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Autore: Tigre Rossa    05/08/2014    5 recensioni
"Sento che, nonostante tutto, mi manca qualcosa.
E credo di sapere cosa
Apro piano gli occhi e afferro lo zaino posato davanti a me. Lo apro e estraggo, con molta attenzione e cura, una vecchia fotografia.
Un po’ esitante, sfioro con i polpastrelli i volti delle persone impressi in questo foglio di carta, l’ unico legame che ho con tutto ciò che ho lasciato venendo qui.
Guardo con il cuore pieno di malinconia le figure ormai un po’ sbiadite di Raffaello, Michelangelo, Donatello, Splinter, April, Casey . . . i miei fratelli, mio padre, i miei amici.
La mia famiglia.
La famiglia che ho lasciato per allenarmi, per diventare un leader migliore, per proteggerli.
La famiglia la cui assenza è un vuoto incolmabile nella mia anima e nella mia vita, per quanto libera, felice e perfetta possa essere.
La mia famiglia, che mi manca così tanto da farmi tremare il cuore e da farmi cadere vittima della nostalgia."
I pensieri di Leonardo durante il suo allenamento in Amazzonia, prima degli eventi del film 'TMNT' del 2007.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Leonardo Hamato
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Nostalgia
 
 
 
















 










 
 











 

 














 “Che cosa dice il tuo cuore?”
“Non lo so . .  . so solo che qui mi manca qualcosa.”


 
 
Inspirare. Trattenere. Espirare. Inspirare. Trattenere. Espi . . .
“Ehi, ragazzi! Cos’è questa fiacca?! Dai, vita! è sabato sera!” urla una fastidiosissima voce e fin troppo nota.
“Casey!” esclama felice Raffaello, abbandonando il suo sacco ed andandogli incontro “Era ora che arrivassi! Ci hai messo un secolo!” lo rimprovera, tirandogli un pugnetto sul braccio.
“Eh, lo so, è che ci abbiamo messo molto a prendere le pizze . . .”  si giustifica il giustiziere mascherato, alzando le spalle.
“ . . . che, tra l’altro, sto portando tutte io!” sbotta infastidita April, entrando in quel momento con una pila di pizze che potrebbe fare concorrenza all’Everest.
“Aspetta, ti aiuto io!” accorre subito Donatello, sorridendo e togliendole un terzo delle pizze dalle braccia “Certo che potevi anche aiutarla, Casey!”
“Ma io ho portato le birre!” si difende l’interpellato, alzando una busta della spesa.
“Birre? E che l’hai portate a fare? Lo sai che Splinter ce le sequestra tutte!” ribatte Michelangelo, arrivando di corsa con un videogioco in mano “Uhm, che profumino! Voi si che sapete fare felice una giovane tartaruga affamata come me!” ride, cercando di aprire una pizza e di rubarne una fetta.
“Fermo, Mich! Non sono solo tue!” lo sgrida Raffaello, tirandogli uno schiaffo sulla zampa.
“Al dire il vero si . . . ma tranquillo, te ne lascio una fettina! “  scherza mio fratello più giovane, massaggiandosi la zampa.
“Benarrivati.” il maestro Splinter esce dalla sua stanza con un gran sorriso “Effettivamente, siete in ritardo . . . e tu, signor Jones, dovresti sapere che non voglio alcool in questa casa.”
Casey sbruffa “Ma dai, Splinter, per una volta potresti anche fare un eccezione!”.
“Casey! Non parlare così al maestro!” lo sgrida April, posando le pizze sul tavolo e fulminandolo con lo sguardo.
“Aspetta Raph, tu non puoi mangiare oggi1 Sei già troppo grasso, mi spiace! Credo proprio che dovrai saltare il pasto!” scherza Mich, allontanando Raph dal tavolo con la zampa sinistra.
“Ehi, Leo, mi dai una mano con queste?” mi chiama Donatello, indicando con la testa la catasta che regge tra le braccia.
Io sorrido e mi alzo. Per oggi la meditazione può aspettare.
“Arrivo!” rispondo, mentre Michelangelo si mette a correre per tutta la tana inseguito da un arrabbiatissimo Raffaello e April e Splinter rimproverano Casey sotto lo sguardo divertito di Don . . .
 
 
 . . . le immagini dolci del sonno si dissolvono come ghiaccio sotto il sole, ed io apro lentamente gli occhi, seppur a malincuore.
 
La prima cosa che i miei occhi mettono a fuoco è il cielo, il cielo infinito e libero da qualsiasi nuvola, vestito del suo più limpido azzurro . . .
 
Aspetta una attimo . . . il cielo?
 
Mi messo velocemente a sedere, guardandomi confuso attorno.
 
Le mie katana sono al mio fianco, pronte per essere sguainate, e di fronte a me c’è un grosso zaino malconcio. Piante verdi come lo smeraldo più brillante mi circondano e mi fanno da giacinto, mentre la mia coperta è un semplice mantello marrone e strappato. Un pappagallo passa sopra la mia testa e fiori strani e coloratissimi danno mostra di sé come gioielli incastonati in una splendida corona.
 
Non capisco . . . dove sono finito? Cos’è questo posto? E perché sono qui e non a casa?
 
Ci vuole un po’, ma finalmente tutto mi ritorna in mente.
 
Si, ora ricordo . . . la mia partenza da New York, il mio arrivo nella foresta Amazzonica, i miei interventi silenziosi in aiuto agli abitanti del luogo, la mia vita lieta e libera nella giungla . . . si, ora ricordo tutto.
 
Sospiro e chiudo gli occhi.
 
Per un attimo, prima di aprire gli occhi, avevo creduto di essere ancora a casa, a New York.
 
Come ogni mattina, del resto.
 
Non capisco. Non riesco a capire.
 
Amo la mia vita qui.
 
Posso mostrarmi agli umani senza paura di essere chiamato ‘mostro’ o di essere braccato. Aiuto persone che senza di me sarebbero perso. Apprendo ogni giorno cose che non avrei mai neanche immaginato. Posso essere finalmente me stesso, senza nessuna preoccupazione o timore.
 
Eppure, ogni mattina, svegliandomi e ritrovandomi nella giungla che tanto amo, avverto un senso di estraneità e di smarrimento.
 
Ritrovandomi qui, da solo, mi sento perso.
 
Sento che, nonostante tutto, mi manca qualcosa.
 
E credo di sapere cosa
 
Apro piano gli occhi e afferro lo zaino posato davanti a me. Lo apro e estraggo, con molta attenzione e cura, una vecchia fotografia.
 
Un po’ esitante, sfioro con i polpastrelli i volti delle persone impressi in questo foglio di carta, l’ unico legame che ho con tutto ciò che ho lasciato venendo qui.
 
Guardo con il cuore pieno di malinconia le figure ormai un po’ sbiadite di Raffaello, Michelangelo, Donatello, Splinter, April, Casey . . . i miei fratelli, mio padre, i miei amici.
 
La mia famiglia.
 
La famiglia che ho lasciato per allenarmi, per diventare un leader migliore, per proteggerli.
 
La famiglia la cui assenza è un vuoto incolmabile nella mia anima e nella mia vita, per quanto libera, felice e perfetta possa essere.
 
La mia famiglia, che mi manca così tanto da farmi tremare il cuore e da farmi cadere vittima della nostalgia.
 
Si, io sento tremendamente la loro mancanza, sento la mancanza dei loro volti, del loro sorrisi, delle loro risate, delle loro voci, dei loro abbracci, del loro amore.
 
Sospiro, trattenendo a stento le lacrime che già iniziano a pizzicarmi gli occhi, e facendomi forza mi alzo per affrontare una nuova giornata nella giungla.
 
Non posso farmi fermare dalla nostalgia e della tristezza.
 
Devo continuare ad allenarmi, allenarmi più duramente che posso.
 
Sono venuto qui per questo, dopotutto.
 
Per allenarmi e poter così proteggere le persone che amo.
 
E non tornerò a casa fino a quando non sarò capace di farlo.
 
Anche se il mio cuore, senza di loro, piange lacrime di sangue e di nostalgia.
  
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