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Autore: SakiJune    06/08/2014    0 recensioni
"Gallifrey si era risvegliata con un ruggito di dolore, non con uno sfarfallio di ciglia. La pace futura doveva fondarsi su un ultimo, necessario atto di violenza. Ma il Dottore non ne fu testimone né causa. Non sentì le voci stridule risuonare nelle strade, le voci gravi sillabare con prudenza all’interno di stanze sigillate, né le voci amiche chiamare il suo nome, i suoi tanti nomi, in un tono che non attende risposta ma ne ha bisogno, ne ha sete. Non sentì giungere chi, fuggito o intrappolato all’inizio della Guerra del Tempo, si era rifugiato in differenti linee temporali e ora aveva sentito il richiamo, sempre più forte, giungere da casa. Erano tornati - gli spauriti e i vili, i saggi e gli idealisti..."
Sequel di "A Taste of Honey".
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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E Ada, che aveva sognato Gallifrey per tutta la vita, ora non si curava di guardare dalla finestra. Quel giorno era iniziato come gli altri, piovoso e grigio, e lento come il respiro del Dottore. Il tramestio all’interno dei muri continuava ormai da settimane; sembrava che una legnotalpa stesse scavando lì dentro. La settimana prima era toccata alla camera di Innocet, facendo tremare la specchiera e i ritratti alle pareti, e una nicchia si era creata accanto al ritratto più grande della stanza. Poi i rumori si erano uditi in soggiorno, con un risultato non dissimile. La Governante, benché incuriosita da quei cambiamenti, li considerava parte della normale crescita della Casa. Per Ada erano un tormento - dormiva ben poche ore di suo - ma anche, paradossalmente, l’unica distrazione dall’angoscia incessante che colava nei rari momenti di dormiveglia come piombo in uno stampo, dando forma ai suoi più neri incubi.

 

Era rassicurante poter ridacchiare davanti alla TV, sgranocchiando biscotti al cioccolato durante la milionesima messa in onda dello speciale di Natale e alla scena peggiore ricordare che no, lui non si fa sconfiggere così facilmente, la stagione successiva è già in fase di pre-produzione e fra gli autori compare persino uno scrittore ultrafamoso…

Era meglio? Era meglio di questo?

Con i calzini spaiati in fondo al cassetto e i limoni ammuffiti nel frigorifero, i lavoretti part-time per sentirsi adulta ma la sicurezza che se avesse voluto, con qualche moina, papà l’avrebbe presa a lavorare nel suo studio. L’insicurezza in eterna lotta con la ribellione. Quel brivido di vivere in una città nuova, che dopo tre anni non si era mai spento del tutto.

Lui era un personaggio di fantasia.

E la fantasia non poteva farle del male.

 

Poteva andare in hiatus, venire cancellato dai palinsesti, ma continuava ad esistere… perché non era mai esistito.

Era meglio allora?

Non si sarebbe mai innamorato di lei.

Non avrebbe mai smesso di amarla.

Era più semplice allora?

“Dai, vediamo come se la cava questa volta! Dalek e Cybermen nella stessa puntata!”

Era più semplice, sì.

 

Mentre si trovava alla Cittadella, avrebbe potuto chiedere che dopo il parto le cancellassero la memoria e la rimandassero nella sua dimensione. Un tempo pratiche simili erano la regola, su Gallifrey. Avrebbe potuto tornarsene a Londra nello stesso istante in cui era partita, preoccupata soltanto di aver perduto le chiavi di casa.

Non avrebbe mai saputo di aver dato alla luce un piccolo Signore del Tempo, né di aver amato Clara e il Dottore. Forse le sarebbe salita un poco di malinconia durante una puntata particolarmente commovente, forse avrebbe avuto un capogiro durante il meet&greet di una convention, ma dopo aver atteso due ore in fila tra la folla, un piccolo attacco di panico era la norma, giusto?

Invece aveva scelto di attendere. Di soffrire, anche, ma non avrebbe rinunciato a lui.

Insieme. Soltanto insieme...



- Che modi. Materializzare una TARDIS nel giardino altrui. - commentò Innocet, avvicinandosi alla finestra. Aguzzò la vista e sospirò. - È uno della vecchia banda. Incredibile, non può essere rimasto uguale! Dovrà pure… -  Sorrise, ricordando i propri doveri di ospitalità. - Ma è gentile a venire a trovarci. Vado ad aprirgli.

Ma non ce ne fu bisogno, perché la porta d’ingresso si era dischiusa da sé. Attraversò il soggiorno e l’atrio e si trovò davanti il proprietario della TARDIS che era atterrata tra le aiuole.

- Oh, sei proprio tu allora.

- Signora. - Drax tentò di abbozzare un inchino.

- Di tutti i suoi compagni di Accademia, eri quello su cui non avrei scommesso. - La sincerità della Governante non era lusinghiera, ma nemmeno malevola. - Entra, questa Casa ti dà il benvenuto.

- Non era un complimento, vero?

Innocet apprezzò il suo senso dell’umorismo e lo accompagnò nella sala principale.

Una sedia si scostò dal grande tavolo che s’intravedeva oltre un arco di rami intrecciati, ma Drax non accennò a volersi accomodare, preferendo guardarsi attorno. - Mi piace, qui. È molto più accogliente della vecchia Lungbarrow, ed è sicuramente merito suo.

- Le Case bambine sono sempre accoglienti, è l’impronta dei suoi abitanti nel corso dei secoli ad indurire il loro carattere - rispose Innocet. Era stata l’avidità di Glospin, ricordò. E l’incapacità di Satthralope ad accettare la verità su quel delitto. Nemmeno lei, in principio, aveva creduto al Dottore quando le aveva assicurato di non aver ucciso Quences, ma… poi c’era stato un chiarimento più che esauriente. Un chiarimento che aveva incluso un dolce bacio sulla fronte e mille tenere raccomandazioni. Si era un po’ innamorata del suo cappello bianco.

Non vi erano rancori tra quelle mura, né polvere accumulata nei secoli, non vi erano Sguattere sospettose a seguirti per i corridoi, raccogliendo ogni oggetto e nascondendolo nei propri cassetti. Un giorno, quando la Casa fosse cresciuta ancora, ci sarebbe stato bisogno di un aiuto robotico, però-

- Nemmeno io avrei scommesso su di me. Non… non ero in questa dimensione quando è scoppiata la Guerra del Tempo.

- Interessante. - Lei non aveva creduto nemmeno ad una parola.

Drax sospirò. - Mi sono nascosto, d’accordo. Può farmene una colpa? - Rimanere sulla difensiva era uno dei suoi trucchetti per sfuggire all’ira altrui.

- In realtà, non potrei esserne più felice. - replicò lei. - Sei stato fortunato… e prudente - continuò, accennando ad una porta socchiusa. - Non tutti possono essere eroi, dunque perché diventare martiri invano?

Seguirono attimi di imbarazzato silenzio in cui l’attenzione di Drax si focalizzò sulla nicchia di recente formazione sulla parete opposta all’ingresso.

- Straordinario. -  Misurò velocemente il riquadro, annuendo. - A me non sembra affatto una coincidenza, no no. - Vi si infilò sin quasi alle spalle, e il suo squittio di stupore echeggiò per il muro cavo. - Mi piaci, ragazza! E piacerai anche a lui, sono sicuro!

Innocet lo fissava con le mani sui fianchi. - Stai parlando con me?

- No-nossignora, mi scusi. Questa Casa è così ospitale da prevedere le necessità dei suoi futuri abitanti - Drax riemerse dalla nicchia con un sorriso che distrusse ogni tentativo della Governante di mantenere un contegno.

- Un passavivande non è una necessità impellente - obiettò, ma aveva appena terminato di pronunciare quelle parole che comprese di aver frainteso tutto, anche se non sapeva ancora quanto.

- Infatti non è un passavivande, è una postazione per un microsistema di teletrasporto - replicò lui, come se fosse ovvio.

- Uh. Non vedo la differenza, ma mi fido. Preferirei comunque che venissimo agganciati al macrosistema e al più presto; ci era stato promesso quando… - Abbassò gli occhi. - Quando l’hanno portato qui, quasi tre mesi orsono. Oltretutto eviterebbe futuri viavai di navi ingombranti che si materializzano in giardino.

- Me ne occuperò personalmente. Ma prima deve assolutamente conoscere… uh! Vado e torno.

- Non ho intenzione di andare da nessuna parte - gli ricordò la Governante, muovendo la mano affusolata per mostrare l’anello che siglava il suo matrimonio con la Casa.

Era una battuta davvero azzeccata, ma Drax non rise. In parte perché sarebbe stato irrispettoso - e mai, ai vecchi tempi, avrebbe osato mancare di rispetto a Satthralope - ma soprattutto perché si era già fiondato fuori dalla porta verso la sua TARDIS.

- Per questa volta, hai il permesso di atterrare dentro - gli gridò dietro - Tutto, basta che non mi sconquassi i fiori!

Drax sentì e fece come gli era stato detto. Mezzo minuto dopo il cilindro metallico era piazzato nel soggiorno e lui ne uscì trionfante reggendo una teca di legno, originariamente lussuosa ma un po’ malconcia, e che sembrava piuttosto pesante. La voltò, mostrando ciò che conteneva: una testa maschile, molto azzurra e molto viva, e Innocet non fece in tempo a dire “Porta via quella cosa, per la buon’anima di Quencessetianobayolocaturgrathadadeyyilungbarrowmas” perché nello stesso istante Ada era entrata nella stanza. Sembrava un fantasma, nella veste della Cugina Jobiska, troppo larga sulle spalle e troppo stretta sui fianchi per ovvi motivi, i capelli spettinati davanti al viso segnato dalla mancanza di sonno.

Tre paia d’occhi si mossero verso di lei.

- Signorina Markham!

Ada si rianimò tutta e parve illuminarsi; la gioia e il sollievo fecero spuntare tra le sue ciglia le lacrime che non era ancora riuscita a versare in quelle lunghe settimane. Dimenticò persino gli usuali pronomi di cortesia.

- Dorium… oh Dio, grazie, non ci speravo…sei vivo, sei…

- Tecnicamente non lo sono da tempo, ma sto bene, grazie.

Ada appoggiò la fronte alla sua e sorrise. - Ne sarà tanto felice. Quando… quando si sveglierà, ne sarà tanto felice.

Sentì di essere osservata e si ricompose, alzando lo sguardo sull’uomo che reggeva la scatola. Questi la posò sul tavolo e si rivolse a Innocet.

- Potrei… potrei vederlo?

La Governante sospirò. - Trovavo strano che non me lo avessi ancora chiesto, Drax. Ma capisco che il muro fosse più importante.

Quel nome risvegliò un ricordo e fu allora che Ada lo riconobbe: si era rigenerato dai tempi di The Armageddon Factor, ma non era cambiato di molto. Aveva sempre fantasticato su di lui, sin da quando l’aveva conosciuto nella serie e poi sulle pagine di Divided Loyalties. Solo, non si aspettava di incontrarlo su Gallifrey, né che fosse sopravvissuto alla Guerra del Tempo.

- Cosa…? - Drax non si aspettava quell’abbraccio improvviso. Era imbarazzante, con quel pancione in mezzo, ma non gli dispiacque. - Ehi.

Tu devi essere la donna terrestre di cui si parla alla Cittadella, pensò, sottovoce e ridacchiando e lavorando di fantasia, come da bambini si parlava di Salyavin o della Faccia di Boe. Niente cambia mai. Passano i secoli, guerre scoppiano e finiscono, i pianeti esplodono o finiscono altrove, e la gente ritorna in piazza a spettegolare e creare miti, mostri ed eroi.

- Tu devi essere Ada. - Sentì uno strano calore e un formicolare dietro le orecchie. Non aveva il fascino intenso e irresistibile di cui si vociferava, era piuttosto l’equivalente umano di un gattino sotto la pioggia, ma lo turbava ugualmente.

- Vieni. Vieni. - Lei gli afferrò il braccio, l’urgenza nella voce e nello scintillio delle pupille inquiete, quasi trascinandolo con sé.

Innocet li guardò entrare nella stanza del Dottore e sospirò con forza.

Guardò la TARDIS del loro visitatore, così anonima e fuori luogo.

Ascoltò le frasi al di là della porta.

 

- Se non eri bloccato qui, dov’eri? Dove sei stato per tutto questo tempo? Lui credeva di aver distrutto ogni cosa, di essere rimasto solo, ma tu dov’eri? Perché non è riuscito a sentirti?

- Ero in un’altra dimensione. Mi dispiace.

- D’accordo. Anch’io.

 

Intuì il momento esatto in cui entrambi avevano sorriso.

 

- Ha un aspetto così fragile.

- Non significa nulla. Lui è più forte di un milione di voi messi insieme.

- Io… lo so, io…

- Non esiste nessuno che ami la vita più di lui. Sta lottando. Se lo conosci davvero come credo, sai anche tu che sta lottando con tutte le sue forze.

- Sì, è così, hai ragione. Non intendevo. Naturalmente ce la farà.

 

E sorrise anche lei, si girò verso il tavolo e si accinse a svolgere le proprie incombenze con grande cortesia. - Tu sei qui per restare, credo.

- Se non disturbo, signora.

Lei lo fissò di sottecchi con l’aria di chi sta per sbottare “Ma serio?”. Diede un’occhiata più da vicino al vano nel muro, giungendo alla stessa conclusione di Drax, e comprese che la Casa era davvero una creatura lungimirante, ed era così fortunata ad avere il privilegio di crescerla...

- Niente “signora”, soltanto Innocet. Dorium, giusto? Benvenuto a Lungbarrow.









   
 
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