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Autore: Shnusschen    15/08/2014    5 recensioni
-Ced mi ha parlato di te, naturalmente- disse Amos Diggory. –Ci ha detto tutto delle partite che avegiocato lo scorso anno, sai… E io gli ho detto:Ced, questa è una cosa che racconterai ai tuoi nipotini, sì… gli ho dettto, hai battuto Harry Potter!-
[Harry Potter e il Calice di fuoco]

One shot su Amos Diggory. La disperazione di un padre che si è visto strappare il figlio.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Amos Diggory
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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-Ced mi ha parlato di te, naturalmente- disse Amos Diggory. –Ci ha detto tutto delle partite che avete giocato lo scorso anno, sai… E io gli ho detto:Ced, questa è una cosa che racconterai ai tuoi nipotini, sì… gli ho dettto, hai battuto Harry Potter!-

[Harry Potter e il Calice di fuoco]

 

-Proprio così! Era un eccellente giocatore di Quidditch, il migliore di Hogwarts! Non ci sono dubbi su questo: ha battuto persino Harry Potter!

-Harry Potter?- gli fece eco il piccolo – Davvero?

-Ma certo! Ho forse la faccia di uno che dice bugie?!- ammiccò il nonno – Il giorno della partita c’era una tempesta terribile: fulmini e saette ovunque, non si vedeva ad un palmo di naso e all’improvviso i Dissennatori sono entrati in campo…

Il bambino si sedette più comodamente sulle ginocchia del nonno, i grandi occhi grigi spalancati dallo stupore, attento a non perdersi neppure una parola.

-Ma lui non si è perso d’animo e, mentre Harry Potter cadeva dalla scopa, ha catturato il boccino d’oro!

-Papà, ancora con questa vecchia storia?- Un uomo alto, con i capelli biondi e gli occhi grigi, era appena entrato nel salotto, un sorriso affettuoso e paziente sulle labbra.

-Che c’è? Non posso essere orgoglioso di mio figlio? Sempre modesto, il mio Cedric!

Amos Diggory si alzò dalla vecchia poltrona accanto al fuoco tenendo il nipotino, che rideva come un matto, come un sacco di patate e si avviò verso la sala da pranzo, seguito dal figlio.

Quei pranzi domenicali in famiglia erano il momento più bello della settimana.

 

La pioggia scrosciava rumorosamente sul lastricato di Diagon Alley e il vento portava gli schizzi fin sotto la piccola tettoia, dove un uomo con un vestito sporco e lacero sonnecchiava.

Il temporale aumentò di intensità e l’uomo si svegliò; aprì lentamente gli occhi e si mosse appena, facendo rotolare numerose bottiglie vuote, poi si guardò intorno, spaesato.

-Ced…- borbottò, la voce impastata dall’alcool. D’un tratto sembrò ritornare in sé, gli occhi azzurri spalancati e colmi di un dolore troppo grande per essere espresso con parole e lacrime. Le mani, ossute e sporche, tastarono affannosamente il terreno intorno a lui, scartando una bottiglia dopo l’altra, alla ricerca di una che contenesse ancora qualche goccia del prezioso liquido ambrato, ma invano.
L’uomo allora si alzò, barcollando vistosamente, e si incamminò lungo la strada, incurante del temporale che gli inzuppava i vestiti.

Diagon Alley non era più la strada ricca di meravigliosi negozi, sempre piena di gente indaffarata in compere e chiacchiere. La maggior parte dei negozi aveva chiuso o stava per farlo e quei pochi che resistevano ancora erano desolatamente vuoti; le persone avevano paura ad uscire di casa, e se erano costretti a farlo cercavano di sbrigarsela il più velocemente possibile. Ma tutto questo all’uomo non importava: dopotutto, anche lui era ormai l’ombra di ciò che era stato. Sempre col suo passo stanco, come se anche solo l’atto di strisciare i piedi per terra richiedesse una forza e una fatica immense, giunse davanti al Paiolo Magico ed entrò. Anche questo era desolatamente vuoto e, per qualche ragione, sembrava più piccolo e lugubre che mai.

-Un Whisky Incendiario. Lasci la bottiglia- disse in un sussurro roco.

-Signor Diggory, perché non prende invece una buona tazza di tè? È tutto bagnato, l’aiuterà a scaldarsi.- Tom sapeva perfettamente che l’uomo era ubriaco e voleva impedirgli di bere ancora.

-Lascia stare, inutile vecchio, e tieniti il tuo tè.

L’anziano barista provò a trattenerlo ma Amos era già sparito oltre la soglia.

Le strade rese scivolose dalla pioggia e le sue gambe malferme non erano però una bella combinazione: aveva fatto pochi metri quando scivolò su un gradino e cadde pesantemente a terra.

 

-Nonno, mi racconti qualcos’altro?

Il pranzo era stato eccellente, come sempre, visto che sua nuora era un’ottima cuoca, ed era trascorso piacevolmente tra chiacchiere e risate. Finito il dolce, nonno e nipote tornarono in salotto, dove il bambino fece la sua richiesta.

Anche questo faceva parte dei rituali della domenica: il piccolo doveva aver sicuramente ereditato la curiosità dalla madre, una brillante studentessa di Corvonero, perché aveva sempre una domanda pronta e non era mai sazio di storie. Sarebbe stato per ore ad ascoltare il nonno che da parte sua era ben felice di condividere con un pubblico così attento i racconti dell’infanzia di Cedric.

Amos dunque scompigliò affettuosamente la chioma corvina del nipote e gli chiese:

-Ti ho mai raccontato di quando ha vinto il Torneo Tremaghi?

Il bambino scosse la testa e il nonno scoppiò a ridere: era una sorta di gioco, tra loro. Gli aveva raccontato quella storia almeno un centinaio di volte, ma puntualmente il nipote diceva di non conoscerla, per il piacere di ascoltarla di nuovo dalla sua voce.

-È stato un parimerito con Harry!- intervenne Cedric dalla cucina e godendosi le risate che gli arrivarono in risposta.

Anche quello faceva parte del gioco.

-Zitto tu!- gli disse il padre, sempre ridendo- e aiuta tua moglie a fare i piatti.

Poi, rivolgendosi al nipote:- Devi sapere che il tuo papà era stato il migliore in tutte le prove. Il campione di Hogwarts! Tutti gli volevano bene e tifavano per lui, tutte le ragazze avrebbero fatto carte false per uscire con lui…

-Ma lui voleva solo la mia mamma- intervenne il bambino.

-Proprio così, piccolo. Stanno insieme da allora. Stavo dicendo? Ah sì: siccome era stato il migliore, entrò per primo nel Labirinto. Era deciso a vincere e a dedicare la vittoria a tua madre. Tutto il pubblico era dalla sua parte e lo incoraggiava con applausi e grida, non poteva perdere!

Ricorderò per sempre il momento in cui uscì da quel Labirinto: la coppa in mano e gli occhi che brillavano di felicità…

 

-Credi che sia morto?

La voce, fredda e incurante, giunse a fatica alla mente annebbiata di Amos, che non si prese la briga di rispondere. Dopotutto, non era neanche sicuro di quale fosse la risposta più appropriata.

-No, respira. È solo svenuto, per l’alcool, direi, a giudicare dalla puzza.

-Feccia, ecco cos’è. Ecco cosa sono tutti. Topi di fogna striscianti e pavidi che tremano di paura. L’Oscuro Signore non sa che farsene di gente così.

L’annebbiamento si stava diradando. Ora Amos capiva i discorsi dei due uomini vicino a lui. Da qualche parte, ai margini della coscienza, qualcosa premeva perché lui rispondesse, perché prendesse la bacchetta e ammazzasse quei due luridi Mangiamorte, cominciando così a vendicare Cedric. Ma la sua mente si opponeva a quel pensiero: vendicare Cedric per cosa? Suo figlio stava benissimo, era felicemente sposato e con uno splendido bambino e presto lui sarebbe andato a trovarli e avrebbe raccontato al nipotino tante belle storie.

-È solo uno spreco di ossigeno ambulante.

-Già. E a me non piacciono gli sprechi.

Gli avrebbe raccontato di come suo padre avesse invitato sua madre al Ballo del Ceppo, soffiandola a Harry Potter, e di come fosse stato Cedric e risolvere l’enigma della seconda prova… un sorriso incurvò le labbra di Amos, mentre pensava alla bontà del figlio, che aveva condiviso le sue scoperte col compagno meno sveglio.

Stava ancora sorridendo, quando il Mangiamorte pronunciò la maledizione in tono quasi pigro.

-Avada Kedavra!

 

Sorrideva, Amos Diggory, finalmente.

Era morto, Amos Diggory, finalmente.

   
 
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