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Autore: Elis17    14/08/2014    18 recensioni
William Tomlinson ha ventitré anni e un figlio di tre, la sua ragazza, Eleanor, è morta a diciassette anni di parto.
Da tre anni passa la sua vita a portare e a riprendere il figlio Max dall'asilo e a crogiolarsi per la morte della sua amata.
Edward Styles è un ragazzo gay di diciassette anni e ha una sorella di tre, Gemma.
Edward si innamora di William il primo giorno di asilo di Gemma e Max, i quali si ritrovano in classe insieme.
William non si accorge di lui per molto tempo, fino a quando il ragazzino non decide di usare la sorellina per attirare la sua attenzione.
E la attira.
×
Williard [Larry] × Willionor [Elouonor] × Janielle [Payzer] × Jouise [Zerrie]
Seventeen!Edward × TwentyThree!William
Student!Edward × YoungFather!William
Larry!AU × Williard!AU × Kids!AU × Parents!AU
×Middle names×
Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Capitolo2: Rino!


 

Edward non aveva ancora realizzato il tutto.
Era incredulo, sembrava un bellissimo sogno, non poteva credere ai suoi occhi.
Impossibile.
Non poteva crederci, davvero si trovava davanti a casa Tomlinson?
Osservava la villetta di due piani che lo fronteggiava, le tegole marroni, le pareti bianche e la porta di un beige chiarissimo che quasi pareva bianco.
Era un'abitazione delicata, sobria, dava un senso di sicurezza e protezione, ma non ad Edward che continuava a strizzare la mano della povera piccola Gemma che si lamentava ogni tanto.
La piccola continuava a dondolarsi sui piedini per cercare di scacciare il freddo che nelle ossa le penetrava.
Edward, dal canto suo, iniziava a sentire caldo, l'ansia lo avvolgeva e lo riscaldava proprio come un abbraccio di sua madre faceva ogni volta.
Solo che il calore non era lo stesso, il primo lo angosciava e lo faceva rimuginare ogni tre per due su ogni azione che avrebbe fatto da lì a poco, l'altro lo rilassava, lo aiutava con sé stesso e oltre a protezione donava anche fiducia.
Edward adorava sua madre Anne, era forse una delle poche persone più care che aveva, oltre a Gemma, sua sorella, e a suo padre, Des.
Gli era parso strano che la madre gli avesse dato il via libera per andare ad un'improvvisa festa di compleanno insieme alla sorellina.





Edward era entrato in casa con un sorriso da ebete stampato in faccia, le fossette bucavano le sue paffute guance, gli occhi verdi gli brillavano, i denti bianchi erano stati esposti per tutto il tragitto dal parco fino a casa.
Anne non era mica stupida, conosceva i suoi figli come le sue tasche, non le era stato difficile capire che era successo qualcosa di fenomenale al figlio.
E, ammettiamolo, era davvero curiosa di sapere di cosa si trattasse!
Così, cercò di indagare, ma non gli fu neanche dato il tempo di mettersi in azione che si era ritrovato il figlio seduto davanti all'isolotto della cucina con il sorriso sulle labbra e le braccia incrociate che appoggiavano sul bancone.
E lei, proprio come suo figlio, non aveva perso tempo e si era asciugata subito le mani con lo straccetto rosso dopo aver finito di lavare i piatti e si era seduta comoda di fronte ad Edward.
Se qualcuno li avesse visti da fuori sembravano uno specchio che rifletteva quasi la stessa immagine.
Impossibile, quei due si assomigliavano così tanto!
Dai, racconta!” lo spronò subito Anne senza aspettare che il figlio facesse qualcosa.
Okay, Anne era assatanata di pettegolezzi, soprattutto se questi si trattavano dei suoi figli.
Edward aveva trasformato il suo sorriso in una morsa che scaricava la sua tensione sul rosso labbro inferiore mentre cercava imbarazzato le parole giuste da usare.
Si guardò in giro ispezionando minuziosamente che nessuno li stesse ascoltando, o per meglio dire spiando e prendendo un profondo respiro parlò.
Mentre eravamo al parco Gemma ha incontrato un suo compagno di classe e il suo papà ci ha gentilmente chiesto se volevamo partecipare alla festa di compleanno di suo figlio, così siamo tornati subito a casa per prepararci.” spiegò il ragazzo guardando il ripiano lucido dell'isola.
Anne era confusa, cosa c'era di grandioso in questo?
Perché suo figlio andava in giro sorridendo come se fosse drogato per un motivo così futile?
La donna non riusciva a collegare il tutto, mancavano ancora dei piccoli tasselli per completare il puzzle, e sarebbe stato meglio per Edward che lo avesse fatto subito e di suo spontanea volontà o avrebbe dovuto sottostare al solito terzo grado di mamma chioccia.
Anne alzò un sopracciglio e lo fissò con sguardo truce, sembrava tanto volesse esprimere con quell'espressione un po' di sufficienza.
Tutto qui?” domandò, appunto, guardandolo impassibile.
Beh... no.” sorrise imbarazzato Edward.
Ah ecco, mi pareva! Beh? Che aspetti? Mica ti pago per avere delle informazioni, ragazzo!” rise la donna cercando di mettere il figlio in una situazione di conforto così che potesse confidarsi con lei.
Edward si sentì meglio a sentire la risata della madre, rimaneva, però, comunque imbarazzato.
Il ragazzo aveva già parlato di William alla madre, il problema era che non le aveva detto nome, cognome, ma solo che accompagnava il fratellino all'asilo.
Il punto era che non sapeva come dire alla madre che aveva scoperto un paio di informazioni sul ragazzo misterioso di cui parlava ogni tanto, praticamente tutti i giorni, con sua madre.
Si fece mentalmente una scaletta delle cose da dire.
Ehm... ti racconto dall'inizio va!” affermò e vide la madre illuminarsi.
Spara!” esclamò Anne.
BOOM!” gridò simulando un boato.
Inutile dire che poco dopo gli arrivò uno schiaffo dalla madre in pieno volto per via dello spavento.
Lui rideva.
Ma sei impazzito?” domandò allibita “Mi hai fatto prendere un colpo!” rise poi con lui.
Allora... abbiamo incontrato al parco il ragazzo di cui ti parlo sempre.” iniziò e la madre annuì con fervore per poi fargli un cenno per spronarlo a continuare con il discorso.
Uhm... si... io e Gemma ci siamo avvicinati e abbiamo parlato con lui, cioè, io e lui abbiamo parlato!” esclamò tutto contento, sembrava quasi fiero di sé stesso.
Come biasimarlo, era riuscito a parlare con il ragazzo che gli piaceva da quasi un anno!
Okay, e vi siete presentati?” chiese la donna impaziente.
Beh, certo, mica inizio a parlare così con qualcuno senza prima presentarmi come fa qualcuno di mia conoscente qui presente!” rise, ma la donna non si sentì per niente toccata.
Capita a tutti di chiacchierare con qualcuno alla cassa del supermercato, no?
Ingrato!” risero insieme.
Ho scoperto che si chiama William...” la madre lo interruppe.
Oh, che bel nome!” esclamò lei tutta contenta battendo le mani.
Sì mamma, ma fammi finire!” Edward fulminò con lo sguardo la madre che smise subito di sorridere.
Di cognome fa Tomlinson e a quanto pare ha un sacco di sorelle.” concluse, tralasciando il particolare più importante.
Tomlinson... Tomlinson?
Ad Anne era sembrato quasi familiare quel cognome, lo aveva di sicuro già sentito, ma non ci fece più di tanto caso, era un banale cognome, uno dei tanti. Doncaster era una piccola cittadina ed era normale per la gente conoscersi tra di loro o anche solo sentire e risentire nomi e cognomi.
Il punto era che, se Doncaster era una piccola cittadina, le voci giravano in fretta.
Anche tu hai una sorella.” si ritrovò a dire di punto in bianco Anne.
Il figlio la guardò stralunato, a volte la donna diceva cose senza senso o ripeteva delle ovvietà che erano già state dette e ridette.
Comunque? Stavi dicendo?” chiese accavallando le gambe e sedendosi più comoda su quello stupido sgabello in legno.
Uhm? Ah sì, che ha tante sorelle e che mi ha invitato alla festa di compleanno di Max, sia a me che a Gemma.” il ragazzo si guardava in giro cercando di sfuggire allo sguardo della madre.
Max? E chi è Max?” domandò confusa la donna, ci stava capendo sempre meno.
Max, il compagno di classe di Gemma!” sorrise con innocenza.
Eccolo lì, il tassello che mancava.
COSA?” urlò la donna?
No, aspetta, credo di aver capito male, William Tomlinson è il nome del ragazzo di cui mi parli sempre.” iniziò ed Edward annuì solamente.
Hai scoperto che la madre ha sfornato un numero non preciso di figlie e poi hai incontrato quest'altro tizio che ti ha invitato, o per meglio dire, vi ha invitato, a te e a tua sorella, alla festa del compleanno di suo figlio, giusto?” il discorso non aveva un vero e proprio filo logico, la donna cercava di raccapezzarsi nelle parole del figlio, ma davvero, non ci aveva capito molto.
O almeno, ci era arrivata, ma credeva di aver capito male.
Uhm... veramente William e il padre del bambino che ci ha invitati alla festa di compleanno di Max sono la stessa persona, mamma.” spiegò con calma il ragazzo sorridendo cercando di addolcire lo stato d'animo della madre.
COSA?” urlò per la seconda volta Anne ed Edward sbuffò annoiato.
Cosa c'è da capire? Ti faccio un disegnino?” scherzò il ragazzo, ma la madre era seria.
Stai scherzando, vero?” domandò angosciata.
No, ma dove è il problema, scusa?”
Stai scherzando, vero?” chiese di nuovo la donna, il volto mutato in una smorfia confusa e le mani che si toccavano con frenesia.
No, perché?” ora quello confuso era Edward.
Amore, ti sei preso una sbandata per uno che ha un figlio. Un figlio, questo sta a significare che ha anche una ragazza, o peggio ancora una moglie, tesoro, quel ragazzo è etero!” Anne lo guardava negli occhi cercando di fargli capire quello che stava dicendo.
Ma non c'era bisogno di spiegazioni, Edward lo sapeva già che William era etero, non ci voleva una scienza per capirlo.
Ma sapeva anche che era single e che la sua ragazza era morta.
Mamma, lo so, ma io non ho mica detto che mi ci voglio sposare con questo, ti avevo solo detto che mi piaceva, punto, finito lì.” sorrise imbarazzato.
Beh, non era proprio finita lì, Edward ci era rimasto male a scoprire che il ragazzo era padre, ma, come aveva appena detto alla madre, non voleva mica sposarselo, voleva anche solo essergli amico, dopo tutto sembrava un così bravo ragazzo.
Anne non era convinta e glielo si leggeva in faccia.
E cosa vuoi fare?” la donna tastò piano il terreno.
Andare alla festa di compleanno di Max!” esclamò battendo le mani e sorridendo proprio come aveva fatto quando avevano iniziato tutta la discussione.
E' la prima festa di compleanno a cui è stata invitata Gemma, dovresti vederla, è davvero esaltata solo all'idea di partecipare!”
Secondo me qui quello esaltato sei tu!” rise Anne prendendosi gioco di suo figlio.
Mamma!” si lamentò il ragazzo, ma poi sorrise.
Okay, okay, potete andare.” acconsentì Anne alzandosi dallo sgabello e rimettendosi davanti al lavello per continuare a pulire i piatti.
Edward la imitò e si avvicinò a lei abbracciandola da dietro.
Grazie mamma.”
Fai attenzione Ed, potresti uscirne scottato.” commentò.
Edward annuì e sorridendo si limitò ad andare in camera della sorellina.





La piccola Gemma indossava un vestitino verde che andava in tinta con i suoi grandi occhi.
Era stato Edward ad aiutarla a cambiarsi, le aveva tolto i vestiti sporchi con cui era andata al parco e poi insieme avevano deciso cosa farle indossare.
Le aveva, poi, pettinato i lunghi scuri capelli ricci in una treccia un po' sfatta.
Edward, dopo averle messo delle ballerine rosa ai piedi, le aveva coperto gli occhi e l'aveva sistemata davanti allo specchio.
“Sei bellissima, piccola!” aveva esclamato togliendo la sua grande mano dal suo visino.
La piccola aveva spalancato gli occhi, aveva fatto svolazzare le ciglia e aveva riso di gusto dalla felicità, aveva anche battuto le mani.
Edward era rimasto ammaliato dalla bellezza di quel piccolo esserino.
La debole stretta sulla sua grande mano si fortificò e lui spostò lo sguardo verso il basso e sorrise alla sorellina che era impacchettata in un giubbotto rosa mentre in testa portava un cappellino rosso delle Barbie.
“Bussa!” asserì la piccola.
“Uhm.” annuì Edward poco convinto.
Si avvicinarono insieme alla porta di casa Tomlinson e suonarono.
William, quando erano al parco gliela aveva indicata con tranquillità annunciando “Bussate al campanello Tomlinson.”
E così stavano facendo.
Quando William gli aveva detto quello Edward si era morso forte la lingua per non rispondere con tranquillità che già lo sapeva.
Sì, lo sapeva già, gli era capitato per sbaglio di seguirlo dopo aver preso Gemma all'asilo e di aver deviato poi strada una volta scoperto dove abitava l'oggetto dei suoi sogni.
No, okay, lo aveva seriamente stolkerato fino a casa, neanche fosse una fan con il proprio idolo, ma tanto non aveva fatto del male a nessuno, quindi qual era il problema?
La porta difronte ai due si aprì mostrando molto probabilmente una delle tante figlie sfornate dalla signora Tomlinson.
La ragazza era poco più bassa di lui, i capelli biondi – molto probabilmente tinti – le arrivavano ai fianchi e gli occhi azzurri lo osservavano.
Sorrise imbarazzato.
Aveva aperto la bocca per parlare, ma non era uscito niente da essa per via del ragazzo che aveva gentilmente spostato la finta bionda da parte per guardare chi era alla porta.
I loro occhi si incrociarono e William sorrise.
“Edward! Gemma! Entrate, non vorrete prendere ancora freddo!” esclamò prendendo per un braccio il riccio e portandolo non solo dentro casa, ma direttamente nella grande cucina.
Edward rimase colpito, quella cucina era grande due volte la sua!
William li guardava in attesa mentre gli occhi di tutti gli ospiti si posavano sul ragazzo e sulla bambina.
I due ragazzi si fissavano, uno attendeva mentre l'altro era confuso.
“Me li vuoi dare i cappotti o avete freddo?” chiese ridendo il ragazzo osservando i due fratelli difronte a lui.
“Mettiti a petto nudo Tommo, magari riscaldiamo l'atmosfera!” rise una ragazza dai lunghi capelli castani che era appena entrata in cucina con altre ragazze.
Quella non era di sicuro una delle sorelle di William, una sorella non si sarebbe mai rivolta con una battuta del genere al proprio fratello. O si?
Edward nel suo piccolo sperò di sì.
Tutti i ragazzi riuniti in sala risero mentre Edward si guardava spaesato in giro.
Perché doveva mettersi a petto nudo?
Era così evidente che Edward fosse gay?
“Oh sta zitta Minnie!” rise William spintonandola.
Minnie? Che razza di nome era?
Edward era sempre più confuso.
“Oddio no! Minnie non ha bisogno di altre saune!” rise la stessa ragazza che aveva aperto la porta ad Ed.
“Lottie!” la riprese quella Minnie.
“Comunque...” William si girò verso Edward che velocemente e impacciato tolse il cappotto prima alla sorella e poi a sé stesso per passarli a William e sorridergli grato.
“James!” esclamò William.
Due ragazzi si girarono verso di lui, erano completamente diversi, uno aveva gli occhi azzurri e i capelli biondi – sicuramente tinti – mentre l'altro aveva gli occhi di un castano chiaro e i capelli dello stesso colore.
“Eh?” chiesero entrambi confusi.
“Rendetevi utili e portate i cappotti in camera mia, appoggiateli sul mio letto.” spiegò brevemente il ragazzo sbattendo in faccia ai due i cappotti.
I due ragazzi lamentandosi obbedirono.
Ed Edward era sempre più confuso.
Ma in quella famiglia erano tutti tinti di biondo?
E quanti erano in quella casa?
Improvvisamente vide correre per tutta la cucina tre testoline bionde.
Due di loro le riconobbe come le gemelle viste al parco, ma la terza non l'aveva mai vista.
“Hei, hei, hei! Ferme tutte e tre! Venite qua terremoti!” le richiamò William.
Edward era rimasto fermo dove era stato messo da William poco prima, non si muoveva, proprio come la sorellina, gli si era attaccata alla gamba.
La prese in braccio ed in quel momento sentì delle urla provenire dal gruppo delle ragazzi di prima.
Le ragazze guardavano in sua direzione, o per meglio dire, fissavano la sorellina.
“Che amore!” “Che carina!” “Oddio è adorabile!” continuavano ad esclamare, la bambina spaventata si era aggrappata al petto del fratello.
“Ragazze smettetela! La state spaventando, povera piccola!” le riprese William.
Possibile che riuscisse a gestire tutto quel casino?
In quanti erano?
Si guardò in torno ed iniziò a contare: tre bambine, cinque ragazze, Max, lui, la sorella, William ed i due ragazzi.
Ma in quel momento entrò un'ennesima ragazza, capelli lunghi e castani ed occhi azzurri.
Oddio, ma ci stavano tutti?
“Edward, guarda che puoi sederti, mica ti mangiamo eh!” scherzò William.
Il ragazzo annuì e l'unico posto che trovò era vicino al gruppo delle ragazze.
Sospirando si avvicinò a quelle e si sedette sulla sedia tenendo in braccio Gemma che, spaventata, nascose il bellissimo visino nell'incavo del collo del fratello.
I due ragazzi di prima rientrarono in cucina e si sedettero ai loro posti.
Edward sperò vivamente che gli invitati fossero finiti tutti perché, davvero, odiava la confusione e quello che c'era in quella stanza era il caos assoluto.
William scontrò le mani tra esse per richiamare l'attenzione di tutti e i presenti si girarono verso di lui che sorrise ad ognuno di loro.
“Allora, fra poco arriva la pizza!” tutti esultarono.
“Uhm... Edward! Per te e Gemma ho prese due margherite, non sapevo i vostri gusti, quindi...” William non finì la frase che subito Edward lo interruppe.
“Tranquillo, nessun problema, va benissimo margherita, grazie!” sorrise.
Le ragazze al suo fianco stavano letteralmente morendo, Edward era davvero carino, capelli castani e ricci, occhi verdi e non troppo alto, un bel sorriso e delle adorabili fossette.
La ciliegina sulla torta era poi avere la piccola Gemma tra le braccia.
Il ragazzo si sentì fissato.
Non conosceva nessuno, non sapeva cosa fare, cosa dire o comportarsi.
Non sapeva i nomi di chi aveva accanto, quanti anni avevano e chi fossero.
Chi c'era lì presenti?
Amici? Parenti? Cugini? Fidanzati? Fidanzate?
Edward non si sentiva tanto a suo agio e William se ne accorse e subito lo affiancò.
William fece alzare Minnie e sedendosi fece sedere la ragazza sulle sue gambe, cosa che Edward non gradì così tanto.
Che poi, che problemi si faceva Edward? William non era nessuno per lui e la ragazza che aveva sulle gamba poteva essere una delle tante sorelle per quello che lui poteva sapere o anche solo immaginare.
William e le ragazze guardavano i ragazzi e solo allora Edward si ricordò della busta che Gemma teneva tra le mani.
Il ragazzo prese la busta e con imbarazzo sorrise verso William e gliela consegnò in mano annunciando “Il regalo per Max!”.
William rimase stupito, non si aspettava che il ragazzo arrivasse con un regalo, nessuno era venuto con un regalo, né le ragazze, né i ragazzi, nemmeno William stesso aveva fatto un regalo a suo figlio, certo, se non contiamo la festa di compleanno.
Charlotte, Minnie, Sarah, Caroline e Madison guardavano Edward con la stessa espressione di William: sorpresa.
“Ho qualcosa in faccia?” domandò allora Edward confuso?
Aveva fatto qualcosa di sbagliato? Non capiva.
William rise mentre le ragazze sorrisero nel vederlo così felice.
“No no! E' che nessuno ha pensato ai regali, abbiamo solo pensato ad organizzare la festa e basta, sei l'unico ad averlo portato!” sorrise William prendendo la busta.
“Oh...” Edward non sapeva davvero che dire, doveva riprendersi il regalo?
“Davvero, grazie, non dovevi, Max sarà entusiasta, grazie!” sorrise davvero felice William.
E... Dio! Che sorriso!
Edward rischiava un attacco di cuore o di saltare addosso al ragazzo direttamente se questo non avesse smesso di essere così... così William, ecco!
“Ma figurati!”
Si sorrisero e William cercò di intavolare una conversazione iniziando col presentare Edward a tutti i presenti.
William aveva deciso di far aprire il regalo a Max dopo il taglio della torta, rigorosamente al cioccolato.
“Edward, queste pazze sono Charlotte, mia sorella...” William indicò la bionda tinta di prima “Minnie, la sua migliore amica...” spostò la mano verso la ragazza dai lunghi capelli castani seduta su di lui “Sarah, Caroline e Madison.” finì indicando altre tre ragazze che li sorrisero.
“A me e mio figlio ci conosci già...” sorrise “... I due ragazzi laggiù si chiamano entrambi James e sono cugini.” i due gli fecero entrambi un cenno con la mano quasi a voler dire che erano presenti all'appello.
“I tre terremoti biondi che hai visto prima sono Phebe, Daysi, le gemelle e la loro amica Didì.” l'intero gruppo rise.
In quell'esatto instante fece, per la seconda volta, il suo ingresso la ragazza dagli occhi blu e con i capelli castani.
“Ah sì, mi stavo dimenticando di Felicité, l'altra mia sorella!” scherzò, la ragazza in questione si girò e fece la linguaccia al fratello che rise ancora di più.
“Edward, piacere!”
Gemma si sentì messa un po' da parte, così si mise più comoda sulle gambe del fratello e fece 'ciao ciao' con la piccola mano.
“E lei è Gemma!” sorrise orgoglioso.
William allungò entrambe le mani sul viso di Gemma e le pizzicò le guance già di per sé rosse mentre la piccola sorrideva e mostrava a tutti i presenti le fossette.
Era l'esatta copia del fratello, solo più piccola.
“Papà!” urlò Max correndo verso di lui e saltandogli sulle gambe.
Il ragazzo emise un urlo che di virile aveva ben poco e tutti scoppiarono a ridere.
Anche Edward si concesse una risata, soprattutto per scaricare un po' la tensione che il suo corpo tratteneva da quando era entrato in quella casa.
“Si si, ridete, amore vai a saltare sulle palle dei cugini James!” esclamò ridendo mettendo per terra il figlio che corse subito verso i due cugini, ma invece di saltare loro in braccio batte il cinque ad entrambi lasciando il padre a bocca aperta.
“Bastardo!” esclamò William.
“William!” Lo richiamarono tutti.
“Papà!” urlò poco dopo il piccolo ridendo.
William scherzava, ma bastardo lo era per davvero.
Improvvisamente il campanello suonò e tutti rimasero in silenzio esplodendo poi tutti con un “Pizza!”.
Mentre William e i cugini si dirigevano verso la porta, Edward notò che tutti si stavano prendendo posto intorno alla grande tavola.
Non sapeva cosa fare, dove muoversi e dove sedersi.
“Edward?” lo richiamò Charlotte.
“Vieni, Gemma si siede vicino a Max e tu vicino a lei, va bene?” chiese sorridendo con premura.
Charlotte era una ragazza davvero premurosa, un po' sopra le righe, completamente diversa dalla sorella Felicité, ma lo stesso dolce.
“Uhm... Certo!” sorrise impacciato mettendo seduta sulla sedia Gemma e sedendosi poi lui al fianco della piccola.
William e i due cugini fecero il loro ingresso con tanti scatoloni di pizza tra le mani.
I tre ragazzi distribuirono le pizze e si sedettero ai loro posti inforcando coltello e forchetta per iniziare a mangiare.





Tutti i presenti in casa Tomlinson avevano finito di mangiare la pizza accompagnata dalle solite bevande gassose.
Erano tutti felici, il sorriso in volto, la battuta sempre pronta, le risa che risuonavano tra quelle mura che sembravano non aver più quell'aria cupa che da anni ormai aleggiava.
La tristezza sembrava aver fatto 'Puff!', sembrava completamente sparita e a William non interessava se 'sembrava', a lui bastava essere felice in quel momento, gli andava bene, non voleva pensare al giorno dopo o a cosa sarebbe successo più in là col tempo, voleva godersi quel giorno, e lo stava facendo.
Erano ancora tutti riuniti intorno alla grande tavola e continuavano a ridere e scherzare tra di loro.
Max non aveva mai visto così tanta gente girargli intorno quando era dentro quella casa, era il nido di papà e figlio Tomlinson e non poteva immaginare che tutta quella gente potesse entrare dentro quella casa.
Si sentiva piccolissimo quando si guardava intorno, si sentiva il più piccolo, ma si era reso poi conto che non era l'unico e che Gemma era presente e così aveva passato la serata, prima della cena, a giocare con lei a rincorrersi, a nascondino o con le zie.
Il bambino era davvero felice e tutti lo avevano notato.
I due anni precedenti li avevano passati in famiglia, non avevano invitato nessuno, erano solo Max, papà William, nonna Jay e le zie, come sempre d'altronde.
William non capiva cose gli fosse successo quel giorno, tanto da portarlo ad invitare gente in casa e di festeggiare il compleanno di Max tutti insieme.
Ma, qualsiasi cosa lo avesse portato a fare tutto quello, ne era felice.
William era finalmente felice, e anche Max lo era.
Edward si guardava in torno ora un po' più tranquillo e senza quell'ansia che prima gli attanagliava le budella.
Scherzava e rideva con i cugini James e qualche volta scambiava qualche piccola battuta con le ragazze che cercavano sempre di attirare la sua attenzione.
Ma come facevano a non notare il suo disinteresse nei loro confronti?
Non ci voleva poi così tanto a capire che fosse gay, lo aveva praticamente tatuato in faccia, ma a quelle ragazze sembrava quasi non importare.
Tutto di lui sembrava urlare 'Mi piace il cazzo' o anche qualcosa tipo 'Mi piace prenderlo in culo', forse delle frasi così forti avrebbero convinto quelle diciassettenni con gli ormoni a puttane a lasciarlo stare e a scollarsi da lui.
Ma si trattenne dall'urlarlo, non avrebbe solo shoccato le ragazze, ma anche i cugini James, ma soprattutto William, che adesso lo stava chiamando con tono gentile.
“Edward.” William posò una man sulla spalla del ragazzo mentre questo si voltava già al suono della sua voce.
“Si?” okay Edward, respira, ha solo detto il tuo nome! Suvvia!
Patetico, ecco come Edward si sentiva, patetico.
Patetico, sì, ma cazzo che voce.
E mentre William gli domandava qualcosa continuava ad ascoltare il suono della voce e lo immaginava appena sveglio la mattina, magari basso e roco, o quando riprendeva il piccolo Max, chissà, forse quasi rabbioso o puntiglioso, o quando giocava col figlio, quando giocavano con le macchini e che, per farlo divertire, faceva versi strani come rombi o boati di esplosioni.
O magari... magari quando era a letto, magari con lui, magari mentre...
“Edward?” William lo guardava stranito, era da un po' che aveva notato che il ragazzo non lo ascoltava e lo fissava solamente, così si era fermato ed era rimasto in silenzio aspettando una reazione del più piccolo.
Il riccio scosse la testa e riportò lo sguardo su William un po' imbarazzato.
“Uhm?”
“Ti stavo chiedendo se potevi aiutarmi a portare i piatti, le posate e la torta.” concluse sbuffando divertito.
“Le ragazze ti hanno rincoglionito? Ad un certo punto non le stavi nemmeno più ascoltando!” rise William battendogli una mano sulla spalla.
“Uhm sì, mi hai fatto un favore chiamandomi di qua!” scherzò anche lui mentre si avvicinava ad un mobile in legno scuro per prendere dei piattini blu e le posate abbinate.
“Immagino, a volte possono essere logorroiche!” William si aggirava per la cucina in cerca dell'accendino per poi trovarlo poco dopo nello stesso punto in cui si trovavano i piatti che Edward aveva preso.
Si ritrovarono improvvisamente fin troppo vicini ed Edward non sapeva che fare, beh certo, la soluzione migliore era rimanere immobili e non sbilanciarsi troppo.
William dal canto suo non sembrava affatto infastidito da quella vicinanza – non che Edward lo fosse.
Il ragazzo più grande continuava a spiegare al più piccolo cosa dovevano fare.
“Allora, io accendo le candeline, tu spegni le luci del salottino, l'interruttore è dietro a questa parete.” spiegò a bassa voce indicando poi la parete citata.
Edward annuì e si avvicinò alla parte con piattini e posate in una sola mano mentre si appiattiva al muro aspettando un segnale da William.
Il liscio accese le tre candeline blu e si voltò immediatamente verso Edward facendogli segno di spegnere le luci, proprio come stava per fare.
Il silenzio calò nella stanza, i due ragazzi si sorrisero mentre entrambi avanzavano nella stanza intonando 'Happy birthday to you'.
Tutti cantarono la canzoncina battendo le mani tenendo il ritmo mentre William posava davanti al visino stupefatto del figlio la torta al cioccolato.
Gli occhi di Max erano spalancati, le pupille dilatate, la bocca fine aperta e le guance paffute si arrossarono.
Tutti finirono la canzone mentre William diceva al figlio di soffiare sulle candeline che continuavano a suonare.
Max si sporse in avanti e soffiò forte spegnendo la fiamma e facendo smettere le candele di suonare.
Tutti applaudirono mentre lui rimaneva estasiato a fissare il fumo che la candele rilasciava, si innalzava lento, si attorcigliava su sé stesso e poi sfumava scomparendo.
“Tanti auguri amore di papà!” esclamò William baciando la fronte del piccolo Max.
Max sembrava incantato da tutto, si guardava intorno e non aveva mai visto così tanta gente lì, solo per lui, lo incitavano a spegnere nuovamente le candele, osservava di nuovo il fumo scomparire verso l'alto, spostava lo sguardo su tutti i presenti e poi rise di gusto, buttò la testa all'indietro e sbatté le mani fra loro applaudendosi da solo.
William non era l'unico a rimanere incantato nell'osservare quella scena, ma anche Edward e la piccola Gemma rimasero affascinati da quella piccola creatura.
Non avevano mai visto un bambino così felice il giorno del suo compleanno, non ne avevano mai visto uno così estasiato nell'avere la gente che lo ama intorno.
Edward comprendeva solo in quel momento che quel bambino era speciale, era davvero importante per quella famiglia, che tutti lo amavano e lo veneravano quasi.
Ma come biasimarli?
Era l'unica cosa che rimaneva della ragazza di William, donna che lui aveva amato e rispettato.
Edward si sentì quasi uno stupido, cosa ci faceva lui lì?
Perché non aveva rifiutato l'invito lasciando così la famiglia a festeggiare in intimità?
Stupido, stupido, stupido! Continuava a ripetersi, proprio come una mantra.
Un'improvvisa voglia di scappare, di prendere in braccio Gemma e di uscire sbattendo la porta lo assalì.
Lui lì non centrava nulla, eppure si sentiva davvero bene lì, tra quelle mura e tra quelle persone di cui conosceva solo il nome e a cui aveva attribuito una possibile età.
Edward passava a William i piccoli piatti mentre il più grande tagliava la torta e la distribuiva a tutti presenti.
“A Gemma non darla, fa metà con me!” lo avvertì il ragazzo mentre gli passava un ultimo piatto per poi prendere la sorellina in braccio per farla sedere sulle sue gambe.
Gemma scalciò appena per sedersi più comoda mentre William passava loro il piatto con dentro un fetta di torta.
Il silenzio veniva spezzato ogni tanto da qualche parola, per lo più sussurrata, o da qualche verso smielato da parte delle ragazze mentre papà William imboccava Max, o quando era Edward a farlo con Gemma.
Edward iniziava a sentirsi male, da lì a poco avrebbe vomitato, ne era sicuro.
Tutte quelle attenzioni da parte di quelle ragazze iniziavano a dargli fastidi, ma non potendo fare molto si limitò a sorridere loro ogni volta che queste parlavano.
La sorella di William gli si avvicinò e sussurrò qualcosa al ragazzo, questo annuì e Charlotte scomparve oltre la porta.
Tornò qualche secondo dopo con in mano la busta di Edward e la posò davanti agli occhi di Max.
Edward si sentì davvero male questa volta.
Il respiro corto, le gambe tremanti, le braccia immobili, gli occhi spalancati e la bocca dischiusa.





Edward si ritrovò nella sua stanza poco dopo aver parlato con sua madre.
Si guardava intorno in modo spaesato, incredulo.
Aveva qualcosa allo stomaco, sentiva quasi di star dimenticando qualcosa.
Quante volte aveva provato quella sensazione? Sensazione assai fastidiosa.
Lo torturava dentro, sapeva che non poteva lasciarla torturarlo, doveva capire di cosa si stava dimenticando, se avesse lasciato perdere avrebbe rischiato di arrivare alla festa e di accorgersi solo lì quanto importante fosse la cosa di cui si stava dimenticando.
Ma cosa era?
Doveva mentalmente ricapitolare tutta la situazione.
Aveva incontrato William, ne aveva scoperto il nome e il fatto che avesse un figlio di nome Max e che quella sera a casa del ragazzo per cui aveva un cotta ci sarebbe stata una festa di compleanno.
Una festa di compleanno.
Ecco!
Di solito ad una festa di compleanno non si poteva mica andare a mani vuote.
Ma cosa portare?
Non poteva di certo preparare uno dei suoi soliti dolci, era troppo tardi, non avrebbe fatti in tempo.
Regalare al bambino qualcosa di Gemma gli sembrava non tanto carino, anche perché tutte le cose di Gemma erano per lo più rosa o pompose.
Si guardò un'ultima volta in giro, poi qualcosa attirò la sua attenzione.
Lì sul suo letto.





Edward, per la seconda volta, volle alzarsi e scappare da quella casa.
Ma cosa cazzo gli era passato per la testa in quel preciso istante?
Continuava ad imprecare mentalmente mentre il piccolo Max scartava il suo regalo.
Il cuore prese a martellargli nella cassa toracica.
Cosa fare?
Nulla, ecco cosa poteva fare.
Era impotente difronte a tutta quella situazione, gli venne quasi da piangere.
Non poteva aver regalato a quel bambino – che per lui contava davvero poco - proprio quello.
Era importante per lui.
Ma cosa cazzo aveva fatto?
Il mondo gli stava crollando addosso.





Edward aveva circa sette anni quando sua nonna Mary aveva posato davanti ai suoi grandi occhi verdi quel pacco regalo.
Era il primo febbraio del 2001, il giorno del suo settimo compleanno.
Mary aveva circa settant'anni ed Edward era il suo unico nipotino allora, così aveva deciso di fargli davvero un bel regalo.
Il bambino gli aveva detto più volte cosa avrebbe voluto per il suo compleanno, ma né mamma Anne, né papà Des volevano comprarglielo perché a detta loro 'Siamo già pieni di pupazzi in casa, Eddie!'.
Ma nonna Mary era di buon animo e vedere il piccolo Ed così preso da uno stupido pupazzo non lo aveva mai visto, così, perché non accontentarlo?
E quando aveva scartato quella carta verde se lo era ritrovato davanti; un pupazzo a forma di rinoceronte, grande una trentina di centimetri, marrone scuro e con il corno, l'interno delle orecchie e la base delle zampette di beige.
Aveva adorato quel pupazzo dal primo giorno in cui l'aveva visto nella vetrinetta di un punto 'Toys'.
Se ne era letteralmente innamorato, adorava i rinoceronti, erano i suoi animali preferiti, adorava vederli in televisione in uno stupido documentario.
E ritrovarselo lì davanti era un sogno bellissimo per lui, un sogno che si realizzava.





Sua nonna Mary era morta la settimana dopo e quel pupazzo era l'unica cosa che gliela ricordava, era il suo pupazzo preferito e ogni tanto, quando si sentiva solo o quando gli mancava la sua nonna, lo prendeva e lo stringeva al suo petto fregandosene di sembrare un bambino o peggio ancora una ragazzina adolescente.
Adorava sua nonna e mai l'avrebbe dimenticata.
Ma così facendo avrebbe rotto qualcosa che c'era solo fra lui e sua nonna.
Max continuava ad osservare davanti ai suoi occhi il pupazzo a forma di rinoceronte stranito.
Ecco, aveva fatto una cazzata.
Quel bambino non avrebbe mai capito cosa – o chi – fosse quel pupazzo, non lo avrebbe mai trattato con i guanti come faceva lui tutti i giorni, non avrebbe sorriso nel vederlo, non lo avrebbe mai tenuto fra le sua braccia nel vano intento di risentire vicino a sé una persona a lui cara.
Tutti i presenti erano rimasti in silenzio ad osservare il piccolo, Edward compreso.
Tutti erano su un filo in bilico, erano straniti, proprio come il piccolo Max.
Erano straniti non per il regalo, ma per la reazione del bambino.
Ma poi, così, all'improvviso, esplose urlando 'Rino!'.
Edward era sconvolto, Rino era il nome che aveva affibbiato a quel pupazzo ed ora il bambino aveva fatto lo stesso.
Rino, lo aveva chiamato Rino.
“Cosa?” domandò Charlotte confusa, ponendo la domanda che tutti i presenti si stavano facendo.
Rino! Rino! Lo chiamerò Rino!” esclamò Max felice.
Rino! Rino! Lo chiamerò Rino!” aveva detto Edward, solo le labbra si erano mosse, a tempo con la voce di Max.
E Félicité se ne era accorta, era stata l'unica ad accorgersene.
Edward sorrise ampiamente, forse aveva pensato male di quel bambino di soli tre anni.
Forse aveva affrettato le cose, forse lo aveva giudicato male.
Quella morsa allo stomaco svanì e sorrise accettando che, sì, aveva fatto la scelta giusta.
“Max, ringrazia Edward, te lo ha regalato lui!” sorrise William al figlio indicando poi il ragazzo dai capelli ricci che in quel momento stava mettendo a terra Gemma.
Non seppe come, ma si ritrovò addosso il bambino che lo abbracciava, gli aveva stretto le piccole braccia al collo, si era seduto su di lui e aveva appoggiato la testa sulla spalla del ragazzo mentre “Rino!” sussurrò ancora.














 
Giorno!

Belle mie, come state? Io tutto bene!
Come promesso – a me stessa a dir la verità – eccomi qua, a metà agosto.
Okay, manca domani per essere a metà agosto, ma sono solo dettagli inutili! lol
Volevo aggiornare tra oggi e domani per farvi gli auguri di Ferragosto, ma visto che domani non potevo postare avevo deciso di farlo oggi, beh? Sono qui! Esultate dai! Hahahah Allora, cosa ne pensate del capitolo? Ve gusta? Io ero tipo in lacrime, tutta queste cose sono fin troppo smielate anche per una tipa come me! lol Diciamocelo, il capitolo fa abbastanza cagare, non è per niente uguale a come lo avevo progettato! Beh sì, io prima di scrivere i capitoli per interi – la stesura, intendo – mi faccio prima una bozza dei vari avvenimenti e in questa bozza c'era la festa di compleanno, era presente il regalo ma non la parte finale, la fine era completamente diversa da quella scritta nel capitolo che avete appena letto. Ma, lo ammetto, mi piace come l'ho fatto terminare, anche perché non mi piaceva l'altra, sembrava fin troppo affrettata! Uhm, poi, devo dirvi delle cosette quindi vado a punti sennò poi me le dimentico:
1 – Volevo rispondere a due domande che mi erano state poste nelle recensioni del capitolo precedente in modo tale da spiegare il tutto: La storia non ha come tema il sovrannaturale, Max e William non hanno dei poteri e non possono comunicare con Eleanor.
Non vi è mai capitato? Quando muore una persona a voi cara non vi capita di vederla ancora gironzolare per casa o di sentire la loro voce che vi chiama? No? A me si! Hahahah *non prendetemi per pazza, grazie* Ed è normale, l'abitudine ti porta a questo, e a chi non è mai capitato mi dispiace perché davvero è una cosa bellissima, sembra quasi che la persona che è morta sia accanto a voi.
Pooooi, l'altra domanda riguarda la scelta dei nomi, ovvero William ed Edward.
Ho scelto di usare i loro secondi nomi non perché sono trasgressiva o alternativa – sì anche per quello, ma dettagli – ma perché ho letto così tante fan fiction Larry che non solo ho perso il conto, ma a volte le confondo tra loro perché i personaggi sono sempre loro.
Quindi la scelta dei nomi è perché non vorrei che la fan fiction che state leggendo sia la solita Larry, mi dispiacerebbe sapere che confondiate la mia storia con un'altra proprio come capita di fare a me. (Cosa che mi sembra davvero crudele anche solo da parte mia).
Volevo che vi rimanesse nel cuore come La Williard, la fan fiction Larry su William ed Edward, quella dove i nomi usati non sono gli stessi, dove le avventure non sono del solito Louis o del solito Harry.
Lo so, è una cagata ma io ci tengo davvero tanto a questa storia, non potete nemmeno immaginare quanto mi stia impegnando a scriverla e sapere che qualcuno la dimentichi un po' mi fa stare male e sapere anche che questo piccolo, ma importante dettaglio, vi possa portare ad amarla mi rende davvero entusiasta.
Non so se mi sono spiegata bene, se non avete capito ditemelo che nella recensione ve lo rispiego!:)
2 – Voglio ringraziare le ventuno persone che hanno recensito lo scorso capitolo, le sei persone che hanno messo la storia tra le preferite, le cinque persone che l'hanno messa tra le ricordate e le tredici che hanno messo la fan fiction tra le seguite. Non ho mai avuto tredici persone che seguono una mia storia già dal primo capitolo e, davvero, non potete capire quanto questo mi renda felice!

Su Twitter sono @LookAfterYou17.
Su Wattpad sono 
@Elisaku.
Qui potete trovare le mie altre fan fiction in corso:
Num3ro Sbagliato.
La Ragazza Onnipotente.

Me la lasciate una recensione con un vostro commento? É davvero importante per me sapere cosa ne pensate, davvero, davvero tanto! Per faaaavore! *faccia da cucciola adorabile*

Alla prossima e...
Buon Ferragosto amori miei!

Elisaku.
  
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