Hans 

Più il tempo passava, trasformandosi da minuto ad anno e più me ne convincevo: ero un errore. Un maledettissimo errore che nessuno aveva il coraggio o la voglia di cancellare.  

*

Fu una missiva consegnata in una serata primaverile ad annunciare il raggiungimento della maggiore età della primogenita del regno di Arendelle e la sua conseguente incoronazione.

Mio padre Il Re delle isole del Sud sosteneva fermamente che «per quanto insignificante e sperduto», Arendelle disponeva di grandi risorse primarie, importanti per un regno in continuo progresso come il nostro. 

Con queste parole mi convocò nel suo studio, ordinandomi quindi di recarmi alla cerimonia per rendere omaggio alla regina come rappresentante delle Isole del Sud.

«È ora che la smetti di rubare il mio oro. Devi guadagnarti il tuo titolo» concluse infine, congedandomi con un gesto della regale mano.

Il colloquio aveva avuto una durata complessiva di qualche minuto, tempo nel quale le mie labbra erano rimaste costantemente serrate. Non si discuteva con mio padre il Re, si ascoltava e basta. Ascoltare ed eseguire.  Era questo il motto che ti consentiva di condurre un'esistenza pacifica nella corte delle Isole del Sud. Te lo inculcavano a suon di sgambetti e manrovesci. Il metodo del bastone e della carota, con la sentita mancanza della ricompensa. 

Con questo regime erano cresciuti tredici marmocchi. 

Non erano venuti tutti alla luce dallo stesso grembo, bensì da quattro diverse genitrici.

I primi tre matrimoni si erano celebrati per sancire alleanze fra le Isole del Sud e i regni delle spose. Erano terminati tutti con la morte - apparentemente naturale - della consorte e diversi eredi lasciati da quest'ultima. A giudicare dai risultati di quei pochi anni di convivenza con ognuna delle mogli, il Re doveva avere un'incredibile fortuna nel trovare compagne fertili, ma di salute barcollante. 

Così nacquero i primi dodici figli. Nessuno di loro sembrava serbare tracce  materne, poiché i geni Westergaard – questo era il nome della nobile famiglia paterna – sopraffavano quelli delle consorti, plasmando uomini dai capelli neri e dai gelidi occhi cerulei, con mascelle volitive e corporature possenti. Nessuno dei dodici fratelli si sentiva quindi estraneo agli altri. Lo stesso aspetto, lo stesso carattere ferreo e la stessa rigida educazione rendevano "I Dodici" dei veri principi Westegard. Una progenie che rendeva enormemente orgoglioso il mio vecchio padre. 

Tutto era così tremendamente perfetto. Già, era. Le cose mutarono con un singolo evento: la mia comparsa.

Non nacqui in seguito al quarto matrimonio di mio padre – no, troppo facile. Mia madre era una venticinquenne di nobili origini, con un viso ricoperto di graziose lentiggini e un paio di occhi color nocciola. Non so come una ragazza della piccola nobiltà e il re di uno dei regni più influenti del nord Europa si fossero incontrati. Il punto è che i due iniziarono una relazione. E da lì ebbe principio la mia, di storia. 

***

Tutto questo era nato come una flashfic. Helsa oltretutto. 

Sono un asso a divagare. 

Alla fine è diventata la storia di Hans. Non della sua infanzia come ho visto in molte altre fanfiction, ma più che altro del contesto in cui si è trovato. Non sono molto prolissa, quindi credo riuscito a raggiungere in pochi capitoli (ottimismo al massimo) le vicende di Arendelle. E lì ci saranno accenni alla coppia Elsa/Hans. 

Spero che a qualcuno possa interessare questa idea. È da così tanto che non metto giù due parole che qualche parere (positivo o meno) sarebbe un bel toccasana. 

Il titolo significa errore in Norvegese. 

Be' grazie per essere arrivati fin qui comunque (:

Ps: il nome ad inizio capitolo è quello di chi racconta.

Ludovica