Lo scorpione, il leone e l’ossidiana(1)
Erano passati altri
venti giorni e altre venti notti ma per il principe Hans nulla era
cambiato,
continuava ad allenarsi, a provocare per sfida le guardie e a tramare
la fuga
perfetta: il fallimento questa volta non era contemplato. Quella
mattina però si
sentiva particolarmente nervoso, aveva dormito male e aveva avuto un
incubo
angoscioso, cosa che gli era capitata più di una volta nella
vita e non poteva
fare a meno di provarne ansia, anche se non sapeva bene il
perché. Come un
leone in gabbia, iniziò a camminare inquieto avanti e
indietro per la cella. Non
ricordava i dettagli dell’incubo ma sapeva che non portava
nulla di buono, era
sempre stato così. Stanco di quell’agitazione si
accasciò sulla brandina e
tentò di respirare piano per calmarsi, non era da lui
quell’agitazione ma non
tentò di soffocarla, probabilmente la guardia che lo teneva
sott’occhio avrebbe
riportato l’episodio al re, che magari si sarebbe sentito in
colpa e Hans avrebbe
potuto usare la situazione a suo vantaggio. A Questo cercava di pensare
Hans ma
in realtà l’agitazione era talmente forte, che non
riusciva a essere razionale,
però il principe odiava non avere controllo di sé
e per cui preferì continuarsi
a mentire.
Quando però il suo
secondino aprì la cella, con l’altra guardia, e lo
invitò a seguirlo, la sensazione
di pericolo irruppe nel suo cuore, forte e incontrastabile.
-Controllati Hans-,
si auto comandò accettando di essere ammanettato e bendato
–Non fare pazzie- si
ripeté. Le guardie non furono gentili, con degli improperi e
dei gesti seccati
lo spinsero verso l’ignoto e la cosa buffa era che era la
prima volta che quei
due gli rivolgevano la parola. Gli ordini del re dovevano essere
cambiati,
Peter doveva aver deciso il destino del principe. Quella consapevolezza
aumentò
l'agitazione di Hans, che concentrò comunque le sue energie
per cercare di
capire dove le due guardie lo stessero portando, ascoltando oltre i
loro
pesanti passi e i duri improperi. Stavano uscendo dalle segrete?
Probabile,
stavano salendo delle scale ma percorso l’ultimo scalino, le
guardie gli
ordinarono di star fermo e uno di loro iniziò a trafficare
con qualcosa. Sembrava
che stesse colpendo un muro, erano dei rumori sordi ad arrivare alle
orecchie
del principe e poi sentì lo stridio irritante di un
meccanismo meccanico e il
trascinare di una porta.
-Muovetevi,
Principe- una delle guardie ordinò duramente e a Hans venne
da ridere, tempo fa
quella guardia non avrebbe avuto quel tono con lui. Iniziò a
contare i passi
che percorrevano e calcolò che avevano appena fatto una
ventina di metri, prima
di sentirsi dire: - State attento ai gradini- da una voce differente da
quella
sentita prima, quell’altra guardia. Un’altra scala,
che forse saliva, e dove
diamine portava? Altre segrete? Hans era sorpreso, conosceva bene il
castello, i
due anni d’isolamento e la noia l’avevano spinto ad
avventurarsi nei suoi luoghi
più segreti, eppure ebbe l’impressione di non
avere nessuna idea di dove lo
stessero portando e non gli piacque.
Hans udì una chiave
essere infilata nella tappa di una porta, sentì che fu
girata cinque volte, che
razza di serratura era? Un’altra esortazione a camminare e
Hans sentì una
gradevole sensazione di frescura, doveva essere in un corridoio segreto
del
castello, che non conosceva … molto male. Hans si morse le
labbra per non
ridacchiare nervoso, detestava non sapere cosa accadesse attorno a lui
e odiava
sentirsi vulnerabile, il nervosismo aumentò vorticosamente:
quella situazione
gli ricordava di quando era stato fatto prigioniero nella sua stessa
nave dopo
i fatti di Arendelle, in cui, sconfitto, le uniche cose che aveva
saputo fare
erano state quelle di sedersi sul pavimento e appoggiare la schiena
contro il
muro come un essere debole e vulnerabile (2). Debole e vulnerabile
erano gli
aggettivi che odiava di più al mondo, soprattutto associati
a se stesso. Se
avesse avuto le mani libere, le avrebbe serrate in pugno per reprimere
la paura
(3).
Un’altra decina di
passi e le due guardie lo spinsero verso qualcosa. Hans capì
di essere stato
fatto accomodare su qualcosa di duro, probabilmente fatto di legno. Una
guardia
lo tenne stretto mentre l’altro gli bloccava i piedi, Hans
sentì il cuore
salirgli in gola … essere così fisicamente
bloccato gli faceva perdere il
sangue freddo. Aveva la gola secca, non riuscì a parlare ed
era unica arma che
gli era rimasta, una goccia di sudore scese lungo la schiena.
-Mi stanno già
torturando- pensò Hans, era una tecnica di tortura
psicologica … lo stavano
avvelenando con il pensiero di sentirsi debole e impotente. Tentò di dominare la sua
paura, ma tremava di
più di quella volta in cui aveva fatto visita a Elsa, la
regina dei ghiacci,
prigioniera nella cella del suo stesso castello. La guardia, che lo
teneva
stretto, gli slegò i polsi ma, prima che il principe potesse
reagire, l'altra
guardia li afferrò uno a uno e furono bloccati da
qualcos'altro. Probabilmente
le sue braccia erano state fissate ai braccioli di una sedia o qualcosa
del
genere, per questo si trovava in una posizione scomoda. Si
sentì catturato e
ringhiò tutta la rabbia e la paura che provava.
-Che cosa sta
succedendo? Esigo saperlo- domandò senza ottenere risposta,
udì i rumori delle
guardie che si allontanavano, ma non prima d’avergli
strappato dagli occhi la
benda senza premura.
Hans rimase il
silenzio, sentiva solo il cuore battere troppo veloce, decise di fare
il punto
della soluzione. Per prima cosa si esaminò, era intrappolato
in una sedia di
legno dall’aspetto compatto, in cui quattro bracciali di
ferro bloccavano gli
arti. Hans cercò di strattonarli, ma non ottenne nulla se
non dolore. Respirò
profondamente, imponendosi la fredda disciplina militare imparata negli
anni e
tornò a studiare la sedia che era finemente intarsiata. Poi
notò che il
pavimento era nero, lucido e lo rifletteva, doveva essere in vetro
d’ossidiana.
Gli occhi del principe si spostarono sui muri spogli della sala di una
pietra
d’origine vulcanica. Vide la luce solare nascosta da una
grande bandiera delle
Isole del Sud, rossa con un’effige di color nero in cui una
Globicephala incoronata
con una corona di erica faceva mostra di sé. La bandiera
poteva essere
riavvolta, Hans intravide il meccanismo, se qualcuno avesse utilizzato
il
principe, ormai disabituato alla luce, sarebbe rimasto accecato.
Davanti alla
bandiera si ergeva un trono rialzato con delle scale, finemente
intarsiato in legno
nero e imbottito di stoffa rossa e nera, la bellezza
dell’oggetto lo faceva
sembrare il trono di Zeus, il padre degli Dei.
Hans rimase rapito
dalla bellezza del trono, finché una figura perfettamente
mimetizzata non si
mosse. Il principe tirò spaventato la testa all'indietro,
era convinto di
essere solo e quando la figura si alzò, riconobbe suo
fratello Peter. Hans non
seppe se essere contento o spaventato: suo fratello non era il tipo da
fare
quelle entrate d’effetto e lo studiò. Il re era
vestito completamente di nero.
L'abito faceva risaltare ancora di più i suoi capelli
ingrigiti e gli unici
accenni di colore erano gli intricati dettagli rossi sul petto e sui
risvolti
delle maniche della giacca. Ma non fu quello a spaventare Hans. Peter
aveva le
mani fasciate da dei fini e lucidi guanti neri, erano il simbolo di un
lutto
nella famiglia reale. Hans, già innervosito da tutta quella
situazione
stressante a cui era stato sottoposto, abbandonò il sangue
freddo lasciandolo
ad altri impavidi, e inveì contro il fratello.
-Hai deciso di
uccidermi? Congratulazioni! Che scelta saggia per un re e poco
misericordiosa
per un fratello- il suo tono di voce era così avvelenato
dalla paura che Hans
non lo riconobbe. L’istinto di sopravvivenza gli suggeriva di
scappare, lì era
in pericolo. Peter non si mosse dalla sua posizione, inarcò
un sopracciglio
assumendo un’espressione sarcastica.
-No, Hans-, la voce
del re echeggiò in quella stanza, fredda, autoritaria.
-Non ti ucciderò,
perché conoscendoti, potresti convincere San Pietro che tu
sia un santo, una
povera vittima della circostanza … -, il re fissò
con uno sguardo gelido il
principe Hans dall’alto verso il basso.
- Ma non questo
Pietro, sappiamo entrambi che meriti di essere punito-.
-Sai dove siamo,
Hans?- domandò Peter, senza addolcire neanche per un attimo
il tono, Hans
osservò nuovamente quel posto mai visto, che forse aveva
sentito parlare come
una leggenda o come un incubo.
-La Sala
d’ossidiana- la sua risposta echeggiò e il re
annuì affermativo, non un sorriso
o un’esitazione comparve sul suo volto.
-Dovresti sentirti
onorato Hans. Solo i primi cinque principi ereditari hanno il diritto
d’accedere
a questa sala-. Hans non rispose a quella provocazione, non si sentiva
onorato
ed era sicuro che suo fratello non fosse mai stato in quella sala
intrappolato
come lui. Gettò un’occhiata preoccupata ai polsi
bloccati, a che cosa serviva
quel posto? Intuendo la muta domanda del fratello, Peter rispose con un
tono
quasi affabile- Hans, questa è la sala per marchiare i
traditori delle Isole-
quelle parole colpirono il principe come uno schiaffo, se avesse
potuto,
avrebbe coperto il viso con le nude mani. In un attimo paura e terrore
passarono nei suoi occhi e poi tornò alla sua espressione
preferita, fredda
diffidenza.
Peter scese
lentamente dalle scale aiutandosi con una strana mazza, senza diminuire
minimamente
l’aria di potenza e autorità che aveva, Hans si
trovò a pensare che fosse
quella l’aura che doveva emanare un re. Quando fu abbastanza
vicino, Hans vide
che non era una mazza quello che aveva il fratello ma il ferro della
marchiatura
e riconobbe il simbolo: un pentagono, diviso da una sola linea
frammentata. Hans
guardò l’oggetto e poi il fratello, che lo
fissò impassibile rendendo
impossibile per il principe decifrarlo. Una volta vicino, Peter
afferrò il viso
di Hans con una mano e con l’altra, in cui teneva ancora la
mazza, disegnò un immaginario
marchio sul lato sinistro del viso del fratello. Offuscato dalla paura,
sentendo il freddo di quell’oggetto, il tredicesimo principe
non ebbe difficoltà
a immaginare il dolore di essere sfregiato né a tutte le
orribili conseguenze.
-Allora è così che
tenti di aiutarmi? Trasformandomi in un individuo senza diritti, senza
possibilità?-.
-Adesso vuoi il mio
aiuto, aiuto per cosa?- domandò Peter velenoso e con uno
sguardo che avrebbe
potuto uccidere- Per essere un uomo decente? Non questa vergogna?-.
Hans
rimpianse d’aver detto quelle parole e alzò il
viso, sdegnato, aveva parlato
troppo ma fu tentato di rispondere che lui non ci teneva per nulla a
essere un
uomo decente, quella parola aveva assunto negli anni un significato
completamente
negativo.
Inaspettatamente
Peter gli bloccò il viso, come uno scorpione che agguantava
la preda con la sua
chela, e lo fissò autorevole negli occhi, sorrideva appena e
con accondiscendenza.
-No, Hans. Non è
così che voglio aiutarti-. Hans si permise di guardarlo
sospettoso, non
riusciva a capire il gioco del fratello, lo confondeva e si
sentì mancare il
respiro, quando il fratello sistemò quell’oggetto
di tortura sulla sua sedia.
-Ti voglio dare una
possibilità per redimerti e diventare una persona migliore-.
-Non considero le
mie azioni sbagliate-, ringhiò con qualche
difficoltà Hans, perché la mano del
fratello gli serrava il viso-Sono stato impaziente e incosciente,
questo è il mio
unico disappunto-. La stretta di Peter divenne più forte e
Hans chiuse
istintivamente gli occhi.
-Lo so bene che ti
senti un dio per quello che hai fatto- Peter gli gettò
un’occhiata sarcastica e
precisò- O meglio, quello che hai tentato di fare-. Hans non
reagì alla
provocazione, ma le parole del fratello ferirono il suo orgoglio.
-Sai quale tua
azione mi ha più disgustato?- Peter lasciò il
viso di Hans e indietreggiò di un
paio di passi, nel suo sguardo si leggeva solo un irritante
menefreghismo. Con
lentezza infinita Peter si sfilò il guanto destro e lo tenne
nell’altra mano,
Hans a vedere quel gesto ebbe una terribile sensazione di
déjà-vu e l’ansia gli
attanagliò lo stomaco.
- Hai ingannato una
fanciulla che avrebbe potuto essere mia figlia o tua nipote-,
sibilò
implacabile e con disprezzo Peter.
-Caterina non si
farebbe mai ingannare dal primo venuto. La principessa Anna
è solamente una
ragazzina- ribatté sarcastico Hans ma non fu pronto per
quello che arrivò, lo
schiaffo fu talmente forte che gemette per il dolore e la sua testa
girò su un
lato, la rigirò e fissò stupito Peter. Lo
schiaffo appena ricevuto non era per
nulla simile a quello ricevuto quasi un anno prima, pieno di rabbia e
delusione, era stato freddo, calcolato, spietato e senza nessuna remora
e
nonostante la forza Peter non gli aveva fatto perdere una sola goccia
di sangue.
Hans non vide negli
occhi del fratello l’uomo diviso tra i doveri di un sovrano e
quelli di un
fratello: c’era solo il sovrano in quella stanza, quelli che
tutti temevano a
corte. Peter ghignò- Hans, nessuna donna, che non sia stata
torturata con anni
d’isolamento, si sarebbe fatta ingannare. Non sei stato bravo
Hans, sei stato
solo fortunato-.
-Partirai per delle
missioni che ti affideranno i tuoi fratelli, sarai sotto il loro
controllo-.
Hans fissò il
fratello cercando di rimanere distaccato da quello che gli diceva, come
se la
faccenda non lo riguardasse per niente.
-Se ti comporterai
bene e farai tutto quello che ti dicono, passerai alla missione
successiva- quelle
parole misero in agitazione il principe. Non gli piaceva l'idea di
essere
comandato a bacchetta, specialmente dai suoi fratelli.
-Se supererai tutte
le missioni ti liberò, tornerai a possedere il tuo titolo e
la tua ignobile vita.
Ti darò la tua rendita di due anni e potrai lasciare le
Isole-.
La proposta era
così allettante che Hans sorrise involontariamente. Peter,
con aria minacciosa,
gli riafferrò velocemente il viso con la mano destra,
tenendo fermo il mento
con le dita.
Il tocco della mano
di Peter era caldo, Hans lo ricordava bene quando era un bambino ed era
accarezzato raramente con fare paterno dal fratello, ma quando poi era
cresciuto e Peter non aveva più manifestato
l’affetto per lui in quel modo, non
era appropriato per due uomini né per due principi. Invece,
le mani di Hans
erano sempre state fredde, per lui l’obbligo
d’indossare i guanti era stato una
benedizione: le amanti che aveva avuto, si erano spesso lamentate per
il suo
tocco freddo. Hans, per scongiurare la freddezza perpetua delle sue
mani, aveva
preso l’abitudine d’indossare i guanti anche nelle
occasioni non richieste
dall’etichetta. Se un anno prima la principessa Anna fosse
stata al massimo
delle sue forze e non fosse stata congelata, avrebbe avuto da
lamentarsi della
freddezza della sua mano quando le aveva sfiorato la pelle del viso.
Nonostante
il calore della pelle di Peter, il suo tocco era freddo e nel cuore del
principe, per un attimo fugace, ci fu del dispiacere.
-Se invece fallirai
una missione o cercherai d’ingannare la buona fede di uno dei
nostri fratelli-
Peter con la mano guantata strinse quella sinistra del giovane uomo,
che poté
percepire sia la sua mano sia il guanto abbandonato su essa. Hans si
trattene dall’imprecare,
quando Peter gli strinse la mano in una morsa dolorosa, non si era mai
reso
conto che fosse ancora così in forma e forte nonostante
l’età, e si costrinse a
guardarlo fiero e sfacciato negli occhi.
-Ti marchierò
personalmente-.
Hans si sentì
gelare il sangue, la voce di Peter era così determinata da
fargli venire i
brividi: aveva sempre creduto che suo fratello non gli avrebbe mai
fatto nulla
di male ma il dolore che sentì, gli suggerì che
forse la situazione era
cambiata o che stesse cercando di fare il duro e decise di metterlo
alla prova.
- Peter, mi fai
male- Hans gemette, sentì la morsa dell’altro
allentare e fu fiero di sé.
Peter rimasse in
silenzio, il suo sguardo era rimasto duro e Hans riprese a parlare in
tono
abbattuto-Avevate promesso che mi avreste difeso sempre- il principe
abbassò lo
sguardo. Il pavimento in vetro d’ossidiana rifletteva il
principe come un uomo
dall’espressione triste, segnata dallo sconforto
più profondo.
-Da che cosa Hans?-
domandò con un tono così dolce che il giovane
principe provò una fitta di
sincera nostalgia, il senso di colpa per quello che stava facendo non
deformò
il suo riflesso nel nero pavimento.
-Da tutto, da
tutti- iniziò afflitto guardando negli occhi il fratello e
leggendo,
finalmente, quella dolcezza che gli riservava quando era un bambino.
Hans
esultò interiormente, si sentiva potente, poteva manipolare
Peter, il re delle
Isole del Sud.
Sussurrò infine con
un filo di voce- Da me-, Peter sospirò pesantemente e gli
accarezzò la testa
con la mano nuda. Sapeva che lo stava ingannando, ma non si sentiva in
colpa. Quando
avvertì quella carezza carica d'affetto del fratello
maggiore sulla testa, per
un attimo Hans desiderò solamente che tutto fosse vero, che
la sua afflizione
fosse reale.
-Ci ho provato Hans,
ci ho provato- disse Peter con rimorso, Hans tremò, si
sentì quasi colpevole e
rimasse in silenzio, in quel momento in cui c’erano bugie e
verità insieme ma
che durò solo un attimo. Peter scattò in piedi e
si lasciò andare a una risata
così spontanea che Hans rimasse allibito, tanto da non
accorgersi che il re era
tornato a serrargli il viso tra la calda mano destra.
-Hans, con chi
credi d’aver a che fare? Con i bonaccioni
d’Arendelle?- Peter guardò Hans con
aria di sufficienza e con un sorriso cinico sulla bocca,
così simile alla sua.
Il principe
stordito non replicò, se la principessa Anna fosse stata in
quella stanza,
avrebbe esultato per la giustizia divina … Hans si sentiva
confuso esattamente
come lei, un anno prima.
-Non giocare con il
fuoco, Hans. Potresti scottarti- disse sprezzante il re- Te lo rammendo
ancora
una volta, comportati bene e non cercare di ingannare i nostri
fratelli, ti
renderesti ridicolo: hanno avuto la tua stessa educazione e non credere
di
essere più furbo di loro, perché non lo sei-
Peter riversò il suo disprezzo
nell’ultima frase.
-Se fallisci,
segnerò il tuo bel visino e sarai esiliato nella Colonia
Sort sne, lì ti
aspetterà una breve vita e una lunga morte in agonia- mentre
parlava Peter,
Hans sentì la rabbia montargli dentro per
quell’incresciosa situazione e per
essere stato ingannato dai suoi stessi trucchi.
-Partirai oggi-
ordinò il re, osservando il fratello con un sorriso beffardo
ma Hans non lo vide
finché un pensiero improvviso lo costrinse a guardare nella
sua direzione.
-E Caterina?-
quella frase, che non aveva bisogno di nessuna spiegazione per
entrambi, rimase
sospesa e il re con una porta socchiusa tra le mani, che solo in quel
momento
il principe notò, e lo stesso che sguardo arrogante che Hans
aveva rivolto un
anno prima a una principessa che stava morendo rispose: - Caterina, che
cosa?
In fin dei conti è solo una stupida ragazzina e deve essere
difesa dai cattivi
elementi- dichiarò Peter usando lo stesso tono sprezzate,
che poco prima Hans
aveva usato per descrivere la principessa Anna, e sbatté la
porta dietro di sé.
Hans fece in tempo solo per sussurrare-Cosa?-, pochi attimi dopo
sentì dei
passi e un colpo secco dietro al collo e per lui divenne tutto buio.
Peter
rimase in silenzio sul ciglio della porta ad ascoltare mentre Hans era
portato
via, si trovava nell’ennesimo corridoio nascosto del
castello, e in silenzio ad
attenderlo c’era l’ammiraglio Johannes che lo
guardava un po’ scettico con le
braccia incrociate.
-La principessa
Caterina non si arrabbierà?- domandò ma il re
negò con la testa- Sa, già tutto-.
Johannes gli mise una mano sulla spalla e il re disse- Dobbiamo solo
sperare
che scelga l’amore-.
Dall’episodio della
Sala d’ossidiana passarono altri quindici giorni, Peter aveva
già ricevuto una
lettera da Andreas che confermava la presenza di Hans nel convento, nel
frattempo da Arendelle era arrivata una lettera da parte della regina
Elsa che
accettava l’invito a visitare le Isole. Peter ne fu felice,
perché finalmente
avrebbe potuto parlare con la regina, che in fino a quel momento, aveva
solo
avuto contatti via lettera, ma era preoccupato per Hans, il suo
pensiero andava
verso di lui.
Peter sentiva, portato
dal vento, il profumo dei fiori di primavera e quella fragranza
familiare gli
rievocava dei ricordi molto dolorosi. Era troppa carica di nostalgia
per non
affliggere il suo cuore pensando alla sua Ada, alle sue che mani
profumavano
sempre in quel modo. Peter sospirò e si fermò
lungo il corridoio, forse stava
impazzendo ma quello che sentiva era effettivamente il profumo di Ada.
Chiuse
gli occhi e annusò quella scia e il suo cuore ebbe un
sussulto, sembrava effettivamente
il profumo di
Ada ma non era possibile: era estate e i fiori di primavera avevano
perso da
tempo le loro fragranze. Scrollò la testa e si diede una
regolata, forse la sua
era solo stanchezza e forse era stata l’idea di incontrare la
giovane regina di
Arendelle a offuscare la sua razionalità: la regina Elsa
aveva circa la stessa
età di Ada quando lui aveva incontrato la prima volta alla
festa della Luce, in
un dicembre di molti anni fa. Nostalgia, vedovanza così
giustificò l’ansia che
gli attanagliava il petto e andò nelle sue stanze.
Quando entrò,
trovò
le finestre della sua stanza da letto privata completamente aperte e
questo
particolare lo agitò particolarmente e finì anche
per irritarlo. Peter sbuffò,
se la sua agitazione era stata data inconsciamente da una semplice
dimenticanza
come quella … era un po’ ridicolo. Chiuse seccato
la finestra principale, ma
l’agitazione non se ne era andata quando si rese conto che le
pareti della sua
stanza erano impregnate della fragranza dei fiori di primavera, che
tanto aveva
amato. C’era qualcosa che non andava, tutto ciò
era troppo strano e il suo
corpo era ricettivo come se ci fosse un pericolo imminente.
Udì,
improvvisamente, una voce femminile, autoritaria e affilata venire da
dietro di
lui.
-Questo liquore è
veleno- a sentire quella voce a Peter gelò il sangue, si
voltò lentamente e
scorse una figura femminile di spalle, aveva dei bellissimi e lunghi
capelli
biondi che le arrivavano fino alla vita. Quando la figura si
voltò, il re si
sentì cedere le ginocchia. La figura femminile era una donna
quarantenne di
rara bellezza, vestita con raffinato abito stile impero, aveva degli
occhi maliziosi
verdi che lo fissavano sprezzante, la sua bocca rossa era umida di
liquore e piegata
in un sorriso arrogante. La donna teneva in mano il bicchiere di
liquore e lo
guardava seduta su un maestoso trono di ghiaccio su cui nascevano
bellissimi
fiori colorati violando le regole della Natura. Il profumo dei fiori
veniva da
lei, lo stesso che aveva avuto la sua amata Ada per i suoi poteri.
Peter
conosceva fin troppo quella donna dall'aspetto autorevole e dal sorriso
arrogante per sapere che quel profumo non le apparteneva, ma se ne
fosse
appropriata con la forza.
-... Madre, siete viva?-.
(1)Ho
associato questi
due animali in base agli ipotetici segni zodiacali dei personaggi (un
trucco
per ricordare il periodo in cui sono nati): Hans (Leone) Peter
(Scorpione). L’ossidiana
invece è una pietra con una fortissima simbologia “È una pietra che sta in relazione con la
purificazione dell'ego,
bruciandolo e lasciandolo in un mucchietto di ceneri ed è
legata al subconscio”
(2)Questa
scena è
presa dal film, non si nota subito perché, quando finisce
con il secchio in
testo, l’inquadratura cambia ed è fatta vedere il
resto della nave quindi la
scena si nota solo se ponete attenzione ancora su di lui.
(3)Hans
tende a
stringere le mani quando s’innervosisce, riguardate la scena
quando parla con
Anna della sua famiglia: stringe convulsamente la ringhiera del
balcone. Oppure
quando Elsa non gli concede il permesso di parlare al ballo, dopo la
dichiarazione del fidanzamento, stinge la mano a pugno.
NOTA DELL’AUTRICE
Non avete idea di
quanto ho penato per lo scontro tra Peter e Hans, inizialmente doveva
essere
molto più violento, addirittura Peter avrebbe dovuto
lanciare la corona ai
piedi di Hans, bel vero? Ma non funzionava, poi ho cercato di farlo
più dolce
quasi una supplica di Peter. Alla fine che è uscita una gara
di trollaggine, in
cui se Anna fosse stata presente, avrebbe gettato del riso come se
fosse al
matrimonio di Elsa. Per quelli che odiano Hans, credo
d’averlo mazzolato
abbastanza, per quelli che lo amano … ho mostrato il suo
lato manipolatore, il
suo orgoglio ed ecc., anche se preferisco vederne più le
emozioni come la paura
(e aveva tutte le ragioni per esserlo, vedere suo fratello vestito come
un
boia, con la sua solita cicatrice da mafioso e pronto a marchiarti come
un
animale, pensando di essere Corvo Attano di Dishonored).
Ho in mente di
continuare questa storia, cioè fare una long-fiction che
rappresenti la mia
idea di come potrebbe essere Frozen 2 e riprenderebbe appunto da Elsa
che
arriva nelle Isole, quindi non ho intenzione di mollarla
così ma ci vorrà del
tempo perché sono indietro con delle f.f. del fandom di
Hetalia ( qui c’è il
mio account
condiviso con un altro bravissimo autore se vi interessa le
storie
di questo manga
Sokew86
P.S:
Quale il
vostro fratello preferito in questa disastrata famiglia?Fatemelo sapere
nelle
recensioni (esonerate chi me l’ha già detto!)
P.P.S: Per avere
aggiornamenti sul continuo di questa storia che il titolo
sarà Frozen, Il limite del perdono,
vi
consiglio la
mia pagina Facebook!