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Autore: Acinorev    11/09/2014    48 recensioni
"«Respiri, quando sei con lui?»
Lo ami?
«Non azzardarti ad usare contro di me le mie stesse parole», lo ammonì Emma, facendo aderire un po' di più la sua schiena alla parete fredda. Stringeva i pugni per scaricare su di essi tutta la tensione, perché non voleva mostrarla: ormai era migliorata moltissimo nel confinare e nascondere le proprie emozioni, fino a riuscire ad ingannare persino se stessa.
Harry le si avvicinò ancora, appoggiando l'avambraccio destro accanto alla sua testa e piegandosi lievemente verso di lei. Le stava respirando sul viso. «Rispondi».
Emma serrò le labbra in una linea dura, come a voler sigillare dentro di sé le parole che fremevano per uscire.
«Respiri?» ripeté lui a bassa voce.
Lo ami?
«Sì».
No.
Harry inspirò profondamente e si inumidì le labbra con un movimento lento: sembrava dovesse compiere un ultimo sforzo per ottenere ciò che più bramava. E quello sforzo si riversò in una semplice domanda.
«E con me? Respiri, quando sei con me?»
Mi ami?"
Sequel di "Little girl", della quale consiglio la lettura per poter capire tutto al meglio.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Little girl'
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Capitolo uno - Another face
 
 

I raggi torridi ed insistenti del sole pomeridiano facevano sudare persino il bicchiere in vetro, dentro il quale il thé alla pesca non era più fresco come appena versato, né invitante come appena ordinato.
Emma osservava il gioco di luci sulla sua superficie, restando immobile e rilassata sulla sedia intrecciata in vimini, che imprimeva la propria fantasia sulle sue cosce, lasciate scoperte dalla gonna leggera che indossava. Non sentiva il bisogno di farsi sconvolgere dalla tensione, né di irrigidirsi, perché la situazione nella quale si trovava non le era nuova, né necessitava di una reazione particolare.
«Non intendevo dire questo, lo sai», ripeté stancamente, accavallando le gambe magre sotto il tavolino in ferro battuto. Con una mano si sistemò i capelli mossi sulla spalla destra, sospirando piano: aveva iniziato a contare le goccioline di condensa che stavano scivolando lente sul vetro del bicchiere.
«Tu intendi sempre questo», fu la risposta che ottenne.
A quelle parole, Emma alzò lo sguardo sul suo interlocutore, velocemente e con un velo di stizza mal celata: Miles la stava osservando con un sopracciglio alzato e le labbra umide, sottili. I capelli di un biondo sporco erano resi più lucenti e chiari dal sole che li accarezzava, mentre le iridi nere e consapevoli sembravano ribellarsi a qualsiasi sfumatura meno scura. Incastrata fra i particolari spigolosi del suo viso olivastro, c'era la convinzione di avere ragione.
Lei alzò gli occhi al cielo ed appoggiò i gomiti sul tavolino, distogliendo lo sguardo da quello che la stava sfidando e che non voleva sopportare oltre: lo conosceva sin troppo bene, per potergli dare una soddisfazione.
«Emma-»
«Vado a prendere qualcos'altro da bere», lo interruppe, alzandosi in piedi senza fermarsi ad ascoltare, perché sicura di quello che avrebbe dovuto sentire. Entrambi sapevano che quella scusa aveva un altro significato, ma nessuno avrebbe protestato. Miles non la richiamò e lei se lo lasciò alle spalle, allontanandosi almeno momentaneamente dal suo profumo dolciastro che le piaceva sin troppo e dalla sua t-shirt nera che evidenziava sin troppo bene il suo fisico asciutto.
Il Rumpel era affollato, quella domenica pomeriggio: Ty, dietro il bancone ed indaffarato come spesso nell'ultimo periodo, stava usufruendo dell'aiuto di due nuovi camerieri, ancora in prova ed ancora inesperti. Da quando aveva ampliato il locale, occupando anche l'esterno con cinque o sei tavoli, il lavoro era aumentato e si era intensificato, pesando sulle sue spalle.
«Vuoi un altro tè?» le chiese, non appena la vide avvicinarsi. Aveva la fronte imperlata di sudore ed i capelli un po' più corti, dopo l'ultima visita al barbiere di fiducia: non la guardava nemmeno, mentre preparava un caffè, per poi passare a lavare delle stoviglie ad una velocità necessaria.
«No, dovevo solo...» Emma fece una pausa, appoggiandosi al bancone, e sospirò. «Andarmene», concluse con un fil di voce.
Ty sorrise appena, scuotendo la testa. «Tutto nella norma, allora», rispose ironico.
Lei annuì con un sospiro sommesso: non le andava di tornare al tavolo, perché avrebbe significato tornare ad una discussione affrontata più e più volte senza mai arrivare ad una conclusione. Eppure, non poteva restare lì ancora per molto, perché Miles si sarebbe innervosito e perché lei non si sentiva così immatura.
«Ci vediamo dopo», salutò sbuffando, mentre Ty le rivolgeva un cenno con la mano: ormai anche lui aveva smesso di allarmarsi per ogni loro disguido, anzi, si preoccupava se non se ne ripresentavano.
Emma prese a camminare lentamente tra i tavoli del bar, osservando con attenzione ogni cliente sul quale le capitava di posare lo sguardo: cercava un blando conforto nei particolari di quelle persone, nei loro gesti automatici e spontanei, in modo da non pensare troppo a se stessa. Con il passare del tempo, quella strategia si era consolidata in lei, tanto da diventare un'abitudine che spesso la salvava dalla monotonia o da eccessive rimuginazioni.
Si soffermò su una bambina di circa sette anni che stava giocando svogliatamente con una Barbie dai capelli arruffati e gli abiti smessi: gli adulti al tavolo con lei, che avevano l'aria di essere i genitori, dati i lineamenti simili, litigavano a bassa voce ma urlando con gli occhi. Era una scena piuttosto malinconica, che in qualche modo le ricordava se stessa e Miles: i loro litigi sempre uguali, ma diversi in piccoli dettagli, e le espressioni ormai spente e già studiate.
Strinse i pugni spontaneamente, tentando di fuggire da quella verità che le recava disturbo: quando si voltò per proseguire ed uscire dal bar, però, non fece nemmeno un altro passo.
Impiegò qualche secondo per realizzare su chi effettivamente le proprie iridi si stessero concentrando: il suo corpo si rilassò all'istante, forse per concedere tutte le energie alla sua mente, che doveva processare quello che stava analizzando contro ogni previsione, il viso che stava confrontando con quello dei suoi ricordi. Ogni cellula che la componeva prese a fremere violentemente, quasi avesse perso il controllo e non sapesse come riacquistarlo, in seguito ad un dettaglio inaspettato e di impatto eccessivamente intenso.
Harry non era cambiato molto.
I capelli più lunghi erano disordinati come sempre, ma un po' meno mossi: il viso che circondavano era ormai adulto, dai tratti ben definiti e marcati. Gli occhi, anche in quel momento fissi su di lei, avevano mantenuto la loro profondità, la loro sfumatura attenta, nonostante la loro forma si fosse modificata impercettibilmente a causa del tempo trascorso: il colore, invece, era rimasto lo stesso in ciascuna variante. Emma ripercorse ogni suo particolare, soffermandosi anche sulla linea delle sue labbra schiuse e della sua mascella non più da adolescente, il collo meno sottile ed il fisico più definito, forse prodotto di un allenamento apposito. La canotta grigia le offriva nuovi tatuaggi sulle braccia rilassate e vecchi ricordi di ciò che invece già conosceva.
Non seppe riconoscere quello che stava provando, né aveva interesse nel farlo, perché voleva concentrarsi solo sulla sua esistenza, sulla certezza che qualcosa la stesse animando, in modo nostalgico e completamente nuovo: non avrebbe mai creduto di rivederlo, né di trovarselo a poco più di un metro, immobile ad osservarla, probabilmente con gli stessi pensieri ad affollargli la mente cresciuta e forse ormai estranea.
«Ragazzina», mormorò lui con un fil di voce, come se avesse appena compreso fino in fondo di averla effettivamente incontrata, di averla effettivamente così vicina. Il suo viso era plasmato dallo stupore, dall'incredulità.
Ad Emma venne da sorridere per quell'esclamazione involontaria, mentre il suo corpo si risvegliava pigramente da un torpore noto ma sottile, cercando l'equilibrio che aveva momentaneamente perso: era strano sentirsi chiamare in quel modo, non riconoscersi più in quella parola, fingere che non fosse passato nemmeno un giorno dall'ultima volta che invece l'aveva udita uscire da quella bocca e con quella voce graffiata.
«Be', forse è ora di trovare un altro soprannome», scherzò, lasciandosi scappare un sorriso divertito ma anche vagamente nervoso. Si sentiva frastornata, isolata dal chiasso del bar e dal calore che le si appiccicava sulla pelle: la confusione che provava la aiutava a reagire, senza permetterle di bloccarsi in uno stato sbigottito.
Harry abbozzò una risata e scosse la testa, con un'espressione sincera e spensierata che la rassicurò in minima parte. «Questo è da vedere», rispose, avvicinandosi con le braccia leggermente aperte in segno di un invito.
Lei lo colse senza alcuna esitazione o imbarazzo e, l'attimo dopo, si strinse al suo corpo lasciandosi circondare dalle braccia un po' più forti e un po' più estranee che ricordava. «Sei sempre il solito, a quanto pare», esclamò sul suo petto, chiudendo gli occhi per godersi silenziosamente un profumo diverso, al quale avrebbe dovuto abituarsi: era più aspro, quasi troppo forte. Percepì il respiro di Harry leggero sulla propria pelle, lontano dai suoi ricordi ma comunque abbastanza familiare da farla rabbrividire.
«Solo in certe cose», replicò lui, sciogliendo la presa ed allontanandosi di un passo, con le labbra ancora inclinate in un sorriso. Emma non si lamentò per la conclusione di quel momento appena più intimo, perché era impegnata a decifrarlo e a coglierne i dettagli più significativi: moltissime volte aveva immaginato un loro incontro ed aveva accolto decine di possibilità diverse e contrastanti, ma la realtà si era rivelata semplicemente differente. Non c'era stato alcun imbarazzo, alcuna tensione a caratterizzare la loro interazione: anzi, si erano salutati come due vecchi amici, nonostante conoscessero a memoria il corpo l'uno dell'altra ed i difetti più profondi. Inoltre, sebbene l'avesse temuto, il suo cuore non aveva sobbalzato: non si era rotto un'altra volta.
«Cazzo, non mi sembra vero», esclamò Harry, con gli occhi vivaci a scrutarla. «Quanto è passato? Sei anni?»
Se verbalizzata, quella quantità di tempo sembrava ancora più lunga: Emma l'aveva vissuta ad una velocità difficile da spiegare o accettare, senza lasciare nulla in sospeso e senza privarsi di niente. Le sembrava eccessivamente strano doversi confrontare con una parte del suo passato tanto lontana, che ormai dentro di lei si era cicatrizzata senza lasciare alcun dolore residuo.
«Sì, più o meno», confermò Emma, sorridendo sinceramente. Nonostante l'incredulità, nonostante il frastuono provocato da quell'incontro inaspettato, non riusciva a mettere a tacere il senso di calore che provava, la nostalgica sensazione di essersi riappropriata di un pezzo mancante: in fondo, Harry portava con sé frammenti di quella ragazzina di sei anni prima, frammenti che non le era stato dato di rivedere o ricreare e che in quel momento si presentavano a lei quasi timidamente, nascosti dal loro nuovo proprietario. 
«Come stai?» domandò lui, passandosi una mano tra i capelli. Nonostante i suoi gesti fossero marchiati dagli anni trascorsi, nonostante fossero stati usati in migliaia di altre circostanze che non la includevano, per Emma non covavano alcun segreto. «Sei... Cresciuta», continuò, osservando velocemente il suo corpo come a voler confermare la sua affermazione. Aveva esitato, in minima parte, quasi avesse dovuto scegliere con attenzione le parole giuste da utilizzare.
Lei alzò un sopracciglio e trattenne un sorriso. «Sì, succede», scherzò. La divertiva il modo in cui lo sguardo di Harry la stava studiando, alla ricerca di tutti quei particolari che erano cambiati senza di lui: Emma aveva acquistato qualche centimetro di altezza in più, il suo corpo era ormai caratteristico di una giovane donna ed ogni sua forma morbida era armoniosa, priva di difetti visibili, tranne che ai propri occhi. E se lui si era ovviamente accorto di quella evoluzione, non voleva immaginare come avrebbe reagito nel rapportarsi con la sua interiorità, con quella parte di lei cambiata inesorabilmente e tanto lontana dai suoi quindici anni.
«Tu, piuttosto, cosa fai da queste parti?» domandò un paio di secondi dopo, per riscuotersi dai troppi pensieri che rischiavano di distrarla. Era curiosa di sapere cosa l'avesse spinto a tornare: durante gli anni di lontananza, che avevano trasformato la loro storia in qualcosa di quasi irreale, non aveva più messo piede a Bradford, almeno non che lei sapesse. Cosa era cambiato? Era una decisione definitiva o era solo in visita?
«I-»
«Ah, sei qui», li interruppe qualcuno, attirando l'attenzione di entrambi su di sé.
Emma reagì irrigidendosi appena, mentre Miles le si avvicinava a passi svelti: il suo tono di voce non aveva incluso una nota di rimprovero, ma una semplice constatazione. Improvvisamente, sentì il bisogno di nascondere Harry, di sminuirlo: non che provasse ancora dei sentimenti per lui, ma in qualche modo, il riaverlo accanto aveva risvegliato in lei l'abitudine di dargli una certa importanza. Si sentì sollevata, nel rendersi conto di non aver motivo di preoccuparsi, e un po' stupida per quell'allarme spontaneo ed ingiustificato.
«Scusa, stavo-»
«Non fa niente», esclamò Miles, impedendole di continuare. I suoi occhi imperscrutabili diedero una rapida ed incurante occhiata ad Harry, poi la sua mano si posò sulla schiena di Emma, facendola muovere impercettibilmente in una reazione ormai naturale, fatta di brividi indiscreti. «Devo andare, Seth mi sta aspettando», spiegò, posandole nelle mani la borsa che lei aveva lasciato al tavolo.
Sapeva che il loro incontro al Rumpel non avrebbe potuto continuare ancora per molto, perché gli impegni di entrambi lo impedivano, ma nonostante la loro discussione, non voleva che durasse così poco. Non riusciva a sbarazzarsi del bisogno che sentiva di averlo vicino, anche solo per sfiorarlo con gli occhi o con le parole.
Colpita da quella consapevolezza, annuì appena, stringendosi nelle spalle. Miles si sporse verso di lei e, incastrando una mano tra i suoi capelli, le baciò le labbra velocemente, ma senza fretta: Emma accolse quel gesto con il cuore in subbuglio, ma si impose di mantenere la sua fermezza e di non cedere alla tentazione di chiedere di più. In fondo, era ancora nervosa per quello che era successo solo pochi minuti prima e, anche se lui sapeva imporsi senza l'uso delle parole, lei era in grado di perseverare e di resistere ai suoi attacchi.
«Ci vediamo dopo», lo salutò, mentre Miles le accarezzava un braccio, per poi rivolgere la propria attenzione ad Harry: gli riservò una pacca amichevole sulla spalla, una stretta leggermente più accentuata, e se ne andò senza un'altra parola.
Emma lo guardò allontanarsi, vagamente stordita da quelle dinamiche veloci: in pochi istanti, aveva letteralmente messo Harry in secondo piano, dimenticandosi della sua presenza perché troppo concentrata su quella di qualcun altro. E lui, in silenzio, aveva assistito a quella scena quotidiana ed estranea senza reagire in alcun modo. Era assurdo pensare che fosse davvero accaduto: un tempo, Emma non avrebbe toccato nessun altro come osava toccare Harry, mentre ora il punto focale di ogni suo gesto aveva un altro nome ed un altro volto.
Spostando lo sguardo nelle iridi di Harry, le trovò assorte e stupite, quasi pensierose: avrebbe voluto sapere quali pensieri stessero celando e se anche per loro, quel piccolo episodio, fosse risultato stonante rispetto a ciò che avevano precedentemente condiviso.
«Si sarebbe presentato, se fosse stato un po' meno di fretta», si scusò Emma, usando una piccola bugia. In realtà, conosceva perfettamente Miles ed ogni sua motivazione: non si era presentato semplicemente perché non gli interessava farlo, tanto meno con un ragazzo che ai suoi occhi non rivestiva alcuna importanza, né preoccupazione. Nutriva troppa fiducia in se stesso e in Emma, per sentire il bisogno di imporre il proprio ruolo o per essere lontanamente geloso; gli era stato sufficiente uno sguardo ed un gesto di finta bonarietà, per ricordare la propria importanza, e non avrebbe perso tempo in altro modo: tu non esisti per me, né per lei
«Davvero?» la provocò Harry, con un sorriso consapevole. Perspicace come sempre, forse aveva capito tutto nonostante il mite sforzo di Emma di mascherare la cosa.
Lei sorrise e sospirò, abbassando per un istante lo sguardo. Quando lo rialzò, si scontrò con un'intima confidenza che la sfiorò con una sorta di malinconica nostalgia: nonostante il periodo di separazione e nonostante gli eventuali cambiamenti subiti, conoscevano l'uno l'essenza dell'altra e viceversa, cosa che impediva loro di tenere troppi particolari nascosti.
«Harry Edward Styles!» urlò una voce bassa, chiaramente proveniente da Ty. «Vieni subito qui, razza di idiota! Dove sei stato per tutto questo tempo?!»
Harry rise dedicando un cenno del capo al barista, che non poteva abbandonare il suo lavoro: si rivolse ad Emma ed alzò le spalle. «È meglio che vada a salutarlo», esclamò, infilando le mani nelle tasche dei jeans scuri, una delle cose che apparentemente era rimasta uguale. «È stato bello rivederti», continuò, abbassando la voce ma intensificando il suo sguardo per lasciar trasparire la propria sincerità.
Emma inclinò le labbra in un sorriso, ma non rispose, limitandosi a guardarlo mentre si allontanava. Le sembrava uno scherzo del destino il fatto che si fossero incontrati nuovamente per la prima volta nello stesso locale. O anche solo che si fossero incontrati di nuovo.
Sospirando, si diede un'occhiata intorno, come se avesse momentaneamente dimenticato cosa fare e dove andare. Subito dopo, ricordò di dover pagare il conto, dato che Miles aveva dimenticato il portafoglio a casa: si voltò verso la cassa e calcolò la distanza da Harry, appoggiato al bancone ed intento a chiacchierare con Ty. Qualcosa, dentro di lei, la spingeva improvvisamente a stargli lontano, nonostante si fossero ritrovati in completa serenità: forse era semplicemente perché, trascorso lo stupore, rimanevano la delusione ed il passato che non era ancora stato affrontato. Amaro ed insistente.
Sbuffò silenziosamente e si incamminò verso la sua meta, con lo sguardo fisso davanti a sé ed una finta indifferenza a guidarla nei movimenti: appoggiò la borsa sul ripiano ed aspettò che qualcuno la raggiungesse, sperando che i tre metri scarsi che la dividevano da Harry rimanessero tali. Non si sentiva più così tranquilla ad averlo vicino, anzi, si sentiva destabilizzata: era sommersa dai ricordi e da tutto ciò che era rimasto in sospeso, sopraffatta da una subdola forma di fastidio, pungente ed impossibile da ignorare.
Tamburellando con le dita sul legno scuro, si sentì costretta a voltarsi di scatto, quando un trambusto di piatti caduti a terra le arrivò alle orecchie: il Rumpel si ammutolì e tutti i clienti si soffermarono per un attimo sull'apprendista cameriere che si apprestava a raccogliere i pezzi da terra, maledicendosi a bassa voce. Ad Emma venne naturale indagare la reazione di Ty, che probabilmente era diventato paonazzo e poi di altri dieci colori, ma i suoi occhi si fermarono prima sulla figura di qualcun altro.
Non sapeva se Harry la stesse guardando da molto tempo o se invece fosse stato del tutto casuale, ma le loro iridi si incontrarono quasi spontaneamente. Lui, appoggiato al bancone con i gomiti, teneva le mani giunte davanti a sé, mentre sedeva su uno degli sgabelli alti e talvolta instabili: le labbra erano increspate in una sorta di sorriso, una smorfia istintiva e prolungata, ma appena accennata. Emma sbatté le palpebre e per un attimo si sentì più tranquilla, come se quel semplice contatto visivo potesse rassicurarla o placarla: non c'era malizia in esso, né qualsiasi altra macchia che avrebbe potuto renderlo pericoloso o spiacevole. Conteneva solo uno stupito sollievo, un placido saluto un po' più intimo e sincero.
Le venne naturale ricambiare il gesto, sorridendo debolmente, ma non prolungò quel momento: si voltò lentamente verso la cassa e si ripromise di non ricascarci, forse spinta dalla strana sensazione che l'aveva pervasa. Così, quando l'altra aspirante cameriera la raggiunse, pagò in tutta fretta e uscì dal locale senza nemmeno salutare Ty.

Girò la chiave nella toppa e, contemporaneamente, diede una spinta alla porta usando il proprio corpo: conosceva bene i capricci di quel pezzo di legno rovinato, quindi non ebbe alcun problema ad entrare nell'appartamento di Miles.
Era più in ordine del solito, con sole tre maglie sparse sul parquet chiaro, nessun piatto da lavare abbandonato sulla cucina ad angolo ed una bacchetta d'incenso accesa sul tavolo piccolo e al centro del salotto. 
«Miles?» chiamò Emma, chiudendosi la porta alle spalle e sfilandosi le Nike smesse. Erano passate le dieci di sera, ormai, quindi lui avrebbe dovuto essere già a casa, dato che gli incontri con Seth non duravano mai più di due ore.
Appoggiò la borsa sul divano schiacciato contro la parete e si guardò intorno, in ascolto: aveva trovato la luce accesa ed il televisore sintonizzato su un canale musicale, ma non aveva ancora ricevuto alcuna risposta. 
«Miles, ci sei?» domandò con un sospiro, massaggiandosi il collo con una mano. La stanchezza le stava consumando ogni muscolo del corpo, costringendola a sentirsi privata di qualsiasi forza: aveva appena finito di badare alle gemelle dei Winsor, al fondo del viale. Aggiungendo gli impegni di baby-sitting, riusciva ad arrotondare i suoi guadagni, nonostante non si parlasse di grandi somme.
Qualche istante dopo, Miles apparve dal corridoio scarsamente illuminato: indossava solo un paio di bermuda di jeans scuri. Appena lo vide, Emma si rilassò come se avesse appena ottenuto qualcosa di tanto agognato: percorse con lo sguardo il suo petto poco definito e l'addome piatto, le mani sottili lungo i fianchi ed il piccolo neo sullo zigomo sinistro.
«Hey», la salutò lui, con il viso serio e gli occhi determinati. Stava camminando verso di lei, senza alcuna fretta ma con una certa decisione.
La loro intimità era ancora condizionata dal pomeriggio al Rumpel, ma sapevano entrambi che non ne avrebbe realmente risentito. Quella velata tensione che stavano affrontando era solo una formalità, solo un pretesto per decretare un vincitore di fatto: era una sfida, una prova di forza nella quale non sempre lo stesso riusciva ad emergere.
Emma fece un passo verso di lui, in modo da andargli incontro, e fu sufficiente per arrivare a condividere lo stesso ossigeno e la stessa tenacia. Lo osservò attentamente, forte davanti al suo corpo che la implorava di sfiorarlo, mentre Miles la provocava con l'intenzione di farla cedere: i suoi respiri erano lenti, regolati, ma nascondevano qualcosa di irrequieto.
La mano sinistra di Miles si alzò lentamente per posarsi sulla schiena di Emma, fermandosi prima sul suo braccio per accarezzarlo: la strinse contro di sé con movimenti controllati, come se si stesse divertendo a prolungare i tempi di attesa, mentre con gli occhi le consumava le labbra e le iridi. Con l'altra mano le spinse delicatamente il capo verso il suo, in modo da respirare sulla sua pelle ed in modo da ridurre le sue possibilità di ribellione, dato che conosceva perfettamente le sue debolezze.
Nonostante la stizza per il non riuscire ad imporsi come avrebbe voluto, nonostante l'amarezza per quel discorso che tra loro non riusciva ancora a trovare una vera risoluzione, nonostante il passato che continuava a tormentarli, Emma agognava un contatto più profondo, un contatto che la facesse tremare come la prima volta che l'aveva fatto tra le sue braccia. Per questo, si avvicinò ancora un po' al suo corpo, percorrendo con le dita leggere la sua spina dorsale ed ogni muscolo contratto o rilassato. Alzò il viso per sfiorargli il naso con il proprio e schiuse le labbra, in un linguaggio che non necessitava di altro.
Miles non esitò nemmeno un istante nell'accogliere la sua richiesta implicita ma non celata: le baciò la bocca con un tale impeto da costringerla ad indietreggiare di un passo, ad arrancare per poter respirare ancora. Era quello, il suo modo di ricordarle ciò che era e che erano insieme.
«Io sono tuo», sussurrò contro le sue labbra, tenendole il viso con le mani: i palmi aperti e caldi a coprirle le guance arrossate. Le parole li avvolsero in una rassicurazione che voleva essere la continuazione della discussione di poche ore prima ed una promessa per tutto ciò che ne sarebbe seguito.
Ed Emma, specchiandosi nella voragine nera dei suoi occhi, non seppe dire se avesse appena vinto o se invece fosse successo l'esatto contrario.

 





 


Cccccccccccccciao gente :)
Vi sono mancata, ammettetelo!! (Lasciatemelo credere hahah) Voi mi siete mancati un sacco, soprattutto con la vostra impazienza! E mi è mancata anche questa storia, DIO, non potete capire quanto! È tutta (quasi) nella mia testa, ma come sempre non riesco a scrivere prima tutti i capitoli, quindi non ho resistito a pubblicare (anche senza banner haha arriverà, giuro!) anche per questo!
Per prima cosa: se siete nuovi lettori, benvenuti! Vi consiglio davvero di leggere prima "Little girl", perché altrimenti non so quanto potreste davvero apprezzare questa storia e forse non capireste molte cose! E in ogni caso, grazie per aver letto :)
A chi invece ha già letto LG, bentornati!!! Spero sul serio che questo primo capitolo sia stato di vostro gradimento, perché io non so cosa pensarne ahah È stato super strano dover scrivere di Emma con qualcun altro (cosa pensate di Miles? Come vi sembra il loro rapporto?), così come è stato super-mega strano dover scrivere di Emma ed Harry in questi termini, a sei anni (SEI!) di distanza e completamente cambiati nel modo di rapportarsi! Quindi non so se io abbia fatto un buon lavoro o meno! Insomma, lei ora ha 22 anni e lui 26, quindi ci divertiremo ad avere a che fare con i loro cambiamenti e le loro nuove vite! Ovviamente verrà spiegato cosa è successo in questi anni e in quali rapporti si siano lasciati, dopo il loro ultimo incontro, ma io vorrei sapere lo stesso le vostre ipotesi :)
Come avete visto, si sono incontrati senza alcun imbarazzo ed è grazie al fatto che è passato così tanto tempo da sfumare qualsiasi altra emozione, almeno ad un primo impatto. Come se voi aveste incontrato la vostra cotta delle elementari, ecco (?). Cosa ne pensate? Cosa vi aspettavate? Come pensate che si evolverà la situazione?
Vi ho sottoposto qualche informazione, senza scendere nello specifico, quindi sono curiosa di conoscere i vostri pareri! (Piccola premessa: anche se è presente Miles, non ci sarà il solito triangolo amoroso e bla bla bla!)
Fatemi sapere qualsiasi cosa vi passi per la testa (critiche anche e soprattutto!)!
È bello tornare :))

Vi lascio tutti i miei contatti:
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Un bacione,
Vero.

 


       
    
  
  
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