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Autore: Bloomsbury    04/08/2014    6 recensioni
[Storia in revisione] Capitoli revisionati: 14/35.
Jay era un ragazzo come tanti, con qualcosa in più o in meno degli altri, un ragazzo normale, un ragazzo omosessuale: particolare insignificante per ogni persona di buon senso.
Si vergognava di tante cose, tranne che di questo.
Jay bramava la luce, la libertà.
Fece la scelta sbagliata nel contesto meno appropriato e quel particolare insignificante diventò la spada che lo uccise, la macchia scura che lo inghiottì.
«Mio figlio è morto il giorno stesso in cui ha tradito la natura che gli ho donato con orgoglio.»
«La natura che mi hai donato è quella che ti ho confessato…»
«È una natura che mi fa ribrezzo!»
Così comincia la storia di Jay Hahn, fatta di dolori, di abbandoni, di amore, di amicizia, di segreti, di bugie, di tempesta.
E le tempeste intrappolano nel proprio occhio ogni cosa, risputandoti fuori lacerato, diverso, un mostro.
Jay uscirà ed entrerà da quelle raffiche di vento, diventerà lui stesso la tempesta e annienterà ogni cosa al suo passaggio.
Compreso se stesso.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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"I die when he comes around
To take you home
I'm too shy
I should have kissed you when we were alone."

Cheers Darlin’- Damien Rice 


 
 



32. Cheers Darlin’
 
 
Thomas non chiamò più, segno che Jay si sbagliava, aveva fatto sul serio, e Beatrix non si prese neanche più il disturbo di cercarlo. Pensò che un uomo capace di lasciare una ragazza in mezzo alla strada sbattendola fuori dall’auto non meritasse alcun riguardo, ma la solitudine la ingurgitò in un solo boccone e la tristezza si fece più dura da sopportare.
Prese il pc accedendo al suo account facebook e si accorse che Thomas l’aveva già cancellata, modificando il suo stato da “Fidanzato” a “Single”. Non rimase stupita, quel gesto era palesemente da lui e consultando la propria bacheca si accorse che già dal mattino in molti l’avevano cercata, inondandola di messaggi e di promesse di appoggio. Di tutta risposta, anziché apprezzare, andò sulle impostazioni del suo account e cliccò su “disattiva il mio account”. Facebook, che sembrava fosse l’unico a tenerci, le dava un’altra possibilità. Esitò per qualche istante finché, decisa a porre fine a tutta quell’ipocrisia, flaggò tutte le impostazioni del caso e posizionando la freccia del mouse su “Conferma”, inserì la sua password per convalidare la propria identità e comparì la scritta che aspettava già da molti click:
 
Il tuo account è stato disattivato
Per riattivare il tuo account, accedi con l’e-mail e la password che usavi in precedenza. Sarai in grado di usare il sito come prima.
Speriamo che tornerai a trovarci presto.

 
Così mise fine a tutto, si chiamò fuori da quel mondo. Ogni suo ricordo, foto e stato svanirono in quell’istante pronti a ritornare a galla non appena avesse voluto. Facebook, più di Thomas, aveva tentato fino alla fine di tenerla con sé e si accorse di quanto le persone potessero essere così vili e incapaci di provare reale attaccamento a qualcuno, così come un semplice social network. L’amore disinteressato non sarebbe mai più esistito, ne era certa.

***
 
Uscì nel fine settimana, dopo giornate di solitudine a casa, tra una dormita, una sbornia solitaria e vecchi film: ritornò all’Escape.
Sull’autobus che la portava a Soho i suoi pensieri non fecero altro che prenderla in giro. Si disse continuamente che la scelta di ritornare a Soho fosse del tutto casuale: “perché lì ci si diverte. È il quartiere della vita notturna a luci rosse” si ripeteva.
Pensò che anche lei meritava di svagarsi e trovare qualcuno con cui passare qualche ora in totale leggerezza. Non appena finì di formulare il pensiero, le parole di Jay ritornarono a galla: “È noto che una donna, per consolarsi, tende a cercare nuove avventure...
Sì sentì decisamente patetica, ma scelse di non curarsene: voleva godersi una serata diversa poiché, ormai, non esisteva più per nessuno. Era sola.

 
Arrivò all’Escape vestita di tutto punto, sfoggiando un vestitino sfizioso color argento abbinato ai suoi inseparabili anfibi e si avviò al bancone negando a se stessa di cercarlo, ma il cuore le svelò la verità battendo all’impazzata per lui, per Jay, seduto al bancone esattamente come la prima volta.
Si sentì felice come poche volte nella vita e si avvicinò a passo spedito per evitare che qualcuno occupasse il posto accanto.
«Le donne abbandonate tendono a consolarsi con il primo che capita, eh? Secondo te perché, allora, vengo qui e mi siedo vicino a te senza cercare quello che potrebbe consolarmi?» esordì sorridente.
«Perché non tutte le donne fanno così, me lo hai detto tu!» rispose con le labbra al bicchiere e lo sguardo fisso alle bottiglie davanti a sé.
Fu felice di essere stata in grado, almeno con lui, di aver messo in chiaro che non era come tante altre e annuì soddisfatta: «Impari in fretta i concetti!». Jay diede vita al sorrisetto sarcastico più bello che lei avesse mai visto e per togliersi dall’impiccio di dover spiegare il perché del suo sguardo trasognato, chiese senza tanti giri di parole: «Quel ragazzo dell’altra sera, quello che hai baciato, è il tuo ragazzo?»
Jay strizzò gli occhi come per cercare nei suoi ricordi di chi potesse parlare e poggiando il bicchiere sul bancone rispose voltandosi verso di lei: «Ma chi, Brad? Il biondino?”
«Sì, sì! Proprio quello!» confermò sorniona.
«Ma no…» si affrettò a precisare: «Non è affatto il mio ragazzo, è… come dire: un mio vecchio cliente!»
«Cliente?!» replicò perplessa: «Tu, abitualmente, ti avvinghi in quel modo ai tuoi clienti?»
«Se mi pagano bene, sì!» rispose ironico, lasciando Beatrix di stucco. Ancora non aveva compreso cosa volesse dirle ed il tono limpido e trasparente di Jay la mise maggiormente fuori strada.
«Ma tu di cosa ti occupi, esattamente?».
Jay, accennando ancora quel sorriso irresistibile, la scimmiottò divertito: «La Sposa è una ficcanaso!»
«Non sono una ficcanaso!!! Se permetti vorrei capire cosa intendi. E poi, perché mi chiami La Sposa?» disse di getto, non riuscendo a contenere la curiosità. Lui si voltò guardandola negli occhi, tentando di comprendere fino in fondo che tipo di persona potesse essere; chiaramente stava cercando di capire se Beatrix fosse la persona giusta con la quale avrebbe potuto parlare senza mezzi termini e scorgendo in lei, evidentemente, qualcosa di rassicurante, rispose rassegnato: «Ho venduto il mio corpo per soldi a quell’uomo una volta e ho paura di esserci ricaduto di nuovo. Sono di sua proprietà.».
Beatrix sentì le parole mozzarsi in gola e rimase in silenzio per qualche minuto. Jay non aveva smesso un attimo di fissarla e, senza capirne il motivo, vide un’incontenibile tristezza sgorgarle dagli occhi. Rimase stupito dalla reazione inaspettata di quella che, per lui, era ancora una sconosciuta.
Si guardarono per un po’ senza sapere cosa dirsi e quando lei si accorse di averlo impensierito, si asciugò le lacrime. «Scusa Jay!»
«Figurati.» le sorrise con estrema dolcezza, tanto da farla commuovere ulteriormente. La ragazza non riuscì a fermarsi, così si lascio andare, infine, ad un pianto quieto ma inarrestabile. Jay non disse nulla per tutto il tempo, guardò le lacrime fluire senza fare nulla per fermarle, come se quelle stesse riuscissero a purificarlo. Beatrix stava sfogando tutto il pianto che lui stesso non era mai riuscito a tirare fuori per anni. Quando lei, di punto in bianco, si accorse di essere un po’ fuori luogo, si arrestò di nuovo, balbettando sotto voce: «Scusami.»
«Non ti scusare, non hai fatto niente!» rispose con tono rincuorante, accarezzandole il viso per poi prenderle le mani: «Io sto bene!».
Sebbene cercasse di rassicurarla il suo viso manifestava una tale malinconia da farle male; avrebbe voluto chiedergli il perché si donasse con così tanta rassegnazione ad un uomo incapace di averlo solo con l’amore. Lui, per lei, sembrava un angelo caduto in un mondo che non gli apparteneva, un mondo talmente duro e brutale che non sarebbe mai stato in grado di gestire. Nonostante sembrasse sicuro di sé aveva nel cuore una fragilità tale da poterlo spezzare in mille pezzi anche solo con un soffio; decise di non lasciarlo indietro come avevano fatto tutti, si sarebbe presa cura di lui perché lo meritava, il suo sguardo glielo suggeriva: era assente, arrendevole, incapace di sfogare alcun affanno malgrado il cuore ne fosse pieno; come se avesse imprigionato dentro di sé un dolore troppo grande da esibire perché sarebbe stato devastante una volta esploso. Era umiliato, amareggiato, deluso e ferito, eppure faceva di tutto pur di non darlo a vedere, tranne che in quel momento. Darsi a quell’uomo ne faceva una vittima, ma di se stesso. Era vittima e carnefice, era l’autore del suo stesso declino e Beatrix decise che sarebbe stata lei a salvarlo perché lui non meritava questo. Si chiese come fosse possibile rimanere così colpita da un ragazzo che conosceva a stento, ma qualcosa le diceva che, forse, il destino li aveva fatti incontrare in un periodo propizio per entrambi. Non avrebbe voltato le spalle al destino e sebbene avesse sempre cercato, nel corso della sua vita, di privarsi del suo lato più romantico e sensibile, Jay era riuscito a tirarglielo fuori tutto quanto, con una forza indescrivibile. L’avrebbe preso per mano e portato lontano, nascondendolo da tutti quelli che l’avevano sporcato ma, al contrario, fu lui che l’afferrò e facendosi spazio nel locale, corse fuori.
 
Non appena furono all’esterno dell’Escape non smise di correre. Teneva stretta la mano di lei come se avesse il terrore di perderla; Beatrix non conosceva la destinazione ma ebbe la sensazione che lui desiderasse semplicemente sparire, portandosela dietro.
Passarono davanti a qualsiasi cosa con noncuranza; si lasciarono alle spalle l’Apollo Theatre, tagliando Shaftersbury Avenue per dirigersi verso Coventry Street. Una strada lunga e sempre dritta incoraggiò Jay a correre più velocemente, schivando ogni ostacolo.
Come risvegliata da un sogno, Beatrix cominciò a guardarsi intorno e a chiedersi lucidamente dove la stesse portando ma qualcosa la frenò dal chiederglielo.
Nell’impeto della corsa non aveva mai fatto caso a lui. Aveva esaminato con attenzione la strada, la gente, ma non aveva mai guardato Jay che correva affannosamente davanti a lei: stava piangendo così forte da paralizzarle le parole in gola. Non gli avrebbe chiesto dove stavano andando, si sarebbe lasciata trascinare con fiducia da lui nonostante non fosse abituata né a correre né a seguire un totale sconosciuto in giro per le strade di Londra. Jay invece sapeva correre, l’aveva sempre fatto e Beatrix non seppe mai che quella fu la prima volta dopo la morte di Izaya.
Arrivati a Coventry Street, dopo aver corso per minuti e minuti, il ragazzo si infilò di corsa in un autobus che stava per chiudere le porte, tenendola ancora per mano, e si lasciò cadere su un sedile vuoto per riprendere fiato.
Osservò Jay seduto a capo chino difronte a lei, con gli occhi persi nel vuoto e quando scorse un impercettibile movimento delle labbra senza che queste emettessero alcun suono, si avvicinò, inginocchiandosi davanti a lui. Gli sfiorò teneramente le mani per richiamare la sua attenzione: «Che hai detto?»
Rimase per qualche secondo in attesa di ricevere una risposta e prima che potesse incalzarlo, poté sentire un flebile ma disarmante: «Grazie!».
Non c’era altro da dire, così lo abbracciò forte, tenendolo stretto.
Quella fu la prima volta in cui Jay si sentì finalmente vivo. Libero di piangere e di sentirsi un autentico schifo senza nasconderlo a se stesso.

***
 
Arrivarono a casa di lui, non troppo distante da Soho Square, e la prima cosa che Beatrix riuscì a percepire, dopo qualche momento di osservazione, fu l’assenza di qualcuno o qualcosa.
L’appartamento ero piccolo, impersonale ma ben curato; in quella casa vivevano ricordi e lacrime intrappolati nei muri, ne aveva la certezza. Malgrado fosse ordinato e pulito non c’erano foto né oggetti personali; c’era il necessario per vivere, ma nulla di indispensabile per la cura dell’anima, tranne i libri.
Mentre Jay lanciava le chiavi sul tavolo, togliendosi la giacca, Beatrix osservò assorta il soggiorno cercando disperatamente qualcosa che smontasse la sensazione che la stava torturando. Cercava un gatto o anche solo qualche vestito messo alla rinfusa, una foto, un videogioco, un souvenir. Non c’era niente.
Finalmente, Jay attirò la sua attenzione: «Fai un caffè?» le chiese sparendo dentro una stanza.
Quella richiesta così diretta, alla mano, la sollevò: forse Jay era semplicemente un maniaco dell’ordine, anche se non sembrava il tipo.
Entrò in cucina e mille pensieri discordanti iniziarono ad assalirla.
Si fece mille domande per tutto il tempo, occupata a preparare il caffè e capì, mentre posava le tazze piene sul tavolino del soggiorno, che se non gliele avesse poste direttamente non avrebbe mai potuto indovinare nulla di lui.
Beatrix era sempre stata una ragazza estremamente riflessiva e, il più delle volte, incline alle fantasticherie. Raramente chiedeva qualcosa per non risultare indelicata, ma faceva di tutto pur di capire senza dover parlare. Osservava la vita degli altri sperando di afferrare dai dettagli ciò che le interessava: con Jay sarebbe stato impossibile. Lui era criptico, poco propenso al dialogo sebbene le avesse già raccontato qualcosa di lui. Lo aveva fatto, però, perché lei aveva chiesto qualcosa e non per pura voglia di aprirsi.
Lo trovò già steso sul divano, intento a cercare un canale interessante alla tv.
«Ecco il caffè!» annunciò con voce squillante. Jay strizzò gli occhi, quel tono di voce gli ricordava Lizzie.
«Ti ho portato una maglietta. Mettiti comoda!» la invitò porgendole una T-shirt invecchiata dal largo uso.
«Grazie!» l’afferrò pensando che quello fosse un gesto davvero gentile.
Jay era impenetrabile ma garbato nei modi, si vendeva ad un uomo ma era capace di azioni cortesi e del tutto disinteressate, amava la solitudine ma l’aveva invitata a casa sua: era tutto e il contrario di tutto.
«Figurati, è solo una maglietta vecchia e neanche troppo degna di esistere ancora.» rispose attento al televisore che passava l’ennesima replica di Ramsay’s Kitchen Nightmares su Channel 4. «Non trovi che Gordon Ramsay sia un figo?»
«Già!» rispose lei guardando distrattamente lo schermo della tv.
Beatrix si spogliò davanti a lui senza farsi troppi problemi, come fosse normale, e quella sensazione di casa e di normalità fu talmente forte da emozionarla; non aveva mai agito con così tanta naturalezza davanti a qualcuno, ma con Jay sembrava tutto così facile; anche fidarsi ciecamente.
Dopo essersi cambiata si stese accanto a lui e guardarono la tv in silenzio, ma l’impazienza di sapere e di conoscerlo demolì ogni inibizione. «Jay…»
«Dimmi!» rispose debolmente, con gli occhi chiusi e la testa pggiata su quella di lei.
Era rilassato, il suo respiro era calmo e si pentì di aver anche solo pensato di porgli altre domande dopo il pianto inconsolato al quale aveva assistito in strada.
Finalmente appariva sereno.
«Niente…».
Avrebbe voluto parlare, chiedergli tante cose, raccontargli di sé, ma sembrava non servisse più; in qualche modo sapevano già tutto l’uno dell’altra senza dirsi nulla, vissero quel momento immersi nel silenzio che, ormai, parlava per loro.

Jay l’abbracciò per la prima volta quella notte e lei provò per lui un affetto mai sperimentato. Si adagiò sul suo petto caldo per ascoltargli il battito del cuore ed inspirò profondamente il suo profumo fino a farlo penetrare nell’anima per non dimenticarlo più, e si addormentarono così, l’uno stretto all’altra, riposando dopo tanto tempo nella pace più sublime.




Angolo Autrice.
Mi vergogno terribilmente, ma ho scritto un capitolo così sdolcinato che m'è venuto il diabete. Jay è il solito, Beatrix è una romanticona e, santo iddio, ho creato una sensibilona da 10+++.
Con questo siamo a -3 e so già cosa state pensando... sappiate che siete fuori strada XD
Voglio ringraziare Bijouttina, Babbo Aven, Lady Wolf ed Elsker.
Ringrazio anche tutti gli altri con tanto ammore.
La storia di Jay finisce... chissà se vi mancherà anche solo un po'.
Grazie a tutti quelli che hanno messo le storie nelle preferite/Ricordate/seguite.
Un abbraccio.
Bloomsbury
   
 
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