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Autore: Bloomsbury    09/08/2014    7 recensioni
[Storia in revisione] Capitoli revisionati: 14/35.
Jay era un ragazzo come tanti, con qualcosa in più o in meno degli altri, un ragazzo normale, un ragazzo omosessuale: particolare insignificante per ogni persona di buon senso.
Si vergognava di tante cose, tranne che di questo.
Jay bramava la luce, la libertà.
Fece la scelta sbagliata nel contesto meno appropriato e quel particolare insignificante diventò la spada che lo uccise, la macchia scura che lo inghiottì.
«Mio figlio è morto il giorno stesso in cui ha tradito la natura che gli ho donato con orgoglio.»
«La natura che mi hai donato è quella che ti ho confessato…»
«È una natura che mi fa ribrezzo!»
Così comincia la storia di Jay Hahn, fatta di dolori, di abbandoni, di amore, di amicizia, di segreti, di bugie, di tempesta.
E le tempeste intrappolano nel proprio occhio ogni cosa, risputandoti fuori lacerato, diverso, un mostro.
Jay uscirà ed entrerà da quelle raffiche di vento, diventerà lui stesso la tempesta e annienterà ogni cosa al suo passaggio.
Compreso se stesso.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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"There is a house in New Orleans 
They call the Rising Sun 
And it's been the ruin of many a poor boy 
And God, I know I'm one."

House of the rising Sun- The Animals 


 






34. House of the rising Sun
 
La mattina dopo, Beatrix non lo ritrovò a letto e si alzò lentamente, impaurita da ciò che sarebbe successo. Aveva paura che si ripetesse la storia del giorno prima e nel panico non notò subito il biglietto sul comodino. Lo guardò per un po’ dopo essersi accorta della sua presenza e lo agguantò d’improvviso come se volesse cogliersi di sorpresa lei stessa. Lo strinse prima di leggerlo: “Tornerò presto. Voglio ringraziarti per essermi stata vicino, per aver pianto per me e con me, per avermi dato la forza e il coraggio di andare avanti, accettare la morte di Izaya, anche se la strada è ancora lunga, e chiudere con Brad. Andrò a parlare con lui e lotterò per riprendermi la mia vita, la mia dignità. Grazie e a presto, aspettami lì. P.S. La colazione è in cucina, il mio numero di cellulare è segnato sul post-it attaccato al frigo. Jay.”.
Urlò di gioia senza riuscire a contenersi e dirigendosi di corsa in cucina gettò un fugace sguardo al salotto; ciò che vide la commosse, infatti si fermò per ammirarla ancora un po’: la foto era sul tavolino tondo accanto al divano, erano belli e sorridenti, due innamorati, e Beatrix soffiò un bacio in loro direzione ringraziando Izaya per averla messa sulla strada di Jay. Sicuramente era stato lui.

***
 
Se gli avessero chiesto di immaginare chi avrebbe potuto incontrare per caso, strada facendo, avrebbe pensato a chiunque, tranne che a suo fratello Joseph.
Sceso alla fermata Notting Hill Gate per andare a casa di Brad, lo vide conversare rumorosamente con un suo amico.
Ormai era un ragazzo adulto e rimase sorpreso dalla somiglianza: avevano gli stessi lineamenti; Joseph, ormai, aveva vent’anni e sicuramente era uno studente vincente, era certo che suo padre gli avesse dato tutti gli strumenti per esserlo.
Scelse di non avvicinarsi e di tirar dritto, ma dovette fermarsi a causa di un nodo in gola che l’aveva reso inerme.
«Jay, sei tu?». Si sentì chiamare alle spalle e con enorme imbarazzo si voltò.
Gli occhi di Joseph, grandi e limpidi, lo fissavano con stupore misto a malinconia: «Non posso crederci, sei tu davvero» sussurrò incredulo.
«Joseph, mi fa piacere vederti» rispose fingendo calma. Non era più capace di simulare serenità: si vergognava, soprattutto per la differenza di esperienze che avevano vissuto. Jay stava andando a chiudere un rapporto illecito a pagamento con il viso ancora provato dagli schiaffi, Joseph sembrava un principino vestito con cura e con la pelle incorrotta, pura, priva di ogni imperfezione. Nonostante si passassero pochi anni, il maggiore dei due sembrava un vecchio consumato.
«Cosa ti è successo? Sembra che tu abbia preso un treno in faccia!» esclamò tra il serio e lo scherzoso.
«Una scazzottata, le ho prese alla grande.»
«Si vede.». Non si avvicinarono né si abbracciarono, ma una forza invisibile li teneva legati occhi negli occhi.
«Stai bene, Joe?»
«Sì. Ho dormito a casa di un amico qui, a Notting Hill, stavo per andare a casa per poi correre all’università.»
«Vai all’University College?»
«Sì. Dove saresti dovuto andare anche tu…» concluse senza alcuna espressione di trionfo. Fino a qualche tempo fa avrebbe provato soddisfazione nel sentirsi migliore di Jay, il figlio prediletto, adesso era dispiaciuto del fatto che il padre avesse privato suo fratello del futuro che meritava.
«Sono sinceramente contento» manifestò un’autentica soddisfazione: era fiero di lui.
«Sai, Jay? Abbiamo parlato molto con mamma e non si dà pace per quello che è successo. Ci siamo chiesti dove tu potessi essere e, sono sicuro che sarebbe d’accordo con me, ci farebbe piacere frequentarti di nuovo, come una volta.».
Aveva quasi rimosso sua madre, la prima donna al mondo che avesse amato, quella per la quale avrebbe fatto di tutto pur di renderla fiera e felice.
La mamma che l’aveva cresciuto con amore, che gli aveva dato quel nome come buon auspicio, insegnandogli ad amare e a rispettare se stesso; che l’aveva ripudiato affianco a suo padre. Non sentì più rabbia, si sforzò a cercarla nel centro del suo cuore ma non c’era, così alzò gli occhi verso Joseph, sorridendo con tenerezza: «Farebbe piacere anche a me.»
«Ottimo! Non vedo l’ora di dirlo alla mamma» gioì senza fare troppo rumore, come loro padre aveva insegnato ad entrambi. «Vuoi che te la saluti?»
«Sì. Dille che verrò presto a trovarla. Adesso vai, perderai un altro viaggio e il tuo amico si incazzerà» lo incitò, per poi salutarlo con un sorriso. Lo seguì con gli occhi con affetto finché non sparì completamente, portato via dalla metro. Si sentì purificato e più forte; c’era ancora qualcuno della sua vecchia famiglia ad amarlo. Salì le scale con più convinzione di prima: era diventato ancora più importante rompere con Brad e riprendersi la sua vita. Se voleva rinascere, avrebbe dovuto rimuovere da ogni recesso della sua anima anche il più piccolo frammento di rabbia. Voleva perdonare se stesso, sua madre e avrebbe voluto correre da Lizzie e abbracciarla forte, bere una birra con Robert e riempire di baci la piccola Nina che non avrebbe mai più abbandonato.
Camminò sempre più velocemente e con risolutezza, avrebbe spazzato via Brad dalla sua vita facendo pace con il mondo e avrebbe fatto conoscere Beatrix a Lizzie: le due donne che l’avevano aiutato e amato; ognuna a modo proprio. La prima era come una specie di anima gemella, la seconda una mamma piena di amore e di attenzioni. Le avrebbe tenute strette nel cuore per sempre.

***
 
Bussò alla porta più e più volte finché, finalmente, Brad comparì: aveva gli occhi segnati dalla stanchezza, come se non avesse dormito per tutta la notte.
Appena vide Jay, lo afferrò da un braccio traendolo a sé dopo aver chiuso la porta. Provò ad abbracciarlo per farsi perdonare e per fargli sentire tutto il suo pentimento e dispiacere, ma il ragazzo non glielo permise.
L’uomo desistette senza opporsi e con le lacrime agli occhi chiese perdono: «Mi dispiace. Quello che ti ho fatto è ingiustificabile, adesso sei arrabbiato e ti capisco. Non riesco a guardarti le ferite che hai sulla faccia sapendo di avertele provocate io. È che ho bisogno di te, e quando ti sento distante divento pazzo, non posso accettare di perderti.»
«Brad, frena il monologo, ho l’impressione di sapere già cosa vuoi dirmi e posso assicurarti che non serve più spiegarsi.» Si fermò, scrutando gli occhi stravolti di Brad. «Posso sedermi? Parliamo con calma?»
«Ma certo!» Gli fece strada verso il divano che l’aveva visto ingoiare notti e notti di amarezze, di dolore e rabbia sotto il peso del corpo del suo aguzzino.
Strinse gli occhi per dimenticare, non voleva rivolgersi a lui con ironia né con freddezza, e ancor meno voleva fomentare una rabbia inutile che non gli avrebbe permesso di essere lucido e sufficientemente categorico da chiudere definitivamente.
Si accomodò, infine, abbastanza vicino a lui. Sospirò pesantemente, levandosi l’ennesimo peso dal cuore; quella ritrovata leggerezza d’animo lo aiutò ad essere diretto ma dolce: «Deve finire tra me e te. Definitivamente.»
«Ma perché?» chiese rassegnato e con la voce implorante. «È perché ti ho picchiato, vero? Non succederà mai più, dammi un’altra possibilità.»
«Non si tratta di darti altre possibilità. Magari tra qualche tempo potremmo rivederci come due amici, ma non voglio più, in nessun modo, stare con te. Voglio la mia libertà.» Lo fissò con un’espressione risoluta e gelida. Non aveva mai provato niente per Brad, a parte la rabbia e una volta esaurita quella era rimasto il vuoto. Gli faceva tenerezza a momenti, ma non sarebbe mai stato in grado di salvarlo, non ne aveva le forze. Jay e Brad erano stati come due pezzi di una stessa nave divisa e squarciata da uno scoglio in alto mare: entrambi avevano bisogno di aiuto, di essere salvati, e continuando a stare attaccati non avevano fatto altro che colare a picco insieme, legati e disperati.
«Non posso accettarlo. Tu mi avevi promesso che ce l’avresti messa tutta» urlò l’uomo, stringendo i denti e i pugni per la frustrazione.
«Ti ho promesso che ci avrei provato. Mi dispiace: non ci sono riuscito.»
«È così difficile stare con me?» chiese come un bambino smarrito.
«Non sei una persona semplice, come non lo sono io; sono sicuro che puoi migliorare ma devi fare come sto facendo io: devi cancellare ogni cosa malsana dalla tua vita e concentrarti su te stesso.»
«Quindi, per te, sono una cosa malsana da cancellare!» ripeté guardandolo con astio.
«Non sei tu ad essere malsano, è la vita che conduci ad esserlo. Voglio che sparisci dalla mia vita, sono certo che potremmo trarre vantaggio entrambi da questa situazione. Continuare così non serve a me come non serve a te.». Jay era calmo e paziente, stavolta per davvero. Altre volte aveva provato ad intavolare discorsi del genere, ma per la prima volta riusciva a porglielo in modo totalmente equilibrato, pacato, tranquillo e davvero sicuro.
«E se io non volessi?» chiese accavallando le gambe, dandosi un tono da uomo d’affari come se stesse negoziando.
«Potrai morirmi dietro per il resto della tua vita senza avere mai più l’occasione di avere nessun tipo di rapporto con me. Che preferisci?».
«Il tuo è un ricatto e non posso accettarlo.»
«Ma ti rendi conto di quello che dici?» urlò spazientito dalla totale incapacità di Brad di ragionare. «Lo capisci che non ti sto chiedendo il permesso di lasciarmi andare? Non sono tuo. Ti sto dando solo la possibilità di chiudere in modo pacifico e senza scenate.»
«Non accetto le tue condizioni. Sparire dalla tua vita mi è totalmente impossibile dato che ti amo, brutto stronzo!» lo offese, alla fine, risentito e certo della sua posizione.
Jay rimase in silenzio, vagando con gli occhi in cerca di una soluzione, ma non appena capì che un uomo capace di comprarlo, ostinandosi a tenerlo legato a sé a quelle condizioni, non potesse essere in grado di ragionare, optò per le maniere forti: «D’accordo. È il tuo punto di vista e lo rispetto, io ho il mio e dal mio canto non posso fare altro che dirti addio senza pretendere che tu capisca.».
Si alzò per poi dirigersi verso l’uscita ma l’uomo non glielo permise.
In pochi secondi gli fu addosso, come l’ultima volta, e sbattendolo a terra con violenza gli urlò contro con il viso contratto dalla delusione: «Nessuno ti ha detto che potevi andare via, io non ho finito.»
«Io sì!» ringhiò senza riuscire, però, a sostenere lo sguardo perché Brad lo aveva schiaffeggiato in viso con una brutalità tale da fargli colpire la testa al pavimento.
Dopo i primi momenti di confusione per il trauma fu tutto più chiaro: l’uomo era in mezzo alle sue gambe e gli sbottonava i jeans. Fu così veloce da riuscire a non farsi percepire subito.
Jay non avrebbe ceduto, non gli avrebbe permesso ancora di abusare di lui, non era più il ragazzo distrutto dalla sua stessa incapacità di reagire, così iniziò a scalciare violentemente, cercando di afferrare qualcosa di utile da usare contro di lui per intimarlo a fermarsi.
Ma Brad era forte e le ferite che gli aveva inflitto il giorno prima furono decisive, quei dolori non gli permisero di ribellarsi con tutte le sue forze.
Lo afferrò dalle gambe trascinandolo verso di sé e dopo averlo schiaffeggiato ancora per farlo tacere, riuscì ad abbassargli i jeans fino alle ginocchia e lo agguantò dai capelli per sbattergli il viso in terra in modo da immobilizzarlo a suo favore, con la schiena rivolta a lui. Lo costrinse al pavimento mentre il ragazzo lottava per non farsi usare ancora. Ebbe paura, una dirompente e terrificante paura. Finalmente si era risvegliato dallo stato catatonico nel quale era caduto da mesi, adesso poteva sentire davvero cosa stava succedendo; un tempo avrebbe chiuso gli occhi e si sarebbe abbandonato come un corpo morto, sperando che Brad godesse al più presto; stavolta era vivo e capace di percepire ogni cosa, compresa la voglia di salvarsi.
Con un colpo di reni cerò di divincolarsi dalla presa.
Ce la fece.
Strisciò fino al divano nella speranza di riuscire a trovare un appiglio su cui fare leva per alzarsi.
Non ce la fece.
Brad gli era ancora addosso e stavolta lo picchiò in pieno viso con la cinta dei pantaloni e così impetuosamente da fargli sputare sangue fino a soffocarsi.
Un altro colpo sulla testa con la fibbia e il sangue cominciò a fluire copioso sul viso di Jay, sporcando il pavimento.
Non avrebbe mollato per nulla al mondo sebbene fosse piegato dalle percosse, si sarebbe messo al sicuro, bastava allungare ancora un po’ la mano per afferrare qualcosa che potesse aiutarlo a difendersi.
Mani torbide e infette lo toccarono provocandogli un forte senso di nausea; voleva scappare dal vortice oscuro nel quale si era cacciato con le sue stesse mani, lottò contrò di lui affogando lamenti continui sulla superfice liscia del pavimento. Non avrebbe pregato Dio né implorato il suo vessatore per assicurarsi la salvezza, non c’era tempo e non c’era più fiducia.
Prima che potesse accorgersene, Brad penetrò in lui con una ferocia tale da strappargli un grido di dolore. A fatica riuscì a possederlo, lacerandolo. «Tu sei mio, Jay. Non ti lascio andare, non prima di averti fatto il mio ultimo regalo.».
Si mosse dentro di lui infliggendogli colpi talmente profondi da farlo piangere.
Jay urlò tanto da infastidirlo e spingerlo a compiere un gesto così violento da zittirlo: afferrò ancora i capelli corvini del ragazzo, sbattendogli con forza la faccia sul pavimento.
Jay strinse gli occhi dal dolore, strozzando un gemito perso nella concentrazione ormai catturata dagli spasmi, e le lacrime si mischiarono al sangue, insudiciandogli i capelli. Aprì gli occhi ormai gonfi di pianto e disperazione e vide i suoi stessi denti rotti immersi in una pozza di sangue. «Cosa c’è, non fai più lo spavaldo?» chiese Brad con il timbro della voce modificato dallo squarcio incolmabile che aveva separato la ragione dalla mancanza totale di lucidità. La follia pura lo rese schiavo, privandolo di ogni ragionevolezza, posando un velo oscuro sui suoi occhi furenti, sottraendogli impietosamente l’ultimo barlume di umanità. Jay annaspò freneticamente per non soccombere e fece appello all’ultimo briciolo di forza che gli rimaneva; così, sgusciando da sotto la presa aggressiva del suo carnefice, stese la mano per prendere l’unico oggetto che l’avrebbe salvato, annegando nei suoi stessi rantolii angosciati e i ringhi invasati dell’uomo alle sue spalle.
Saliva e sangue si mischiarono sulla sua lingua e si sentì più vivo che mai.
Strisciò scalciando per accrescere la distanza da Brad e aggrapparsi all’ultimo filo sgualcito di speranza, e fissò il luccichio del posacenere di cristallo che pareva pesante come un macigno, irraggiungibile al pari della luna. Gridò collerico per darsi la forza di muoversi ancora, si sarebbe affidato al suo irriducibile coraggio per riprendersi la sua libertà. Sentiva di potercela fare, non gli avrebbe permesso di distruggerlo ancora e rispedirlo nell’oblio, avrebbe rivisto la luce del sole, per Beatrix che gli aveva permesso di aprire gli occhi, per Lizzie che l’aveva custodito e protetto, per suo fratello, per sua madre. Per se stesso. Per Izaya.




Angolo Autrice.
Ciao! Dico solo -1 e vi ringrazio!
Alla fine vi ringrazierò tutti per bene, come meritate. Sappiate che ho già scritto l'ultimo capitolo e lo sto riguardando, ho scritto anche il mio ultimo angolo autrice e sappiate che dovrete sorbirvi una pagina e mezzo di ringraziamenti ^_^
Vi adoro.
Bloomsbury

   
 
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