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Autore: Delirious Rose    09/08/2014    1 recensioni
Tredicesimo anno del regno di Denev XVII: Suuritnom Calliram, quarto in linea di succesione al trono di Vernolia dei Mille Fiumi, conquistò e annetté il vicino regno di Agrirani, attirato dalle sue ricchezze e dalle vie commerciali che l'attraversavano. Tuttavia, non aveva ancora fatto i conti con quel popolo forse barbaro, ma fiero e fatto di indomiti guerrieri: vent'anni più tardi nominò come viceré il suo braccio destro, il comandante Hraustrion Relda, con il compito di annientare definitivamente quei ribelli che sfidavano il suo potere.
Questa è la versione semiestesa in cui accorperò le varie one-shot scritte finora
Genere: Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il vento accarezzava l’erba, creando l’illusione di trovarsi in un mare verde tenero: non era alta come la prima volta che Heran era stato a Piattapunta, ma la sensazione di pace che gli dava quel luogo era la stessa. Mornaü sollevò il capo verso il cielo azzurro, in cui nuvole soffici e candide come agnelli si rincorrevano, poi si accovacciò nei pressi della grande roccia che dava il nome a quel luogo e chiuse gli occhi.

“Proprio come quella volta.” Si disse Heran aiutando sua sorella a smontare dal drago. E, immancabilmente, i suoi pensieri andarono a Perinni e al suo canto, a ciò che si erano detti e che avevano fatto in quel rifugio a due ore di cammino da lì, a come aveva scoperto che era in parte Noïde e a come aveva cercato di soffocare quel misto di repulsione e passione che provava per lei.

A quello che gli aveva detto Cypris e a come non aveva ancora trovato una risposta a quella domanda .

Adesso che mi conosci, ripeterai le parole che mi dicesti quella notte?

Strinse le labbra, deciso a non lasciarsi distrarre da certi pensieri. Il parlé doveva andare bene e quella guerra doveva terminare a ogni costo. Il suo sguardo si pose su Harilika, che cercava di nascondere la sua agitazione canticchiando a mezza voce, e si chiese se quello era un sacrificio disposto a fare davvero. Poi spostò gli occhi su Jonald, che aveva accettato di fargli da portabandiera, e sul vessillo che il fratello portava sulle spalle come se fosse un semplice bastone: il vento faceva sbattere contro le sue gambe la stoffa verde mirto su cui ricamato lo sparviero della casa regnante di Vernolia, ed Heran si trovò a pensare con una punta di rammarico che forse si sarebbe sentito più a suo agio con alle spalle le insegne della famiglia di sua madre, la fenice dei Lamnes.

Fu distolto dai suoi pensieri da Hraustrion, che attirò la sua attenzione in un punto oltre la curva del prato: il Principe avanzava verso di loro, circondato da Ubarna il Tagliaboschi e un terzo uomo che Heran non conosceva, un sacerdote o un saggio a giudicare dalle sue vesti. Misero circa quattro leigh fra loro, sufficientemente vicino per trattare ma abbastanza lontano da essere al sicuro da un possibile attacco.

«Ti avevamo concesso due testimoni, non tre, nidtou!» Ubarna lo apostrofò con la sua grossa voce, e poi rise. «Ma è anche vero che le vostre donne sono innocue come gattini cui siano stati estirpati gli artigli.»

«Ed io sono qui per parlare col Principe, non con un tagliaboschi.»

L’uomo fece per lanciarsi contro di lui, ma il suo signore pose una mano guantata sul suo braccio mentre il terzo uomo rispondeva: «Noi siamo qui per prestare bocca e orecchi al nostro Fratello Maggiore, starà a lui decidere se e quando parlare di persona.»

«Non mi piace questo,» mormorò Hraustrion in un orecchio di suo figlio, l’occhio morto fisso su di loro.
Heran strinse le labbra, senza spostare lo sguardo dal Principe. Vedendolo così da vicino, trovava la sua corporatura più esile di quanto pensasse, ma doveva essere abbastanza forte da combattere e sopportare il peso di un’armatura simile, inoltre l'elmo era forgiato in maniera tale che fosse impossibile vedere il suo volto anche con la visiera alzata. Prese un respiro profondo e si schiarì la voce.

«Mi è stato riferito che non desiderate altro spargimento di sangue, e anche se la nostra presenza è richiesta con una certa urgenza a Vernolia, non possiamo andare via come se nulla fosse.» Si sentiva strano a riferirsi a se stesso con il plurale maiestatis, ma nei giorni precedenti aveva ripetuto più volte quel discorso affinché non suonasse falso o incerto. Heran vedeva quel parlé come una prova, una dimostrazione a se stesso e agli altri che lui avrebbe fatto del suo meglio in quel ruolo che sentiva come la corazza forgiata per un altro uomo. «Troviamo nobile da parte vostra…»

«Vai al sodo, nidtou, o rischiamo di fare notte,» lo canzonò Ualan con un sorriso pieno di denti sghembi.

Heran deglutì, lanciando una rapida occhiata al padre in cerca di un consiglio, tuttavia il volto di Hraustrion Relda era reso impassibile dalla cicatrice che lo attraversava e dall’occhio morto.

«Ho una proposta da farvi, Principe. Anzi, due,» aggiunse, mordendosi la lingua non appena quelle due ultime parole erano fuoriuscite dalla sua bocca. «La prima: determiniamo l’esito della guerra che ci divide con un duello. Voi ed io oppure un campione, come preferite, ma per l’arma, il tempo e il luogo dovremmo accordarci.»

«E la seconda?» A parlare questa volta, era stato il sacerdote.

«La seconda…» Heran si sentì la bocca improvvisamente secca e si volse con una punta di disperazione verso Harilika, che gli sorrise dolcemente e annuì appena, avvicinandosi e stringendogli una mano: era lì perché lo aveva voluto lei stessa, vedendo del buon senso in quel matrimonio.

«Non dev’essere una persona cattiva, se piace perfino a Mornaü,» sussurrò Harilika, indicando con un piccolo cenno del capo il drago che emetteva dei gorgoglii di piacere, allungando il collo verso l’uomo in armatura.

«Lei… lei è Harilika, mia sorella,» disse Heran con voce tremante, perché non era sicuro di voler fare quel sacrificio. «Vi offro la sua mano per sancire un’alleanza fra noi. Conosco gli usi del vostro popolo e so che non la prendereste come moglie prima del suo diciassettesimo inverno: quattro anni dovrebbero esservi sufficienti per imparare a volerle bene.

«Lascio a voi la scelta, e se avete una terza proposta da fare, parlate.»

Heran si era preparato a tutto, tranne che a quella risata. Il Principe si appoggiò sulle ginocchia, scuotendo la testa e borbottando qualcosa nella sua lingua natia, e quando la crisi di risa finì, gli parlò per la prima volta con una voce deformata dalla foggia dell’elmo e di un’ottava più acuta di quello che il cavaliere aveva immaginato.

«Se tu conosci gli usi del mio paese, allora io ignoro quelli del tuo: a Vernolia una donna può sposarne un’altra?» Così dicendo, si sfilò l’elmo: i capelli bruni ricaddero sulle sue spalle e per una volta gli occhi a mandorla mostravano tutta l’ilarità che provavano. «No, suppongo di no.»

Heran sgranò gli occhi, fissando basito Perinni come se la vedesse per la prima volta, sentendo qualcosa stringergli le viscere. La giovane donna soffiò via una ciocca che le era caduta davanti agli occhi, e con quel gesto il suo viso riassunse l’espressione indecifrabile che la caratterizzava. «Questo non ci lascia altra scelta che il duello, nidtou: una fortuna che il tuo debito sia stato saldato, altrimenti ti saresti trovato in una situazione alquanto imbarazzante. Ti bastano due giorni per scegliere il tuo campione?»

Con uno scatto, Heran coprì la distanza che li separava e, afferratole il polso, tirò Perinni a sé, le labbra contro l’orecchio. Una domanda, una risposta, e lei si scostò facendo scivolare la propria mano dalla sua.

«Questo cambia tutto, nidtou, e non è una decisione che posso prendere liberamente.»

C’era una vena di amarezza mista a speranza nella sua voce.

Le due parti si congedarono con la promessa di far avere una risposta entro due giorni. Heran li osservò dirigersi verso il passo, mentre il sacerdote arrancava dietro di lei parlandole e Ualan che si voltava indietro per guardarlo di tralice: poteva immaginare che cosa le stessero chiedendo, così come poteva immaginare il rossore quasi impercepibile che, ne era certo, imporporava ancora le gote di Perinni.

   
 
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