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Autore: Yvaine_    12/08/2014    4 recensioni
La cosa che più lo irritava, però, non era l'atteggiamento autoritario del padre –ci era abituato– ma il fatto che gli avesse ripetuto ad ogni singolo compleanno, per diciotto anni, "Mai dimenticare chi sei, perché di certo il mondo non lo dimenticherà. Trasforma chi sei nella tua forza, così non potrà mai essere la tua debolezza. Fanne un'armatura e non potrà mai essere usata contro di te."
Genere: Generale, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avviso: la storia partecipa a Il contest del supermarket indetto da Fefy_07 su EFP Forum.

Per questo contest i concorrenti erano invitati a comprare da diversi scaffali gli ingredienti che, una volta selezionati, andavano amalgamati fino a formare una storia.
Io ho scelto dalla mia spesa:
1° scaffale, pomodoro: genere, Introspettivo;
2° scaffale, gassosa: sottogenere, Malinconico;
4° scaffale, carne mista: caratteristica del personaggio, Perseguitato dal passato
5° scaffale, senape: citazione, "Mai dimenticare chi sei, perché di certo il mondo non lo dimenticherà. Trasforma chi sei nella tua forza, così non potrà mai essere la tua debolezza. Fanne un'armatura e non potrà mai essere usata contro di te."

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N.d.A.: nel testo son presenti trattini alti e lunghi (– –) con alcuni incisi che ho scritto attaccati perché, diciamocelo, mi piacevano così. In più ci sono riportati alcuni discorsi diretti tra virgolette alte (""); la parte in corsivo è un discorso diretto riportato e la citazione a cui ho dato più importanza usando, appunto, il corsivo.



La spilla di una rosa rossa

Grigio. Era tutto grigio.
Le strade erano grigie. La gente era avvolta in cappotti grigi. L'aria era grigia.
Il mare d'acciaio, il cielo plumbeo.
Un ragazzo sulla ventina era appoggiato alla ringhiera, la piazza grigia alle sue spalle e la spiaggia qualche metro più in basso.
Faceva freddo, lui era tutto intirizzito e si stringeva dentro il cappotto sempre di più, quasi senza accorgersene; quando espirava il fiato caldo formava nuvolette bianche che spiccavano nel grigiore che le circondava.
Il ragazzo era nervoso: s'indovinava dal continuo movimento di una gamba e della testa, mai abbastanza ferma perché gli occhi si fissassero su qualcosa.
Forse aspettava qualcuno, qualcuno d'importante.
Molto spesso la testa scattava e gli occhi controllavano che non ci fosse nessuno alle sue spalle.
Qualche mese prima suo padre era morto. Charles non era andato al funerale. Sapeva della malattia che lo aveva costretto a letto negli ultimi tempi –si era tenuto informato– ma non era mai andato a trovarlo.
Il ragazzo se ne era andato di casa anni prima dopo l'ennesima, violenta, discussione.
Il padre voleva che s'iscrivesse alla facoltà di Medicina, o di Giurisprudenza, oppure Scienze Politiche. Lui voleva studiare Lettere.
La cosa che più lo irritava, però, non era l'atteggiamento autoritario del padre –ci era abituato– ma il fatto che gli avesse ripetuto ad ogni singolo compleanno, per diciotto anni, "Mai dimenticare chi sei, perché di certo il mondo non lo dimenticherà. Trasforma chi sei nella tua forza, così non potrà mai essere la tua debolezza. Fanne un'armatura e non potrà mai essere usata contro di te."
Il problema era che lui non sapeva chi fosse e voleva scoprirlo. Di certo sapeva di non essere né un medico, né un avvocato, né un futuro capo di governo. Voleva provare qualcosa che sentisse più vicino alla propria personalità, voleva provare a scrivere, a coinvolgere ed emozionare le persone attraverso le parole. Sapeva che sarebbe stato difficile –cosa non lo era– che subito non avrebbe avuto fortuna, che avrebbe ricevuto tante porte in faccia, ma voleva provarci.
Voleva provare sulla propria pelle la fatica e la delusione.
Era stato abituato ad avere tappeti rossi e trattamenti da re per i contatti del padre e del nonno.
Voleva provare a essere normale.
E così se ne era andato.
Con alcuni studenti universitari aveva preso in affitto un piccolo appartamento; era una cosa completamente nuova preoccuparsi per i pasti e le spese, ma gli piaceva.
A volte pensava a casa, a sua madre e... a suo padre, forse involontariamente.
Venuto a sapere la notizia aveva provato un certo senso di vuoto, di mancanza e di tristezza. Ma si sentiva anche colpevole, terribilmente colpevole, perché non era riuscito a ricucire il loro rapporto in tempo, perché aveva dato a suo padre l'ennesimo grattacapo. La madre aveva cercato di confortarlo dicendogli che suo papà non era mai stato tranquillo e che non era colpa sua se era successo quel che era successo.
Ma lui non era per niente tranquillo. Era divorato dal rimorso che lo stringeva nella sua morsa tutto il giorno e lo lasciava dormire poco di notte. Nelle ore di veglia, Charles cercava una soluzione –nel caso ci fosse– per sistemare le cose, per diminuire un po' il peso di quel macigno che aveva continuato a crescere dal giorno che era andato via di casa. Come la maggior parte dei figli voleva solo rendere orgogliosi i proprio genitori... La madre era sempre stata contenta di lui, mentre per il padre tutto ciò che faceva –dalla scuola allo sport, a tutte le altre attività che svolgeva– non era mai abbastanza. Si sforzava e s'impegnava per migliorare, ma tutte le volte "Si potevano raggiungere risultati migliori".
Eppure... ricordava di averlo visto sorridere una volta, una sola.
Aveva più o meno dodici anni ed era tornato a casa con l'attestato e il premio di un concorso di scrittura amatoriale organizzato dalla provincia, felice e soddisfatto del suo secondo posto. Il padre l'aveva accolto con una carezza e un sorriso, ma a cena non si era smentito e aveva commentato "Giovanotto, vediamo di fare meglio la prossima volta, eh?"
Improvvisamente, però, Charles, con lo sguardo perso sulla distesa grigia davanti a lui, ricordò le parole che la madre gli disse poco prima che si addormentasse la sera del concorso: "Tuo padre è fiero di te, lo so. Vuole il meglio per te e l'unico modo che conosce per dimostrarti il suo affetto è questo: spingerti a dare il massimo. Ma tutto ciò che gli importa è che tu sia felice, qualunque cosa tu faccia. Quindi segui il tuo cuore, che saprà guidarti verso la scelta giusta, sempre."
Charles si raddrizzò e cominciò ad avviarsi verso casa con una nuova luce negli occhi: sapeva cosa fare.
Mentre tirava fuori il telefono per chiamare la madre lo sguardo gli cadde sulla spilla appuntata al bavero grigio di una ragazza: una rosa rossa.



Nicchia dell'autrice
Eccoci qua dopo secoli che non pubblico nulla sono ovviamente tornata con una storia scritta per un contest. Spero che vi sia piaciuta. Io mi sono divertita a scriverla, anche se devo ammettere che è poco originale.
Grazie di cuore a tutti coloro che si sono avventurati fin quaggiù!
A presto
Yvaine_

  
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