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Autore: Alyssia Black    16/08/2014    4 recensioni
«Signor Connor, è nata» urlò la levatrice affacciandosi dalla finestra.
[...] «Congratulazioni, è una bambina e sua moglie ha deciso di chiamarla Ginevra» gli disse, porgendogli la neonata.
[...] «Pensano che sia una strega».
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One-shot - Medioevo - Friburgo, Germania
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La storia si è classificata seconda al secondo turno del contest "Il nuovo esame" indetto da _Aras_ sul forum di EFP
Genere: Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo, Inquisizione
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Autore: Alyssia Black [EFP], PiccolaStellaSenzaMeta [forum]
Titolo: Hexe
Fandom: Originale storico
Contesto storico: fine Medioevo
Traccia scelta: numero 5
Note dell'autrice: (DA LEGGERE PREFERIBILMENTE DOPO LA STORIA) Le vicende sono ambientate intorno al 1450/1500, nel periodo della Caccia alle Streghe. Nel caso in cui non conoscessi bene il periodo ti consiglio di leggere l'apposita pagina di Wikipedia (http://it.m.wikipedia.org/wiki/Caccia_alle_streghe). La storia si svolge a Friburgo, in Germania, che all'epoca era un piccolo villaggio, mentre ora é una grande città. In questo luogo sono state arrestate molte streghe nel corso delle persecuzioni e proprio per tale motivo ho scelto la città. Inoltre ho fatto svolgere la 'caccia' come consuetudine dell'epoca, ovvero una persona qualunque denuncia una donna per un nonnulla e questa viene arrestata. Inoltre i capelli corvini e la pelle candida, le erbe medicinali e lo stare sempre sola per l'epoca erano sintomi lampanti della stregoneria. Le informazioni che ti do e che ho usato e inserito nella storia sono tutte prese da libri e riviste. Ho in famiglia nonno che é espertissimo di Medioevo e, infatti, ha di tutto sull'argomento. Un'ulteriore aggiunta a questo periodo molto sfavorevole per le donne é anche il fatto che la nascita di una bambina veniva considerata qualcosa di brutto. Le femmine non potevano lavorare e non contribuivano all'economia familiare, quindi si cercava di darle in sposa il più presto possibile, soprattutto se la dote era alta.
Non considerare assurdo o inappropriato il comportamento del padre anche perché accadeva pure di peggio. Tempo fa leggevo in un documento dell'epoca di un padre uccise in una notte tutte le quattro figlie femmine che avevano su per giù tra i dieci e i diciotto anni. Puoi capire, quindi, l'entità del problema. 
L'insulto finale era tipico dell'epoca e veniva considerato molto grave da dire, soprattutto se usciva dalla bocca di una donna. Veniva usato anche per spronare i lavoratori e i muli dai contadini e proprietari terrieri. É presente anche in un documento dell'epoca, scritto in volgare, di San Clemente e in un'iscrizione del medesimo nella basilica di San Clemente in Laterano. Riesci certamente capirne il corrispettivo italiano senza che te lo dica data la somiglianza.
Una nota sul titolo: Hexe in tedesco significa strega e dato che la storia si svolge in Germania l'ho trovato molto appropriato.
Spero che la storia ti sia piaciuta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




 
 
Un grido ruppe il silenzio assordante che circondava la piccola abitazione di campagna.
Il cielo mattutino era sereno e nell’orto iniziavano a spuntare i primi ciuffi di erba medica.
Un ulteriore urlo turbò la consueta atmosfera primaverile.
Un pianto di un bambino.
 
«Signor Connor, è nata» urlò la levatrice affacciandosi dalla finestra.
L’uomo, che fino ad allora era rimasto lontano dalla casa, pregando il Signore che il nuovo bambino fosse un maschio, alzò la testa, disperato. Si avvicinò quasi correndo all’abitazione. Dietro la porta lo attendeva l’ostetrica con un piccolo fagottino al collo.
«Congratulazioni, è una bambina e sua moglie ha deciso di chiamarla Ginevra» gli disse, porgendogli la neonata.
«Vada al diavolo» le disse.
Prese tra le braccia Ginevra, ma senza dimostrarle il proprio amore, accogliendola nella propria vita con freddezza. L’uomo inveì contro Dio e contro sua moglie, che ancora una volte non gli aveva dato un maschio. Cosa se ne faceva con un’altra femmina? Un’altra inutile bocca da sfamare, un’altra bambina da vestire e dare in sposa il prima possibile.
 
***
 
Una ragazza sedeva all’ombra di una quercia intenta ad intrecciare fili di lana e cotone. I lunghi capelli neri raccolti in uno chignon contrastavano con il colore candido della pelle. Indossava una camicia maschile, probabilmente appartenuta al padre, di molte taglie più grandi, tanto da farle da vestito.
Connor la guardava da lontano, maledicendo il giorno in cui l’aveva concepita e quello in cui non l’aveva abbandonata, commosso dalle suppliche della moglie.
«Che ce ne facciamo di lei?» disse, rivolgendosi alla consorte. Ella alzò le spalle; aveva gli occhi cupi e tristi, presagiva un futuro di sofferenze per quella figlia.
Erano riusciti a far maritare le altre tre ragazze, ma Ginevra non la voleva nessuno.
«Hai sentito cosa dicono di lei in paese?» domandò lui.
«Pensano che sia una strega, ma non ha mai fatto nulla» disse tra i singhiozzi la donna.
Ginevra era stata additata ingiustamente da qualche paesano, stupito del fatto che parlasse poco, che giocherellasse con le erbe medicinali dell’orto o che all’età di diciassette anni non fosse ancora sposata.
La gente mormorava al suo passaggio, alcuni la temevano, altri la deridevano. Tutti si scostavano, nessuno la voleva vicina in chiesa o durante le processioni. Lei, tuttavia, non capiva cosa gli altri pensassero.
«È anche stupida» mormoravano in paese. Era ingenua, tanto da venir raggirata facilmente; sorrideva a tutti e non percepiva il disprezzo che suscitava.
Era frequenti le volte in cui veniva schernita pubblicamente, ma non le importava.
«C’è la strega!» gridavano i suoi coetanei, le cui consorti avevano già i ventri gonfi.
 
***
 
«Ginevra, figlia, ti abbiamo trovato uno sposo» annunciò solenne Connor la mattina del diciottesimo compleanno della ragazza.
La giovane donna abbassò la testa, insicura sul da farsi.
Connor era raggiante. Finalmente aveva trovato qualcuno che la desiderasse. Albriecht Schneider era un uomo di mezz’età, vedovo, che poteva offrire alla famiglia una dote considerevole e che avrebbe dato alla ragazza una vita abbastanza agiata. Avevano più di vent’anni di differenza, ma a Connor interessava solo il denaro.
Fu presentato a Ginevra pochi giorni dopo; in suo onore venne organizzato un banchetto e Connor obbligò addirittura le figlie già sposate a prendervi parte. Fu una delle poche feste celebrate a Freiburg in quel periodo, l’unica nella campagna di Connor.
Ginevra stette tutto il tempo in silenzio, come di consueto, lontano dalla famiglia e dal promesso sposo. Pianse più volte di nascosto, all’ombra della sua amata quercia, dove nessuno l’avrebbe disturbata. Quel matrimonio sarebbe stata la fine della sua libertà e spensieratezza. Niente più giochi, niente più passeggiate. Sarebbe divenuta una macchina con il ventre costantemente gonfio, capace solo di partorire bambini e ubbidire alle richieste del marito.
 
***
 
Le voci che circolavano su Ginevra, tuttavia, giunsero presto all’orecchio di Albriecht.
Qualcuno, infatti, aveva riferito all’uomo delle strane manie della ragazza, del fatto che fosse stata denunciata all’Inquisizione per stregoneria.
Albriecht, spaventato da quelle dicerie, annullò il matrimonio. Come consuetudine, comunque, fu costretto a pagare la dote stabilita, ma non ci fu mai uno sposalizio.
La famiglia accolse la decisione dell’uomo come una disgrazia. Connor aveva sempre saputo che quella figlia era una punizione divina e questa fu la conferma.
A Ginevra non importò nulla di quel mancato matrimonio, anzi. Non le piaceva affatto quell’uomo e preferiva di gran lunga la sua solitudine.
L’aria a casa era insopportabile, la tensione aveva raggiunto il limite e una sola scintilla avrebbe provocato un incendio.
«Non mi voglio sposare, mai» esordì Ginevra.
«Prova a ripeterlo, se ne hai il coraggio» la sfidò il padre.
La ragazza non tacque, ma confermò la sua decisione. Connor, con il volto rosso dalla rabbia, la picchiò. Ginevra non pianse, neppure quando il dolore divenne insostenibile.
Quella notte Connor la obbligò a dormire nel fienile e fu lì che Ginevra immaginò una vita diversa, lontano da Freiburg, dove nessuno la conosceva. Aveva iniziato ad odiare quella casa e tutta la sua famiglia. Era decisa a scappare.
Uscita dal fienile, aprì silenziosamente le porte della stalla, dove prelevò uno dei cavalli di suo padre. Stette attenta a non fare il minimo rumore e fortunatamente il cavallo non nitrì alla sua vista. Un solo passo falso e avrebbe potuto dire addio ai suoi sogni.
Cavalcò tutta la notte, cercando di mantenersi distante dai centri abitati e di non destare sospetti; si fermò solo alle prime luci del sole in una radura. Non aveva nulla da mangiare e i primi segni di stanchezza iniziarono a mostrarsi.
Ginevra si domandò più volte cosa stesse facendo suo padre in quel momento, ma mai si sarebbe potuta immaginare che avesse chiesto ad alcuni uomini poco raccomandabili di far sì che la ragazza non potesse mai più tornare a casa. Era felice per la decisione presa dalla ragazza, ora se ne sarebbe sbarazzato per sempre. Sua madre, invece, pianse centinaia di lacrime, che cessarono solo in seguito alle numerose percosse di Connor.
In paese si diffuse velocemente la notizia della scomparsa di Ginevra e alle chiacchiere riguardanti i suoi presunti poteri magici se ne aggiunsero altri riguardanti la sua pazzia, tanto che in poche ore la ragazza era sulla bocca di tutti.
La gente iniziò a distorcere le notizie sul suo conto, si cominciò a dire che aveva ucciso dei bambini, che aveva avvelenato un fratellino appena nato e che aveva un neo nell’iride dell’occhio, segno del diavolo.
Venne catturata dall’Inquisizione una settimana dopo, nel cuore della Foresta Nera.
Ginevra non oppose resistenza, non sapeva neppure cosa le stesse accadendo.
Venne portata in paese come una criminale, legata con una corda ad una sella e fatta strisciare. Il suo arrivo a Freiburg venne accolto con trionfo. La gente continuava a mormorare e a ridere, ma alcuni addirittura scommettevano su cosa le sarebbe accaduto.
Connor e sua moglie vennero a conoscenza dell’accusa di stregoneria che gravava sulla ragazza dal marito di una delle altre figlie che lavorava in paese. Sapevano cosa sarebbe accaduto alla giovane, ma non se ne curarono.
Ginevra non subì alcun processo, ma venne condanna direttamente. Le accuse a suo carico erano, secondo le istituzioni, troppe e schiaccianti. Tutto il paese aveva testimoniato contro di lei, inventando eventi e uccisioni.
La ragazza venne tenuta per due giorni in una grande gabbia di ferro, posta in piazza, in modo che tutti la potessero vedere. Era divenuta l’attrazione principale di Friburgo, tanto che qualcuno aveva anche attaccato per le vie un cartello con su scritto “Di qua per la strega in gabbia”.
Ginevra pianse giorno e notte, versando tutte le lacrime che aveva represso negli anni. Non si aspettava tanto odio da parte dei concittadini, soprattutto nei suoi confronti. Non aveva mai fatto del male a nessuno, eppure si erano inventati tutto pur per vederla in quello stato. Connor e sua moglie non si recarono mai a far visita alla figlia, ad aiutarla a sopportare quel dolore così grande; ritennero l’accusa una liberazione e una salvezza.
Sotto i suoi occhi venne costruita la sua tomba: il rogo.
La mattina del terzo giorno, infatti, Ginevra venne fatta uscire dalla gabbia e legata ad un palo di legno. Intorno a lei furono posti centinaia di pezzi di legno e carbone. A mezzogiorno iniziarono a radunarsi centinaia di compaesani vogliosi di vedere la fine imminente della ragazza, la sua morte.
Ginevra pregò Dio che non la condannassero, sperò che qualcuno arrivasse all’ultimo momento per salvarla e dire che era stato tutto un malinteso, ma non giunse nessuno.
Una scintilla e poi fu tutto rosso.
«Dio sa che sono innocente, bastardi!» urlò Ginevra, ma nessuno ormai la poteva sentire. 
«Morirete anche voi, fili de le pute» un ultimo grido, un presagio e spirò.
 
   
 
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