che siano, sono molto preziosi e sempre più che apprezzati. ;)
Un bacio a tutti, meraviglie! :*


  
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