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Autore: Kary91    29/08/2014    11 recensioni
[Johanna/Gale |Flash Fiction| Missing Moment Post-Rivolta (Mockingjay)]
 
Le sue dita si stringono attorno alla mano del ragazzo con più vigore, forse troppo. Il suo gesto viene presto ripagato da Gale, che ricambia la stretta con altrettanta forza: le loro sono mani robuste, indurite dalla legna; dal corpo di un ascia, dal manico di un piccone. Non hanno paura di stringere troppo, di fare del male.
Partecipa alla challenge di Fan Fiction Challengers II con il prompt: "Gale/Johanna - radici come rocce"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Johanna Mason
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Io non ho paura;'
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Questa storia è stata scritta per la challenge del gruppo Fanfictions Challengers II . Il prompt è Gale/Johanna – radici come rocce.

 

Mani come Radici

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Johanna scocca un’occhiata di sufficienza al tronco di un albero, prima di proseguire per la radura: i pochi arbusti che crescono nel bosco del Distretto 13 la fanno ridere, se messi a confronto con quelli delle foreste del 7, ma preferisce il loro odore al puzzo di chiuso delle stanze d’ospedale. E poi, non è lì per una gitarella di piacere.

Il fuoco della ribellione si è estinto da diversi giorni, ormai, ed è arrivato il tempo di scrollarsi di dosso le ceneri. Ma c’è qualcuno ancora occupato a soffocare le fiamme e Johanna sa che lo troverà lì, fra quegli alberi, dove nessuno può raggiungerlo per ricordargli che nemmeno i boschi gli appartengono più. Così come non appartengono più a lei: non da quando il fuoco ha fatto a pezzi la sua pineta, strozzando con il fumo le poche radici che ancora la tenevano legata alla vita di una volta.

Sua sorella Sloane.

Quel moccioso di Sawyer, il cui urlo disperato risuonava ancora nella sua testa a ogni incubo: io non ho paura.

E Roscoe, talmente buono da farle venire l’orticaria, ma ribelle e ostinato come  può essere solo chi vive nei boschi e dei boschi: proprio come il ragazzo che sta osservando in quel momento, il giovane con la schiena appoggiata a un tronco e la rabbia impigliata nello sguardo.

Johanna si avvicina cauta, incrociando con aria seccata la sua espressione spenta: sa che, se solo cercasse un contatto più spinto, come un tempo, questa volta lui non opporrebbe resistenza.

Sa che è sfinito, sfinito dentro, e che affogherebbe se stesso in qualunque modo – in chiunque e con chiunque - pur di spegnersi, di annullarsi. Di dimenticare.

Le sue mani, che sono abituate a distruggere confini fisici come farebbe con una ragnatela impigliata fra le sue dita, questa volta esitano appena, prima di spingersi ad infrangere l’esilio invisibile che lui si è costruito attorno.

Una delle due s’insinua nella manica della sua felpa e scivola ad accarezzargli il polso. Gli stringe una mano e lì si blocca, restando in silenzio di fianco a lui.

Gale distoglie gli occhi spenti dal vuoto, voltandosi verso di lei.

Johanna lo osserva, aggrottando appena le sopracciglia: in quel momento si sente guardata da lui forse per la prima volta e sostiene sfrontata lo sguardo, decisa a non lasciare che quella sensazione sfugga. Le sue dita si stringono attorno alla mano del ragazzo con più vigore, forse troppo. Il suo gesto viene presto ripagato da Gale, che ricambia la stretta con altrettanta forza: le loro sono mani robuste, indurite dalla legna; dal corpo di un ascia, dal manico di un piccone. Non hanno paura di stringere troppo, di fare del male.

Johanna le osserva, portandosele su una coscia: le loro dita sono come radici, intrecciate per sostenerli. Radici dure come rocce, che si ribellano a chi si sforza di estirparle.

Radici come quelle che un tempo li tenevano ancorati ai loro boschi, prima che il fuoco le divorasse.

Radici per dimenticare quelle vecchie, sradicate dal posto che non possono più chiamare casa.

 



Note finali.

Questa storia è una sorta di continuazione di Prendi la mia mano, infatti è in parte il frutto di alcune frasi che avevo plottato per  un’ipotetica seconda parte quella, ma che poi ho scartato. Il prompt della challenge mi ha dato l’ispirazione per riprenderle e trasformarle in una flash fiction. I riferimenti alla famiglia di Johanna e all’incendio che li ha uccisi, sono invece tratti da Io non ho paura: Sawyer era il fratellino di Johanna. Lo chiama moccioso perché è Johanna (XD), ma le era molto legata, come si può intuire in un paio di storie, fra cui la stessa  Io non ho paura e il suo Spin Off, Shelter from the Rain. Roscoe era il fidanzato di Johanna, che prima o poi spero di introdurre da qualche parte. Nel mio head-canon personale, l’incendio scoppiato nella pineta dove tagliavano la legna Sloane, Sawyer e Roscoe è stato appiccato in seguito al rifiuto di Johanna di prostituirsi, ma questa, forse, è un’altra storia. Ma ci tenevo a creare una sorta di parallelismo fra Johanna e Gale, che nei boschi dei loro Distretti si sentivano a casa, una casa che hanno perso entrambi per via del “fuoco”, anche se in due maniere diverse.

E niente, come al solito ho detto troppo.

Grazie infinite a chiunque sia passato a leggere questo affarino qui <3
Un abbraccio e a presto!

Laura

 

   
 
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