Naked
L’espressione che Effie assunse quando un divertito Haymitch
e un imbarazzato Peeta si lasciarono sfuggire durante
la cena il curioso evento accaduto in ascensore, fu quella prevedibile di un
misto tra incredulità, disapprovazione e disgusto. Ciò che però era passato
inosservato all’occhiata superficiale che il suo team le rivolse, fu la velata
punta di gelosia che condiva il tutto, ed era stata proprio quell’emozione che
l’aveva portata senza troppe cerimonie a raggiungere il settimo piano e affrontare
con le mani sui fianchi e uno sguardo glaciale, una confusa e al tempo stesso
seccata Johanna Mason.
“Oh, per favore, dacci un taglio Trinket!”
esclamò l’accusata alzando gli occhi al cielo, interrompendo il monologo che
era stata costretta ad ascoltare per più di cinque minuti.
No, dobbiamo parlarne! Ti sembra normale cimentarti in uno
strip tease in ascensore? Pensi di aver fatto una
bella impressione con Katniss e Peeta?
E non voglio neppure pensare alla reazione di Haymitch…”
“Tranquilla, tranquilla… Nessuno vuole toccarti il tuo prezioso vincitore, non essere
gelosa…” la interruppe di nuovo la bruna in tono ironico.
Il veleno che aveva usato per pronunciare quella frase era
stato più evidente di quanto avrebbe voluto e il sincero stupore che provocò fu
immediato.
“Gelosa di… lui?”
domandò infatti l’altra sollevando entrambe le sopracciglia e lasciandosi
andare ad una breve risata priva dell’usuale allegria.
Johanna sospirò e distolse per qualche
attimo lo sguardo. Conosceva il vero motivo di quell’apparentemente
inspiegabile scenata e sapeva benissimo in fondo che non aveva nulla a che
vedere con il mentore del distretto 12. Eppure questa consapevolezza,
confermata adesso esplicitamente, non la tranquillizzava, anzi la infastidiva
maggiormente.
Perché a lei era
permesso di essere gelosa di Effie Trinket, ma a Effie Trinket non era permesso di essere gelosa di lei.
“Qualche bacio e qualche palpeggiamento non rendono me e te
niente…” disse infine e stavolta il veleno nella voce fu talmente forte da
risultare quasi letale.
Le mani erano scivolate deboli dal corpo di Effie e il sorriso di plastica le scomparve completamente
dal viso. Nessun rimprovero a proposito del linguaggio poco raffinato, neppure
una smorfia di disappunto o un’occhiata ammonitrice: lacrime silenziose furono
la sua unica reazione perché udendo quelle parole non poteva esserci spazio per
altro se non per un acuto insostenibile dolore. E di fronte alla visione delle
strisce nero-mascara sulla maschera bianca del trucco della donna, anche Johanna si ritrovò a provare dolore insieme a rimorso e
senso di colpa.
“Effie, non piangere dai…” le
sussurrò semplicemente muovendo un solo breve passo.
Ma la distanza era ancora troppa e quel tentativo di conforto
non abbastanza convincente.
“Cosa dovrei fare Johanna?...
Piango perché devo continuare a sorridere, ma sto cadendo a pezzi… Perché mi
sono innamorata di una persona che crede che tra me e lei non ci sia niente…
Perché tu finirai in quell’arena e potresti non uscirne più, potresti morire e
io… Piango perché tu per me non ti sei mai neppure spogliata”
Johanna restò a fissarla in silenzio,
incapace di trattenere le lacrime che adesso si erano formate anche nei suoi
occhi. L’assurdo accento capitolino che tanto la innervosiva, sembrava adesso nella
disperazione il suono più dolce e allo stesso tempo amaro. Quello che aveva
creduto essere l’insieme confuso di flirt occasionali dislocati nell’arco di
tre anni si stava concretizzando in qualcosa di completamente diverso in quel momento e non sapeva come affrontare
la nuova situazione. Amore: era troppo tardi per provare qualcosa del genere e
per lei in fondo un tempo non c’era mai stato. Forse per questo tra tutte le
confessioni estrapolate da quel discorso, scelse di ignorare sia la
dichiarazione d’amore che la predizione nero su bianco di un futuro
ineluttabile e invece si concentrò sull’unica rivelazione cui poteva
controbattere. Lentamente si avvicinò di più alla donna fino a poterla toccare
ed è questo che fece, alzando una mano per posarla delicatamente su quel viso
sconvolto e sporgendosi un po’ di più per unire in un leggero bacio dal gusto
salato le loro labbra.
“Non mi sono spogliata mai per te perché con te sarebbe stato
diverso” mormorò con sincera malinconia, subito annullata tuttavia dalla punta
di rancore che animò la successiva frase “Non che tu lo abbia mai fatto per me,
in ogni caso”
Concluse quell’accusa con un altro bacio e, dopo aver passato
la mano nella tanto odiata parrucca sintetica che aveva davanti, si voltò di
scatto dandole le spalle e allontanandosi quasi scottata dal contatto.
Johanna non aggiunse altro e Effie non ci mise molto a capire che la sua presenza non
era più gradita.
**
Si rividero solamente un paio d’ore dopo, mentre il resto
dell’edificio era quasi completamente addormentato, ed era stata di nuovo Effie a cercare l’incontro. Si trattava però di un’Effie diversa e questo Johanna potè constatarlo ad un primo semplice sguardo. Senza la
parrucca, senza make-up, senza tacchi e senza vestiti eccentrici: una mossa
così audace avrebbe potuto farla solo nel cuore della notte e per lei . Effie Trinket si era spogliata
per lei, perché anche se non era nuda effettivamente, in realtà era come se lo
fosse.
“Era ora…”
Fu tutto quello che la bruna riuscì a dire senza nascondere
un sorriso malizioso, afferrando il polso dell’altra e trascinandola dentro la
stanza. La baciò con passione stavolta, con bisogno e quasi con disperazione,
lasciando azzerare la distanza tra le loro labbra prima, tra i loro corpi poi.
Si accarezzarono con leggera esitazione ma anche con un vibrante desiderio, si
esplorarono a vicenda senza più remore e si spogliarono finalmente entrambe,
l’una per l’altra.
“Sei bellissima…” sussurrò Johanna
con un sorriso insolitamente dolce, affondando il suo viso tra i boccoli biondi
dell’accompagnatrice.
Glielo disse non solo perché era vero, ma anche perché sapeva
che con tutte le insicurezze che la portavano a celarsi dietro la moda di Capitol City, aveva bisogno di sentirselo dire. Per lei
invece non occorrevano parole: bastava il modo in cui Effie
le sfiorava senza timore le cicatrici ricordo degli Hunger
Games.
Quella notte si amarono; per entrambe si trattava della prima
volta che facevano l’amore con un’altra donna o forse che facevano l’amore
proprio, eppure non sembrò strano affatto. Restarono abbracciate sul letto
improvvisamente troppo grande, godendosi la sensazione di pace che quel momento
sembrava loro offrire, senza pensare a nient’altro, senza pensare neppure alla
morte che sembrava quasi più lontana di quanto in realtà non fosse.
Effie sorrideva dolcemente, poggiando la
testa sulla spalla dell’altra e lasciando intrecciare le loro dita, ma Johanna non ci riusciva. Aveva sempre creduto che le
avessero ormai tolto tutto
“Promettimi che ti rivedrò di nuovo” bisbigliò
improvvisamente la bionda, facendo incontrare i loro sguardi.
La reazione immediata a quelle parole fu quella di scoppiare
a ridere, perché una simile promessa sarebbe stata impossibile da mantenere con
tutto quello che stava succedendo; tuttavia negli occhi azzurri della
capitolina brillava una tale luce di fiducia e speranza che rendeva quasi
possibile credere.
“Te lo prometto… Ci rivedremo di nuovo”
**
Il grosso pacificatore la scaraventò violentemente a terra e
il sordo rumore della porta di ferro che si chiudeva alle sue spalle fu il
segnale delle breve tregua che le avrebbero concesso tra una tortura e l’altra.
Ma non era sola in quella nuova cella, come scoprì solamente un paio di minuti
dopo con orrore.
“Johanna…”
Cercò di alzare la testa con fatica a quel richiamo, era una
voce debole, lontana, che stentava quasi a riconoscere. Ma purtroppo per lei la
riconobbe, così come riconobbe la figura rannicchiata in un angolo che la
fissava sconvolta. Era più magra, più fragile e più sporca dell’ultima volta che l’aveva vista, ma quegli occhi da
quella notte non se li era più tolti dalla mente. Era passato un tempo
imprecisato da allora e nel frattempo c’erano stati i Giochi, la Ribellione, la
cattura. Ricordava bene la promessa che le aveva fatto e adesso le ritornava
alla mente con ironia; in tutto quel tempo la forza che l’aveva spinta ad
andare avanti era stato il pensiero che almeno l’accompagnatrice del distretto
12 sarebbe stata al sicuro, irritante e ingenua come al solito, ignara però
degli orrori del mondo.
Intanto Effie si era staccata
lentamente dalla parete e si era avvicinata gattonando verso di lei, senza
osare toccarla però quasi per paura di farle male, anche se viste le rispettive
condizioni non si sarebbe potuto predire chi delle due avrebbe sofferto di più.
Si limitò invece a spostarle delicatamente una ciocca scura dal viso e a
stringerle la mano.
“E’ bello rivederti” esordì accompagnando quelle parole con un tentativo
non troppo riuscito di sorridere.
Johanna avrebbe voluto piangere, urlare,
almeno usare il poco fiato che aveva in gola per lamentarsi dell’assurdità e
della cattiveria del fato, che non era mai, mai
in suo favore. Ma invece tutto quello che fece fu ridere, anche se era una
risata amara, anche se faceva male al petto e le rendeva difficile respirare.
Perché in fondo era bello rivedersi. Rivedersi voleva dire
essere vive, voleva dire essere insieme.
NDA:
So che dovrei dire qualcosa per giustificare questa follia,
ma non so proprio da dove ho tirato fuori una cosa del genere! Ahahah Non solo si tratta di una coppia molto crack, ma è
anche la prima femmeslash in assoluto che scrivo,
quindi sono doppiamente dubbiosa nel pubblicare questa storia… Ragione in più
per cui mi piacerebbe ricevere qualche parere!:) Grazie intanto per essere
arrivati fin qui!
LadyPalma