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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    21/08/2014    4 recensioni
[Vincitrice del Premio Oscar Efpiani 2016 "Miglior Attore non Protagonista" a Zaraki]
Il Gotei 13 ha ottenuto ciò che voleva: Zaraki Kenpachi si è messo in contatto con la propria Zanpakuto ed ha sciolto i propri limiti.
Zaraki Kenpachi ha ottenuto ciò che voleva: è riuscito a sconfiggere il suo unico ed eterno obiettivo.
Ma tutto questo ha avuto un prezzo… un prezzo molto, molto alto, che forse nessuno si aspettava dovesse essere pagato: la pazzia.
La pazzia di chi ha perduto la speranza ed il senso della propria vita.
E magari qualcuno gli insegnerà a ritrovarle.
“Quando ho combattuto contro di te … l’ho sentito per la prima volta.
Per la prima volta … mi sono divertito.
E decisi di voler combattere come te.”

(Inoue x Ichigo - Zaraki x Unohana)
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inoue Orihime, Kurosaki Ichigo, Retsu Unohana, Un po' tutti, Zaraki Kenpachi
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Kenpachi's moments'
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Note Autrice:
Ho ipotizzato un “post-battaglia”, le conseguenze che la morte di Unohana ha avuto sul Gotei 13 ma soprattutto sul suo assassino, Zaraki.
Le parti in corsivo sono tratte direttamente dal manga ed alternano le voci pensanti di Unohana e di Zaraki proprio durante il loro combattimento…
Spero che aiutino nel coinvolgimento della situazione, con similitudini e molti contrasti che vengono volutamente a crearsi tra ciò che prova/ha provato Kenpachi e ciò che invece sentono Ichigo ed Inoue.
[Vincitrice del Premio Oscar Efpiani 2016 "Miglior Attore non Protagonista" a Zaraki]

 
“Io … ti ammiravo.”

Entrò al Quartier Generale del Gotei 13 con qualche minuto di ritardo, l’alta concentrazione di Raietsu all’interno della sala centrale lasciava chiaramente intendere che fossero già tutti radunati – i Capitani rimasti e qualche Luogotenente - data la gravità della situazione.
Qualcuno gli rivolse un’occhiata, qualcun altro lo ignorò, così quella zazzera di capelli arancioni si decise a farsi avanti, affiancando un Ukitake piuttosto perplesso ed altamente preoccupato.
Non era malumore, quello che aleggiava, né tantomeno preoccupazione: angoscia.
Sì, era decisamente angosciante sapere che nessuno – tantomeno il Comandante Generale neoeletto – era stato in grado di prevedere una reazione simile.
Che Kenpachi Zaraki, quello sadico ed ironico per eccellenza, avrebbe davvero dato di matto dopo lo scontro che, almeno secondo tutti, lui aveva sempre desiderato.
Nessuno si sarebbe aspettato che la morte di Unohana, o meglio, del Primo Kenpachi, lo avrebbe portato alla pazzia, privandolo dell’ultimo briciolo di buonsenso che lei rappresentava.
“Alberi, scarafaggi, persone. Non importava, la mia lama falciava tutto.
Era come sventolarla nel buio.”

«Ci sono novità?» Domandò Ichigo dopo un lungo attimo di esitazione, il volto era ancora teso, i muscoli fremevano quasi avesse dovuto affrontare quella bestia a mani nude.
Ukitake si voltò completamente verso di lui solo dopo qualche momento, sospirando impercettibilmente.
«Purtroppo no. Il Capitano Zaraki è … ancora instabile.»
«Instabile?!» Gridò con una certa acidità il Capitano Soifon, in collera dal primo istante, la quale aveva naturalmente udito le brevi parole del collega ed ora gli rivolgeva un’occhiata omicida.
«Tu definisci “instabile” una bestia incontrollabile come quella?! Già era intrattabile e totalmente irrazionale prima, figurarsi adesso!» Sbraitò gesticolando.
Sbuffò sonoramente, allontanandosi subito dopo in direzione del Comandante Generale, con tutte le intenzioni di esplicare per l’ennesima volta la sua contrarietà a quell’inutile attesa.
«Ė un miracolo che la Soul Society sia ancora integra, con quel pazzo in giro!»
Continuò imperterrita il Capitano della Seconda Divisone, adirata come non mai, probabilmente timorosa di qualcosa che non si poteva dire di conoscere né controllare – e come darle torto?
La reclusione più totale o la decapitazione, ecco le misure che erano state proposte per il suo caso.
“Quando ho combattuto contro di te … l’ho sentito per la prima volta.
Per la prima volta … mi sono divertito.
E decisi di voler combattere come te.”

Ichigo aggrottò la fronte, la sua espressione era tutt’altro che convinta.
«Voglio provare a parlargli.» Si propose immediatamente, come ogni volta pronto ad intervenire in prima persona senza alcuna esitazione né paura, con tutti i rischi che ne sarebbero conseguiti.
Con Zaraki non ci si poteva parlare nemmeno prima, figurarsi adesso.
Eppure era pur sempre un Capitano, un uomo che in un qualche modo gli aveva insegnato qualcosa, lo aveva spronato ad essere più forte e a diventare ciò che era in quel momento.
Non lo avrebbe abbandonato tanto facilmente, anche se probabilmente avevano già provato in mille modi a spiegargli che il sacrificio del Capitano della Quarta era stato l’unico modo per risvegliare il suo Bankai.
Dio, che stupida e presuntuosa decisione! Solo in quel momento Ichigo si rese conto di quanto egoismo ci fosse stato dietro – e di quanto lui si sarebbe fermamente opposto, se solo ne fosse stato a conoscenza.
«Non se ne parla neanche.» Gli ripose l’altro, richiamandolo dai propri pensieri.
«Nemmeno tu sei in grado di affrontarlo, Ichigo. Inoltre ci hanno già provato in tan-»
Ma si interruppe nel momento in cui la porta venne spalancata, lasciando spazio ad un Renji affaticato e piuttosto alterato.
«Il Luogotenente Isane! Presto, è un’urgenza!» Gridava facendosi avanti con un corpicino fra le braccia: Yachiru era priva di sensi e perdeva sangue da ogni dove, i capelli rosa erano completamente scompigliati e le coprivano parte del volto.
Il Luogotenente della Quarta si fece immediatamente spazio per arrivare in soccorso della bambina, mentre lo sconvolgimento più totale aleggiava nella sala.
«Mio Dio … cosa le è accaduto?!» Esclamò Isane, chiamando altri della sezione medica affinché l’aiutassero nelle operazioni.
Renji strinse i denti.
«Kenpachi. Kenpachi Zaraki l’ha aggredita …» bisbigliò senza scendere nei dettagli, del tutto inutili in una situazione del genere.
“Questo è stato il tuo errore …
… ed anche il mio peccato.”

Ichigo sgranò gli occhi, sconvolto almeno quanto tutti gli altri presenti: davvero Kenpachi aveva aggredito persino lei, la sua amata e protetta Luogotenente?
Davvero non aveva esitato a colpire una bambina?
No, quello non poteva essere lui.
«Ė totalmente impazzito …» bisbigliò Ukitake, mentre le iridi chiare di Ichigo erano ancora puntate sul corpicino di Yachiru, ferita piuttosto gravemente.
Conosceva Kenpachi, conosceva il suo cinico sadismo e la sua immensa sete di sangue… ma sapeva anche che non avrebbe mai aggredito la sua Luogotenente, mai.
Fece per uscire da quel salone, determinato e piuttosto nervoso, quando una vocina lo fermò.
«Icchi …» bisbigliò la piccola Yachiru, ancora con le lacrime agli occhi per quanto accaduto poco prima.
«Quello … quello non è Kennino … non essere arrabbiato con lui …» tossì sangue dopo quelle parole, venendo rimproverata da Isane che si occupava tempestivamente delle sue ferite – non troppo gravi, per fortuna. Evidentemente un piccolo spiraglio di sé Kenpachi lo aveva ancora.
Incredibile come quella bimbetta potesse davvero voler bene ad una belva simile.
Ichigo scambiò con la piccola un’occhiata decisa, fece un cenno di assenso col capo ed ignorando ulteriori raccomandazioni uscì dal Quartier Generale a grandi passi.
“Avevo perso ogni interesse.
Probabilmente ecco perché le nostre spade decisero di spingerci l’uno contro l’altro.”

Niente e nessuno osarono fermarlo, la Zanpakuto salda sulla schiena ondeggiava ad ogni suo passo che diveniva sempre più rapido, sempre più apprensivo ed insofferente.
Che cavolo gli era saltato in mente?!
“Beatitudine.”

Una sanguinosa battaglia stava per essere combattuta e loro rimanevano senza il miglior guaritore della Soul Society ed un Capitano dalla furia incontenibile totalmente fuori di testa.
 
“… hai scoperto il piacere di combattere fino al limite.
Questa è una mia colpa.”

Era rabbioso, Ichigo, ogni fibra del suo corpo lasciava intendere quanta rabbia avrebbe volentieri sfogato sul Gotei 13 in quel momento – per ciò che avevano fatto a Zaraki e per il pericolo imminente -.
Eppure tutto questo dal suo volto non traspariva, rimaneva teso ma serio, si conteneva, si sforzava di mantenere quell’autocontrollo necessario per affrontare una situazione del genere.
“Per te io sono stata il primo “nemico” che hai incontrato
capace di competere con la tua forza.”

Man mano che avanzava cominciava a sentire dei colpi violenti provenire dalla grande radura alle spalle delle mura del Gotei 13, dove un immenso prato si estendeva quasi senza confini.
Era lì da un paio di giorni ormai, una furia che ancora non si era placata, il cui eco risuonava violenta in tutta la Soul Society – senza considerare l’elevatissima quantità di raietsu sprigionata -.
Era stato “recintato”, per così dire, da una barriera momentanea piazzata dalla Seconda Compagnia sotto istruzioni del reparto Ricerca e Sviluppo, ma erano consapevoli che fosse una precauzione piuttosto precaria.
Una figura, tuttavia, si distingueva nella più totale desolazione: i lunghi capelli arancioni e lisci come la seta distesi sulla schiena, mossi soltanto da qualche violento colpo di vento.
Teneva le mani giunte al petto, quasi stesse pregando tra sé e sé per quella follia incontrollata, mentre i suoi occhi erano fissi oltre la barriera.
«Ancora qui, Inoue?» Domandò avvicinandosi a lei e facendole prendere un mezzo infarto, tanto che la ragazza ebbe un sussulto.
«K-Kurosaki-kun!» Esclamò con il solito lieve imbarazzo, abbozzando ad un sorriso e volgendosi verso di lui.
«Sì … non riesco a lasciarlo qui da solo …» bisbigliò poi, ancora un poco emozionata, ma pur sempre dispiaciuta per il Capitano.
Un cuore buono e puro, quello della giovane Orihime, tanto che nonostante quell’uomo non avesse fatto chissà cosa per lei non poteva far altro che provarne pietà, vegliare su di lui.
Pietà, sì, perché quella follia disperata chiedeva soltanto di essere capita, e tutto ciò che lei poteva fare era sperare che in un qualche modo trovasse pace.
“Hai pensato che se mi avessi perso
avresti perso anche l’opportunità di godere ancora di una lotta.”

Ichigo sospirò.
«Io vado. » disse quasi a se stesso.
Accennò ad avanzare quando una presa delicata gli cinse il polso, inducendolo a fermarsi e a specchiarsi in quella affettuosa premura.
«Ma Kurosaki-kun, è pericoloso! Se non ci è riuscita nemmeno la Luogotenente …» il tono si affievolì d’istinto, consapevole che la sua fosse soltanto premura, apprensione, ma non il suo reale pensiero.
Senza che Ichigo le dicesse nulla, Inoue gli lasciò il polso: aveva fiducia in lui, più che in chiunque altro al mondo – se stessa compresa -.
Lo Shinigami le sorrise appena, come sempre non si dilungò in chissà quali ringraziamenti o parole: Inoue lo capiva, lo aveva sempre capito. Con lei non doveva mai spiegare nulla, sembrava capace di leggergli dentro.
E non c’era cosa migliore che potesse fare per lui che averne fiducia.
«Come pensi di fare?» Gli disse accennando a seguirlo.
Ichigo estrasse la propria Zanpakuto, tenendola saldamente tra le mani.
«Con l’unico linguaggio che lui utilizza, quello della battaglia.» Disse semplicemente.
Aprì il cancello ed entrò, ma Inoue lo seguì senza esitazione.
Kurosaki avrebbe risolto ogni cosa, come sempre, ma lei gli sarebbe stata accanto per qualsiasi evenienza.
“Non ho mai compreso cosa realmente significasse combattere contro di te.”

«Fatti sotto, mezza checca!» Gli gridò non appena entrò nel suo campo visivo.
Aveva strappato completamente la divisa da Capitano, rimaneva a petto nudo, con ancora il sangue secco della battaglia – quella folle battaglia – attaccato alla pelle.
“Fino ad ora ti ringrazio infinitamente per avermi finalmente aperto gli occhi.”

Poi rideva, rideva a squarciagola senza un preciso motivo, la Zanpakuto stretta con una forza immane e l’espressione più sadica che avesse mai avuto.
“Grazie.”

Non era lui, non era Kenpachi Zaraki: la belva che lui conosceva lo avrebbe semplicemente attaccato per il gusto di farlo, mentre ora se ne stava lì, in mezzo al nulla, l’erba del prato completamente bruciata dalla violenza del suo raietsu.
“Posso… condividere… un piccolo e sporco segreto con te?”

«Anzi no, non stare neanche a venire qui, non ci sarebbe gusto.» D’improvviso era diventato serio, quasi apatico, un cambio d’espressione che paralizzò Ichigo quanto Inoue dietro di lui.
“Amo le spade che si incrociano.”

«Saresti una schiappa, una fottutissima schiappa, esattamente come tutti gli altri!» Gridò ancora. Colpì il terreno, una violenta ondata di Raietsu investì la coppia, protetta dalla barriera che la ragazza aveva prudentemente alzato.
«Deboli. Deboli con cui non c’è nemmeno gusto lottare, combattere e sfoderare la Zanpakuto!» Altri colpi, altra rabbia, altra insana disperazione tramutata in follia omicida.
Come se non fosse già pericoloso di suo.

“Non è divertente, Zaraki Kenpachi?”

Poi si fermò, piantò a terra la propria arma, rimanendo a fissarla con sguardo vacuo, perso, di chi non possiede più né passione né anima.
Ichigo rabbrividì.
«Nessuno … nessuno è al suo livello! E nessuno sarà mai abbastanza … abbastanza forte per avvicinarsi anche solo lontanamente a lei
Si sfogò ancora, ma ebbe solo il tempo di terminare quel grido che si ritrovò il giovane Shinigami addosso con la lama puntata al ventre.
“E’ così che è stato deciso
e dove i nostri destini si sono scontrati.”

Non si mosse, Zaraki. Lasciò che quella lama lo trapassasse, impassibile, apatico fissava Ichigo ansante non per lo sforzo del colpo, ma per la fatica fatta nel trattenersi, nel non urlargli addosso e scoppiare anche lui.
Aveva perduto l’unica persona che era stato capace di rendere felice e che a sua volta lo aveva reso tale.
«Riprenditi, dannazione.» Gli disse a denti stretti, rabbioso come non mai.
Erano furiosi, furiosi entrambi, ma non c’era nessun colpevole da imputare, nessuna colpa da vendicare.
Restava soltanto la pazzia.
«Questo non è lo Zaraki che conosco!» Gli urlò, incapace di trattenersi: detestava vederlo così, non ce la faceva.
Zaraki rimaneva impassibile, il suo sguardo era tanto freddo che persino Inoue, rimasta poco più indietro, si portò le mani alle labbra per la preoccupazione.
Preoccupazione per l’incolumità di Kurosaki così come per l’anima di Zaraki.
“Ehi …
tu non stai per morire tra le mie braccia.
Non morire …
Io non ho ancora avuto le mie soddisfazioni.”

«Tu non capisci un cazzo, moccioso. E non potrai mai capirlo perché tu sei circondato da ciò di cui hai bisogno!»
“Ti supplico …
… non morire.”

Con un mano prese la lama della spada di Ichigo e senza nemmeno troppo sforzo la sfilò dal proprio petto, ignorando bellamente la carne che sanguinava e doleva.
C’era forse un dolore più grande del perdere ogni speranza?
Ichigo rabbrividì ancora, la consapevolezza di quelle parole in un certo modo lo distrusse, ma sapeva che mostrarlo sarebbe stato solo un errore – il peggiore che potesse fare in una situazione del genere.

“Ti supplico.”

«Io avevo un solo desiderio. Uno solo dannazione!» E tenuta la lama con la sola mano la lanciò via, disarmando Ichigo con una forza ed una semplicità spaventose.
Ma il ragazzo non si muoveva, rimaneva lì ad osservarlo, reggeva il suo sguardo, tentava di trovare anche solo uno spiraglio del vecchio Zaraki a cui aggrapparsi.
Nemmeno la battaglia era sufficiente?

“NON MORIRE!”

«Volevo avere qualcuno da superare. Volevo poter avere un obiettivo da raggiungere.»
Parlava ancora, sommessamente, al nulla.
Kenpachi non parlava mai, non era un chiacchierone.
Era un uomo di fatti ed ora la follia lo pervadeva.
Un disastro che forse nemmeno Ichigo sarebbe riuscito a risolvere.
“Che carino.
Sei ancora il bambino che ho incontrato.”

«Lei era il mio unico motivo per rimanere in vita …» continuò, riprendendo la sua Zanpakuto e fissandola intensamente, ma con un rancore radicato nell’animo.
“Non devi piangere.”

«L’unico motivo per cui riprendere sempre in mano questa maledetta Zanpakuto ma ora … ora che diavolo me ne faccio?!» E la lanciò via, lontana.
Pochi attimi e si avventò su Kurosaki senza un apparente motivo, ingaggiando con lui un combattimento corpo a corpo in quella che ormai era sterpaglia.
Niente sangue, solo dolore malforme.
Ce l’aveva fatta, aveva sconfitto la donna che aveva sempre ammirato – forse amato – ma a quale prezzo?
Ichigo non capiva e per questo si incolpava, si sentiva inutile, incapace, odiando profondamente se stesso perché la sua duplice natura non serviva proprio a niente.
La battaglia continuò, brutale e senza esclusioni di colpi.
Era andato lì per lottare e non era servito.
Era andato lì per parlare e non sapeva cosa dirgli.
Venne preso in pieno da un pugno allo stomaco, un rivolo di sangue gli uscì dalle labbra e venne sbalzato lontano, quasi ai piedi di Orihime.
La ragazza si chinò subito su di lui, cominciando un incantesimo di cura mentre Ichigo ansimava, rabbioso ma comunque deciso a fare qualcosa – qualunque cosa -.
Zaraki, al contrario, gridò di nuovo e gli voltò le spalle, quasi dovesse andarsene chissà dove a consumare la propria follia.
“Percepisco una beata gioia anche nella morte …
Avendo finalmente realizzato ciò che ho messo in moto tanti anni fa.”

«Io vi capisco.» Disse Inoue ad un tratto, stupendo Ichigo e riattivando l’attenzione di Zaraki che interruppe la propria avanzata.
Non si voltò, la ragazza inspirò profondamente, prendendo dentro di sé quanto più coraggio possibile, prima di proferire di nuovo parola.
«Se dovessi perdere Kurosaki-kun … anche io impazzirei.» Ammise, ed in quell’attimo il cuore di Ichigo perse un battito.
L’amava davvero sino a quel punto?
Zaraki si voltò di colpo, fissandola con un’intensità disarmante.
Ma Inoue non ne sembrava intimorita, quello sguardo era di sola e pura comprensione.
Non si era mai spinta sino a tanto, si era sempre trattenuta dal manifestare apertamente i propri sentimenti verso quel combinaguai troppo testardo e troppo altruista, eppure mostrare una propria debolezza pareva l’unico modo per arrivare a quella dell’uomo che le stava davanti.
Distrutto.
«Perdere lui, per me significherebbe perdere … il senso della mia vita, il motivo per cui sono qui.»
Ammise ancora, il volto arrossiva appena sotto gli occhi attoniti di Ichigo, mentre rimaneva concentrata su quella cura.
Poi un sorriso, leggero e delicato, si fece avanti sul volto timido della ragazza, la quale distolse lo sguardo dal Capitano per tornare alla propria barriera curativa.
«Ma so che la stessa stima che ho io per lui e che mi spinge a tanto anche lui la nutre per me … e non vorrebbe vedermi delusa, afflitta e tanto disorientata.» Parole delicate, che sapevano toccare il cuore.
Un cuore di ghiaccio e distrutto, quello di Zaraki, ma che per qualche insano motivo veniva fatto vibrare: se prima Unohana era in grado di capirlo nella battaglia, ora Inoue sembrava capace di farlo al di fuori di una tale brutalità.
«Se lui dovesse sacrificarsi per me … vi capisco, sarei furiosa anche io.» Affermò, arrossendo ancora un poco.
«Anche se è difficile da pensare, ma mi arrabbierei. Fare a meno di qualcuno non è mai una bella cosa … per nessuno
Terminò con un amaro sospiro, socchiuse appena le iridi, lentamente la barriera curativa scomparve – segno che ogni ferita fosse stata rimarginata.
Non lo aveva consolato, non lo aveva compatito, aveva soltanto ammesso che lei, apparentemente il suo opposto, avrebbe reagito in un modo molto simile.
Lo aveva compreso nonostante la pazzia e l’anormalità che lo caratterizzavano.
Ichigo non le toglieva gli occhi di dosso, rimaneva lì, impalato, sempre lontano anni luce dal comprendere quanto profondi e veri fossero i sentimenti di quella ragazza: lei lo capiva, lo aveva sempre fatto.
Ma lui in materia era un perfetto imbecille.

«L’ho pregata. L’ho pregata di non morire…» bisbigliò d’un tratto Zaraki.
I vestiti erano stracciati, ridotti a brandelli, eppure lui li fissava intensamente, quasi gli riportassero alla mente particolari ricordi.
“Ecco perché io ti ucciderò.
Centinaia, migliaia di volte.”

Poi alzò d’improvviso lo sguardo verso Ichigo, letteralmente lo trapassò, con una serietà che mai gli aveva visto in volto.
«Fa che lei non debba farlo.» Affermò.
«Fa che non debba mai sacrificarsi per una tua incompetenza.»
Poi, più deciso che mai, andò a riprendere la propria spada, guardandola con una certa sicurezza negli occhi: no, non sarebbe morta invano.
Aveva un titolo da portare avanti, e lo avrebbe fatto fin quando non avrebbe trovato il suo giusto e meritevole successore.
“E ti curerò, più e più volte.
Finché non tornerai ad essere il vecchio te …”

Mentre Inoue aiutava Ichigo a rialzarsi, ancora profondamente imbarazzata, il Capitano dell’Undicesima li raggiunse, dando una spallata al ragazzo.
«Allora, mezza checca, ti dai una mossa? Ho un sacco di mosse da sperimentare, io!» Ed il sorriso che si allargò in volto fu il solito, indimenticabile, ironico e sadico come non mai.
Lanciò un’occhiata d’intesa alla ragazza, prima di uscire da quella blanda barriera ed avviarsi verso la sede della Quarta Compagnia – aveva una Luogotenente con cui scusarsi ed un’altra a cui fare le dovuto condoglianze.
“… e superarmi.
Per giungere sempre più in alto.”

Inoue lo seguì con lo sguardo, timorosa se essere felice di quel risultato o meno.
«Kurosaki-kun, dici che il Capitan- »
Ma due labbra la interruppero, posandosi delicatamente sulle sue e cogliendola totalmente di sorpresa.
Avvampò, il corpo le parve dovesse evaporare da un momento all’altro, ma la felicità era letteralmente alle stelle.
Quando quel baciò terminò, dopo un lungo ed intenso attimo, Orihime si ritrovò a specchiarsi in quelle sottili iridi azzurre, le quali la osservavano con un’espressione meravigliata quanto riconoscente.
«Grazie, Inoue.» Le disse, stringendola lievemente a sé.
«Grazie.» Ripeté, rendendosi conto di fin troppe cose tutte in una volta.
E la ragazza ne rimaneva piacevolmente sconvolta: aveva aspettato a lungo quel momento, eppure era sempre stata consapevole che Ichigo non fosse il tipo né da smancerie né da ringraziamenti così sentiti.
Forse, alla fine, pazzo ci era diventato lui!
“Addio.
Tu sei l’unico uomo in questo mondo
che mi abbia mai portato
vera gioia!”


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