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Autore: writinglove    30/08/2014    2 recensioni
E se l'apocalisse fosse arrivata?Se il male avesse raggiunto un paesino nello stato dell'Ohio?Se in una giornata qualunque,la vita di una ragazza qualunque fosse stata sconvolta nel peggiore dei modi?
Dalla storia :
L’azzurro si mischiò al nero per un istante interminabile,e quel nero non era l’oscurità della notte nella quale eravamo entrambe avvolte. Io non la stavo guardando e lei non mi stava guardando. La verità era che in quell’istante fermo nel tempo,che in quell’attimo pieno d’infinito e di emozioni,noi stavamo leggendo. […] Prima ancora che potessi capire altro,che un’ennesima certezza mi sfuggisse di mano,smisi di leggere. Ed era troppo quel che avevo visto,era tutto troppo…ogni cosa sapeva di una piacevole ed allettante esagerazione. Ma c’era una cosa che non mi scivolò via dalle mani come fosse semplice fumo,un’unica certezza imprescindibile : in quell’attimo la mia esistenza aveva ripreso ad esistere,ed il mio cuore a battere.
Genere: Drammatico, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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BETWEEN THE HUNGRY

Sopravvissuti .

Sapevo due cose in quel momento,sapevo due cose che forse non erano sufficienti a farmi sentire umana,a farmi sentire viva : correvo,e correvo per sopravvivere. I piedi si accavallavano,di tanto in tanto,e sentivo l'equilibrio mancarmi e la terra divenire sempre più vicina al mio volto. Quando mi sembrava di desiderare di giacere a terra,una mano spuntava dall'oscurità tetra di quella notte malsana e mi afferrava con una forza fragile che sapeva di Amore. Persino nella corsa per la sopravvivenza,persino nella corsa che non aveva senso,non aveva meta,non aveva uno scopo sinceramente concreto,lei era lì. Lei era lì sempre,pronta ad afferrarmi quando le mani viscide della morte sembravano avermi già afferrata saldamente. Come fai a non amare la figura onnisciente al tuo fianco?Come fai a non amare l'unico Dio in un universo senza fine e senza pietà?Lei era il mio Dio. L'unico essere che avrebbe mai potuto giudicare la mia esistenza a testa alta,senza rimorsi,perché cosciente di meritare la mia approvazione a qualunque destino avesse deciso di assegnarmi. Ma non esisteva destino se non quello di quell'infinita corsa tra la fitta natura illuminata dalla luna.

«Non smettere di correre!» urlò Noah ad Alex.

Correva pure lei. Correva pure la ragazza che aveva appena perso il suo ultimo mondo,l'ultimo centimetro di terra che le era rimasto sotto i piedi,pronta a gettarsi nel baratro senza guardarsi attorno. La stimavo per quel motivo,ma stimavo ancor di più Noah che,come Brittany avrebbe fatto con me,era pronto ad afferrarla e tirarla a sé quando avrebbe inciampato.

Alex non rispose. Saltò un sottile tronco che si trovò prima sotto i suoi piedi,poi sotto i miei,ed ansimante mantenne il suo passo svelto,tenendosi al fianco di Noah.

«Per quanto ancora dovremo correre?» chiese Lucas,con le parole che gli si fermavano in gola per la poca aria che aveva in corpo.

«Raggiungeremo la strada!»

Lentamente,la natura che mi era parsa sfocata per tutto il tragitto,si allontanò dalla mia vista e apparve un fascio di asfalto baciato dalla candida luce di una luna eterna. Quando misi il primo piede su quel grigio scolorito,il mio corpo sentì la necessità di fermare la sua corsa. Non finisci mai di stupirti di quanto l'istinto di sopravvivenza dell'uomo riesca a condizionare ogni fibra della tua persona. Sentivo la necessità di correre,di scappare via e lontano,ma sapevo che non c'era più un posto in quel mondo pronto ad accogliermi e proteggermi.

«Stai bene?» mi voltai verso Brittany.

Aveva i capelli biondi scompigliati,come quelli di un bambino il cui padre ha sfregato la mano sulla nuca. Le guance arrossate,la pelle madida di sudore che rifletteva i raggi di quell'enorme luna piena. Forse delle persone,mesi prima,o vite prima,avrebbero potuto trovare quella figura trasandata e decisamente poco attraente. Ma ora,in quell'esatto momento,io sapevo con certezza che lei era bella,bellissima e meravigliosa. I suoi occhi erano sempre dell'azzurro vivace che mi faceva guizzare il cuore,le sue labbra sempre gonfie e desiderose di essere amate,ed i suoi lineamenti belli come quelli di un angelo. Chi se ne fregava se era sudata,forse sporca,e sicuramente in disordine. In un mondo in cui non c'era più bellezza che gli occhi riuscivano a cogliere,ti accorgervi ed apprezzavi ogni singolo barlume di questa,indipendemente da tutto il resto.

Mi fece un cenno stanco con la testa e mi regalò un tiepido sorriso sghembo.

«Che si fa adesso?» chiese mio fratello,asciugandosi il sudore della fronte con un lembo della camicia a quadri.

Noah si girò e ci guardò uno per uno,accigliato. «Dobbiamo trovare un posto per la notte. Siamo completamente senza provviste,senza acqua,senza niente» scosse la testa,nervoso «Porca puttana!» inspirò a fondo «Ma tu guarda che schifo!»

Mi schiarii la voce «cerchiamo di restare calmi,ok?Ci serve subito un posto dove stare,un posto qualsiasi...momentaneo. Alex non è ancora completamente lucida e siamo tutti troppo stanchi per avventurarci chissà dove».

«Che proponi di fare,Santana?»

Sbuffai «non ci resta altro da fare che trovare riparo in una casa in città. Domani mattina ci alzeremo presto,faremo scorte di tutto il necessario,e ripartiremo per sistemarci come abbiamo fatto in passato».

La fronte di Noah si distese dopo pochi secondi,ed i suoi occhi verdi persero parte della durezza che avevano assunto.

«Santana ha ragione» disse Brittany.

Lucas scosse la testa «in città?Di notte?E' troppo rischioso. Non abbiamo armi per difenderci,se non una pistola con pochissime pallottole. Sarebbe come pregare di farsi ammazzare. Abbiamo già visto cosa succede se si finisce in quel casino pieno di morti viventi...».

Forse aveva ragione. Forse quell'uomo dal viso giovane e i tratti del volto simili ai miei,aveva più ragione di me. Non sapevo cosa dire. Nessuno sapeva cosa fare.

«Voglio bere» disse Alex con un filo di voce. «Ho sete»

Noah la guardò triste «non abbiamo acqua,Alex»

«Lo so» rispose lei,le corde vocali che si sforzavano di far uscire un suono comprensibile all'udito «ma ho sete».

Poi,restammo in silenzio. Era come se fossimo in attesa di qualcosa,forse della fine,forse di una soluzione che apparisse accettabile e priva di rischi. Impossibile non correre rischi. Impossibile sperare di non morire. Tirai fuori dalla tasca un pacchetto di Marlboro,e mi sentii quasi colpevole di aver interrotto la mia fragile immobilità con quel gesto. La sigaretta scivolò tra le mie labbra e la debole fiamma dell'accendino l'accese. Inspirai a fondo il fumo. Chiusi gli occhi e assaporai il sapore del tabacco mischiarsi al nulla sulla mia lingua. Forse la nicotina avrebbe placato la mia agitazione,forse l'avrebbe fatta sembrare più umana e più vera. Alex si voltò verso di me e guardò il bagliore rosso che spiccava nell'oscurità. Riestrassi il pacchetto dalla tasca e le porsi una sigaretta,poi gliela accesi. Lei annuì debolmente,mostrandomi una leggera gratitudine.

«Che si fa?» chiese Brittany,rompendo il silenzio fatto di gesti appena accennati.

La guardai : era accigliata.

«Niente città. Ci rifugeremo nel bosco,uno di noi starà di guardia,e appena sorgerà il sole ripartiremo».

Non mi sentii in grado di contestare le parole di Puckerman. Per qualche assurdo motivo,sentivo che quel che aveva detto era giusto e sensato,anche se non del tutto.

«Ripartiremo con cosa?Siamo sprovvisti di tutto. Non abbiamo una macchina,non abbiamo cibo,non abbiamo acqu...»

Noah indurì l'espressione «e allora che cosa pensi che dovremmo fare?» la interruppe severo «ce ne restiamo sul ciglio della strada a disperarci per la situazione,aspettando che qualche affamato sbuchi dal nulla,o ci nascondiamo nel bosco,ignorando la fame e la sete,sperando che domani mattina ci cada una soluzione dal cielo?»

Brittany non rispose. Si morse il labbro inferiore,alzò gli occhi al cielo,ed implicitamente lasciò a Puckerman la responsabilità di decidere per la sua vita e per quella delle altre persone.

«Forza,cerchiamo un riparo per la notte».

I nostri piedi ripartirono e la cicca di sigaretta cadde sull'asfalto,abbandonata alla desolazione e alla solitudine. L'ultimo gesto di umanità che si perdeva nel nulla. Non c'era niente di più simbolico di quello.



Quando dopo un'altra mezz'ora di cammino vedemmo l'entrata di una piccola grotta,evanescente nella penombra, i nostri occhi si illuminarono. Sembrava il posto ideale dove trascorrere la notte. Come se una qualche entità ci avesse regalato l'ultimo miracolo prima di sparire nel nulla della tenebra.

«Sistemiamoci qui» disse Noah,scrutando attentamente l'entrata di quel piccolo insieme roccioso «per questa notte va bene. All'alba ripartiremo».

«Va bene».

«Chi resta di guardia?»

Ci guardammo l'uno con l'altro,gli occhi stanchi che si sforzavano di mettere a fuoco gli inutili dettagli dei visi smorti. Nessuno di noi avrebbe voluto rimanere un'altra notte sveglio. Nessuno di noi aveva la forza sufficiente o una lucidità tale da vantare la giusta concentrazione e determinazione per sentirsi responsabile delle vite altrui. Eravamo stremati. Soltanto poche ore prima ci eravamo imbattuti in una città piena di voraci creature alla ricerca di vite da spegnere,e ce l'eravamo vista brutta. Avevamo perso un compagno,un capo gruppo,un fratello ed un amico. Era tutto troppo per una sola giornata,o per una singola vita. Eppure di nuovo l'istinto di sopravvivenza aveva la meglio. Niente pena per i volti stanchi,niente comprensione,niente superficiali convinzioni in grado di sovrapporsi a necessità più grandi. Qualcuno,seppur stanco,doveva restare di guardia.

«Resto io» affermò,dopo un lungo silenzio mio,fratello.

La sua voce mi prese di sorpresa.

Scossi la testa «non se ne parla. Resto io».

Brittany mi sfiorò un braccio e mi guardò preoccupata «no,Santana».

Aveva paura per me. Tutti avevano paura. La morte di Steven era stato l'avvenimento che aveva risvegliato i più terribili incubi. Era come se quel che era successo,ci avesse ridestato da una pace leggera,onirica ed irreale,costringendoci ad aprire gli occhi,assieme ad un urlo straziante di paura.

«Britt» la richiamai con voce dolce «devo farlo».

I suoi occhi s'inumidirono all'istante.

«Devo» ripetei.

Ci guardammo per qualche secondo,perdendoci nell'infinità di un singolo sguardo,e ci capimmo come solo noi potevamo fare. Senza che avesse aperto bocca,sapevo che si era arresa all'idea che dovessi farlo. Ed ero altrettanto certa che senza che io avessi aperto bocca,lei avesse capito il perché avessi deciso che fosse una mia responsabilità.

«Sono in grado di farlo» ribattè Lucas,distogliendomi da quelle iridi azzurre.

«Non mi importa se sei in grado. Tu non ci starai di guardia questa notte,lo farò io».

«Sei a pezzi» insistè mio fratello «stai crollando e ti si legge in faccia. Sono sicuro che ho più energie di tutti in questo momento e devi lasciarmelo fare».

Sì,era vero,stavo crollando. Non avevo più forze,non avevo più niente. Ero soltanto un misero involucro svuotato di ogni briciolo di umanità,che agiva soltanto per il dovere di farlo. Ma non l'avrei lasciato lì fuori,da solo,con una pistola quasi scarica nella mano,e la stanchezza pronta a giocargli qualche brutto scherzo.

«Ho detto di no,e la questione si chiude qui. Fai come ti dico e vattene a dormire. Tra poche ore sarà l'alba» ordinai dura,con voce autorevole.

Lucas mi guardò l'ultima volta in viso,fulminandomi con lo sguardo,mi lanciò la pistola che teneva in mano,e nell'esatto istante in cui i miei riflessi agivano per afferrare l'oggetto al volo,lui si voltò e venne inghiottito nell'oscurità della grotta. Mio fratello non era più il ragazzino dolce con cui mangiavo popcorn il mercoledì sera,stesa sul divano. Lo sapevo,ma non riuscivo ancora a farmene una ragione. Quanto in fretta può cambiare una persona,condizionata da fattori esterni di importanza vitale?Troppo. All'improvviso capii che forse anche io,esattamente come lui,ero stata modellata da quell'insipido universo. Tutti,esattamente come la creta,non erano altro che un'inverosimile sostanza in attesa di assumere la forma che ci sarebbe stata assegnata dal tempo.

«Sta' attenta» si raccomandò una voce dolce alle mie spalle.

Mi voltai verso di lei e mi sforzai di tirare fuori il più rassicurante dei sorrisi.

Osservavo la luna da ore. Quell'enorme figura sferica luminosa attirava il mio sguardo a sé come se fosse dotata di uno strano potere. A volte,nelle notte in cui il cielo era limpido e non faceva il prepotente,decidendo di nascondere le sue stelle,io e Josh ci sedevamo sotto il portico di casa e restavamo minuti interminabili ad osservare le nobili creature dell'universo. Parlavamo di ogni cosa,sotto il chiarore innocente della luna. Parlavamo delle nostre vite,dei nostri desideri,dei sogni,delle speranze infrante e dei dispiaceri ingoiati assieme all'amaro delle lacrime. Eravamo noi,spogli di un'apparenza forzata,nudi come le nostre anime che esposte si guardavano a vicenda,amandosi in ogni sfumatura. E adesso,qui,la luna era la stessa,ed io lo sapevo. Immutabile e meravigliosa come fosse un'immagine creata dal disperato desiderio di pace,lei guardava un'altra persona,un'anima un po' persa e ferita che ricordava se stessa,chiedendosi cosa fosse reale e cosa fosse implicito sogno. Amavo la luna,ma forse lei non amava più me. Forse non amava più nessuno di noi. E il freddo sbatteva sulla mia pelle senza chieder scusa,senza piegarsi al mio cospetto,deciso a divorare il respiro troppo calmo che spariva in una nebbiolina chiara,nuotando nell'insensibilità dell'aria. La pistola impugnata debolmente dalla mia mano,scossa a volte dal tremolio impercettibile di un corpo che avrebbe desiderato spegnersi per i pochi istanti indispensabile a dimenticare. Chissà cosa c'avrebbe riservato il domani,quando il sole sarebbe sorto ed avrebbe sconfitto le tenebre come ormai era solito fare. C'era un'alta probabilità di morire,ma chissà perché la cosa non mi sconvolgeva più di tanto. La morte che fino a qualche ora prima era apparsa sotto forma di parola ricorrente nei pensieri,continuava ad aleggiare sopra le nostre teste,come in attesa del momento in cui il destino ci avrebbe riservato una triste fine.

Con una lentezza straziante,mentre lottavo disperatamente contro il sonno,contro il freddo,contro la fame e contro la sete,il cielo si colorò di arancione dietro le montagne,e i raggi di sole che sussurravano un buongiorno silenzioso,colpirono il mio viso delicati ed irraggiungibili.

Dovevo andare a svegliare gli altri. Entrai nella grotta e li vidi. Puckerman dormiva con la schiena adagiata alla parete rocciosa e la testa china sopra il busto,priva di forze. Lucas era sdraiato a terra,con la testa adagiata sull'avambraccio sinistro. Brittany se ne stava buttata a pancia in su,a bocca aperta,in una posizione che se non avessi saputo che stava dormendo,mi avrebbe paralizzata dalla paura. Alex...Alex non dormiva. Era affianco a Noah,nella stessa posizione del ragazzo,ma i suoi occhi erano ridotti a due fessure arrossate e stanche e tra le labbra teneva una sigaretta. La guardai per qualche secondo,poi,presa da uno strano istinto,mi misi seduta al suo fianco.

«Immagino che tu non abbia dormito...» le dissi a bassa voce,non ancora pronta a svegliare il resto del gruppo.

Lei continuò a fissare l'entrata della grotta ed inspirò una boccata di fumo «immagini bene» rispose con la voce roca ed irriconoscibile.

Rimasi in silenzio,contemplando con lo sguardo la stessa immagine che i suoi occhi scrutavano : la natura illuminata dalla luce che acquistava forza con il passare del tempo.

«Sai,» iniziò con un tono di voce che mi mise i brividi «continuo ad immaginare che lui ci raggiungerà» fece una pausa ed aspirò un altro tiro di sigaretta «lo vedo entrare,con la luce che gli illumina il viso e gli fa sembrare i capelli più chiari. D'estate col sole gli si schiarivano sempre i capelli,diventavano di un castano chiaro bellissimo. Da piccolo aveva un taglio a caschetto davvero osceno» continuò,aprendo la bocca in un grande sorriso triste «mio padre lo prendeva sempre in giro,ma mia madre continuava a dire al barbiere di fargli quel taglio. Pure allora era una testa di cazzo quella donna» sorrise ancora «a me faceva tagliare i capelli ogni volta che superavano la lunghezza delle spalle. Diceva sempre che altrimenti erano in disordine e che sembravo uno di quei cani randagi che si aggiravano per la strada. Stronza. Se li vedesse ora chissà che faccia farebbe».

Diversi centimetri di cenere caddero sul suo ginocchio sinistro e una lacrima le scivolò sulla guancia così lentamente,che mi sembrò le stesse straziando la pelle. Mi faceva tenerezza. Il suo dolore era così reale e tangibile,che creava attorno alla sua figura una sorta di aura mistica,un'ampolla che anziché proteggerla,avrebbe finito per distruggerla. Che cosa potevo fare per aiutarla?Cosa avrebbe potuto aiutarla?Non c'erano distrazioni,se non situazioni catastrofiche in cui saremmo stati costretti a fuggire o saremmo semplicemente morti. Certo era,però,che niente era uguagliabile al dolore,ed io lo sapevo bene.

«Ci sono passata Alex,» affermai con la voce ridotta ad un ennesimo sussurro «so bene cosa si prova a perdere una delle persone più importanti della tua vita».

Lei annuì debolmente e si asciugò una lacrima «non riesco nemmeno a respirare. Voglio morire. Voglio solo morire».

La guardai fare l'ultimo tiro di sigaretta,e sentii immediatamente una fitta al petto e l'inspiegabile desiderio di piangere al suo fianco. Il dolore,a volte,è contagioso.

«Non vuoi morire,Alex. Se l'avessi voluto veramente,a quest'ora non saresti dentro questa grotta».

Allora,la contemplazione del nulla finì,ed i suoi occhi scuri si fissarono sul mio viso intensi e penetranti come pochi.

«Sai perché non l'ho fatto?» chiese poco dopo.

«No. Perchè?»

Volevo saperlo per davvero.

La ragazza chiuse gli occhi per qualche secondo,e quando li riaprì un'altra lacrima scese lenta e dolorosa «avevo pensato che sarebbe stato facile. A New York si sentivano di continuo le notizie di persone disperate che avevano deciso di togliersi la vita. Una ragazza nella mia scuola l'aveva fatto. Il padre e la madre avevano divorziato e sua sorella era morta pochi anni prima per un incidente stradale. Quando la notizia apparve al telegiornale,mentre mangiavo un panino e bevevo una bottiglia di gin,rimasi sconvolta. Il giornalista disse che si era tagliata le vene e che aveva sofferto,da dopo la morte della sorella,di depressione ed anoressia. Quando senti questo tipo di cose,non pensi che possano mai toccarti veramente...capisci cosa intendo dire?»

Annuii,seppur debolmente.

«Ti sembrano così tragiche,così distanti e disperate...e tu ti senti estraniato da qualunque cosa non ti riguardi. Pensi che le persone muoiono tutti i giorni,pensi che gli incidenti accadono,pensi che le malattie esistano,ma che tu per qualche assurda ragione ne sia immune. La verità è che non siamo immortali,non siamo destinati a vivere in eterno e nessuno ci assicura di essere al riparo dal male» fece una pausa e sospirò «pensavo che sarebbe stato facile. Pensavo che avrei fatto una lieve pressione sul grilletto e me ne sarei andata all'altro mondo,e invece ho scoperto che non è così. Ci vuole più coraggio a morire che a vivere. Per vivere basta respirare,basta trascinarsi anche a fatica su di un pavimento,basta fingere di sorridere anche se muori dentro e ti senti gli organi divorati giorno dopo un giorno da un mostro che è senza nome. Per morire,invece,devi sentirti pronta. Devi essere capace di buttarti in una voragine senza fine,pensando che non avrai né un passato,né un presente e né un domani. E non basterà più sorridere,non basterà più respirare,non basterà più trascinarsi,perché non potrai più cullarti neppure nel dolore. Mi sono buttata tutta la vita in cose che pensavo sarebbero state più grandi di me,ripetendomi che ero stata coraggiosa. Questa volta,invece,ho preferito essere codarda e continuare a strisciare come un verme,già marcia dentro».


Silenzio.


Alex si stropicciò gli occhi cerchiati da delle grandi occhiaie e sfilò l'ultima sigaretta dal pacchetto da venti di Marlboro. Nessuna di noi due osava rompere quel silenzio. Se non ci fosse stata quell'assurda regola,stampata come a caratteri cubitali su di enorme cartello immaginario,forse avrei pianto. Giusto quel poco che mi avrebbe permesso di tirare fuori tutte le parole che avevo assorbito pochi minuti prima. Come una spugna,era gonfia di un dolore che non mi apparteneva,ma che per qualche ragione aveva un sapore familiare.

«Finirà mai?» chiese all'improvviso,costringendomi a ridestarmi da quella specie di trance.

La guardai «che cosa?»

«Il dolore che ti frantuma le viscere».

Chiusi gli occhi «no,non finirà mai. Sarà una componente della tua persona e il tempo non cancellerà niente : renderà solo l'inferno un abitudine senza uguali».



Ce ne stavamo seduti in cerchio,con il sole ormai alto nel cielo che trapelava dalle fitte foglie degli alberi e raggiungeva buona parte della grotta,come per invitarci ad uscire. Saremmo dovuti partire già da un pezzo,e invece le nostre facce stanche erano ancora lì,in attesa di un ordine o una soluzione che non riusciva a venire fuori. Avevo sete e avevo fame. Non bevevo da più di dodici ore,ormai,ed avevo la gola secca e le labbra che mi supplicavano di essere bagnate. Deglutivo a fatica la saliva e mi inumidivo la bocca con questa. Lo stomaco brontolava,si contraeva,e la stanchezza governava ogni mio singolo muscolo. Senza che me ne accorgessi,di tanto in tanto,mi si chiudevano gli occhi e mi cedeva la testa che si adagiava col mento sul busto. Allora Brittany mi dava un colpetto sulla spalla,guardandomi preoccupata,mi ripeteva che non sarei dovuta restare di guardia,ed io guizzavo come un'anguilla con gli occhi completamente sbarrati. Non era piacevole sentirsi fuori uso,non in grado neppure di camminare. Ero sporca e puzzavo di sudore,di terra e di morto. Un odore simile a quello di un cadavere che si appresta a putrefarsi,esattamente identico a quello degli altri,che fingevamo distrattamente di ignorare. Un animale sarebbe stato in condizioni migliori delle nostre,se ne esistevano ancora...

«Abbiamo bisogno di acqua,Noah» disse Brittany rompendo quel velo di inafferabile silenzio «non possiamo incamminarci senza cose primarie come cibo e acqua,o senza armi».

Noah si accigliò «non possiamo neppure avventurarci in città in queste condizioni e con una pistola quasi scarica. Guardaci,Brittany : pensi che saremmo in grado di affrontare una dozzina di affamati quando a stento potremmo reggerci in piedi?»

Non c'era soluzione,non esisteva una scappatoia che non comprendesse dei rischi. Per questo,da ore,ce ne stavamo lì un po' per svogliatezza e un po' per le inconcludenti decisioni del gruppo. Forse,se ci fosse stato Steven...

«Dobbiamo andare in città,non c'è altra scelta» annunciai,sforzandomi di guardare il viso distrutto di Noah «ci serve dell'acqua».

Forse era la sete a parlare,o forse la disperazione. Volevo solamente uscire da quella grotta e bere un'immensa sorsata di acqua fresca. Non chiedevo altro : acqua.

Puckerman mi guardò serio e poi si alzò di scatto da terra,lasciandomi perplessa per un istante.

«Dove diavolo vai?» chiese Lucas,anticipandomi.

«Prenderò dell'acqua e del cibo in scatola e tornerò il più velocemente possibile qui. Se ci riesco,ruberò una macchina e poi ci rimetteremo in viaggio» annunciò serio.

Scossi la testa «spero che tu stia scherzando!Vuoi farti uccidere,Puckerman?»

Lui inspirò e si passò una mano sulla nuca ormai piena di capelli castani «Mi muoverò veloce,posso farcela».

Mi sollevai da terra,e Lucas si alzò con me «no» risposi a brutto muso.

«Vengo con te» disse mio fratello.

Sgrani gli occhi e il mio sguardo corse sul suo viso.

«San,possiamo farcela» mi disse lui con una voce quasi disperata,che supplicava la mia approvazione «so usare bene la pisto...»

«Ma che vi siete messi in mente?!Siete impazziti?!» sbottai furiosa «Vi uccideranno!Vi uccideranno ed io sarò costretta a restare qui a piangere per voi,soffrendo come un cane!Nessuno va' in città,ok?Nessuno si muove da qui o giuro su Dio che,se uscite da questa grotta,io mi farò ammazzare con voi!»

Brittany mi sfiorò il braccio con la mano «San,calmati...» sussurrò dolce «va' tutto bene».

«No!» urlai «Non va bene un cazzo!Non bevo e non mangio da un'eternità,sono stanca e sporca e mio fratello mi sta pregando di andare a farsi uccidere. Ma state scherzando?!Tu non vai da nessuna parte!Non ti muovi da qui,hai capito?!Non ti muovi da qui!»

Lucas mi guardò serio e scosse la testa con disapprovazione «ma perché fai così?» mi chiese con la fronte aggrottata e la voce che sembrava quella di un uomo adulto.

«Perché non voglio perderti!» riuscii a dire prima che i singhiozzi mi scuotessero il petto.

Passarono alcuni minuti prima che Noah ricominciò a parlare «E' arrivato il momento di partire. Ci incammineremo lungo la strada,diretti dalla parte opposta della città e spereremo di trovare qualche casa durante il tragitto».

L'aveva fatto per me,lo sapevo. Noah aveva deciso così soltanto per me. Sapeva che se fosse andato,mio fratello avrebbe insisto per seguirlo e che io non li avrei mai e poi mai lasciati andare. Da una parte lo ringraziavo,dall'altra la mia gola supplicava di ingoiare qualcosa di fresco.


Con ancora le lacrime agli occhi e il sapore salato sulla lingua,ricominciai a camminare assieme agli altri. Percorremmo il bosco e raggiungemmo la strada principale,poi,sotto il sole che picchiava sopra le nostre teste,ci incamminammo lentamente verso una meta sconosciuta,passo dopo passo sul ciglio della strada. Col passare del tempo la vista mi si sfocava sempre di più ed i piedi si muovevano a zig zag. La stanchezza giocava brutti scherzi e,in quell'esatto istante,mi sembrava di camminare in un cocente deserto senza fine. Acqua. Acqua. Acqua. Non riuscivo a far altro che pensare a dell'acqua. Era il mio pensiero primario,che come fosse pieno di un'assurda mania di protagonismo,occupava la mia intera mente. Non mi curavo più neppure di Brittany,che era costretta a rallentare il suo passo per restarmi al fianco. Ogni tanto mi parlava,per non far calare la mia attenzione,ma la sua voce era come un inutile ronzio nella mia testa e non afferravo con esattezza le sue parole.

«Dobbiamo fermarci!» riuscii a sentirle dire «Credo che Santana non ce la faccia più».

Scossi la testa ed ingoiai della saliva inesistente «sto..sto bene!» biascicai esausta.

Brittany mi fermò per un braccio «No,non stai bene. Siediti un po' o rischierai di svenire. Non hai dormito questa notte e non hai un briciolo di forze...sei pallida,San».

Non risposi e mi lasciai andare a terra,con le gambe che mi cedevano per il tremolio nei muscoli «ce la faccio,sto bene».

Brittany non badò alle mie parole e si sedé al mio fianco. Mi accarezzo una guancia lentamente e mi prese il viso tra le mani «ti amo,ma non fare la testa calda» sussurrò sulla mia pelle.

Sorrisi «la mia testa non è calda,ma bollente»

Lei ridacchiò amaramente «lo so amore,lo so».

Restai seduta una decina di minuti,con lo sguardo fisso sul viso di Brittany. Non riuscivo a guardare altro. Lei era il mio faro. All'improvviso,però,sentii qualcosa : un rumore. Credevo che fosse un allucinazione causata dalla stanchezza e dalla sete e,invece,quando la vidi in lontananza,scattai in piedi come un felino.

«Cazzo!» urlò Noah,sbalordito «è una macchina!»

Non l'avevo immaginato!Quel suono era il rumore del motore di una macchina. Era reale. Una macchina.

«O mio Dio» biascicò Brittany.

«Dobbiamo fermarla!»

La vettura schizzava svelta come un fulmine sulla strada completamente vuota. Quando si trovò a qualche centinaio di metri di distanza da noi,iniziammo ad agitare le braccia,a saltare e a gridare.Eravamo disperati ed avevamo bisogno di aiuto. Se quella persona possedeva o era in grado di procurarsi una macchina,di sicuro aveva scorte di acqua e di cibo e un riparo sicuro dove stare. Dio,mi sembrava un miracolo.

«Aiutateci!» gridai con l'ultimo filo di voce che avevo,agitando le braccia assieme agli altri.

La macchina ci aveva quasi raggiunti ormai,ma non si apprestava a fermarsi. Non capivo,e all'improvviso smisi di urlare e di saltare. Perché non rallentava?

«Ma che succede?» chiese mio fratello.

«Brutta testa di cazzo» bofonchiò Alex.

Guardavo ancora il fuoristrada nero avvicinarsi veloce,pronto a schizzare via,quando all'improvviso Noah si gettò in mezzo alla strada.

«Puckerman!» gridai terrorizzata assieme agli altri.

Cinquanta metri. Trenta metri. Venti metri. Non potevo guardare.

«Noah!»

Lo stridio dei freni sforzarsi sino all'inverosimile e l'odore della gomma bruciata,mi costrinsero ad aprire gli occhi. Noah era immobile,tutt'intero,e il muso della macchina distava qualche decina di centimetri dalle sue ginocchia. Mi vennero i brividi.

«Puckerman,stai bene?» gridò Lucas.

Noah non rispose,continuava a fissare dritto di fronte a sé,attraverso il vetro scuro che nascondeva un altro raro essere umano. Quando Lucas camminò per raggiungerlo,noi altre lo seguimmo,curiose. Affiancammo Noah e,pochi secondi dopo,lo sportello dell'auto si spalancò con violenza.

«Ma ti ha dato di volta il cervello?!» urlò una ragazza,con un grosso fucile in mano «Cosa sei,un pazzo?!» continuò furiosa.

La canna del fucile si sollevo e la ragazza mirò alla testa di Puckerman. Eravamo tutti allibiti. Ma che stava succedendo?Prima ancora che potessi trovare una risposta,la portiera dalla parte del passeggero si spalancò improvvisamente. C'era qualcun altro dentro la macchina.

«Quinn,andiamo...» la richiamò un uomo dai capelli lunghi e biondi,con un forte accento inglese «non cominciare a dare di matto!» disse il tipo,con un'aria decisamente canzonatoria.

La ragazza stralunò gli occhi e lo guardò «e va bene» rispose arresa,abbassando il fucile «voi chi diavolo siete?»

Fissai un'ultima volta i due tizi e poi,come se fossi stata troppo esausta per giungere ad un'altra conclusione,decisi che ci avrebbero salvato la vita.

«Siamo un gruppo di sopravvissuti...» disse Noah,rompendo il silenzio che si era creato.

«Cavolo!» rispose la ragazza,sgranando gli occhi con finta sorpresa «Credevo che foste un branco di cervi che attraversava la strada!»

Allora,mi scappò un sorriso. Eravamo salvi. Per il momento,eravamo salvi e non riuscivo a pensare ad altro.


E rieccomi qui!Pensavate che vi avrei lasciati immaginare il resto della storia?Ebbene no! Si riparte,e si parte alla grande. Innanzitutto mi scuso con voi per questa pausa che ha inevitabilmente segnato la mia assenza dal sito. Spero,però,che siate contenti di riavermi di nuovo qui tra voi e,soprattutto,che questo capitolo vi sia piaciuto. Gente,abbiamo due nuovi ingressi nella storia,ed uno dei due personaggi possiamo dire di conoscerlo come le nostre tasche...ovvio è,però,che la Quinn che conosceremo nei prossimi capitoli è molto diversa da quella di Glee. La Quinn di 'Between the Hungry' è una Quinn che viene da un passato difficile e vive in un presente ancora più difficile ; se facciamo due più due,possiamo dire di conoscerne il risultato. Al suo fianco troviamo un altro personaggio che in questo capitolo resta nell'ombra,ma che conosceremo molto molto presto. Che altro dirvi,se non le solite cose? Fatemi sapere tutto quel che pensate,senza avere timore!Sono sempre curiosa di leggere i vostri pareri e di sapere se avete gradito o meno il capitolo. 

Alla prossima!Ci becchiamo nelle recensioni.

P.S. Ho deciso di interrompere la pausa,ma dovrete perdonarmi se non pubblicherò i capitoli a breve distanza l'uno dall'altro. Purtroppo per via di impegni ed un accavallarsi di situazioni,sono rimasta un po' indietro con la storia e devo rimettermi a lavorarci un po' su. Fatto sta che non mi dimenticherò certo di voi,e che ci ritroveremo in un prossimo capitolo.


  
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