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Autore: ThorinOakenshield    09/09/2014    5 recensioni
Che dire? Innanzitutto che non si tratta di uno slash! Questa è una storia a capitoli sul rapporto di amicizia che intercorre tra Bilbo e Thorin.
Mi sono presa molte licenze ed è la prima fanfiction che scrivo, quindi siate clementi! xD
Allora, le vicende si svolgono dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti e Thorin ha ottenuto il suo titolo di Re sotto la Montagna; Bilbo si è talmente affezionato ai nani che ha deciso di passare le vacanze a Erebor. Tutti i suoi amici sono entusiasti di questa decisione e, tra l'incoronazione di Thorin e vari festini, saranno tutti euforici e persi nella gioia del momento, ma qualcosa di terribile romperà l'incanto...
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bilbo, Fili, Kili, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un aiuto inaspettato

"Quindi andremo al Reame Boscoso a chiedere aiuto agli elfi?" Gloin guardò Thorin alzando un sopracciglio, incredulo. Anche gli altri nani erano sorpresi dalla scelta del loro capo.
"Precisamente" borbottò il nano, inghiottendo la rabbia. Si sentiva ferito nell'orgoglio nell'abbassarsi così tanto da andare a supplicare Thranduil di salvare il suo amico. Avrebbe preferito salvarlo lui, o che fosse stato salvato dai nani, non di certo dagli elfi. Ma non era il momento di fare gli schizzinosi: l'importante era che Bilbo guarisse.
"Siamo sicuri che non ci tradiranno?" chiese Dwalin, il solito pessimista, le braccia conserte e lo sguardo torvo.
"Non lo siamo" ammise Scudodiquercia che, se c'era una persona della quale non si fidava per niente, quella era il superbo Re degli Elfi.
Dwalin fece una smorfia e gli altri nani cominciarono a protestare. Stavano parlando l'uno sopra l'altro e non si capiva niente.
"E noi lo portiamo comunque?! Questa è imprudenza!" Emerse la voce stridula e seccata di Dori.
"BASTA!" ruggì Thorin, facendo trasalire tutti quanti.
I suoi amici si misero immediatamente in riga.
"Neanch'io mi fido tanto degli elfi; anzi, se c'è un nano tra di noi che non si fida proprio per niente di loro quello sono io, e lo sapete bene. Però dobbiamo riconoscere che ci hanno aiutati durante la Battaglia dei Cinque Eserciti... Se ci hanno aiutati in quella situazione perché non dovrebbero farlo ora? E comunque..." Li guardò amaramente. "Abbiamo altra scelta?"
Fili, Balin, Dwalin, Bifur, Bofur, Bombur, Dori, Nori, Ori, Oin e Gloin si guardarono. In effetti ha ragione, ponderarono.
"Potrei chiedere aiuto a Tauriel" disse Kili, che era l'unico del gruppo che non si era opposto alla decisione del re.
Si erano voltati tutti insieme verso di lui.
"Mi ha salvato la vita e credo che la mia ferita non fosse stata tanto diversa da quella di Bilbo. Certo, forse meno grave, ma sempre di veleno di orchi si tratta."
Gli occhi si posarono tutti sul Re dei Nani, all'improvviso.
Thorin Scudodiquercia rimase un attimo a guardare suo nipote, titubante. Quella Tauriel non è che gli fosse andata tanto a genio, non la conosceva molto bene e, da quel poco che sapeva, era molto giovane persino tra gli elfi, era una novellina. Chissà che pasticci avrebbe combinato sul signor Baggins! Non voleva neanche pensarci.
Kili insisteva che era superba nell'arte farmaceutica e che gli aveva salvato la vita, ma lui esagerava sempre e poi Thorin credeva solo se vedeva. Suo nipote forse era guarito perché il veleno non era poi così forte e l'elfa non aveva fatto un granché.
Ma Kili ci teneva tanto a Bilbo, non avrebbe mai proposto Tauriel se non fosse stato veramente sicuro delle sue capacità.
Così Thorin si trovò costretto a sospirare. "E sia" consentì chinando il capo. Non voleva incrociare lo sguardo dei suoi compagni, si sentiva debole e permissivo. Essere disposto ad andare a piangere dagli elfi così all'improvviso! Uhm, non era decisamente da lui; ma per il suo migliore amico questo e altro, avrebbe affrontato monti, mari, fiumi e tempeste pur di averlo vivo accanto a sé e, se per salvarlo si sarebbe dovuto umiliare dinanzi a Thranduil, e sia.

"E così ci rincontriamo, Thorin figlio di Thrain." Thranduil voltò lentamente il capo verso il nano.
Thorin gli rivolse uno sguardo assassino. Detestava quel tono beffardo e quello sguardo altezzoso! Ma si trattenne, fece l'ennesimo sforzo. Lo devo a Bilbo.
"Non posso certo dire che per me sia una gioia" gli scappò al Re dei Nani. Una risposta sgarbata non me la toglie nessuno, però! si disse.
L'elfo corrugò leggermente la fronte e lo guardò con un'ira contenuta.
Almeno sono riuscito a levargli quel sorrisino insopportabile dalla faccia.
"La tua gentilezza non ha eguali, lo sai questo?" lo canzonò Thranduil, con la sua solita voce soave.
"Come la tua odiosità! Ma adesso basta con le ciance! Ho affari ben più importanti da trattare" tagliò corto Thorin.
L'elfo si sedette sul suo regale trono e si scostò una ciocca di capelli biondi dagli occhi, aggraziato. "Ti ascolto."
"Gli orchi ci hanno attaccati giorni fa..."
"Oh, immagino che siate venuti per chiederci rinforzi perché non vi danno più pace e non sapete come respingerli!" lo interruppe il Re del Reame Boscoso, trasparendo un sorrisetto malizioso.
Il nano lo fulminò con lo sguardo. "No!" sbottò. "Siamo riusciti a respingerli benissimo senza il vostro aiuto! Non si sono più fatti vivi, evidentemente hanno troppa paura della stirpe di Durin" aggiunse spavaldo.
Thranduil incrociò le braccia sul petto, alzò il capo, lo voltò dall'altra parte e sbuffò, liberandosi di una ciocca bionda che aveva davanti agli occhi.
Sembra proprio una ragazzina scema, pensò Thorin scuotendo la testa.
"Dunque... per quale motivo siete qui?"
"Lo hobbit è rimasto ferito durante la battaglia, è stato ferito da una freccia avvelenata. Lo abbiamo portato a medicare dal miglior medico di Erebor ma quel veleno gli è del tutto sconosciuto e il signor Baggins non dà segni di miglioramento. Abbiamo bisogno di quella tale, Tauriel. Lei magari potrebbe salvarlo." Aveva parlato quasi senza prendere respiro neanche una volta. Era ansioso di una risposta da parte del Re degli Elfi.
Thranduil rimase un attimo in silenzio a fissare pensieroso il nano. Aveva le gambe accavallate e stava tamburellando le dita sul trono. "Non saprei. Tauriel è il capo delle guardie, è molto importante per noi" disse alla fine, guardando il Re dei Nani, vittorioso. Aveva l'espressione di un bambino che stava facendo un dispetto a un suo amico.
A questo punto Thorin perse ogni ritegno, si inginocchiò al trono del suo più acerrimo nemico e lo guardò con disperazione.
Per un secondo l'elfo perse l'aria canzonatoria che aveva sempre e guardò Scudodiquercia con sorpresa.
Il sovrano di Erebor chinò il capo. "Ti prego" disse forzato, buttando all'aria la sua dignità. "Ti sei forse scordato di quando abbiamo combattuto insieme durante la Battaglia dei Cinque Eserciti? Se ci aiuterai un'altra volta prometto che ti saremo riconoscenti a vita e mi dimenticherò del torto che ci avete fatto voi elfi dopo l'attacco di Smaug. Noi nani di Erebor saremo sempre presenti per voi, sempre; ma ti prego: aiuta il nostro amico! Non c'è nulla che m'importi di più."
Il re del Reame Boscoso, in effetti, era un po' stufo del disprezzo che aleggiava tra gli elfi e i nani. Neanche una battaglia era riuscita ad unirli, be'... forse compiendo questo piccolo atto di generosità avrebbero raggiunto un compromesso. Certo, salvare uno hobbit dalla morte era un gesto piccolo, ma le grandi cose sono formate da piccole cose e, spesso e volentieri, sono quest'ultime a fare la differenza.
"E va bene, ti aiuteremo." Per la prima volta dopo anni e anni, Thranduil guardò Thorin con comprensione e gli rivolse un sorriso sincero.
Il sovrano di Erebor alzò lentamente il capo e lo guardò sbalordito, e rimase ancora più sbalordito quando vide che gli stava sorridendo. Senza pensarci due volte gli sorrise anche lui e gli disse con gratitudine: "Grazie."
Questo momento durò poco: re Thranduil recuperò presto la sua compostezza e chiamò a gran voce, ma senza strillare: "Tauriel."
L'elfa fece capolino da un corridoio e, quando vide i nani fuori dalla porta della Sala del Trono, strizzò gli occhi. Ma rimase ancor più sorpresa quando vide Kili.
"Kili!" Non riuscì a trattenersi e si affrettò verso di lui.
Gli altri nani si fecero da parte per lasciarla passare.
"Che cosa ci fai qui?" gli chiese, trattenendo a stento la gioia. Gli era mancato in quei giorni, tanto.
Il giovane nano le sorrise, ma il suo era un sorriso triste. Certo, era felice di vederla, ma Bilbo si trovava pur sempre in fin di vita a Erebor. "È un po' lungo da spiegare. Tu intanto va', te lo spiegherà il tuo re."
L'elfa, confusa, entrò nella Sala del Trono, rivolgendo un ultimo sguardo perplesso al suo amore. "Cosa posso fare per voi, sire?" domandò elegantemente al re, una volta che gli fu davanti.
"Saresti disposta a partire per Erebor?" le chiese di punto in bianco Thranduil.
Tauriel era sempre più confusa. "Perché?"
"Il signor Baggins è stato ferito da una freccia degli orchi. La freccia era avvelenata e il medico non è riuscito a capire di che veleno si tratti. Sta di fatto che lo hobbit non si sveglia e probabilmente morirà se non si fa subito qualcosa... Saresti disposta ad andare a curarlo?" Aveva parlato in fretta. Non c'era tempo da perdere.
La giovane aveva sussultato nel sentir nominare il signor Baggins. Aveva avuto modo di conoscerlo, era un amico di Kili. Una gran brava persona, aveva combattuto valorosamente durante la Battaglia dei Cinque Eserciti. Era stato impossibile non notare quel piccolo hobbit coraggioso. Ne era rimasta impressionata.
"Ma certo, va bene. Non è un problema per me" rispose convinta l'elfa.
"Molto bene. Va' a preparare l'occorrente, partirai all'istante con i nani. Ogni secondo che passa la vita del signor Baggins è sempre più in pericolo."

Tauriel si trovava nella sua stanza. Stava rapidamente frugando nei cassetti qualche erba medicinale che le sarebbe risultata utile per curare Bilbo. Quando le trovò le buttò frettolosamente in una bisaccia elfica che si caricò sulle spalle. Si voltò e fece per uscire, ma prese un colpo notando Legolas là della porta. La stava guardando serio.
"Oh, Legolas, sei tu" ansimò.
"Mio padre mi ha detto che stai per andare a Erebor con i nani."
"È così, si tratta di un'emergenza. Un loro amico è malato e io devo salvarlo. Quindi, se non ti dispiace..." L'elfa cercò di passare, ma il suo amico di sempre la bloccò. Lo guardò interdetta.
"È vero quello che mi hai detto?" sussurrò l'elfo.
"Sì, perché dovrei mentirti?"
"Ah, non lo so... forse per passare un po' di tempo con quel nano?" Legolas le rivolse un'occhiata eloquente, ricca di significato.
Tauriel corrugò la fronte. Non aveva alcuna voglia di discutere di nuovo con lui e, soprattutto, non in quella situazione. Così spostò stizzosamente il suo braccio e sbottò: "Te l'ho già detto. Si tratta di un'emergenza, quindi levati, lasciami passare e non farti paranoie inutili come al tuo solito. Non è proprio il momento!"
Non appena l'elfa fu uscita, Legolas si appoggiò con la schiena al muro e sospirò. La stava perdendo.

La prima cosa che fece Tauriel non appena giunse a Erebor, fu quella di discutere con Gandalf e Bes del veleno che era stato utilizzato sulla freccia. Dopodiché l'elfa ci mise anima e corpo per curare Bilbo, aiutata dallo stregone, dal dottore e da Oin.
"Allora? Come sta?" chiese impaziente Thorin, stando sull'uscio. Dietro di lui stavano facendo capolino tutti gli altri nani.
"Uscite" disse lapidaria l'elfa, posando un'altra foglia sul ginocchio dello hobbit.
Il re ridacchiò amaramente, si passò una mano fra i capelli e disse: "Senti signorina. Io sono il sovrano di Erebor e tu ti trovi nel mio regno. Non puoi dirmi cosa devo fare."
"Ho bisogno di concentrarmi, per favore. Non possiamo lavorare con tante persone tra i piedi" gli spiegò gentilmente l'elfa.
Thorin rivolse uno sguardo a Gandalf, che lo guardò con occhi supplichevoli.
Alla fine il nano cedette per l'ennesima volta nella giornata e uscì con i suoi compagni.

Quelle furono ore d'inferno.
Tauriel non faceva altro che mormorare litanie mentre Gandalf, Oin e Bes le passavano l'occorrente per curare Bilbo.
Nel frattempo i nani si trovavano fuori ad attendere. Alcuni stavano seduti per terra contro il muro, mentre altri stavano alzati e camminavano su e giù con le mani dietro alla schiena. Si muovevano e cambiavano posizione di continuo. Ori e Kili talvolta singhiozzavano, facendosi consolare dagli altri. Parlarono tutti poco e, quando lo facevano, era per ricordare alcuni aneddoti divertenti che avevano come protagonista il loro amico, o per pregare. Ci furono più gesti, in compenso: non furono rare le volte in cui i nani si presero per mano o si abbracciarono, per infondersi coraggio.

Verso sera il lavoro non era ancora finito.
Tauriel stava spingendo una foglia masticata sul ginocchio dello hobbit, continuando con le formule magiche. Si fermò all'istante notando che Bilbo era ancora più bianco di prima, mentre il suo respiro si era fatto eccessivamente debole .
L'elfa sgranò gli occhi. "No, no..." mormorò. "Passatemi la belladonna!" gridò a Gandalf e a Bes, senza mollare il signor Baggins.
Bes prese velocemente la pianta dal tavolo e la passò allo stregone, il quale si affrettò a consegnarla alla guardia del Reame Boscoso. Tauriel l'afferrò, la masticò e poi la mise sul ginocchio di Bilbo.
Nessun segno di miglioramento, anzi...
"DATEMENTE UN'ALTRA, PRESTO! LO STIAMO PERDENDO!" urlò.
I due nani e Gandalf il Grigio non se lo fecero ripetere due volte.
"Coraggio piccolino, non mollare" sibilò Tauriel curando lo hobbit, mentre egli sprofondava sempre di più nell'oscurità.

C'era silenzio tra i nani. Erano tutti che guardavano il pavimento e, quando sentirono di non farcela più e vollero precipitarsi nella stanza, Tauriel uscì sudata e stanca.
Fu ben presto assalita da domande.
"Come sta? Si è ripreso? È vivo? Non è morto, vero?" chiedevano agitati i nani.
"No, non è morto. Ho fatto tutto il possibile ma Bilbo non si è ripreso. Però la situazione è migliorata, potrebbe risvegliarsi uno di questi giorni, nel frattempo siate pazienti e attendete."
Thorin Scudodiquercia sgranò i grandi occhi azzurri. "Attendere?" disse allibito. "Abbiamo atteso per troppo tempo! Quanto ancora dovremo farlo?!"
Tauriel lo guardò con comprensione e rispose semplicemente, senza scomporsi: "A volte, l'unica cosa che si può fare, è aspettare."

   
 
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