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Autore: SignoraKing    09/09/2014    2 recensioni
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.
(Veglia - Giuseppe Ungaretti)
[Questa storia partecipa al contest "This is war" di ManuFury]
Genere: Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Paradiso è tutto ciò che è perfetto, bianco ed etereo.
Paradiso è quel luogo dove ogni fatica viene ricompensata,
dove ogni cosa è pura e candida.
Paradiso equivale a dire pace,
ogni persona al mondo cerca il paradiso personale,
dove poter essere in pace con gli altri e con sé stessi.
Ma esiste veramente il paradiso,
o è solo un’invenzione degli uomini per riuscire ad andare
avanti attutendo la paura della morte?
Perché il paradiso è ciò che viene dopo,
quel luogo celestiale dove finisci se sei stato buono
e dove rimani per sempre dopo essere morto.
Se il paradiso esiste, non è sulla terra.


Un uomo si sveglia tra decine di corpi straziati, tra i suoi compagni.
Sangue e terra, mischiati, macchiano la divisa del giovane militare.
Si alza, fa qualche passo e poi cade in ginocchio accanto ad un ragazzo che deve avere la sua stessa età, gli occhi si riempiono di lacrime quando lo guarda, ma le ricaccia indietro. Cerca di mostrarsi forte davanti a lui, non ricorda nulla, a parte il suo volto e sa che quello era una persona speciale, nonostante nella sua mente ci sia la nebbia quei due occhi verdi gli fanno provare emozioni contrastanti e confuse. Nonostante lui non conservi alcun ricordo sente che quell’uomo non era solo un compagno d’armi ma anche un amico, o più di questo.
Passa le dita sulle palpebre del cadavere, chiudendole, sperando che non vedendo più quegli occhi di smeraldo il dolore possa scemare un po’, ma non è così.
Afferra le piastrine metalliche sul petto e legge il nome inciso sopra.
Sava.
Ora i ricordi incominciano a tornare, tornano le risate e le chiacchierate, le nottate passate svegli a parlare o a fare un turno, in silenzio, sempre insieme.
Non ricorda ancora il proprio nome, non vuole guardare la piastra di metallo che gli pende dal collo e che sente muoversi tintinnando, sente che così può essere solo un fantasma e non un uomo reale con dolori reali. Pensa a dove può essere finito Sava, con i suoi grandi occhi vivaci e il sorriso contagioso. In paradiso? No, un soldato non va in paradiso. All’inferno? Perché? In fondo loro lo facevano per una causa, buona o cattiva che fosse era quella del loro paese, era un’imposizione e non potevano di sicuro decidere di non uccidere.
Desiderò di poter morire in quel momento, sdraiato accanto al suo amico, desiderò di addormentarsi lì, nel sangue dei suoi compagni morti, tra la polvere e l’odore di morte, o di aspettare che le forze lo abbandonassero piano piano, ripensando ai momenti felici che sembravano così lontani da quell’inferno.
Ma prima di cedere alla fatica e al dolore prese dalla tasca dell’amico qualcosa.
Qualche giorno prima Sava gli aveva chiesto, con tono greve, se poteva portarla a suo figlio nel caso fosse morto. Sembrava che sapesse già che sarebbe successo presto.
Lui aveva accettato, ma gli aveva anche promesso che non sarebbero morti, non in quel momento, non in quel posto.
Si rigirò l’oggetto tra le dita.
Era una moneta d’argento, bucata al centro da qualche tipo di proiettile.
Gli aveva raccontato che era appartenuta a suo padre, morto per un colpo d’arma da fuoco, in un vicolo della sua città, XXX. Lui, ancora bambino, l’aveva estratta dal taschino della camicia e l’aveva conservata come ricordo della morte del suo unico eroe, morto per salvare i figli e la moglie. 
Gliela raccontava spesso quella storia, di solito quando era ubriaco, e ogni volta, quando finiva di parlare, si perdeva nei ricordi della sua infanzia che, nonostante fosse stata difficile, era sempre meglio dell’inferno che stava passando.

 
È sbagliato pensare che ai militari piaccia la guerra,
spesso sono obbligati a combatterla, come Sava
e come il suo migliore amico. A volte i militari non ce la fanno,
non è raro infatti che siano tormentati dai fantasmi delle persone
che hanno ucciso, che siano militari nemici o civili uccisi per sbaglio.
Il secondo caso è ancora più doloroso, perché: se per un militare
qualunque può essere brutto, per un tiratore scelto uccidere per
sbaglio un innocente è una grave colpa. Non sono tanto gli altri
ad accusarti, ma sei tu stesso a pensare che si poteva evitare.
Sei tu che rimugini per giorni, mesi e anni su quell’unica
persona che hai sbagliato ad uccidere.

Lontano da quel luogo di morte delle bombe scoppiavano e distruggevano, strappavano vite a innocenti e militari, lontano da lì la guerra continuava, incurante di quell’uomo solo e vivo, in ginocchio vicino a quello che capì essere stato il suo unico amore.
In quel momento, dove ogni cosa nell’arco di chilometri era morta, dove sembrava che l’amore non potesse fare parte di quel mondo, in quel momento l’unica persona viva si rese conto di quanto fosse importante la vita e di quanto amasse Sava, e soprattutto di quanto gli sarebbe mancato.
Allora si sollevò, guardò il cielo, la luna piena e le stelle che, incuranti della campo di guerra che si distendeva sotto di loro, continuavano a brillare e decise che non sarebbe morto, avrebbe portato quella moneta al figlio del suo amico e avrebbe continuato a respirare e a camminare per sé e per lui, perché la vigliaccheria non gli si addiceva e sapeva che Sava avrebbe fatto la stessa cosa.
Decise di vivere nonostante la consapevolezza del dolore e dei rimpianti che lo avrebbero accompagnato per tutta la vita.
In quel momento non era sicuro dell’esistenza del paradiso, ma sapeva che esisteva l'inferno. 

Un elicottero atterrò poco lontano dai corpi che piano piano iniziavano a decomporsi. 
Dei militari controllavano tutti, alcuni pensavano solo a verificare se erano morti mentre altri pensavano a quanto fossero giovani e a quante bare sarebbero state riempite.
Dopo un po' scoprirono quell'unico uomo vivo e lo aiutarono ad alzarsi. 
Sembrava che non volesse né bere né mangiare né tanto meno dire qualcosa. 
Lo portarono via, lontano da Sava, il ragazzo con gli occhi di smeraldo, il suo unico amore. 

 

Angolo della scrittrice
Ehi :)
Sono tornata dopo mesi (?) di inattività con una storia scritta per il contest
This is war di ManuFury.
Questo è il primo capitolo di cinque.

Ho inventanto un conflitto con i serbi perché mi serviva una scusa.
E quell'espediente per mandare i ragazzi a morire non credo che sia possibile,
ma se pensiamo ad una guerra che va avanti da tanto possiamo contemplarla.
Ora sto lavorando ad una cosa che riguarda sempre loro,
spero che conclusa la storia vorrete leggere anche questo piccolo extra.

Alla prossima,
SK

 
 
   
 
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