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Autore: madelifje    24/08/2014    7 recensioni
Se nasci a Hoeden muori a Hoden. Te lo dicono da quando hai sei anni, così non ti illudi, e te ne rendi conto ogni giorno che passa. Non te ne andrai mai, non troverai mai un lavoro degno di questo nome e vedrai il mare solo da lontano. Le case cadono a pezzi, il clima fa schifo e le persone sono addirittura peggio. Trascorri le tue mattine a inventare cose interessanti da scrivere sul curriculum, i pomeriggi a fumare all’Anfiteatro e le sere sulla cima della diga, a inventare nomi per le stelle o a sputare la birra controvento.
Non hai superpoteri, non indossi tutine attillate, non ti cambi nelle cabine telefoniche; ma ti piace pensare che tu, ai supereroi, fai un baffo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo due: Biciclette e lama
 
 
 
We go out on our own, it's a big bad world outside
carrying our dreams and all they mean
trying to make it all worthwhile
-Kodaline


La nostra storia molto probabilmente potrebbe finire qui.
Ma.
Di solito, quando due persone si incontrano una seconda volta, c’è la tendenza ad incolpare il Destino. Io però voglio essere sincero, per cui devo specificare che in questo caso il merito è dell’anziana signora Dekker e della sua bicicletta.
La Dekker non è una vecchietta amorevole. Un metro e quaranta per quarantacinque chili al massimo, piccoli occhi scuri e capelli grigi, fa abbastanza paura ai bambini più piccoli. È conosciuta nel palazzo per aver assalito almeno una volta ciascun inquilino, spesso sputando anche sulla rispettiva porta d’ingresso (abitudine che le ha fatto guadagnare il soprannome “Il Lama” tra i ragazzi). Non ha figli e, che io sappia, non si è mai sposata. Come abbia fatto ad occupare il suo appartamento – e anche perché non sia stata ancora buttata fuori – è un mistero. La Dekker non ha la patente. È ancora un’ottima podista, a dispetto dell’età, ma preferisce di gran lunga spostarsi in bicicletta. Già, la bicicletta. Bordeaux, il tipico modello usato dagli anziani, con un freno rotto e la luce che funziona solo nei giorni dispari, è il tesoro della signora Dekker.
Quello che l’anziana donna non sa – o almeno, non sapeva fino a ieri – è che non è la sola ad usufruire di questo mezzo di trasporto.
Lucas Owen non ha mai posseduto una bicicletta. La signora Dekker, nei suoi settantadue anni di vita, non ha ancora imparato a legarla come si conviene. Lucas Owen e la signora Dekker vivono nello stesso palazzo. Traete voi le conclusioni.
 
“Lucas Owen!” urla l’anziana donna, bussando forte sulla porta d’ingresso alle sette e zero due del giovedì mattina. “Lucas Owen” ripete, “porta qui il tuo culo rinsecchito.”
La prima a sentire quelle grida è Hannah Owen, che va brontolando a svegliare il figlio e lo trascina fino alla porta d’ingresso.
Lucas sbadiglia. “’Ngiorno, signora Dek-”
Lo so, che sei tu. Non provare a negare.”
Lucas non ci prova.
“La gomma è bucata, disgraziato che non sei altro!”
Il ricordo della strada di campagna, dei sassi e delle buche è ancora stampato nella mente di Lucas, ma deve almeno cercare di scagionarsi.
“E io cosa c’entro? Le nostre strade non sono esattamente prive di bu-”
“La gomma è bucata, le ruote sono piene di terra e il parafango sbatte contro non so bene cosa ad ogni dosso. Come la mettiamo?”
“Cosa vuole che le di-”
Gli occhi piccoli del Lama brillano in modo sinistro mentre sbraita “Mi devi ripagare tutto, piccolo stronzo! Hai qualcosa da dire?”
“Io ce l’avrei anche, ma tanto lei non mi fa finire una fra-”
E allora parla!”
“Come sa che sono stato i-?”
“Mi ha detto Hanna Jessen che le ha detto John De Wit che ha sentito da Mira Vos che il suo figlioletto Adrian ti ha visto. E adesso mi ripaghi, oh se mi ripaghi!”
“Ma signor-”
No! Usi la mia bicicletta? Adesso voglio i soldi!”
“Ma non ho ce li ho nemm-”
“Lavorerai per me. Farai qualsiasi cosa io ti chieda. Sono stata chiara, pezzente?”
Gemito di sconforto. “Sì, signora Dek-”
“Adesso andrai a farmi la spesa. Ah, giovanotto? Rivoglio la catena della bici!”
E la Dekker sbatte la porta d’ingresso come se fosse casa sua. Lucas non fa in tempo ad appoggiare una mano sulla maniglia per riaprire, che da fuori proviene l’inconfondibile rumore della saliva dell’anziana donna che centra in pieno il legno. La sua abilità è quasi degna di ammirazione.
Lucas sospira, cercando di ricordare dove abbia messo la catena.
“Lucas? Cos’aveva la Dekker da urlare?”
“Niente. Sai com’è fatta.” Sua mamma lo sa. Rumore di passi strascicati, poi la porta della camera da letto sbatte.
 
 
 
Alle sette e venti di giovedì mattina non c’è in giro un’anima. Lucas recupera la lista della spesa dalla Dekker, sorprendendo la vecchia signora mentre sistema la bicicletta in soggiorno, poi si avvia verso il vecchio e piccolo supermercato di Hoeden. Si chiama Tom’s Farm – nessuno sa la ragione di un nome del genere – ma alcune lettere dell’insegna non si leggono, quindi per tutti è il Tofam. Conta la bellezza di sei corsie e tre casse, di cui due perennemente chiuse e la restante gestita dalla stessa gentile signora dagli anni ’80. La gente preferisce andarci al mattino, perché al pomeriggio c’è L’Ora della Rapina e quindi è meglio essere prudenti.
Mentre Lucas spinge la spesa della signora Dekker sul nastro trasportatore rotto – “Buongiorno signora Ilona, come sta?” – ricorda finalmente che fine abbia fatto la catena: l’ha infilata nello zaino eastpack mentre prendeva in prestito la bici e poi si è completamente dimenticato di toglierla da lì. Lo stesso zaino eastpack che ieri sera ha lasciato… merda.
Lucas Owen deve tornare sulla diga e stavolta ci deve andare a piedi. 
 
 
Anya Keller non era mai salita su una diga prima d’ora. Forse è per questo che, quando finalmente si è decisa a farlo, ci è rimasta su per ore e ore.
L’idea originale era quella di vedere l’alba, ma purtroppo è arrivata troppo tardi. È bastato uno sguardo al Mare del Nord ed ha subito capito di non voler scendere. Per questo si è spostata una ciocca di capelli dietro all’orecchio e si è appoggiata al muretto, cercando di trovare una posizione comoda.
Questo succedeva circa alle cinque del mattino. Adesso sono le otto meno un quarto.
Anya Keller dovrebbe avere sonno. Stanotte – che poi forse sarebbe ieri notte, considerando che è sveglia da prima delle dodici in punto, ma lei non ha mai capito questo genere di cose – non ha praticamente chiuso occhio ed ha dovuto lavorare per qualcosa come cinque ore. Però non può mica dormire. Non può mica dormire quando in cielo non c’è neanche una nuvola, nell’aria c’è il tipico profumo del mare e non si ricorda da quanto tempo non vedeva un panorama così bello. Capite, davanti a questo genere di cose il sonno passa inesorabilmente in secondo piano.
Bisogna sapere cinque semplici cose su Anya Keller: 1) Non possiede un cellulare. 2) Riesce a toccarsi il naso con la lingua. 3) Preferisce non parlare del proprio passato. 4) Non ha mai avuto un ragazzo. 5) Non sa nuotare.
Quest’ultimo punto è forse quello che la fa stare peggio. Ogni volta che il circo si sposta in una località marittima o sul lago – e capite che questo succede spesso – lei è sempre quella che rimane a riva e guarda con invidia gli altri che fanno il bagno.
Sì, l’acqua le fa una paura tremenda. Non ci è mai nemmeno entrata, in mare. E starsene lì, su quella diga, a guardare le poche onde infrangersi contro i mattoni grigi, le provoca dei brividi di ansia mista all’emozione, perché si dà il caso che ad Anya Keller piacciano le sfide.
Sta appunto meditando su quanto sarebbe bello essere in grado di tuffarsi in quelle acque, quando i suoi pensieri vengono interrotti bruscamente da passi. Veloci, di qualcuno che sta correndo. Anya ne ha la conferma quando anche i respiri affannati diventano udibili e dalle scale spunta una testa castana. Il punto è che lei, quei capelli, li ha già visti. Quella stessa notte. Erano insieme a quelli del ragazzo di colore e del tizio che non sapeva giocare a calcio. Perciò salutare il nuovo arrivato con “Ehilà” non le sembra troppo inappropriato.
Lui invece sobbalza.
“Tu?!”
“Io.”
Ci sono alcuni attimi di silenzio, che servono al ragazzo per riprendere quel minimo di fiato necessario alla respirazione e smettere di ansimare così tanto, poi “Tu sei quella del circo?”
“Ah-ha.”
È evidente che lui non sappia più cosa dire. “Hai mica visto…?” si guarda intorno e finalmente gli occhi marrone chiaro si posano su di uno zaino che Anya non aveva notato.
“Oh, grazie a Dio! Il Lama a momenti m’ammazzava!”
Anya non riesce a trattenersi. “Il Lama?”
Sul serio, Lucas non saprebbe dire perché si sia messo a raccontare tutta la sua vita a una perfetta sconosciuta. Soprattutto perché farlo l’ha portato ad ammettere di essere un poveraccio che non può nemmeno permettersi una bicicletta.
La ragazza indossa ancora la gonna lunga e la giacca senza maniche di jeans della sera prima, questo vuol dire che A) se li è rimessi perché ancora puliti, oppure B) non è proprio andata a dormire. A giudicare dalle leggere occhiaie e dallo sbadiglio che dopo un po’ non riesce più a trattenere, Lucas propende per la B.
“Scusa, non te ne fregherà un cazzo.” Nei momenti che seguono, il ragazzo realizza di non sapersi esprimere in modo adeguato. Bjorn e Colin non fanno certo caso alla grammatica e alla finezza.
“No, invece mi interessa!” sbotta la ragazza. “Non ho mai avuto una vicina di casa che sputa sulle porte. Anzi, non ho proprio mai avuto vicini di casa.”
“Fidati, è meglio così. Quella vecchia è anche peggio di un lama vero.” Anya scoppia a ridere forte, scoprendo la fila di denti bianchissimi. Lucas stavolta ha l’occasione di osservarla meglio. Non è il genere di ragazza che lui potrebbe definire “bella”: gli occhi non sono grandi, ha le labbra carnose e i lineamenti un po’ troppo particolari. A Lucas però non importa proprio nulla dell’aspetto esteriore e questa ragazza ha una risata proprio bella.
“Io ne ho visti un po’, di lama.” Anya sorride divertita, come se stesse ricordando qualcosa di piacevole. “In Spagna uno ha rubato il panino a Pieter e poi gli ha sputato in faccia. Avrebbero dovuto fare un monumento a quell’animale!”
“Chi è Pieter?”
“Mio fratello. Cioè, in realtà non siamo parenti, però ormai vivo con loro da secoli ed è come se lo fossimo. Ha dieci anni e sogna di diventare un lanciatore di coltelli, hai presente il tipo?”
“Sì…” Anya lo osserva con un sopracciglio inarcato. Lucas ride. “No, per niente. Ma credo di immaginarlo.”
“È abbastanza scostante ed ha un debole per le leggende metropolitane. Ma perché stiamo parlando di lui?”
“I lama.”
“Ah, già.”
Pausa, durante la quale entrambi guardano il mare. “Comunque digli che ad Hoeden pare ci sia un lupo mannaro che vive in quel boschetto là. I dodicenni a volte si appostano da quelle parti per cercare di vederlo.”
“Immagino non ci siano ancora riusciti.”
“A dire il vero una volta sì. Solo che non era un lupo mannaro, ma il mio amico Bjorn una sera in cui era particolarmente fatto. Però, se incontri quei dodicenni, non dirglielo.”
Anya ridacchia ancora e fa per commentare, ma viene interrotta dalla vecchissima suoneria di Lucas, il quale legge la sfilza di numeri sul display e corruga la fronte.
“Pron-”
“Lucas Owen, se scopro che sei a drogarti da qualche parte coi miei soldi giuro che ti impicco!”
“Ma chi ca…cchio le ha dato il mio nu-”
“Se non sei a casa tra dieci minuti chiamo la polizia!” E la Dekker riappende.
Dio. È umanamente impossibile farcela in così poco tempo a piedi.
Lucas si rivolge di nuovo ad Anya.
“Scusa. Devo sbrigarmi a tornare a casa o questa è la volta buona che mi uccide.”
L’altra annuisce con aria comprensiva e gli passa lo zaino eastpack. I suoi occhi scuri incontrano quelli nocciola di Lucas ed improvvisamente nessuno dei due sa bene cosa dire.
Il ragazzo si avvia verso le scale, dopo aver promesso di andare allo spettacolo del circo di quella sera – magari accompagnato da qualcuno. È solo mentre sta già scavalcando il cancelletto che realizza un particolare.
“Ehi.” Anya si volta. “Come hai detto che ti chiami?”
 
 
 
È troppo presto per presentarsi fuori da casa di Colin. I genitori saranno fuori a fare uno di quegli schifosi lavori in cui sgobbano come schiavi e vengono pagati uno schifo, perciò Lucas è piuttosto sicuro che non gli aprirà nessuno. Ma deve ricredersi quando, dopo qualche urlo e svariati colpi alla porta, il fantasma di Colin gli grugnisce un saluto. Porta ancora quella t-shirt malconcia e i pantaloncini grigi che usa per dormire ed ha un aspetto a dir poco pietoso.
“Inglese, ma che voglia hai?” sbuffa. Lucas è felice di essere andato da lui: Bjorn, al suo posto, l’avrebbe pestato a sangue.
“Esci?”
“No.”
“Ma daaaaiiii.”
“Vai da qualcun altro.”
“Gli altri dormono.”
“Lo stavo facendo anche io, stronzo. Adesso ciao, me ne torno in letargo.”
“Ma in letargo si va in autunno…”
“Gesù, Inglese. Aspetta, vado a mettermi qualcosa di più decente.”
 
 
Colin scrocca una sigaretta e rimane in silenzio per circa mezz’ora, con la scusa di doversi svegliare. Purtroppo, Lucas decide di proporgli lo spettacolo del circo troppo in ritardo, quando ormai il cervello di Colin inizia già a comprendere anche qualcosa che non sia sonno-fumo-cibo. Lo guarda, con quegli occhi scurissimi in cui non si riesce neanche a vedere la pupilla.
“Odio ripetermi, Inglese, ma… che voglia hai?”
Lucas non sa se dire la verità – cioè che l’ha promesso alla tizia del circo – oppure inventarsi qualche boiata. Alla fine opta per il classico “Ma tanto non abbiamo niente di meglio da fare” che solitamente funziona, stamattina no.
“Vacci con Bjorn.”
“Ma Bjorn-”
“…Ti manderà a cagare sulle ortiche, lo so.”
Ridacchiano, quella risata affettuosa che possono condividere solo due amici quando parlano di un terzo amico.
“Inglese, sei come un fratello, ma non puoi sul serio trascinarmi a vedere quello spettacolo. I miei non mi daranno neanche i soldi.” Lucas in fondo lo sapeva, stava semplicemente cercando di non avere pesi sulla coscienza prima di mettere in pratica la sua vera idea.
 
 
Ogni paesino che si rispetti ha un eremita che vive in una casa stregata. Hoeden non fa eccezione.
L’eremita in questione è una donna sulla sessantina un po’ fuori di testa che vive in una villetta della zona “ricca” della cittadina, una villetta in cui le piante rampicanti hanno preso il sopravvento e che è stata riempita di statuette a forma di gatto. Questa donna risponde al nome di Julianne Boderwijk, è nata e crescita a Hoeden – probabilmente ci morirà anche – e non si fa vedere in paese da decisamente troppo tempo.
Il caso vuole che con la signora Julianne viva anche la nipote, una ragazzina a cui sono morti entrambi i genitori per colpa dell’eroina.
Ha i capelli chiari, di quel colore a metà tra il biondo e il castano, occhi chiari, pelle chiara, gambe e braccia sottili, nemmeno uno straccio di amico. È “Quella Strana”, lei.
Dovrebbe chiamarsi Maaike Boderwijk.
Lucas non è mai entrato nella casa stregata. L’ha già vista, ovvio, mica vive su Marte, quella villetta a schiera è il bersaglio preferito dei ragazzi di Hoeden; una volta lui ha anche mandato la palla nel cortile a causa di un calcio leggermente troppo potente, ma entrato mai.
In giro si dice che Maaike abbia una cotta per L’Inglese, ma che tuttavia nemmeno lui cadrebbe così in basso. Per via di quelle voci, Lucas Owen ha iniziato a stare alla larga dalla casa stregata e dalle due strane donne che ci vivono. Lui non odia Maaike, anzi, gli è perfino simpatica, però… è lei.
Oggi le circostanze sono diverse. Nessuno dei loro conoscenti si farà vivo allo spettacolo di mezzanotte del circo e l’idea di andarci da solo è veramente deprimente. Per questo Lucas si trascina fino al vialetto della villetta ricoperta dall’edera, fa cinque passi in direzione della porta…
…e si blocca.
Non è quel genere di persona. Non può sul serio prendere in giro quella povera ragazza, che già viene schernita da tutti.
Lucas Owen gira sui tacchi e praticamente corre via, senza notare un leggero movimento alla finestra del primo piano della villetta. Se l’avesse fatto, probabilmente sarebbe riuscito a scorgere l’ombra minuta che si nascondeva là dietro, l’ombra di qualcuno con i capelli chiari, gli occhi chiari e la pelle chiara. 


 

Buona domenica!
Sono stata puntuale; sì, è una cosa incredibile e no, non so se sarà sempre così. 
Questo capitolo è un po' Lucas-centrico, me ne accorgo solo ora :) Abbiamo il primo incontro con Anya, l'introduzione della signora Dekker e di Maaike Boderwijk, che sarà un personaggio molto importante. 
Ho cambiato titolo. Questo omaggio alla canzone dei Kodaline mi sembrava più appropriato.
Voglio ringraziare chi ha recensito/messo la storia in qualche categoria, perché non mi aspettavo che qualcuno si interessasse già al primo capitolo. I capitoli dovrebbero essere tra i quindici e i venti, non so ancora dirlo con certezza. Per ora sto scrivendo il sesto :)
Vi lascio come al solito i miei contatti, tra cui aggiungo anche il profilo di facebook, nel caso vogliate fare due chiacchiere. 
baci,

Gaia

 
  
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