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Autore: shalalahs    13/08/2014    1 recensioni
Sembra una persona pulita, nobile, immacolata e pura. Si veste dello stesso colore che spetta agli innocenti e, allo stesso tempo, lo sfrutta per celare lo stesso sporco che giace in mezzo a quella coscienza, che ne costituisce le fondamenta.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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FILTHY GUILTY SOUL

There's a place in the dark where the animals go
You can take off your skin in the cannibal glow
Juliet loves the beat and the lust it commands
Drop the dagger and lather the blood on your hands, Romeo.

[My Chemical Romance - The Sharpest Lives]

Ha vissuto per molto tempo nella stessa bettola -per troppo, ormai. Così, ha semplicemente scelto di andarsene, cambiare aria, cambiare persone, puttane, gigolò. Qualsiasi cosa si possa cambiare nella propria vita. Ha rubato molti nomi, molte espressioni, storie, soldi, emozioni, sensazioni, vite in quegli anni di vita. Vita, soprattutto, è decisamente un termine poco appropriato. Si tratta di piccolezze. Bisogna saper fingere su un palcoscenico, ma per lui anche quando le tende si chiudevano e calava il sipario la maschera restava indosso. Mentire a sé stessi non è mai facile, ma ne aveva fatto una ragione di vita. Tutt'ora, mentre cammina per le strade fangose di uno dei tanti sobborghi merdosi e melmosi. Sembra una persona pulita, nobile, immacolata e pura. Si veste dello stesso colore che spetta agli innocenti e, allo stesso tempo, lo sfrutta per celare lo stesso sporco che giace in mezzo a quella coscienza, che ne costituisce le fondamenta. 

Un'occhiata è bastata a far avvicinare una delle tante donne in corpetto con i seni scoperti e lo sguardo languido, invitante. Altri due sguardi e si stanno già in camminando su per delle scale. Lei parla, parla di stronzate. C'è il silenzio più totale nella sua mente, come se quelle labbra rosse e carnose non fossero altro che uno strumento. Uno strumento che, ovviamente, le ha chiesto di sfruttare, non appena dentro la stanza. Nuova vita, nuovi nomi. Nuove puttane e gigolò da scopare. Ma le cicatrici sono le stesse. Quelle non le può nascondere. Non sotto le coperte, alla luce soffusa di una candela, mentre spinge e sbatte violentemente contro la carne, riempiendosi la testa di pensieri piacevoli, cambiando lo sterco e la polvere vecchi con sterco e polvere nuovi. Ogni strato rende sempre più lontano ed alieno quel centro da cui tutto è partito. All'inizio fu facile, distinguere ciò che era giusto da ciò che era sbagliato. Ma più cambiava, più che la differenza si assottigliava, fino a diventare un filo. Fino a diventare fumo, un labile, inesistente confine che ormai è solito attraversare. In realtà, non è mai tornato. Non ancora. Non tornerà, probabilmente. 

"Cosa stai aspettando?" quel paio d'occhi lo scrutano vuoti ed inutili, superficiali. "Cosa dovrei mai aspettare?" una risposta netta, dettata dalla semplice insofferenza ad argomenti che anche solo osano avvicinarglisi. Era una regola mutevole che s'è imposto. Ci sono tante regole, una per ogni occasione, in uno strano turbinio di caos e contraddizione, disperazione e volontaria ricerca. "Non lo so, non sono mica pagata per essere intelligente, dimmi qualcosa di profondo! Quelle cose che dite voi uomini di mondo misteriosi, dai." a quelle parole segue un attimo di silenzio. La sta osservando, aspettando che lei ricambi lo sguardo. Sono nudi, ma lui non lo è mai completamente, mai abbastanza. "Vuoi sapere cosa aspetto?" tante, troppe cose. Nessuno vuole la redenzione. Ricevere una punizione esemplare non dimostrerà nient'altro se non che lui ha ragione. Quando i boccoli si scuotono, lui sta seguendo la linea del collo candido, macchiato di chiazze violacee e livide, che lascia tendere i muscoli ed i tendini. "Perché t'interessa all'improvviso?" chiede, sollevandosi su un gomito ed avvicinandosi all'altra, inclinandosi verso di lei per poterle essere sopra. Un risolino gli arriva alle orecchie, solleticandole, prima di sentire le sue gambe aprirsi ed accoglierlo nuovamente come pochi minuti prima. "Oh, andiamo, riconosco qualcuno che sta cercando qualcosa, quando lo vedo. Magari posso aiutarti a trovarlo, eh, tesoro?" la voce è candida, affabile. Sente una mano sottile ed affusolata avvicinarsi al proprio volto, carezzandolo e saggiando la pelle bianca, disegnandola. Sorride lui, ironico e sarcastico dentro, morbido e candido fuori. Un sorriso affilato come un rasoio, appuntito e spigoloso come una roccia spezzata. "Non penso proprio, sai? Sono desolato.." lei sembra contrariata. "E dai, almeno dimmelo!" fanno i capricci, proprio come i bambini, le donne. Stupidi esseri, inutili e fastidiosi. Soffia un getto d'aria, puntellandosi sui gomiti per sovrastarla. "Sei proprio coraggiosa tu, hah?" finge. La cosa che gli riesce meglio. E lei, stupida oca, ci crede come tutte. Sembra compiaciuta. Le sue dita iniziano a scorrere dal volto al cuore, ancora accaldato, della donna. Una carezza languida, che non cela la malizia dei corpi vicini ed ancora memori, sensibili. Le disegna la linea della mascella, lentamente, con flemma. "Si tratta di qualcosa di molto difficile e pericoloso." inizia a spiegare, senza mai guardarla negli occhi. Neanche una sola volta. "Perché per vincere, prima bisogna perdere." nota la confusa ammirazione che si diffonde in quello sguardo grazie ad un'occhiata. La fissa, ora, dritto negli occhi. Dritto in mezzo a quelle schegge azzurre. Quasi gli dispiace.. Quasi. "Ma tu come potresti mai provare la mia colpevolezza, se prima io non ti fornissi le prove sufficienti, per esempio?" e sorride, mente le dita si soffermano sul suo collo, sfiorando i lividi ed i morsi, sentendola rabbrividire sotto il proprio tocco. "Così, ciò che cerco è molto complicato da ottenere, ma c'è un punto fondamentale da cui dovrò passare e di cui sono assolutamente certo." le dita si serrano lentamente contro la pelle dell'altra. È stato così facile. Così stupidamente facile. Avvicinarsi, abbindolarla, ingannarla. Vuole sapere? Saprà. "Ci sono dei prezzi molto alti, per sapere la mia verità, tesoro." spiega, languido, candido, mente le mani iniziano a stringere e la coscienza inizia ad aleggiare sul volto della lucciola, nei suoi occhi. "Così come tu ora potrai avere ragione, anch'io la avrò." sorride, mente lei scalcia, si dimena, soffoca gemiti ed ansiti sofferenti nella trachea schiacciata e compressa. "Certe volte è meglio soffermarsi a ciò che si percepisce. Magari era meglio per entrambi, ora dovrò anche trovare un modo di sbarazzarmi del tuo corpo." soffia, infastidito, nel mente che lei lo spinge via, inutilmente, stanca e semi incosciente. Sorride, nuovamente, lasciandosi alle spalle il disprezzo e lasciando arrivare l'ironia amara e pungente. Finché quel sorriso non diventa risata. "Sai qual è la parte divertente? Che potrei anche farmi un'ultima scopata e tu neanche verresti pagata." la lascia respirare un po', ormai è arrivata al punto peggiore e critico, solo per afferrarle i polsi e stringerglieli sopra la testa, mentre il bacino si sistema, ignorando la volontà dell'altra, il disgusto e l'odio che prendono velocemente il posto all'ammirazione. "Dovresti avere più paura di quelli come me, piccola puttana." ribatte, dandole una spinta, ignorando i colpi di tosse e gli ansiti di agonia. "Dovresti pensare più a te stessa, a non farti fottere -in tutti i sensi- dalla tua stessa stupida testa." si ferma, osservandola, mentre lei lo scruta. "Ripensandoci, no." mormora, sollevandosi ed afferrandola per i capelli. La sente urlare, dimenarsi, ma non le permette di andare, di scappare. L'ultima cosa di cui rimarrà memoria, sarà confusa dal rosso e dalle urla, dal dolore e dal divertimento. "Sssshh, non devi aver paura. Sei stata così coraggiosa fino ad ora. Pensala così: hai ragione, su tutto quello che stai pensando. Sono un mostro, un essere abominevole, falso ed approfittatore. Ed avrò quel che merito per tutto il male che faccio. Non sei contenta? Sii felice di ciò." 

Lentamente, la pala incede nella terra, sollevandola e calandola. Quelle stesse parole gli rimbombano nella testa. È quel che hanno sempre voluto, è quel che hanno sempre cercato, è quel che hanno sempre visto in lui. Quel che è diventato, lo deve solo a loro. Quel che è diventato, è solo la riprova che loro hanno sempre avuto torto. Non era un mostro, sarebbe potuto essere normale. Sarebbe potuto rimanere al fianco di qualcuno, avere qualcuno. 

"Moriresti solo per provare che mi sbagliavo." 

"Morirò perché tu hai sbagliato. Perché le mie scelte sono le tue scelte." 

"E non hai mai provato a farne delle tue? Non vorresti provarmi in errore diventando qualcosa che non saresti mai potuto diventare?" 

"Sarebbe realmente servito a qualcosa?" una risata. "Lo dubito fortemente." 

"Suggerisci quindi di perdonarti, di lasciarti andare dopo tutto quello che hai fatto?" 

"Sto dicendo che farete la cosa sbagliata, qualsiasi cosa tu e quei deficienti sceglierete." 

"Ma almeno tu non sarai più un problema." 

"È quel che sapete fare meglio: lavarvene le mani." 

Il patibolo è sempre stato un posto solitario, anche se ci sono molte persone a costruirlo, ad assistervi. Sono gli spettacoli che interessano alla plebe, al volgo. Sono sempre stati gli spettacoli che acquietavano le acque e così è tutt'ora.  

"Ultime parole?" 

Sai, sei sempre stato una disgrazia. Sei sempre stato un semplice abominio, avrei voluto che a sopravvivere fosse stato tuo fratello. Non tu. 

Ultimo pezzo dell'asta: si tratta di un ragazzino. Un eretico che ha osato uccidere il proprio padre. Sua Maestà ha scelto di attuare la sua punizione non per morte, bensì attraverso la vendita e la totale cancellazione del nome della casata. Partiamo da metà del suo peso in argento. -non vale neanche oro. Non vale neanche una fottutissima moneta d'oro, nonostante il cognome che porta, nonostante volesse solo salvarla. 

Ho sempre voluto vedere voialtri in ginocchio, a pregare per essere perdonati di un dono di cui siete indegni. Non sei tua madre, ma non importa. Puoi andare anche tu. Quindi, ora obbedisci e fa ciò che dico. Osa anche una sola volta ribellarti e finirò la frusta sulla tua schiena anche se dovessi svenire. Hai capito, piccolo pezzo di fango? Non sei più nessuno. Non puoi più vantarti del tuo nome altisonante. Non hai più niente, né ti spetterà più qualcosa. 

Madre. Sarebbe bastato un grazie. Aveva cercato di ucciderti, ma mi hai permesso di vivere e stupidamente ho voluto ricambiare il favore. Non per affetto, so che mi odi. Non voglio solo avere debiti. Nessuno dovrà mai rinfacciarmelo. Quindi, non farlo tu, non appena ci rivedremo nell'aldilà.

"Andate tutti a leccare il culo di Sua Maestà, quella vacca."

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NA:
Okay, eccoci qui. La mia prima storia #deep breath#
Non sono minimamente abituata a pubblicare e simili, sappiate solo che non intendo minimamente discriminare, né offendere nessuno nella storia, si tratta solo di una questione di coerenza col personaggio che ho inventato. Non so se farò altri capitoli, penso dipenderà davvero da cosa ne penserete voi lettori e se avrò "successo" -pffff- nonostante tutto.
Come avrete già capito, il personaggio della storia è un anti-eroe un po' strano. Non ho messo il nome per la semplice ragione che mi piace l'idea di vederlo come un'incognita, tutto qua.
Spero vi piaccia! Fatemi sapere <3

  
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