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Autore: SakiJune    06/08/2014    0 recensioni
"Gallifrey si era risvegliata con un ruggito di dolore, non con uno sfarfallio di ciglia. La pace futura doveva fondarsi su un ultimo, necessario atto di violenza. Ma il Dottore non ne fu testimone né causa. Non sentì le voci stridule risuonare nelle strade, le voci gravi sillabare con prudenza all’interno di stanze sigillate, né le voci amiche chiamare il suo nome, i suoi tanti nomi, in un tono che non attende risposta ma ne ha bisogno, ne ha sete. Non sentì giungere chi, fuggito o intrappolato all’inizio della Guerra del Tempo, si era rifugiato in differenti linee temporali e ora aveva sentito il richiamo, sempre più forte, giungere da casa. Erano tornati - gli spauriti e i vili, i saggi e gli idealisti..."
Sequel di "A Taste of Honey".
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Qualche nota:
- Le Case, su Gallifrey, non sono semplici edifici, sono creature senzienti che crescono, ricordano, conservano ed esternano i sentimenti dei loro abitanti.
- Per millenni, a causa di una maledizione (chiedete alla Sorellanza di Karn) i Telai genetici in dotazione ad ogni Famiglia sono stati l’unico modo in cui i Signori del Tempo si potevano riprodurre.
- La Rete Panatropica è una sezione della Matrice, dove sono registrate le esistenze passate e presenti dei Signori del Tempo.
- La storia ambientata su Atrios è “The Armageddon Factor” e fa parte della saga “The Key to Time” con il Quarto Dottore e la prima incarnazione di Romana.

 

- Sei sicuro che sia tutto qui? - Le dita nervose a ravviarsi i radi capelli sulla nuca, Drax si avvicinò al cumulo di rottami.
- Pezzettino per pezzettino, recuperati entro un raggio ragionevole. Ho dovuto, ehm, riscuotere dei favori e non mi piace questa segretezza, ma in fondo non abbiamo cattive intenzioni… Comunque. ciò che rimane della TARDIS del Dottore è in questa stanza - gli assicurò Damon, un po’ intimidito dal suo cipiglio. Aveva sottratto già troppe ore ai suoi doveri di tecnico agli Archivi della Rete Panatropica per aiutare Drax in quella folle impresa, e di lì a poco avrebbe dovuto presenziare ad un evento importantissimo, ma non riusciva mai a dirgli di no. Proprio come quando erano stati studenti insieme e non aveva mai trovato il coraggio di chiedergli se potesse unirsi al gruppo così elitario di cui facevano parte lui e Jelpax, che poi era diventato il suo principale.
- Bene - Drax schioccò la lingua, preparandosi ad una ricerca minuziosa. Non voleva avere altro per la testa: soprattutto, non voleva pensare al matrimonio della beneamata Lady Presidente. - Vai, sei stato invitato, no? È un grande giorno.
Damon non era in grado di apprezzare l’ironia, per sua fortuna. - Grandioso, sì! Sei stato invitato anche tu - sorrise.
- Già, ma non sono esattamente dell’umore adatto.


La prima volta che Drax aveva incontrato Lady Romana era stato su Atrios, quando con l’aiuto del Dottore aveva trovato il coraggio di liberarsi dall’influenza dell’Ombra - uno scagnozzo del Guardiano Nero, aveva scoperto in seguito - e a sua volta l’aveva aiutato a distruggere Mentalis. C’era da dire che Mentalis, tecnicamente, era stato il suo capolavoro, ma era anche una macchina malvagia e da allora aveva cercato di evitare le cattive compagnie; sperava sempre di rivederla e di fare bella figura per una volta. La ricordava giovanissima, bruna e bella come un sogno. Era tornato qualche volta su Gallifrey per chiedere di lei nelle bettole dei quartieri malfamati di Arcadia, che erano dai tempi dei Fondatori le più affidabili fonti di pettegolezzi, ma le notizie erano state via via più sconcertanti: attualmente si trova nell’Esospazio, sì, l’hanno eletta Presidente ma poi l’hanno rapita i Dalek, i Servizi Segreti la vogliono deporre, dopo la sua ultima rigenerazione assomiglia a Penelope Gate, sarà un po’ innamorata del Dottore?
Si era rassegnato. Cosa potevano avere da spartire un Rinnegato senza ambizioni e la più alta carica del pianeta? Lui… ecco, lui non era mai cambiato molto, da una rigenerazione all’altra: tendeva a stempiarsi e a mantenere un volto anonimo, che si dimentica in fretta. Non sperava di averle suscitato una viva impressione, all’epoca, e nemmeno adesso, anche se le aveva giurato fedeltà e aveva racimolato un posto fisso all’Accademia e un laboratorio tutto per sé, non riusciva a guardarla se non con deferenza e un sottile ma tenace rimpianto.


- Ma certo, ti capisco. Anch’io sono in pensiero perché il Dottore non si è ancora ripreso.
Drax scosse la testa, mentre l’invidia per l’ingenuità dell’amico si andava trasformando in una lieve irritazione, e gli fece capire che aveva davvero molto da fare.
Rimasto solo, si inginocchiò e si abbassò il visore sugli occhi. Alcuni dei circuiti erano ancora utilizzabili, notò. Trovò il componente che cercava, apparentemente intatto, e rimase a contemplarlo per qualche minuto finché non si riscosse e decise di analizzarlo con le dovute apparecchiature. Mentre si alzava, causò un piccolo cataclisma: fu così che il sensore di calore si attivò e poté accorgersi della scatola ora dissepolta dal mucchio, che a quanto pare conteneva una creatura vivente. Più incuriosito che allarmato, bussò sulla sua superficie, provò a forzarne l’apertura senza risultati concreti. Quando iniziò a scuoterla con forza, però, il suo inquilino manifestò il proprio disappunto:
- Ouch! Ma siamo impazziti? Non sono sopravvissuto a un maledetto Guardiano del Ciufolo per farmi strapazzare così!
- E tu... chi saresti?
- Gradirei prima sapere dove mi trovo, se è possibile.
Non aveva avuto il tempo di tarare i suoi strumenti di precisione, accidenti, e sarebbe bastato sbagliare di un microlivello nel regolare il cacciavite ad impulsi per far esplodere tutto.
Posizionò la scatola sul tavolo di lavoro e vi si sedette davanti, valutando lo spessore e la densità del materiale. - Questo è il mio laboratorio, e siamo nei sotterranei dell’Accademia di Prydon, sul pianeta Gallifrey nella costellazione di Kasterborous...
- E mi hai messo dal lato sbagliato, maledizione! Un momento, hai… hai detto Gallifrey?
Drax la capovolse. - Scusa. - Incrociò le dita, come aveva imparato a fare a Brixton ogni volta che varcava la soglia del cortile della prigione. Lo strumento emise uno stridio minaccioso, ma non fece esplodere nulla e la scatola si aprì senza danni.
- Oh, salve, tu. - Si aspettava qualcosa di molto più strano.
- Ce l’abbiamo fatta. È così. È così?
Drax sfoderò un pallido sorriso. - Già.
- Ma dov’è il Dottore? E la signorina Markham? Stanno bene, vero?
Era buffissimo avere una testa blu parlante dagli occhi sgranati sul tuo tavolo da lavoro, o perlomeno lo sarebbe stato in un altro contesto. Si grattò un sopracciglio, cercando di non farsi prendere dalla commozione.
- Si trovano a Lungbarrow, al momento. Immagino che vorrai raggiungerli.
Si voltò a posare lo sguardo sui frammenti della TARDIS e si morse il labbro inferiore. Improvvisò un altro sorriso, questa volta un poco più convincente. - Vieni, ti porto da loro. Oh, giusto, il mio nome è Draximilianuslinndervaspur, ma puoi chiamarmi Drax.
- Io sono Dorium Maldovar, e puoi chiamarmi signor Maldovar - replicò l’altro, che aveva colto quel velo di malinconia dietro l’apparente serenità del suo liberatore e aveva frenato l’entusiasmo molto in fretta.
- Agli ordini. - Drax fino a quel momento aveva evitato accuratamente quella Casa, ma ora aveva una buona ragione per recarvisi e scoprì di desiderarlo più di quanto lo temesse. - Che Lungbarrow sia!



La Casa natale del Dottore era stata un tempo imponente e misteriosa, un luogo che metteva soggezione e non suggeriva un lungo soggiorno a coloro che vi erano stati tessuti. Questa era la sua funzione: fornire alla società nuovi Signori del Tempo, che non si sarebbero più guardati indietro rimpiangendo un’infanzia che di fatto non avevano mai avuto. Il Dottore, nonostante si fosse mostrato palesemente diverso, deviante e disturbante agli occhi della maggioranza dei suoi familiari, non aveva fatto eccezione in quel senso, tagliando addirittura ogni legame con essi ancor prima di terminare l’Accademia. Ma il Kithriarca Quences, capofamiglia e membro rispettato della comunità, ne era rimasto contrariato e deluso - aveva avuto per lui grandi ambizioni, fomentate in parte dalle profezie nei riguardi di quel ragazzetto ribelle. Gli aveva regalato un avatroide, Badger, programmato per fargli un po’ da precettore, un po’ da maggiordomo peloso. Anche la Cugina Innocet aveva sempre avuto un debole per lui, senza potersi spiegare razionalmente il perché; d’altra parte le sue percezioni erano state sempre al di là della ragione e della scienza, retaggio dell’antico culto di Karn.
Queste attenzioni avevano provocato gelosie e rancori, culminate nell’assassinio di Quences da parte del Cugino Glospin, un gesto vile che aveva portato alla distruzione della famiglia stessa: la vecchia Governante Satthralope aveva convinto se stessa e la Casa che quell’evento non fosse mai accaduto e per quasi settecento anni essa, senza più una guida, era rimasta sprofondata nel fianco della montagna, con tutta la famiglia al suo interno. Il Dottore era rimasto ignaro del destino dei suoi Cugini per molto tempo, finché la TARDIS non aveva deciso di materializzarsi all’interno della Casa e ogni mistero era stato svelato, portando quest’ultima al suicidio per essere stata così a lungo ingannata dalla persona che avrebbe dovuto amarla e custodirla come una sposa…
Innocet aveva raccolto l’eredità e l’anello di legno che la consacrava nuova Governante di una Casa ancora neonata. Mentre la Guerra del Tempo infuriava, lei semplicemente aveva atteso che il Dottore tornasse. Erano rimaste così tante parole non dette.
Ricordava l’ultima incarnazione di lui che aveva incontrato: la zazzera scura pettinata all’indietro, qualche ruga sul viso, le ossa grandi e bassa statura, un sorriso ironico a ribadire la propria identità e la rinuncia a qualsivoglia titolo o appellativo che non fosse Il Dottore.
E tuttavia, lei lo considerava a tutti gli effetti il Kithriarca della nuova Lungbarrow. Aveva continuato a tradurre i libri che lui le aveva regalato e a spiare dalla specchiera della sua stanza un segno del suo ritorno. Aveva luminosi occhi scuri e corti capelli bruni, belle mani e una voce calda appena arrochita dal disuso.

Ora lui era tornato davvero. Aveva liberato il pianeta dal blocco temporale, rischiando ogni cosa che gli era cara, giungendo lui stesso ad un passo da una morte definitiva. E lì restava, in bilico, come quando insieme raccoglievano bacche dagli arbusti che crescevano sul bordo del dirupo e fingevano di scivolare per spaventarsi a vicenda. E l’eremita che viveva nella grotta, laggiù… quante volte lui era fuggito per carpirgli risposte che non trovava né nei circuiti didattici di Badger né, più avanti, all’Accademia?

Lo guardava, nella stanza odorosa di legno nuovo che era spuntata come un grande fiore notturno per accoglierlo, disteso e immobile e pallido, simile all’ologramma dell’altra luna. Già, perché entrambi i satelliti del pianeta erano andati distrutti nel fuoco incrociato dei Dalek. La Sorellanza, nel siglare un nuovo patto con la Lady Presidente, aveva fatto dono a Gallifrey di una delle sue lune rosse - la nuova Pazithi, già la chiamavano - mentre l’altra esisteva solo come proiezione dalla Cittadella, in attesa che un nuovo satellite artificiale venisse costruito in modo che tutto sembrasse come prima. Perché, naturalmente, non bastava che la guerra fosse finita, che il pianeta avesse ripreso il suo posto nell’universo e il suo tempo fosse tornato a scorrere - a qualche incontentabile mancavano i coni d’acqua ad impreziosire l’oceano e impazzivano al pensiero che i pinnacoli nel deserto sarebbero crollati con la diminuzione prolungata dell’attrazione lunare. Innocet, che già aveva trascorso secoli senza uscire dal portone dell’ancora minuscolo giardino della Casa, la notte quasi non si accorgeva della differenza.
   
 
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