Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Nimel17    08/09/2014    2 recensioni
Seconda classificata al contest "Can you paint with all the colours of the wind?" di visbs88
Cosa porta l’Uomo Nero ad Arendelle? E se avesse incontrato un’altra persona, prima di Jack Frost, con i poteri del ghiaccio?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elsa, Sorpresa
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Paint it black
Autore: Nimel17
Colori e prompts scelti: - nero 5: notte
                                        - bianco 3: inverno
                                        - giallo 5: magia
Fandom: crossover tra Frozen e Le Cinque Leggende
Introduzione: Cosa porta l’Uomo Nero ad Arendelle? E se avesse incontrato un’altra persona, 
                      prima di Jack Frost, con i poteri del ghiaccio?
Personaggi: Pitch Black/ Elsa (pairing)
Rating: Giallo
Generi: Introspettivo/Romantico
Avvertimenti: Nessuno
Note (opzionali): AU, Crossover, What if?
 
 
 
PROLOGO
 
Falling in the black
Slipping through the cracks
Falling to depths can I ever go back
 
You were my source of strength
I’ve traded everything
That I love for this one thing
 
Elsa
 
La piccola Elsa si svegliò all’improvviso. Aveva la sensazione che qualcosa fosse vicinissimo a lei, le sembrava di sentire un soffio gelido sfiorarle la guancia e i capelli.
Tenne gli occhi ben chiusi.
Se tu non puoi vederlo, lui non può vedere te.
La finestra che sbatté violentemente la fece sobbalzare, ma la rassicurò al tempo stesso.
Che sciocchina, si era spaventata per niente. L’aveva svegliata il vento gelido.
Si decise a sollevare le palpebre, un poco alla volta, e scese dall’alto letto rallentando la discesa aggrappandosi alla coperta di velluto. Era così buio che la sola luce nella stanza era un riverbero della luna, ma Elsa ci era abituata e talvolta le sembrava persino che l’oscurità la consolasse quando sentiva la mancanza dei suoi genitori e di Anna.
Erano già passati due anni dall’incidente con i suoi poteri, da quando era stata esiliata e tenuta chiusa nella sua camera. Sapeva, naturalmente, che era per il bene suo e della sorellina, ma non poteva fare a meno di sentirsi tradita.
Non era colpa sua se poteva far nevicare e creare splendide sculture di ghiaccio con piccoli gesti delle mani, non aveva chiesto lei di possedere la magia.
E aveva tentato di avvisare Anna quella notte…
Salì sulla sedia e chiuse la finestra, soffermandosi per un momento a guardare il paesaggio notturno. La luna era piena e molto grande quella notte, dominante nel cielo privo di stelle. Ad Elsa piaceva la leggenda che le raccontava il padre sull’Uomo nella Luna, che nominava dei Guardiani per le diverse stagioni e festività umane. Era importante, le aveva spiegato il re, credere in loro per mantenerli in vita e rispettare l’equilibrio dell’Universo.
I raggi lunari sfioravano la superficie del mare di Arendelle, che in quel momento alla principessa ricordava moltissimo dell’inchiostro versato sulla carta bianca. Il ghiaccio era il solo contrasto rispetto a quell’acqua scura, come in lontananza la vetta innevata della montagna del Nord era l’unica cosa che interrompeva, oltre alla luna, il blu quasi nero del cielo.
Elsa strizzò gli occhi e cercò di sollevarsi di più in punta di piedi. Aveva creduto, per un attimo, di vedere dei cavalli correre per le strade del villaggio, destrieri neri più grandi e diversi da quelli che c’erano nelle stalle reali, ma ora non era più in grado di scorgerli… doveva esserseli immaginati per forza, non era possibile che si fossero dissolti nell’ombra.
Sentendosi le gambe indolenzite per essere stata troppo tempo sulle punte, tornò a letto e si raggomitolò sotto le coperte. Era ritornata la sensazione di panico con cui si era destata, le orecchie risuonavano di nitriti inesistenti, le mani stringevano il lenzuolo come se lei stesse per cadere e quello fosse l’unico appoggio.
Già uno sottile strato di ghiaccio si stava espandendo sulla coperta.
Calma, devi stare calma, nascondi i tuoi sentimenti, cerca di non avere paura, non rivelare il tuo segreto.
Provò a pensare a cose positive. Cioccolata. Le piaceva tanto mangiarla con…
Anna.
Elsa si sentì invadere dalla nostalgia. Era sempre più difficile respingere la sorella quando veniva a bussare alla sua porta, con la consapevolezza che non avrebbe mai potuto dirle la verità. Una parte di lei, la parte più egoista e infantile, desiderò che i troll non le avessero cancellato la memoria.
Desiderò aver rimandato Anna a letto, quella fatidica notte, invece di portarla a giocare con i suoi poteri.
Si raggomitolò stringendosi le ginocchia al petto, gli occhi serrati per non lasciare uscire le lacrime che già spingevano contro le ciglia.
Le mancavano il calore e l’amore che la madre e il padre le riservavano quando aveva l’età di Anna, non voleva stare da sola, confinata nella sua camera fino a quando fosse giunto il momento di regnare. Voleva tornare a giocare libera, ma soprattutto… voleva dimenticare lo sguardo di orrore e paura con cui l’avevano guardata i suoi genitori soccorrendo la sorellina.
Si asciugò le lacrime, conscia che il letto era quasi del tutto gelato ormai, ma quando riuscì a sollevare del tutto le palpebre gonfie, rimpianse di averlo fatto.
Un cavallo fatto di qualcosa di simile a fumo nero la fissava con i suoi occhi dorati e con gli zoccoli che strisciavano a mezz’aria come per caricare l’assalto. Elsa indietreggiò frettolosamente verso il lato opposto del letto, un urlo bloccato nella piccola gola.
“I-indietro, stai indietro…”
Si mise in ginocchio schiacciandosi il più possibile contro il muro, che quasi istantaneamente fu ricoperto di ghiaccio. La stanza era immersa nel silenzio, così i suoi respiri affannosi le sembravano sonori come rintocchi di campane alle sue stesse orecchie.
Improvvisamente, quella creatura demoniaca iniziò a correre verso di lei ed Elsa alzò una mano per proteggersi il viso, ma così facendo scagliò senza volerlo un lampo della sua magia contro il cavallo – ombra, che si dissolse in una polvere nera e argentata e ricadde sulle coperte.
Elsa rimase immobile per qualche secondo, tremando e fissando il punto in cui era svanito quell’essere. Era davvero successo, o stava iniziando a diventare matta a causa dell’isolamento?
“Interessante.”
Si girò di scatto verso la direzione della voce, ma per quanto aguzzasse la vista, non vide nessuno.
“Booh!”
Stavolta la presenza era proprio alle sue spalle, così la principessa fece un urletto e saltò letteralmente in piedi, per poi perdere l’equilibrio a causa del materasso troppo soffice.
Se aveva creduto che il cavallo demoniaco fosse spaventoso, doveva ammettere che anche questa nuova entità le faceva venire voglia di gridare e chiamare sua madre.
Aveva in parte l’aspetto di un essere umano, molto alto, sottile, dai capelli neri pettinati all’indietro in modo da lasciare scoperto un volto allungato e dai lineamenti aspri. Tuttavia, la sua pelle era grigiastra e gli occhi erano di un singolare argento dorato, mentre nella sua pupilla sembrava essere racchiusa una mezzaluna.
Se ne stava lì, impassibile, con le mani dietro la schiena, a osservarla. Indossava una lunga tunica nera, che sembrava confondersi con l’ombra alle sue spalle.
“C-chi sei?”
L’essere sorrise, scoprendo una fila di piccoli denti appuntiti.
“Penso che tu già lo sappia, principessina.”
Lei deglutì, ricordando altre storie che le raccontavano i genitori.
“Il Re degli Incubi… l’Uomo Nero.”
Lo spirito s’inchinò profondamente.
“Puoi chiamarmi Pitch. Pitch Black.” 
Elsa si limitò a fissarlo, gli occhi grandissimi sul viso minuto. Sapeva che l’Uomo Nero si nutriva delle paure delle persone e dava gli incubi ai bambini, ma se l’era sempre immaginato… come un’ombra, o un mostro come il kraken.
“Che… che cosa è interessante?”
Pitch indicò le sue mani.
“Hai un potere molto sviluppato per la tua età, bambina. Ma, ancora più notevole, è che tu possa vedermi.”
“Io credo in te. La paura e gli incubi esistono.”
“Ah, ma vedi, piccola Elsa, non tutti sono stati cresciuti come te. La maggior parte dei genitori rassicura i loro figli dicendo che non esiste l’Uomo Nero, e inventano assurde spiegazioni per ciò che spaventa i pargoletti.”
Lei sedette a gambe incrociate e spinse in avanti il labbro inferiore.
“Quello che ho distrutto era un incubo, allora?”
“Naturale. Ti aspettavi che il Re degli Incubi mandasse bei sogni? Era un incubo molto grazioso.”
“E… che cosa avrei sognato, se non l’avessi vinto?”
Pitch si spostò lungo le pareti ed Elsa lo seguì con gli occhi per paura di perderlo di vista. Era molto rapido e lei dovette girarsi almeno due volte per vederlo.
“Ho mandato incubi a molti marmocchi, principessa, ma tu sei qualcosa di unico.”
“Unico?”
“Proprio così. Io so riconoscere a prima vista le paure più recondite delle persone, e le tue sono così forti e inebrianti da costituire un richiamo irresistibile per me.”
“Allora… mi hai mandato la rappresentazione di una mia paura?”
Elsa sobbalzò quando sentì l’Uomo Nero ridere beffardo. Era una risata profonda e spaventosa, le dava i brividi.
“Come sei intelligente, piccola. Hai indovinato.”
“Io però ho paura di tante cose! Dei ragni, del fuoco, degli spazi piccoli e chiusi…”
Pitch le si avvicinò e s’inginocchiò per guardarla negli occhi.
“Queste sono piccole cose, mia cara Elsa. Vedi, le paure più grandi che avete voi umani sono spesso collegate alle persone cui volete bene.”
La principessa si ritrasse di scatto da quella mano grigiastra e gelida che stava per toccarle il viso, facendo sorridere di soddisfazione il Re degli Incubi.
“La tua più grande paura è quella di deludere i tuoi genitori. Di non farcela a controllare i tuoi poteri. Hai quasi ucciso tua sorella, la povera e innocente Anna. Non ti accetteranno mai, non per davvero, perché dopotutto tu sei diversa da loro come la notte dal giorno. Hai paura di essere respinta, dimenticata…”
Elsa si accorse che una lacrima le era scivolata lungo la guancia e strinse i denti, non volendo piangere davanti all’Uomo Nero.
“Non è vero.”
Pitch le sorrise con condiscendenza.
“Guardati allo specchio, principessa. I tuoi capelli sono così chiari che da lontano non sembrerebbero nemmeno biondi, ma bianchi. I tuoi occhi sono di un blu limpido e freddo. Tua madre ha una capigliatura bruna, tuo padre e Anna hanno una sfumatura più ramata rispetto a lei, ma certamente non sono biondi.”
Lei si afferrò d’istinto le trecce, come se potesse con quel gesto potesse mutare il loro colore.
Il punto del letto dove si trovava si stava ricoprendo di neve e ghiaccio, sotto lo sguardo compiaciuto dell’Uomo Nero.
“I tuoi poteri ti rendono diversa anche nell’aspetto, Elsa. Non puoi negarlo.”
Calma, svuotati di ogni emozione.
La voce del padre nella sua mente la tranquillizzò e la fece riflettere.
“Tu ti nutri della mia paura, non è vero?”
“Sei una fonte per accrescere il mio potere, principessa. Te l’ho detto, il tuo terrore è inebriante e si sottomette a me così facilmente.
“Allora combatterò le mie paure, così non potrai più farlo.”
Pitch sospirò e le gettò della sabbia nera addosso. Elsa non fece in tempo ad usare i suoi poteri e cadde in un sonno agitato dagli incubi.
“Se solo fosse così semplice, principessa. Finchè sarai chiusa qui, la tua paura crescerà sempre di più, facendomi diventare più forte. Sarò sempre al tuo fianco, nei tuoi momenti più bui e disperati, fintantoché in te ci saranno angoscia e timore di ferire qualcuno con la tua magia e ci sarà la notte nera per farti sognare ciò che paventi.”
 
 
 
Citazione iniziale: “Falling in the black” degli Skillet.
 
 
 
 
 
  
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