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Autore: Trick    02/09/2014    14 recensioni
“Non è colpa tua, Remus”.
“E di chi altri?” replicò in un mesto mormorio. “Le ho mentito. Ho tradito la sua fiducia. Non posso perdonarmelo”.
“Oh, ti riferivi a questo?” domandò con leggerezza Silente. “Credevo parlassi del recente plenilunio. Beh, in questo caso…”. Inclinò appena la testa con espressione più severa. “Devo ammettere che hai una considerevole parte di colpa in quanto è accaduto”.

Missing Moments ambientato la mattina successiva alla fuga da Hogwarts di Peter Minus.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Remus Lupin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Note: In questi giorni ho deciso di rileggermi tutta la saga – ed è fantastico, perché non la rileggevo da secoli e trovo un sacco di dettagli che mi avevo dimenticato. Ieri sera ho terminato “Il Prigioniero di Azkaban” che è probabilmente il mio preferito insieme a “L’Ordine della Fenice” e ne è uscita fuori questa Missing Moments ambientata la mattina successiva alla fuga di Codaliscia.
Niente di che, sono l’ennesimo tributo di una fan che continua ancora ad aspettare la sua lettera di ammissione per Hogwarts.
(:

 
 
 
*
Il miglior insegnante
 
 
«Sta facendo le valigie?» esclamò Harry allarmato. «Perché?».
«Va via, no?» disse Hagrid, sorpreso per la domanda. «Ha dato le dimissioni stamattina presto. Dice che non deve succedere un’altra volta».
(da Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban)

 
 
 
Severus aveva da poco abbandonato l’ufficio del Preside. Era ancora profondamente adirato per la fuga di Sirius Black di qualche ora prima. Silente non aveva potuto nulla contro il suo risentimento; sperava solo che il tempo, che già tanti errori aveva risolto quella notte, avrebbe potuto attutire il peso dell’odio del suo giovane professore di Pozioni. Non riusciva a crederci quanto tuttavia avrebbe desiderato.
Udì un calmo bussare alla porta e distolse lo sguardo dalla luce del sole ormai alto che brillava sulle acque del Lago Nero.
“Prego”.
Remus Lupin varcò la soglia tenendo il viso basso. I capelli chiari gli coprivano le ombre misere attorno agli occhi, ma nulla avrebbe potuto celare i segni sul suo volto prematuramente invecchiato.
“Come ti senti, Remus?”.
Remus scosse appena il capo. La sua voce roca, solitamente gentile e affabile, risuonò timida e insicura come quella del ragazzino che era stato tanti anni prima.
“Io… io non so da dove iniziare, Preside”.
Silente lo scrutò per un lungo istante.
“Potresti iniziare prendendo una sedia” propose con un sorriso, mentre occupava il proprio posto sulla poltrona dietro alla scrivania. Attese che Remus si fosse seduto. “E ora potresti semplicemente iniziare dall’inizio”.
Remus teneva ancora il viso basso e si torturava le mani abbandonate sul grembo.
“Mi dispiace”.
C’era così tanta genuina disperazione nel suo tono che Silente non poté trattenere un altro sorriso.
“Non è colpa tua, Remus”.
“E di chi altri?” replicò in un mesto mormorio. “Le ho mentito. Ho tradito la sua fiducia. Non posso perdonarmelo”.
“Oh, ti riferivi a questo?” domandò con leggerezza Silente. “Credevo parlassi del recente plenilunio. Beh, in questo caso…”. Inclinò appena la testa con espressione più severa. “Devo ammettere che hai una considerevole parte di colpa in quanto è accaduto”. Afferrò un vasetto ricolmo di caramelle nere e gliele tese. “Gradisci forse una Piperilla?”.
Remus alzò finalmente il capo. Sembrava confuso.
“Perché non è furioso? Ha tutto il diritto di odiarmi”.
“Sono molto arrabbiato con te, in effetti” confessò Silente. “Ma non abbastanza per non ricordare che sei un tremendo goloso. Coraggio, prendine una”.
Remus sospirò, ma scelse ugualmente una delle Piperille e se la rigirò per un attimo fra le dita.
“Mi ritiene un vigliacco, Preside?”.
“Al contrario, Remus”.
“Ma lo sono”.
“Personalmente non sono della tua stessa idea”. Silente infilò in bocca una Piperilla e fece una smorfia divertita quando il sapore piccante della caramella gli esplose fra i denti. “Hai solo commesso un errore di valutazione”.
“Le ho mentito”.
“Me lo hai già detto”.
“Ho tradito la sua fiducia”.
“Hai già detto anche questo”.
Remus rimase in silenzio per qualche secondo, poi socchiuse gli occhi e ed emise un gemito stremato.
“Preferirei mi gridasse in faccia di sparire per sempre dalla sua vista”.
Silente gli rivolse un sorriso storto.
“Oh, sì. So che lo preferiresti di gran lunga”. Si alzò in piedi e si avvicinò a una delle grandi finestre che si affacciavano sui prati della scuola. “Sai, Remus, quando questa notte Sirius mi ha raccontato l’intera storia – da quando sono diventati Animagi per aiutarti a quando Sirius e Peter Minus si sono scambiati il ruolo di Custode Segreto di James e Lily – mi sono sentito tremendamente deluso da te”. Non gli sfuggì la piega colpevole assunta dalle spalle del mago più giovane. Lo vide coprirsi il volto con entrambe le mani. “Per tutti questi anni non ho fatto che offrirti la mia fiducia. Quando ti assicurai che avresti potuto frequentare Hogwarts, mi giurasti che ti saresti impegnato con tutte le tue forze in ogni disciplina. Ti credetti… e difatti non ho mai avuto motivo di lamentarmi del tuo ineccepibile rendimento scolastico a dispetto della tua discutibile condotta”. Si concesse una breve pausa. “Quando mi giurasti che non ti saresti mai tirato indietro nella guerra contro Voldemort, ti credetti. E nonostante tu fossi appena maggiorenne, sei rimasto a combattere al mio fianco quando maghi ben più adulti e abili di te erano fuggiti per paura”. Gli rivolse uno sguardo inquisitorio. “E quando iniziò a diffondersi la voce che la spia dell’Ordine della Fenice avresti potuto essere tu, mi giurasti che non era vero, che mai e poi mai mi avresti tradito. Ti credetti ancora… e ancora una volta ti rivelasti all’altezza della mia fiducia”.
Le mani di Remus stavano tremando, ma Silente non si fermò.
“Riesci a immaginare il mio sconforto quando ho scoperto che proprio tu, fra tutti, hai temuto il mio giudizio?”. Concesse a Remus il tempo per dire qualcosa, ma non ottenne altro che silenzio. Sospirò. “So che per te non è mai stato facile mostrare la tua vera natura agli altri, Remus – e non sto certo parlando del fatto che tu sia un Lupo Mannaro” aggiunse in fretta. “Credi che non abbia mai capito quale motivazione ti portava a trascorrere così tanto più tempo dei tuoi compagni di scuola sui libri? Certo, eri uno studente brillante e affamato di sapere, ma non è mai stata una mera questione di attitudine allo studio. Sbaglio?”.
Remus trovò finalmente la forza di guardarlo, ma continuò a tacere.
“Ti sei sempre sentito come se fossi costantemente sotto esame, costantemente sottoposto all’insindacabile giudizio del mondo… come se tu avessi il dovere di eccellere in ogni cosa”. Remus aprì la bocca, ma questa volta Silente lo interruppe con un vago cenno della mano. “Ed è soprattutto colpa mia. Avrei dovuto impedirti allora di trasformare la tua disperata ricerca dell’approvazione di chiunque nella tua personale regola di vita. È questo che ti sta davvero distruggendo, Remus”.
Quando Remus finalmente parlò, la sua voce parve riemergere da un abisso.
“Non posso fare altro”.
“Non è vero. Tu non vuoi fare altro. Hai paura di farlo, perché sai che se lo facessi, il mondo potrebbe giudicarti per quello che sei davvero e vedere tutti i tuoi difetti… ma sono proprio i difetti a renderti umano. Smettila di nasconderti dietro la maschera di uno studente modello: se fossi nato per esserlo, la casa di Grifondoro avrebbe vinto molte più Coppe delle Case negli anni in cui hai studiato qui”. Si avvicinò a lui e gli appoggiò una mano sulla spalla. “In te c’è molto di più, Remus. Io l’ho visto. È giunto il momento che accetti il fatto che anche il resto del mondo ha il diritto di vederlo”.
“Ma se solo avessi avuto il coraggio di dirle che Sirius era—“.
“Ora basta, Remus” lo fermò laconico Silente. “Hai commesso uno sbaglio, ma non è la mia fiducia nei tuoi confronti a esserne stata danneggiata, ma la tua verso te stesso… ancora una volta” aggiunse con più tristezza. “Smettila di commiserarti. Non ne hai motivo”.
Silente si riaccomodò nuovamente sulla propria poltrona e gli rivolse uno sguardo divertito.
“Pensi di mangiare quella Piperilla o stai aspettando che si sciolga sulla mano?”.
Remus non si mosse.
“Non credo che lei possa capire, Preside” confessò amaramente Remus. “In tutti questi anni… lei è il solo che abbia mai creduto in me. Fuori da quest’ufficio, da questo castello… non c’è nessun altro. Ci sono solo dissensi e ingiurie e porte chiuse in faccia e…”. Si passò una mano fra i capelli con aria disperata e si lasciò scivolare lungo lo schienale della sedia. “Io non posso… non posso”. Le sue parole iniziavano a diventare un fiume in piena del quale Silente parve compiacersi. “Ha detto che ho vissuto nella convinzione di essere costantemente sotto giudizio, ma non è una convinzione: è la realtà. Tutto porta sempre alla stessa frase ripetuta cento, mille, milioni di volte. ‘È un Lupo Mannaro’. Se mi oppongo, è perché sono un Lupo Mannaro; se perdo le staffe, è perché sono un Lupo Mannaro. Qualunque cosa io faccia o dica… è perché sono un Lupo Mannaro” concluse con una punta di cinico sarcasmo.
“Ed è così?”.
“Certo che no” replicò quasi oltraggiato Remus. “A volte vorrei solo poter gridare a tutti quanti di andare all’inferno…”.
Silente sorrise.
“E cosa stai aspettando per farlo?”.
Remus emise un sospiro tetro.
“Non… non è così che funziona, Preside. E lei lo sa quanto me”.
“In realtà, no. Conosco molte persone che nutrono più stima per te di quanto tu stesso non potresti immaginare”. Remus inarcò scettico un sopracciglio. “Io, ad esempio” riprese con ovvietà Silente. “E la professoressa McGranitt – anche se dopo gli eventi di questa notte credo abbia intenzione di strangolarti, Remus, ti suggerisco di fare molta attenzione. E anche se stenterai a credermi, più volte in questi anni Alastor Moody mi ha chiesto se eri ancora vivo. Credo abbia preso sul personale questo esilio che ti sei inflitto negli ultimi dodici anni… se sei così esperto di Difesa Contro le Arti Oscure è anche merito suo, avresti potuto almeno mandargli una cartolina per Natale”. Remus tentò per l’ennesima volta di parlare, ma Silente continuò imperterrito. “Hagrid e Madama Chips erano terrorizzati all’idea che questa notte ti fossi fatto male. Anche il vecchio Doge mi chiede spesso di te. E vuoi sapere un’altra cosa? Poco dopo l’inizio della scuola sono stati molti i genitori che mi hanno fatto i complimenti per essere riuscito finalmente a trovare un insegnante in gamba. Arthur Weasley era il più felice di tutti”. Silente gli mostrò i palmi. “E tutti questi ragazzi ti adorano, Remus. Sapevo che non stavo commettendo un errore quando ti ho pregato di accettare la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure. Ho sempre saputo di potermi fidare di te”.
Remus abbassò ancora una volta il viso, ma a Silente non fuggì l’improvviso luccicare dei suoi occhi.
“A proposito della mia cattedra, Preside… ero venuto con l’intenzione di rassegnare le mie dimissioni”.
Silente parve preso in contropiede. Intrecciò fra loro le dita e rivolse al mago più giovane una lunga occhiata penetrante.
“Remus, non stavo affatto scherzando quando ho detto che sei probabilmente uno dei migliori insegnanti di Difesa Contro le Arti Oscure che questa scuola abbia visto negli ultimi trent’anni”.
Remus sembrava irremovibile.
“Grazie, ma sono molto serio. Fra poco lei verrà inondato di altre lettere di genitori che non saranno più così bendisposti nei miei riguardi. Questa notte avrebbe potuto trasformarsi in una tragedia ben più irreparabile di quanto non si sia rivelata… non posso permettere che accada di nuovo”.
“E confido non lo farai una seconda volta, Remus. Ciò che accaduto rimarrà fra me, te e--”.
“E il resto della scuola” lo interruppe in fretta Remus. Si umettò le labbra prima di proseguire. “Questa mattina a colazione… temo che Severus si sia inavvertitamente lasciato sfuggire che sono un Lupo Mannaro con i ragazzi di Serpeverde”.
Silente fece un profondo respiro e socchiuse gli occhi.
“Avrei dovuto prevederlo”.
“Se posso essere sincero, io avevo previsto sarebbe accaduto molti mesi fa” confessò Remus in un evidente tentativo di suonare divertito. “Suggerire a Neville di camuffare il suo Molliccio con gli abiti di Augusta Longbottom non è stata esattamente fra le miei idee più geniali”.
Silente scoppiò in una risata allegra.
“Se posso essere sincero, Remus, avrei tanto voluto assistere”.
Si alzò in piedi con aria stanca e Remus lo imitò. Silente lo guardò ancora come se avesse intenzione di leggergli i pensieri.
“Ne sei davvero sicuro, Remus?”.
“Non ho altra scelta. Non posso permetterle di mettersi nei guai con il Ministero della Magia”.
Silente sospirò.
“Temo tu abbia ragione”.
Rimasero a fronteggiarsi in silenzio qualche istante, poi Silente gli appoggiò di nuovo la mano sulla spalla.
“Ho ancora un altro favore da chiederti, Remus…”.
Remus aggrottò la fronte.
“Ho l’orrenda sensazione che la fuga di Peter Minus si rivelerà ben più nefasta della semplice fuga di un assassino. Lord Voldemort non è stato ancora sconfitto una volta per tutte. Attende nell’ombra di riacquistare il suo potere perduto e temo che il Ministero non sia pronto ad affrontarlo di nuovo…”.
Gli occhi di Remus vennero attraversati da un lampo di ira.
“Crede che Peter voglia aiutarlo a risorgere?”.
“Credo che Peter non abbia semplicemente altre possibilità” commentò con franchezza. “Perciò, Remus…
“Sarò al suo fianco fino alla fine, Preside”.
Silente gli rivolse un sorriso grato.
“Ti ringrazio”.
“Sono io che ringrazio lei”.
Si congedò con sorriso lesto e gli voltò le spalle. Era quasi giunto alla porta che conduceva alle scale a chiocciola, quando venne fermato dalla voce vivace di Silente.
“Un’ultima cosa, Remus: se dovessi incrociare Severus mentre te ne stai andando, hai il mio permesso ufficiale di prenderlo a calci nel sedere”.
Remus rise e lasciò l’ufficio del Preside per l’ultima volta, infilandosi in bocca l’aspra Piperilla.
 
   
 
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