Film > Captain America
Segui la storia  |       
Autore: Keyla99    06/08/2014    1 recensioni
3 Settembre 2015 — ore 9.27 p.m.
Sono lieta di annunciarti, mio caro Diario/quaderno in cui trascrivo come si evolve la mia già pessima situazione, in questo giorno assai gioioso e festeggiato da tutti, l'anniversario della gloriosa salita al potere dell'Hydra!
Esattamente un anno fa quei grandissimi figli di puttana hanno lanciato nell'atmosfera gli Helicarrier. Nel giro di poche ore hanno trucidato decine di milioni di persone, tutti quelli che avrebbero potuto causar loro problemi. Lo S.H.I.E.L.D. è stato sterminato. Be', non del tutto. Grazie al cielo sono riuscita a salvarne alcuni.
In ogni caso, da quel momento i bastardi sono al potere e io sono in fuga.

Jay è riuscita a non farsi prendere dall'Hydra per un anno intero, ma la sua fortuna sta per finire. Oppure no?
Grazie ad un aiuto inaspettato, forse potrà trovare il Capitano Rogers e gli altri sopravvissuti, e forse riusciranno a fermare il progetto Insight. O moriranno nel tentativo.
«Io sono un soldato, non una spia» disse Buck in tono pacato, come se le avesse letto nel pensiero. «Tu sei un assassino» ringhiò Vitaly.
Genere: Azione, Generale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 4  – When you finally trust me

Trust me
I’ll be there when you need me
You’ll be safe, here
When you finally trust me, finally believe in me
I will let you down

    Let you down —

 

«Bene. E ora?»
Jay osservò l'elicottero riprendere quota e allontanarsi sino a sparire dalla vista. Il dispositivo che Vit aveva avuto l'accortezza di prendere si era rivelato estremamente utile, funzionando come una sorta di pilota automatico per il velivolo. Erano atterrati più volte, per confondere le acque e fornire false piste, ma la ragazza aveva insistito per scendere solo alla terza occasione, quando il carburante si era ormai quasi esaurito.
«Jenn?» La voce di Vitaly le fece distogliere lo sguardo dal cielo che andava via via scurendosi.
«Che c'è?» chiese con voce stanca.
«Cosa vuoi fare adesso?» La ragazza si guardò intorno: si trovavano nella periferia di una cittadina, soli, stremati, assieme ad un uomo che non era davvero un uomo ma un’arma rinchiusa in un corpo umano.

O un uomo intrappolato in un’arma. Dipende dai punti di vista, immagino
«Dobbiamo riposare» decise. «Deve esserci un albergo qui nei dintorni, un motel, un bed&breakfast, qualunque cosa...» Sospirò pesantemente. «Se solo avessi le mie cose...»
Il Soldato alzò il capo e la guardò, come se si fosse appena ricordato di qualcosa d'importante. Frugò per un istante nella tasca del giubbotto, traendone un paio di libretti dalla copertina plastificata. Li porse alla ragazza, che li prese dopo un attimo di esitazione, sotto lo sguardo vigile di Vit.
«Oh» esclamò Jay non appena vide di cosa si trattava. «Grazie»
Documenti falsi, qualche centinaio di dollari in contanti, un passaporto, una scheda telefonica sicura. Quello che il suo marsupio conteneva. La ragazza non gli chiese come fosse riuscito a prenderli, con tutta probabilità lui non le avrebbe risposto. L'importante in quel momento era raggiungere un posto sicuro dove riposarsi, e magari mangiare qualcosa.
Due ore dopo si ritrovarono nella hall di un piccolo albergo, Jay a braccetto con Vit e il Soldato appostato all'esterno, pronto ad intervenire in caso qualcosa fosse andato storto. La scusa ufficiale per spiegare al proprietario – un signore molto gentile, ma facile ad attaccare bottone – i segni sul viso di Vitaly era stato il coinvolgimento in un recente incidente d'auto.
L'uomo si mostrò molto dispiaciuto del fatto, e si premurò di dirlo ad alta voce mentre consegnava loro le chiavi della camera. Jay sorrise e lo ringraziò, poi i due salirono al primo piano ed entrarono nella loro stanza. Il Soldato la stava già ispezionando.
«Non ci sono cimici, qui» lo riprese Vit in tono secco. L'altro gli scoccò un'occhiata irritata.
«Controllo i dintorni» disse, e saltò giù dalla finestra.
La ragazza si sedette sul letto con un sospiro. Sollevò gli occhi e guardò l'amico.
«Dai» fece. «Dillo. Lo so che stai per metterti ad urlare»
Vitaly strizzò l'occhio sano, poi portò la mano aperta alla tempia.
«Sei impazzita?!» esclamò. «Il Soldato d'Inverno, Jenn! Ti sei bevuta il cervello! Quello ci ammazza alla prima occasione!»
Jay si lasciò cadere all'indietro sul materasso e si coprì gli occhi con il dorso della mano.
«Tra tutti gli agenti, tra tutti quelli che potevi sedurre...»
«Non l'ho sedotto, Vit. Lo sai che non ne sono capace» lo interruppe lei.
«...proprio lui?! Ma dico, capisco il tuo essere disperata, capisco la tensione, capisco tutto, ma il Soldato d'Inverno! Jennifer! Che diavolo ti è saltato in mente?! Criptare il suo DNA! È un assassino, Jenn, è l'arma dell'Hydra per eccellenza, è...»
«Basta, Vitaly»
Il ragazzo ammutolì di colpo; serrò le labbra.
Jay si puntellò coi gomiti per tirarsi su e guardarlo in faccia.
«Stiamo bene, no? Ci ha aiutati, ha ucciso...» Si interruppe. Deglutì. «Ha ucciso degli uomini dell'Hydra» riprese, a voce più bassa. «Ha salvato la vita ad entrambi»
Vit la fissò per qualche istante con gli occhi sgranati, poi scosse la testa e si portò una mano alla fronte.
«Ti fidi di lui» mormorò.
«No» lo contraddisse subito lei. «Ma credo che possa guadagnarsela, quella fiducia»
Vitaly gemette, come per un forte e improvviso dolore fisico.
«Dio, Jennifer, non di nuovo!» esclamò. «Tu vuoi sempre salvare tutti, ma quello non è qualcuno che può essere salvato! Non sono nemmeno certo che sia ancora qualcuno
Scosse la testa, le andò vicino e le prese il viso tra le mani.
«Non di nuovo» ripeté guardandola negli occhi. «Jenn, per favore. Non di nuovo, ti prego. Con me ti è andata bene, ma non sarà sempre così»
Jay distolse lo sguardo, mordicchiando il labbro inferiore fino quasi a ferirlo. Aprì bocca per replicare, ma un lieve rumore li distrasse entrambi: il Soldato stava rientrando dalla finestra. La ragazza mise le mani sopra quelle di Vit e le spostò dolcemente.
«Dormi un po'» disse accennando un sorriso.
Lui esitò, gettò uno sguardo all'uomo. Jay lo spinse sul letto e si scostò per fargli spazio.
«Su, ne hai bisogno» affermò prendendogli la mano. Vitaly intrecciò le dita a quelle di lei, poi annuì piano e chiuse gli occhi.
«Notte Jenn» mormorò.
«Notte» La ragazza gli sistemò meglio il cuscino sotto la testa, spense la luce; prese ad accarezzargli i capelli sporchi e intrecciati con la mano libera.
Sentì il Soldato muoversi, da qualche parte nel buio della stanza, e lo stomaco le si contrasse a causa di una paura improvvisa: forse Vit aveva ragione, forse era davvero impazzita. Quell'uomo era stato nei suoi incubi sin da quando era bambina, ne era sempre stata terrorizzata.
L'immagine dei cadaveri sul tetto del Triskelion le passò davanti agli occhi per un istante. Si chiese quante persone erano morte.

Erano agenti dell'Hydra. Non ci avrebbero pensato due volte a sparare a te o a Vit
Cercò di convincersi che era una cosa positiva, che c'erano meno nemici da affrontare, meno uomini che davano loro la caccia. Ma non riuscì a mettere a tacere il senso di colpa.
«Puoi dormire»
Sussultò, colta alla sprovvista, e si voltò nella direzione dalla quale proveniva la voce: sentì con chiarezza il sibilo delle placche metalliche dell'arto bionico che si sfioravano tra loro mentre il Soldato si alzava in piedi e si avvicinava di qualche passo. S'irrigidì.
«Non vi ucciderò nel sonno, o qualunque altra cosa tu stia pensando»
Il respiro di Vit si era fatto più profondo e regolare, segno che il ragazzo si era addormentato. Jay gli lasciò la mano, gli accarezzò un'ultima volta i capelli e ruotò di centottanta gradi, piegando le gambe di fianco.
Il Soldato le era di fronte, ritto in una posa rigida, le braccia lungo i fianchi; la sovrastava del tutto con il suo metro e novanta abbondante. Era tanto vicino che avrebbe potuto serrare le dita attorno al suo collo solo allungando il braccio.
Jay si sentì di nuovo bambina, sentì la paura serrarle lo stomaco.
«Se avessi voluto ucciderci non avresti aspettato fino ad ora» sussurrò. «Non avresti difficoltà a farlo in ogni caso, anche se fossimo vigili e armati. Oppure mi sbaglio?»
Lui scosse leggermente la testa, poi la guardò quasi con curiosità, la fronte aggrottata.
«Non mi chiedi perché?»
La ragazza alzò le spalle.
«Immagino che non mi risponderesti» disse.
«Immagino tu abbia ragione»
Il Soldato prese una sedia accostata alla parete, la sistemò davanti al letto e si sedette. Jay si agitò un poco, cambiò posizione.
«Non voglio farti del male, ma devo sapere una cosa»
«Va... va bene»
«Credi davvero a quello che hai detto al tuo amico?»
Jay sgranò lì occhi, sorpresa, poi si voltò per guardare Vit, il quale era ancora profondamente addormentato.
«Da quanto... da quanto stavi ascoltando?» gli chiese tornando a fronteggiarlo.
«Più o meno da “quello ci ammazza alla prima occasione”»
Se si fosse trattato di una qualunque altra persona, la ragazza avrebbe giurato che s'era amareggiato nel pronunciare quelle parole. Ma si trattava del Soldato d'Inverno, e non di una qualunque altra persona.
«Sì, sono convinta di quello che gli ho detto»
L'uomo inarcò le sopracciglia, all'apparenza perplesso.
«Ora sono io a doverti chiedere “perché”»
Lei distolse lo sguardo, fissando un angolo buio della stanza senza vederlo davvero.
«Uhm... posso avvalermi della facoltà di non rispondere?»
«Temo di no» Non c'era nulla di minaccioso nel suo tono, ma Jay colse comunque la sua trepidazione: il Soldato voleva sapere.
«Potrei mentirti» provò, non troppo convinta.
«Me ne accorgerei» replicò lui.
«Va bene, allora... La verità è che Vit ha ragione»
Lui non parve gradire la risposta: aggrottò la fronte, le sue labbra presero una piega decisamente poco amichevole.
«Nel dire che sono un pazzo assassino che ti ammazzerà non appena vorrà, il che significa che potrei farlo anche ora?» Si sporse sul bordo della sedia, gli occhi scuri che scintillavano minacciosi.
«Potrei uccidere prima te, poi spezzare il collo al tuo amico prima che si svegli» sussurrò guardandola negli occhi.
Jay sussultò e si spostò un po' più indietro, fino a sfiorare il corpo inerme di Vitaly.
«Nel dire che voglio salvare tutti» balbettò con un filo di voce, pallida. «Ha ragione in questo, ma solo in questo»
«Ci sono persone che non possono essere salvate»
«Tutti possono essere salvati. Ma forse hai ragione anche tu. Non posso salvare chi non vuole essere salvato»
Il Soldato rimase in silenzio per interi minuti, lo sguardo perso nel vuoto. Alla fine alzò gli occhi e li puntò sul suo viso.
«Quando mi hai parlato, la prima volta, sull'elicottero...» mormorò. «C'era una parte di me che gridava di metterti a tacere, di spararti di nuovo così saresti stata zitta per qualche altra ora. Ma un'altra parte di me mi sussurrava di darti ascolto, ed era insopportabile»
Portò le mani alle tempie, come se fosse in preda ad un violento mal di testa.
«Perché...» gemette. «Perché mi sei così familiare? Non posso fare a meno di fidarmi di te...»
Jay provò una specie di fitta al cuore.
«Dimmi perché mi sembra di conoscerti»
Vide quegli occhi brillare tra le dita che nascondevano il resto del volto del Soldato, li sentì fissi nei suoi. C'era qualcosa di disperato in quelle parole, una supplica soffocata dalla ferrea disciplina che gli era stata impartita in anni e anni di addestramento.
«Mi dispiace» sussurrò Jay. «Ma non posso dirtelo»
Il Soldato scattò in piedi, infuriato, quasi rovesciando la sedia. Le si avvicinò, bloccandole la fuga. La mano bionica si serrò attorno al suo braccio destro.
«Per favore. Non posso dirtelo, non ancora...» pigolò la ragazza, gli occhi sgranati.
Lui si fermò all'istante. Aggrottò le sopracciglia, parve confuso.
«Eri una bambina» mormorò, lo sguardo perso in un ricordo lontano. «Avevi paura. Non... non riesco a ricordare...»
La lasciò andare e indietreggiò di qualche passo, barcollando. Serrò le palpebre, come per trattenere quelle immagini.
«Avevi paura... di me...» Digrignò i denti.
Jay lo fissò per un attimo, sconcertata, poi saltò su, gli si accostò e gli sfiorò gentilmente il dorso della mano.
«Lasciali andare» sussurrò. «Torneranno. Lascia che vadano, per ora»
Il Soldato la scacciò ma lei non desistette. Attese che i ricordi passassero, e quando lui riaprì gli occhi gli sorrise appena, con dolcezza.
«Tutto bene?» chiese.
L'uomo la fissò per qualche secondo, il fiato corto e l'espressione sorpresa, ma alla fine si riprese e si raddrizzò. Il suo volto tornò inespressivo.
«Vai a dormire» disse, senza nessuna particolare intonazione.
Jay socchiuse le labbra, esitò; scosse la testa e tornò a sedersi sul letto.
«Svegliami tra un po', così potrai riposarti anche tu»
«Era una battuta? Io non riposo»
«Sei solo un essere umano. Non montarti la testa»
La ragazza sbadigliò e si accoccolò schiena contro schiena con Vit.
«Ah» Parve ricordarsi improvvisamente di qualcosa. «Come devo chiamarti?»
Qualche metro più in là, appoggiato alla parete, il Soldato inarcò le sopracciglia.
«Insomma, mi rifiuto di chiamarti “Soldato d'Inverno”, e penso che anche tu sarai stufo di questo nome. È quello che ti ha dato l'Hydra, no? Quindi... come vuoi essere chiamato? James? Jamie? Buchanan? Bucky? Barnes? “Ehi tu”?»
L'uomo sembrava sempre più perplesso. Con tutta probabilità si stava chiedendo come faceva a conoscere quelle informazioni, quando lui stesso ne era all'oscuro. In ogni caso, non fece domande.
Ci stette a pensare per diverso tempo.
«Bucky» disse infine.
«Bucky» ripeté la ragazza. «Buck. Come il protagonista di quel romanzo. Mi piace»
Gli sorrise apertamente, e lui sgranò un poco gli occhi.
«Buona notte, Bucky»
«...Ti chiami Jennifer, giusto?»
«Chiamami Jay. Jennifer è troppo lungo»
«Come vuoi»
Lo sentì muoversi, ma non sollevò le palpebre. Neppure quando percepì la sua presenza sin troppo vicino a lei, nonostante tutti i suoi muscoli bruciassero per il desiderio di scattare e fuggire via il più rapidamente possibile.
«Cercherò di guadagnarmi quella fiducia, Jay» mormorò il Soldato d'Inverno – Bucky.
La ragazza non gli rispose, ma entrambi sapevano che aveva sentito.


Il mattino seguente, Jay fu svegliata da un tocco leggero.

Aprì piano gli occhi, ancora intontita dal sonno, e scorse il Soldato – Bucky. Doveva iniziare a chiamarlo così – chino su di lei, la mano destra che le sfiorava la spalla. La luce del sole filtrava dalle tende scure che coprivano le finestre.
«Che ore sono?» biascicò con voce impastata.
«Quasi le nove»
«Tu non hai dormito per niente, vero?» La ragazza si mise a sedere e si stropicciò gli occhi con i pugni chiusi. Lui scrollò le spalle.
«Sei un testardo»
Bucky non ebbe reazioni a quel commento.
«Ascolta» disse invece. «Sveglia il tuo amico. Occupati dei tagli che ha sul viso, in bagno dovrebbe esserci il pronto soccorso. Mangiate qualcosa, fatti una doccia, quello che vuoi. Ma nel giro di un'ora al massimo dobbiamo andarcene da qui»
Jay divenne subito più attenta.
«Ci hanno trovati? Di già?» chiese allarmata.
«No, ma non si può mai sapere» rispose Bucky. Si accostò alla finestra, controllando che non ci fosse nessuno nei paraggi.
«E tu? Che farai?» «Mi procurerò un... passaggio. E qualche altra cosa che potrebbe esserci utile. Vedi quell'incrocio laggiù, dopo quella strada?» Indicò il punto con l'indice della mano destra.
Lei si alzò e gli andò vicino, non senza un istante d'esitazione.
«Lo vedo, ci sono» affermò.
«Vi aspetterò lì. Non più di un'ora, ricordatelo»
La guardò per un attimo, come se stesse valutando se aggiungere qualcos'altro, ma alla fine scosse la testa, scavalcò il davanzale e si lasciò cadere di sotto.
Jay rimase a guardarlo mentre voltava il capo a destra e a sinistra, attento ad ogni minimo particolare che potesse risultare ostile, e poi correva oltre l'angolo della strada sparendo dalla sua visuale. Quando non riuscì più a vederlo, tornò dentro e si accostò al letto.
«Ehi, Vit» chiamò scuotendo leggermente l'amico. «Vit, su, svegliati. Dobbiamo andare»
Lui si tirò su di scatto, esclamando un “che succede?” in tono allarmato. Si calmò all'istante non appena la vide.
Jay gli riassunse rapidamente le istruzioni che Bucky le aveva dato, e Vit inarcò le sopracciglia.
«Vuoi dargli retta?» domandò sorpreso. La ragazza si morse il labbro, indecisa se parlare o meno.
«Ieri...» disse alla fine. «Dopo che ti sei addormentato, io e lui abbiamo parlato per qualche minuto»
«Ti ha minacciata?!» chiese subito Vit, arrabbiato.
«No, no!» si affrettò a negare lei, mettendo le mani avanti. «Anzi. Credo... credo che abbia ricordato qualcosa» Prese un bel respiro, abbassando lo sguardo.
«Credo si sia ricordato me»
Il ragazzo s'irrigidì all'improvviso.
«Il laboratorio?»
«No. Quando ero piccola»
«Jenn, se qualcos'altro gli tornasse in mente...»
«Andrà tutto bene, Vit» gli assicurò la ragazza.
«Non puoi esserne certa» replicò lui. «Jennifer, tu non gli hai mai fatto davvero del male, ma io...» Portò una mano a coprirsi gli occhi, il volto contratto in una smorfia di rimpianto.
«Io ero quello che attivava l'elettroshock, ero... ero il carnefice, Jenn. E fino a che tu non sei venuta a parlarmi sono stato convinto che era giusto farlo, che non c'era nulla di sbagliato nel privare un uomo di tutto quello che lo rende tale. Se lo sapesse... mi ammazzerebbe, Jenn, mi ammazzerebbe senza pensarci due volte»
Jay gli posò una mano sulla spalla.
«Andrà tutto bene» ripeté.
Gli fece alzare il viso, sorrise e lasciò un bacio leggero sulla guancia del ragazzo.
«Su, che ne dici di dare un'occhiata a quelle ferite?»


Allora. Sono tornata, sì. 
Questo capitolo è un po' (molto) più lento rispetto ai precedenti, pieno di dialoghi e forse persino noioso, ma necessario ai fini della comprensione della trama. I prossimi andranno meglio, spero. 
Ovviamente, il romanzo al quale Jay si riferisce è "
Il Richiamo della Foresta" di Jack London.
Keyla

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Captain America / Vai alla pagina dell'autore: Keyla99