Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: felsah    19/08/2014    4 recensioni
“Sei mia zia!” quasi urlò Henrik, “ sei tu vero? Sei tu la regina che mio padre ha esiliato? La storia parlava di te…e di mia madre”. Elsa lo guardò, senza dire né sì né no. Il ragazzo aspettò una risposta per qualche minuto, prima di continuare il suo morboso interrogatorio.
“Prometti di rispondere, se ti domando una cosa?”. Elsa fece un piccolo cenno di assenso.
“Tu hai detto che mio padre ti ha bandito, proibendoti di tornare dopo che avevi scongelato il regno, ma a casa, ad Arendelle, tutti ti credono morta”.
“Morta?”.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Anna, Elsa, Hans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cose da re e regine





8
Addio



 
Vostra signoria, questo è un addio.
Sì, e allora?
Beh, allora niente smancerie: addio Principessa!
[Guerre Stellari]



 

Il silenzio di quella notte era spettrale. “Fate silenzio e montate a cavallo, dannazione!” ordinò Elsa, a voce così bassa che lui a malapena la sentì. Si sentiva così agitata da non riuscire a parlare.
Hans la guardò con un velo di curiosità, ma fece come lei gli aveva detto per evitare di innervosirla di più di quanto già non fosse.
“ Avete bisogno?” domandò, porgendole la mano destra perché potesse issarsi sull’animale davanti a lui. La regina rifiutò e riuscì a fare comunque di testa sua a forza di braccia.
L’unico motivo per il quale non avevano preso due cavalli era più semplice di quanto lui potesse pensare: Elsa non aveva alcuna intenzione di far sapere né dove andava, né che era accompagnata.
Chi la accompagnava poi, era costretto sotto un pesante mantello grigio. Hans portò le mani intorno alla vita sottile della regina e impugnò le briglie, così che potessero uscire da palazzo al galoppo. Il contatto con la pelle fredda di lei lo fece rabbrividire.

“Perché avete scelto me per accompagnarvi?”.
“Avevo bisogno di parlarvi” lo liquidò lei.

Rimasero in silenzio per gran parte della galoppata, quando furono abbastanza lontani dal palazzo per poter procedere a un ritmo più lento. La polvere rossiccia del terreno si sollevava intorno a loro insieme all’odore prepotente dei fiori, solleticando le narici di entrambi. Una nigella staccatasi dal suolo danzò brevemente ai loro piedi, per poi incollarsi alla gamba di Elsa.
Lei chinò il busto quel tanto che le permise di prendere il fiore tra le mani e sorrise tra sé e sé. “Mio padre mi aveva fatto credere che questi fiori fossero stati creati per me” sospirò, cullando quel ricordo con tutta la dolcezza e la dedizione che aveva provato per il vecchio re di Arendelle.
“Cosa?” fece Hans, spostando nuovamente la sua attenzione su di lei.
“Quando ero bambina” continuò lei, alla quale non importava se la stesse ascoltando o meno, “ per farmi smettere di piangere. Siccome somiglia a un fiocco di neve, mi aveva detto che un giardiniere li aveva creati per me e che erano i fiori di Elsa” rise, “ci rimasi malissimo quando scoprì che non era vero”.

Lo lasciò andare e il fiore tornò a posarsi sul terreno, e in poco tempo venne seppellito dagli sbuffi di erba, che nel buio della notte apparivano quasi neri.
“E’ una bella storia” concesse Hans, mentre osservava i riccioli biondi che sfuggivano alla sua treccia.
“Sì” si limitò ad annuire lei, quasi irritata dal fatto che lui avesse potuto ascoltare quell’aneddoto di famiglia. Come se non fosse stata lei a decidere di raccontarlo.
“Vi manca molto?” chiese il principe, spostando lo sguardo verso l’orizzonte pieno di stelle. La luna dava un tocco malinconico a tutto il paesaggio circostante, tetro e quasi inesistente, formato dalle ombre di un unico colore. Lui non ricordava di aver mai provato un sentimento di amore o tenerezza così forti per nessuno, né per i suoi genitori, che nei primi anni di vita riconosceva a malapena, a causa delle poche ore che trascorreva con loro, né per i suoi fratelli, che detestava con tutte le sue forze.
“ Certo che mi manca” ribatté Elsa, piccata. “ E anche a voi mancherebbero i vostri familiari se…”.
“Se, cosa?” sbraitò lui, impugnando le redini con rinnovata forza. Lei avrebbe voluto completare la frase con se aveste un po’ di cuore, ma le immagini del suo pianto nella celle le impedirono di proseguire.
“Che vi hanno mai fatto di tanto terribile, per meritarsi tutto questo odio?”.


Ricordò i suoi occhi mentre piangeva, incurante di nasconderlo, gli occhi di un uomo ferito, che non aveva più nulla da perdere se non la sua vita, un uomo a cui non importava più molto di averla, in ogni caso. Perfino il tono con cui pose quella domanda era il più dolce con cui gli si era rivolta fino a quel momento. Non sapeva dove l’avesse tirato fuori, né perché l’avesse usato, sperava che quel tono delicato l’avesse aiutata a soddisfare la sua curiosità. Sentì di doverglielo. Non poteva essere così crudele con un uomo di cui non conosceva il passato.
Se riuscirò a conoscerlo, deciderò, si mise in testa.
Lo fece perché il suo pianto gli era sembrato troppo ricolmo di dolore per essere studiato e così anche la freddezza piena di risentimento che mise nella sua risposta a quella domanda.
“Non sono affari che vi riguardano” disse , con tono deciso, desiderando per la prima volta di non essere solo con lei. Elsa conosceva fin troppo bene quei sentimenti. Sapeva cosa voleva dire essere sola, perché nonostante l’amore dei suoi genitori e di Anna, non si era mai sentita parte di qualcosa, e aveva odiato se stessa e i suoi poteri con quanto fiato aveva in corpo. Perciò decise di essere gentile, o almeno di provarci.
Non aveva forse avuto anche lei desideri di sangue e di vendetta?
“Vi hanno fatto molto male, vero?” chiese, ignorando l’ammonimento.
“Ne hanno fatto anche a voi, più di quanto vogliate ammettere. E so che lo sapete, non siete una stupida”.
“E’ stato diverso. Era per proteggermi, pensavano di fare la cosa giusta”.
“La cosa giusta?” Hans rise sprezzante. “ Vi hanno lasciata sola ad affrontare qualcosa di più grande di voi”.
Elsa si irritò a quell’accusa contro le due persone che aveva amato di più dopo Anna, ma cercò di dominarsi. “ Non si dovrebbero mai lasciare soli i propri figli”.

“Voi siete stato lasciato solo”. Non era una domanda.
“Sì” ammise Hans, come fosse stata una cosa di cui vantarsi, sentendo che la voce veniva a mancargli. Cercò di controllare le sue emozioni, sapendo che sicuramente ci sarebbe riuscito. Lo aveva fatto per tutta la vita, nascondendolo dietro a un freddo contegno e a maniere da gentiluomo. Quella risposta gli costò più di quanto lui stesso pensasse. 
Lei si voltò a guardarlo e fissando i suoi occhi, tutto l’astio che Hans aveva provato per lei si dissolse, e tornò quell’ammirazione che sentiva ogni volta che la guardava. Non poteva farne a meno, anche se non gliel’avrebbe mai detto. L’aveva desiderata con un tale ardore che nemmeno le poche fiammelle di passione rimaste dopo la delusione, volevano saperne di arrendersi.
Era la donna più forte, intelligente e coraggiosa che avesse mai incontrato, e si poteva capirlo immediatamente, dando un rapido sguardo a quegli occhi, decisi in modo quasi feroce.
Era stato perseguitato e incatenato dalla magia che si nascondeva nei suoi occhi. Sapeva che era una donna con la quale avrebbe potuto parlare e discutere.  Era la prima creatura che avesse incontrato ad essere così simile a lui per il modo in cui aveva cominciato la sua vita, eppure era riuscita a riscattarsi, senza cadere nel baratro dell’odio e della vendetta.
Per quello l’ammirava. Lui non c’era riuscito. 
Non le avrebbe detto nemmeno quello, mai. Ormai aveva creato attorno a sé una corazza troppo rigida per permettersi di staccarne anche solo un minuscolo frammento: tutta la maschera sarebbe crollata, e anche lui. Era stato certo, dal primo istante in cui aveva posato gli occhi su di lei, che avrebbe fatto di tutto pur di averla. Ritornò con la memoria a quel periodo di dieci anni prima, quando aveva desiderato ardentemente che fosse sua moglie. Non lo sarebbe mai stata, realizzò in quel momento con amarezza, e non avrebbe mai pensato a lui come Hans aveva fatto verso la sua persona.
Non erano veri e propri pensieri romantici, ma quanto di più vicino potesse esistere. Pensò alle sue congetture e i progetti pensati e ripensati milioni di volte per presentarla ai suoi fratelli, per poi pavoneggiarsi della fortuna che aveva avuto (per una volta), mentre loro avrebbero avuto al seguito quelle galline sciocche e petulanti che erano le loro principesse.
Sarebbe stato re, senza far così male a tutte quelle persone. Far del male non era stata la sua intenzione primaria, ma per follia che lo aveva dominato era stato necessario.
Si era convinto con tutte le sue forze che quella volta ci fosse stato di più del semplice desiderio di vendetta verso i familiari, perché infondo, c’era stato.
Capì che la loro destinazione era la montagna del Nord, o comunque, un posto molto vicino a quella landa desolata. Poi ricordò l’affascinante reggia che si era costruita.
Un motivo in più per essere affascinato dalla regina.
Erano anni ormai che non pensava più a quel posto, poiché aveva tentato a lungo di scacciarlo dai suoi ricordi.
Giunsero al confine ghiacciato qualche ora dopo e dovettero lasciare il cavallo che li aveva accompagnati dove rimanevano tratti di boscaglia, perché non morisse congelato.

“Vi siete creata un piccolo regno di neve, eh?”.
Lei fece spallucce, “ Voi avevate rubato il mio”.

“Siete incredibile!”. Elsa sorrise debolmente. Procedevano nella neve a passo lento. Lei lo faceva più che altro per tenere il passo con Hans, perché altrimenti sarebbe corsa verso la scala del suo palazzo, tanto le mancava. Aveva avuto il forte desiderio di ritornarci sin da quando aveva messo piede ad Arendelle.
Non che non stesse bene nella sua città, o con Anna, ma le cose erano così cambiate che la sua vigliaccheria avrebbe preferito non averle mai viste.
Non sapeva cosa si era aspettata quando era bramosa di vendetta – forse Anna ad accoglierla sorridente, come la sera della sua incoronazione? Forse sperava che tutto fosse immutato?
Eppure erano passati dieci anni, e non poteva essere, nulla di tutto quello ci sarebbe stato. O non sapeva più rispondersi, e si portava sulle spalle il peso dello sue scelte.

“E avete portato qui mio f – “. Il principe si fermò appena prima di pronunciare quella parola e sospirò forte, affondando i piedi nella neve con più decisione, tentando di passare avanti, nonostante sapesse di avere addosso gli occhi della regina. Non sapendo cosa fare, alla fine Elsa gli posò una mano sulla spalla, costringendolo a fermarsi.
“L’ho trattato con tutti i riguardi che merita un principino” lo rassicurò con un occhiolino.
“Lo so”, lui accennò a un sorriso, malgrado tutto, “ non so che cosa abbiate fatto mentre era qui, ma lui è totalmente affascinato da voi…mi ha dato fastidio, lo ammetto”.
Il sorriso di Elsa tremò. “Anche da voi, Hans” mormorò, “dovevate sentirlo con quanto orgoglio mi diceva che voleva essere come il suo papà”.
“Peccato che non sia io”. Si voltò per procedere verso il castello, sollevando i piedi dalla neve con estrema fatica e riaffondandoceli un secondo dopo. “ E spero di tutto cuore che gli abbiate detto che non è proprio una buona idea”.
Continuò a procedere fino a quando non sentì qualcosa di freddo e duro colpirgli la schiena e frantumarsi.
Voltata leggermente la testa, un’altra palla di neve gli sfiorò il viso, facendogli perdere l’equilibrio. Atterò nella neve morbida, fissando sbalordito la donna che aveva davanti.
“Sì” ammise Elsa, incrociando le braccia, “ l’ho fatto…gli ho detto che cosa terribile sarebbe stata essere come il più grande farabutto che conoscevo”.

Non smise di sorridere nemmeno quando Hans rispose al suo attacco, costruendo palle di neve decisamente più grosse. Decise di lasciargli quel vantaggio e non usare la magia, per una volta.
Lui se ne accorse e tuttavia non gli dispiacque.

“Che altro gli avete detto? Di tenersi alla larga dalle streghe?”. Lanciò una palla di neve verso di lei. Due, tre, poi quattro.
“E dagli impostori”. Un sorriso. Palle di neve verso di lui.
“ E lui che vi ha risposto?” domandò a un centimetro dal suo viso, quando riuscì a farla cadere e dopo averla inchiodata a terra sul manto nevoso.
“Che non vi conoscevo”. La lasciò andare improvvisamente, stendendosi sulla neve accanto a lei, con un’espressione indecifrabile. Il terrore, gelido, infuriò di nuovo come una tempesta nel suo cuore. Non c’era mai stato nessuno a cui si fosse concesso di raccontare un segreto. Uno piccolo piccolo. Decise di provare.

“Vi ho mentito” mormorò dopo un po’. Si voltò a fissare Elsa.
“Come?”.
“Vi ho mentito”  ripeté, “quando vi ho detto che per me lui non contava nulla…”. Ci fu una breve pausa durante la quale fissò le stelle, immobili e calme. “ Lo adoravo come fosse davvero il mio bambino. Forse è l’unica cosa che ho davvero amato sinceramente nella mia vita”.
“Henrik lo sa”.
“E voi?”. Ci fu di nuovo silenzio per un bel po’.
“Io vi credo” mormorò Elsa, tornando a guardare il cielo sopra di loro, “ un pochino…ho bisogno di tempo”.
Rimasero stesi sulla neve per un periodo di tempo che parve interminabile ad entrambi. A tratti si fissavano e a tratti parlavano, senza sapere dove volevano andare a parare.
“ Non mi avete ancora detto di cosa mi volevate parlare” sussurrò infine lui.
Elsa non pensava fosse una buona idea chiederglielo in quel momento, dopo che avevano discusso a lungo di Anna e del bambino, ma sapeva che era una cosa che prima o poi avrebbe dovuto fare.
“Non credo che…”.
“Avanti” la incoraggiò lui, “ resisto a qualsiasi tempesta”.
Lei sorrise, senza essere troppo convinta. “ Volevo…” balbettò, “ecco…sapere qualcosa su quell’uomo”. Si stupì di come stava parlando, lei, che era sempre stata così fredda e controllata. “ Del padre di Henrik”. Ecco, l’aveva detto, non aveva avuto scelta, a costo di ferirlo ancora. “ Per sapere che ne è stato di lui”.
“Non tornerà” rispose lui, con fin troppa calma, “ se è questo che spera Anna. Ormai è troppo lontano, e non verrà comunque a sapere che non posso più minacciarlo, o che voi siete tornata”.
“Cosa volete dire?”.
“L’ho fatto passare per un ricercato. Mi ci è voluto un bel po’ di tempo, ma alla fine sono riuscito a fargli lasciare la Norvegia per salvarsi la pelle” rise, “ e ormai è chissà dove, avrà moglie e figli a quest’ora”.
“Ha un figlio anche qui”.
“Lo so”.
Nella sua voce c’era un disprezzo e allo stesso tempo un dolore, che Elsa pensò non sarebbe mai riuscita a comprendere. Non si avvicinò quasi al suo palazzo, e poco prima che giungesse l’alba, tornarono in città, veloci come il vento.  Quella chiacchierata le aveva perfino fatto dimenticare che desiderava rimanerci almeno per una notte. Le aveva fatto dimenticare tutti i progetti fatti.


Ne rimaneva uno solo. Si fermarono nel porto e smontarono entrambi da cavallo. Il cielo cominciava appena ad assumere piccole tinte rossastre, e l’odore di salsedine era forte e invadente, dolce in modo quasi eccessivo, si alternava ad altri, decisamente più sgradevoli, come quello di sudore e fatica che emanavano gli uomini intorno a loro, presi a caricare mercanzie su una nave in partenza. Elsa lo fissò prepotentemente negli occhi per qualche minuto, e gettò occhiate furtive all’imbarcazione; poi tirò fuori dalle pieghe del suo abito una saccoccia tintinnante, piena di monete.

“Non accetterò il vostro sporco oro per togliermi di torno, se è questo il vostro brillante piano” sussurrò Hans sprezzante, attirandola a sé tirandola per il mantello, “ preferisco aspettare che il mio paese mi condanni a morte o di marcire nelle segrete del palazzo, che sia chiaro ”.
Era così vicina al suo viso da poter sentire il suo profumo. Lo respirò a lungo prima di rispondere.
“Calmatevi, damerino. E’ per la traversata…e se ben ricordo non vi è dispiaciuto rubarmi il mio sporco oro, dieci anni fa ”.
Elsa provò a liberarsi dalla sua presa, senza riuscirci. “E smettetela di tirare…mi sfilaccerete il vestito”.
“Come se ve ne importasse qualcosa di questo stupido pezzo di stoffa” la lasciò andare, ma continuarono comunque a stare molto più vicini di quanto avrebbero dovuto. “Dov’è finito il vostro abitino da regina delle nevi?”.
“Siete un villano e un mascalzone insopportabile, prendete questo denaro e sparite!”. Si voltò per andarsene, ma Hans la trattenne ancora una volta, con il sacchetto che lei gli aveva lasciato tra le mani.
“Dove finirà il mio viaggio, se posso saperlo?”.
La regina lo fissò con uno sguardo di fuoco. “ Non volevo dirvelo, perché non lo meritate nemmeno un po’. Inghilterra, in ogni caso”.
“Inghilterra?” il principe strabuzzò gli occhi, incredulo, “ e che mi ci mandate a fare?”.
Elsa sorrise debolmente. Spiegare le motivazioni che l’avevano persuasa ad attuare quello stratagemma non era stato nei suoi piani.
Pensava che lui avrebbe accettato subito la sua gentile offerta. Era anche un po’ seccata.  “Eviterete la condanna a morte se…”.
“ E come coprirete questo nostro inganno, ditemi, regina?”.
“Dirò che siete scappato…se me lo chiederanno”.
“La morte non mi spaventa…e me la merito anche un po’, cosa dite?” la sbeffeggiò.
“Oh, non prendetevi gioco di me! Non adesso. Desidero che prendiate questa nave e vi allontaniate, immediatamente. Promettete di farlo?”.
 “Lo desiderate?” mormorò Hans, cercando di afferrarle una mano, “ o lo ordinate e basta?”. Lei si ritrasse.
“I giochi di parole mi hanno sempre dato molto fastidio”.

“Oh, io li adoro, maestà”. Alzò un solo angolo della bocca, piegandola in un sorriso stranamente seducente. “ Mi darete almeno un bacio d’addio, visto che state per fare una cosa che va contro i vostri desideri?”.
“Oh!” lei spalancò gli occhi, decisamente allibita e arrossì. La sua pelle era così bianca che si notò subito. “Siete davvero…”. Non ebbe il tempo di finire, perché la bocca di lui la zittì, e senza nemmeno avere il tempo di sapere come ci era finita, eccola lì, stretta in una morsa tra le sue braccia. Lo schiaffo che seguì subito dopo fu altrettanto passionale.
“Salite e sparite dalla mia vista!”.
“Perché lo fate, allora?” urlò lui, attirando alcuni sguardi su di loro. Elsa non ebbe il coraggio di dire la verità.
“Per Henrik”. 
“Grazie” mormorò lui con un pizzico di disprezzo nella voce. Si chinò a posarle un bacio sul palmo della mano, e mentre lei aspettava che lui completasse quel ringraziamento con un maestà, intinto dello stesso barbaro disprezzo, lui disse, dopo averla fissata negli occhi per qualche secondo, “Elsa”. Il suo nome pronunciato da quella voce la fece rabbrividire.

“Addio, Hans”.
E lo guardò mentre si allontanava lungo la passerella dell’imbarcazione. Prima di andare sottocoperta, lui si voltò a guardare un’ultima volta la sua treccia bionda che ondeggiava al vento. Sapeva che accettava di arrendersi solo perchè era stata lei a chiederlo. Guardò la donna che aveva desiderato, amato, odiato, disprezzato.
Mimò l’inviò di un bacio, con tutte le briciole di disprezzo e orgoglio ferito che gli rimanevano. Dopo qualche minuto, Elsa alzò il pugno per afferrarlo. “Preso”.


Questo capitolo doveva essere già online stamattina, ma purtroppo non sono riuscita a caricarlo nell'orario in cui speravo e così...beh, eccomi qui, alle 22:19 a postarlo. Chiedo ancora scusa!
Scriverlo mi ha fatto sudare parecchio e non so nemmeno perchè sia uscito così, ma è ormai fatta, e sono sicura che (insomma, spero) che non vi dispiaccia godervi un capitolo con un vago aroma di helsa nell'aria :P
Non so ancora per quanto riguarda il capitolo 9, cosa ho intenzione di fare. Nelle idee originali sarebbe dovuto essere l'epilogo, ma in questi giorni, rileggendo gli altri per postarli mi è venuta una voglia pazzesca di metterci mano e modificarlo un po' per poter continuare...non so ancora, e dato che in questo periodo non ho molto tempo per scrivere in santa pace come vorrei...beh, vedrò.
Intanto spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Alla prossima,
felsah :)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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