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Autore: Lupoide    18/08/2014    2 recensioni
"Senza l'amore non c'è odio,
senza odio non c'è guerra,
pensa a quanto l'amore è merda..." [cit.]
Può essere il più antico e forte sentimento umano la causa dell'estinzione della nostra specie? Può essere un semplice bacio l'inizio della fine? Beh...è tutto possibile...in questo mondo non morto.
Genere: Erotico, Horror, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Da via di Portonaccio svoltò su via di Casalbertone, l’aria gli scompigliava i capelli e tagliava la faccia mentre sfrecciava per la strada. Quando passò vicino al vecchio parco notò quanti corpi senza vita si accalcavano sotto la chiesa e tutt’attorno al vecchio chiosco che faceva da bar della piazza. I vecchi giochi del parco giacevano ormai riversi a terra da mesi e subito gli venne in mente una domanda che non si era mai posto, esistevano ancora bambini in quel mondo? Esisteva ancora qualcuno che avrebbe giocato con quelle vecchie altalene del parco? Per tutta risposta aprì il gas e accelerò. Non appena sentirono il rumore prodotto dalla marmitta della moto, tutti i corpi che si lamentavano attorno al chiosco voltarono il loro sguardo spento e senza vita nella sua direzione. In meno di un minuto si ritrovò a svoltare a destra e vide stagliarsi su di lui il centro commerciale di Casalbertone. Sopra il tetto vide 3 figure familiari imbracciare un fucile e puntare verso l’esterno dell’edificio, solo allora si cacciò pollice e indice in bocca ed emise un lungo e stridulo fischio udibile sin da lontano. Fu allora che i tre fucili all’unisono cominciarono a sparare verso l’ingresso del centro commerciale abbattendo una dopo l’altra le figure che assediavano la porta, in meno di un paio di minuti Freki vide la porta principale aprirsi mentre tutt’attorno all’area d’ingresso i corpi giacevano in un avanzato stadio di decomposizione. Salì sulla rampa per i disabili e si portò con tutto il mezzo all’interno del centro commerciale mentre due ragazze dietro di lui richiudevano immediatamente le porte.

L’enorme supermercato sulla sinistra gli diede il benvenuto mentre le ragazze gli si avvicinarono per rivolgergli alcune domande.

- Sei stato morso? – chiese la ragazza alla sua sinistra, capelli biondo cenere, occhi azzurri come il mare d’inverno e occhiali dalla montatura rotonda ad incorniciarli.

- No, Mary.

- Quanti ce ne sono per le strade? – chiese l’altra ragazza alla sua destra, capelli corvini e scuri come una notte senza luna, occhi verdi come smeraldi incastonati nella candida pelle madreperlacea.

Erano così diverse che tutti rimanevano stupiti quando confessavano di essere sorelle, l’unica cosa che le accomunava era l’altezza, entrambe sul 1,65 m.

- Ce ne sono tantissimi come al solito, Juls.

Tra le due Marilena era la più apprensiva e subito si prodigò per aiutarlo a togliersi la giacca, alzandogli subito la maglia perlustrando la sua pelle centimetro per centimetro.

- Lo sai che odio quando lo fai…

- E tu sai che devo farlo invece. Bene…sei sano come un pesce. Bentornato a casa Fre.

- Grazie Mary! – nel dirlo le stampò un bacio sulla fronte e la ragazza lo strinse forte a sé.

- Ci hai fatto preoccupare stavolta, sei stato via tantissimo. – li interruppe Giulia sorridendo.

- Non volevo farvi preoccupare Juls, diciamo che volevo trovare qualcosa di speciale. – gli rispose schioccando un rumoroso bacio sulla fronte anche a lei mentre rovistava contemporaneamente con la mano destra l’interno dello zaino che portava sulle spalle. Quando tirò fuori la stecca di sigarette la ragazza la accolse con un enorme sorriso. Subito allungò la mano per farla sua ma Freki la ritrasse immediatamente.

- Ah ah, sono per tutti. All’interno ci sono 10 pacchetti e noi siamo in 7 di cui 5 fumatori…

- Quando hai finito con i problemi di matematica puoi darmi i miei due pacchetti e lasciarmi in pace?

- Certo…- ridendo le allungò due pacchetti di sigarette Lucky Strike e le schioccò un altro bacio sulla fronte accolto da un abbraccio e un altro dei suoi enormi sorrisi. Adorava vederle sorridere.

Si diresse a grandi falcate verso la zona del bar dove trovò Muninn da sola seduta a un tavolino. L’odore forte di sambuca nell’aria e la bottiglia poggiata di fronte a lei lasciavano poco scampo alla fantasia.

- C’è un goccio anche per me?

- Certamente…lo sai che abbiamo abolito il concetto di proprietà da che siamo entrati qui dentro…

- Beh sì ma la domanda mi sembrava d’obbligo visto che vi vedo spesso insieme…

- Di chi parli?

- Di te e la bottiglia naturalmente.

Un sorrisetto beffardo affiorò sulle labbra della ragazza. Era alta poco più di un metro e settanta, aveva lunghi capelli rossi e ricci che le coprivano le spalle fino ad arrivare a metà della schiena e gli occhi color nocciola ma di una sfumatura più chiara quasi tendente al caramello. Era pallida come se non avesse mai visto il sole e una sua particolarità era che portava sempre qualcosa di rosso addosso. Quel giorno indossava un lungo vestito rosso con lo spacco laterale che lasciava scoperte per metà le candide e lunghe gambe accavallate sotto il tavolino.

- Prendi un bicchiere e siediti Fre.

- Sono tutto tuo – le rispose con un pizzico di malizia nel tono come spesso usavano fare i due. Sembravano trovarci gusto nello stuzzicarsi a vicenda ed erano consapevoli di piacersi ma tra loro non era mai successo nulla. Non ancora almeno.

Poggiò due pacchetti di sigarette sul tavolino e si versò un po’ di sambuca in una tazzina di caffè.

- Quanto lusso stasera. – disse lei sorridendo e guardandolo dritto negli occhi.

- Solo il meglio per noi. – alzò il bicchierino per augurarle un po’ di salute e poi mandò giù l’alcool tutto d’un fiato. – Tra quanto tocca il turno di guardia?

- Tra poco meno di un’ora è il nostro turno.

- Bene allora vado a stendermi una mezz’ora prima dell’inizio. Mi chiami tu per il cambio?

- Devo dedurne che non cerchi compagnia ora.

- Chiamami tra poco, e non bere troppo…ti voglio lucida per la guardia.

- Sì signor capitano! – si portò la mano alla fronte in un saluto militare facendogli l’eco mentre lui si dirigeva verso il vecchio negozio di materassi.

- …ti voglio lucida per la guardia…

Nella notte fonda la casa era immersa nel silenzio. Freki era ancora sveglio davanti al suo computer ad ascoltare dischi di vecchi gruppi degli anni 80 e mentre One for the Vine gli faceva da sottofondo il ragazzo si divertiva a girovagare per l’universo di internet acquisendo informazioni random sul gruppo stesso fino a passare alla mitologia norrena. La musica faceva da materiale isolante per il mondo esterno che cercava di entrare in lui e lo distraeva dalla colpa di essere ancora in piedi a quell’ora. I suoi dormivano già da un pezzo due stanze più in là mentre la sorellina sua vicina probabilmente stava facendo le stesse identiche cose, magari cambiava solo il brano che faceva da sottofondo. Trovò strano, navigando, quante volte fosse riuscito a incappare in articoli che parlavano di casi di cannibalismo accaduti nella stessa giornata in diversi punti del mondo, incuriosito cominciò una lunga ricerca che lo tenne sveglio ancora per un’ora intento a sfogliare articoli su articoli. L’unica cosa che riuscì a comprendere che il primo episodio era accaduto proprio a Roma, al policlinico Umberto I. La cosa gli sembrò irreale poiché l’ospedale non era molto distante da casa sua. In fondo dal Pigneto a Viale Regina Margherita non ci volevano più di 20 minuti di tram. Solo allora avvertì l’impellente bisogno di urinare. Uscì dalla camere ispezionando il corridoio che portava prima alla camera della sorella, poi al bagno e infine al salone con l’angolo cottura che divideva la camera dai suoi dalle loro. Vide la luce che filtrava da sotto la porta del bagno quindi bussò delicatamente.

- Occupato – rispose la voce della madre dall’altro lato della porta. Era già capitato altre volte che Freki si innervosisse pensando che la genitrice avesse una sorta di talento nel sentire quando aveva bisogno del bagno e riuscire a occuparlo in quel preciso momento.

Voltandosi notò un’ombra nel buio del salone che una volta messa fuoco riconobbe nella figura paterna.

Ansante e immobile al centro del salone aveva lo sguardo rivolto verso di lui ma non si muoveva di un solo centimetro come se fosse in attesa di qualcosa.

- Papà…devo solo andare al bagno…poi mi metto a letto…

Nessuna risposta.

- Dai non essere arrabbiato…devo usare solo un minuto il bagno…

Ancora nessuna risposta, sconsolato Freki tornò sui suoi passi dirigendosi verso la camera con l’idea di dover trattenere i suoi bisogni fisiologici fino al mattino seguente. Lo sciacquone lo immobilizzò, un barlume di luce si vedeva in fondo al tunnel e magari sarebbe riuscito anche a pisciare se sua madre si fosse mossa.  Dopo pochi secondi la donna uscì dal bagno lasciando la luce accesa.

- E’ tutto tuo – disse ammiccante verso il figlio.

Fu allora che il padre scattò trovando il corpo della moglie sulla strada per arrivare a quello del figlio. Poi la  luce che fuoriusciva dalla porta si tinse di scarlatto quando il padre cercò la gola della consorte strappandone un lembo di pelle e diversi vasi sanguinei. Il sangue arterioso in un attimo zampillò fuori dalla ferita insozzando le pareti e creando una pozza sotto il corpo della madre. Evidentemente non sazio del trofeo che ora portava tra i denti, il padre continuò ad affondare morsi nella carne materna strappando brandelli che poi masticava rumorosamente.

- No…no…sto sognando non è possibile…

Si ritrovò proiettato in una corsa versa la sua camera da letto quasi inciampando nelle ciabatte che portava ai piedi. Diede due colpi alla porta della sorella mentre le prime lacrime piene di rabbia gli solcavano il viso.

- Geri corri! Esci dalla finestra! Papà ha dato di matto! Papà ha dato di matto!

Si chiuse nella sua camera mentre il padre era troppo intento a consumare la sua preda a terra in una pozza di sangue. Si cambiò in un attimo mettendosi un paio di jeans e le sue consuete scarpe da ginnastica, ammucchiò poi in meno di un minuto biancheria pulita e pochi vestiti che trovò sparsi nella camera spingendoli a forza nella sacca da calcio che teneva sempre vuota ai piedi del letto.

Abitavano al primo piano per cui poggiò il piede sulla finestra e guardò giù provando solo in quel momento la nausea delle vertigini. Non era un gran salto questo è vero, ma pur sempre 4 m rimanevano per cui si fece coraggio soltanto nel momento in cui cominciò a sentir picchiare i pugni del padre contro la porta.

- Ok…1…2…

La prima asse della porta cedette permettendo al padre di infilare un intero braccio nella camera per poi guardare all’interno e rantolare in direzione del figlio.

- 3!

Saltò giù ricordando gli insegnamenti del maestro di judo e quando atterrò a terra si produsse in una capriola che attutì il colpo lasciandolo illeso e gonfio d’adrenalina. Guardò verso l’alto e vide la finestra della sorella aperta con la luce accesa ma non riusciva a capire se fosse già saltata giù o meno perché , guardandosi intorno, vide che non c’era traccia di lei nei dintorni.

- GERIIIIIII!

Cominciò a urlare in direzione della finestra.

- GERIIIIII!

 

La candida mano di Muninn lo strappò dalle braccia tormentate del sonno mentre gli stava scostando delicatamente i capelli dal viso. Era in un bagno di sudore e sentiva la sensazione di secco sulle guance dove subito portò la mano per capire cos’era. Abbozzò un sorriso e uno sbuffo poi si lasciò andare sul comodo letto matrimoniale che una volta era in vendita in quel negozio per soli 199,99 €.

- Piangevi nel sonno… -gli disse la ragazza in un sorriso quasi materno.

- E tu ti stavi godendo la scena immagino…

- Mi fai più cinica di quello che sono…

- Con quel vestito avresti potuto citare Jessica Rabbit. Quanto manca al turno?

- Poco meno di un quarto d’ora…abbiamo giusto il tempo di una sigaretta insieme…

Dal nulla tirò fuori un portacenere poggiandolo sul letto poi si cacciò una sigaretta tra le labbra e ne offrì una a Freki tirandola fuori per metà dal pacchetto. Fece una smorfia e accettò l’invito prendendo lo zippo che aveva in tasca.

- Non lo lasci mai quello vero?

- No…era di mio padre – rispose rimirando l’accendino nella sua mano.

- Non mi hai mai raccontato della tua famiglia sai?

- Beh non c’è molto da dire…non eravamo come la famiglia della mulino bianco ma neanche come gli Addams…

- Cosa gli è successo?

- Quello che è successo a tutti…ti ricordi i primi erranti? Quelli subito dopo il focolaio iniziale?

- Beh sì…

- Ti ricordi che sputavano sangue rilasciando nell’aria il virus?

- Sì…

- Beh pare che il nostro sistema immunitario fosse in grado di battere il ceppo aereo ed evitare il contagio di massa…ma questo naturalmente non valeva per vecchi, bambini e malati…mio padre era cardiopatico e diabetico, insomma non aveva un sistema immunitario sufficientemente forte da contrastare il virus così fu uno dei primi infetti a pochi giorni dal paziente 0.

- Oh…mi dispiace…

- Sono passati 3 anni ormai e non c’è notte che io non sogni la notte in cui l’ho visto uccidere mia madre…

- Oh mio Dio…

- Oh no non c’era e non ci sarà nessun Dio…

   

  
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