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Autore: My Dream    11/09/2014    1 recensioni
Cross-over ambientata nell'arena degli Hunger Games. I nostri protagonisti vivono nei vari distretti, non si conoscono e sono pronti a lottare per sopravvivere. (userò i loro nomi europei.)
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Tsurugi Kyousuke, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 1.

Sembrava una giornata tranquilla, ma c'era qualcosa nell'aria che mi metteva ansia. Uscii di casa e la situazione peggiorò: la gente camminava velocemente, visibilmente agitata, come se si stesse preparando all'evento del secolo. Non riuscivo proprio a capire il motivo di tutto questo trambusto, ma non ci diedi troppo peso. Mi incamminai verso la casa di Jenna, la mia migliore amica. 

«Ehi, Lacey, ciao» mi salutò distrattamente mentre rovistava nell'armadio alla ricerca di un vestito.

«Che stai facendo?» anche lei si comportava come il resto degli abitanti del distretto 4.

«Ma come, non lo sai? Domani c'è la mietitura, Lacey, svegliati.» spalancai gli occhi e d'un tratto mi ricordai tutto. Domani era il grande giorno, la mietitura, gli Hunger Games, Capitol City, i tributi, la morte. Un brivido mi percorse la schiena, era da qualche anno che partecipavo alla mietitura e non mi avevano mai chiamato. 

«Secondo te quest'anno..» cominciai. Jenna tirò fuori la testa da dentro l'armadio e mi fissò severa.

«No, Lacey, non dirlo neanche per scherzo. Non ti chiameranno, non chiameranno nessuna di noi due.» sembrava così sicura.

«Ne sei davvero convinta? Come fai ad esserne così sicura? Come fai a non pensare che c'è la possibilità che ti chiamino?» il suo sguardo si incupì e cominciò a fissare il pavimento sconsolata.

«No, non ne sono sicura, ma non ho intenzione di pensare che ogni anno rischiamo la morte. Preferisco pensare che andiamo lì per poi tornare a casa felici di vivere un altro anno.» 

«E' così difficile andare avanti anno per anno, senza poter dare per scontato niente.»

«Lo so, ma non pensarci.» cercai di sorriderle per rassicurarla, ma in quel momento un pensiero mi attraversò la mente paralizzandomi. 

«Jenna..» 

«Si?»

«Tu pensi che lui..» lei mi sorrise scuotendo la testa. 

«No, Lacey, stai tranquilla. Non chiameranno neanche lui. Victor si salverà.» Victor..

Restai un po' con Jenna per aiutarla a scegliere un vestito, poi mi diressi verso casa. Mentre tornavo, incontrai il mio vicino che stava uscendo. Gli sorrisi e lui ricambiò poco convinto. 

«Ciao, Victor.»

«Ciao, Lacey.»

Victor Blade, il mio vicino di casa nonchè prima cotta, che a quanto pareva non mi era ancora passata. Da piccoli eravamo amici, giocavamo sempre insieme in cortile tutte le domeniche, poi entrammo nel periodo dell'adolescenza e io cominciai a diventare troppo timida e riservata, così il nostro rapporto finì. 

«Ehm.. sei pronto per domani?»

«Sì, sono pronto a tutto. E tu? Ti auguro di sopravvivere anche quest'anno, Lacey.»

Sorrisi, da bambini diceva sempre che gli piaceva il mio nome e lo ripeteva sempre. 

«Io.. non mi sento esattamente pronta, ma non c'è altra scelta.»

«Già, è d'obbligo. Ora vado, ciao piccola Lacey.»

Se ne andò, lasciandomi lì a riflettere su quel "piccola". Da un lato suonava tanto dolce, ma dall'altro era come se mi considerasse una bambina nonostante avessimo un anno di differenza. Entrai in casa sperando di salvarmi domani e andai a cercare anche io un vestito per il "grande" evento. Mentre attraversavo il corridoio, sentii i miei genitori parlare in cucina:

«Non lo so, James, e se questa volta la fortuna non fosse dalla nostra parte?»

«Non possiamo farci niente, cara. Dobbiamo solo sperare e pregare.»

Tutti parlavano degli Hunger Games, tutti speravano di salvarsi, ma per qualcuno domani tutte le preghiere fatte si dimostreranno vane.

Il giorno dopo.

Mi svegliai di cattivo umore, non ero per niente tranquilla. Mi vestii velocemente e corsi fuori diretta verso casa di Jenna. Incontrai ancora Victor e lo salutai velocemente, sperando ancora per lui. 

«Ehi, Lacey, sei davvero bellissima.»

«Grazie mille, anche tu. Avrei preferito indossare questo vestito in un'altra occasione..»

«Lo so, ma andrà tutto bene.»

Ci avviammo verso la piazza dove si sarebbe tenuto l'evento insieme al resto dei ragazzi che condividevano le nostre ansie e il nostro destino. Ci mettemmo in fila insieme agli altri, aspettando l'estrazione. Tutti trannero il fiato mentre la persona che doveva estrarre il nome della ragazza sfortunata si avvicinava alla boccia. Sperai, sperai fino all'ultimo, ma non servì a niente. 

«Lacey Anderson!» tutti si voltarono verso di me e si sentirono dei sospiri di sollievo. Jenna mi strinse la mano fino a farmi male, aveva gli occhi spalancati e le lacrime che si accumulavano alla base di essi. 

«Lacey Anderson, avanti!» non riuscivo a camminare, mi sentivo svenire. Non avevo nessun tipo di abilità, non sapevo uccidere, non sapevo maneggiare armi, non sapevo fare niente. Jenna mi lasciò la mano e cercò di sorridermi per rassicurarmi, per dirmi che sarebbe andato tutto bene, e io volevo crederle. Ma come fai a credere che andrà tutto bene quando ti sbattono la morte in faccia e, per la prima volta nella tua vita, sei sicura del fatto che hai finito di vivere? Non pensai neanche per un secondo che sarei riuscita a vincere, ma mi rassegnai e salii sul palco. L'uomo che aveva pronunciato il mio nome mi guardò con compassione, anche lui conosceva il mio destino. Mi appoggiò una mano sulla schiena e mi sorrise nello stesso modo di Jenna, poi si diresse verso la boccia dei ragazzi. Prima che potesse tuffarci la mano, udimmo un urlo provenire dal fondo, un urlo che mi raggelò il sangue.

«Mi offro volontario come tributo!» fu l'urlo. Non riuscivamo a vedere chi aveva parlato da lì, ma avrei riconosciuto quella voce tra mille. Victor.  
L'uomo rimase per un attimo interdetto, poi si riprese.

«Bene, allora avvicinati.» Victor si incamminò verso il palco senza neanche guardarmi, la vita l'aveva reso così indifferente nei miei confronti.. 

«Qual è il tuo nome?»

«Victor, Victor Blade.» chiunque guardasse quegli occhi avrebbe visto sicurezza, ma io, io riuscivo a vedere anche la sua paura e la sua incertezza. Perché l'aveva fatto? 

Victor P.O.V.

Era il giorno della mietitura. Mi svegliai con l'ansia, ma non avevo paura per me, avevo paura per lei. Lacey.
Uscii di casa e la incontrai, era davvero bellissima. Sperai che si salvasse, non sarebbe mai sopravvissuta all'arena. 
Quando l'uomo si avvicinò alla boccia delle ragazze smisi di respirare, aspettando di sentire un nome diverso dal suo. 

«Lacey Anderson!» spalancai gli occhi, sconcertato. Non poteva essere vero. Lacey non ce l'avrebbe mai fatta, non sarebbe mai tornata a casa. No, avevo sentito male. 

«Lacey Anderson, avanti!» a quanto pare avevo sentito benissimo, non era sopravvissuta. La cercai tra la folla, lei e la sua bellezza, e quando la trovai cercai di decifrare la sua espressione: aveva gli occhi leggermente spalancati, la bocca socchiusa nel tentativo di riprendere a respirare normalmente, non se l'aspettava. Sapeva anche lei quale sarebbe stato il suo destino. Non potevo lasciarla sola, non volevo. Quando l'uomo si avvicinò alla boccia dei ragazzi, non ci vidi più. 

«Mi offro volontario come tributo!» mi ritrovai ad urlare. Non mi resi subito conto di quello che avevo detto, ma non volevo lasciare Lacey da sola e non conoscevo altro modo per aiutarla. 

«Bene, allora avvicinati.» mi disse l'uomo. Mi avvicinai, cercando di sembrare il più deciso possibile. Dovevo convincermi che lo stavo facendo per lei e non importava il fatto che sarei morto mentre lei avrebbe fatto ritorno a casa. 

«Qual è il tuo nome?» mi chiese una volta salito sul palco. Ero talmente sotto shock che ci impiegai qualche secondo a rispondere. 

«Victor, Victor Blade.» dissi poi. Sentivo lo sguardo sconcertato di Lacey su di me, ma non volevo guardarla. Sapevo che se l'avessi fatto avrebbe capito che non avevo calcolato tutto, che non l'avevo fatto perché sicuro di vincere. L'avevo fatto per salvare lei, la mia vicina di casa, la ragazza con cui non avevo rapporti da anni. 

Lacey P.O.V.

Ancora sconvolta per la mietitura, aspettai in una sala che qualcuno venisse a salutarmi e, in un certo senso, dirmi addio.

Per prima arrivò Jenna che mi si fiondò addosso.

«Oddio, Lacey, mi dispiace così tanto. Non considerarti già morta in partenza, prova a sopravvivere, puoi farcela.» La guardai a occhi spalancati.

«Jenna, io non so fare niente. Non potrei mai vincere.»

«Non è vero, tu sai arrampicarti sugli alberi come nessun altro sa fare e ti ricordi il corso di tiro con l'arco? Eri brava, avevi una bella mira. E la mira ti servirà anche con i coltelli, puoi farcela. E poi sai riconoscere i cibi velenosi grazie a tua nonna, ce la farai.»

«Non lo so, Jenna. Io.. e Victor? Perché si è offerto volontario? Non riuscirei mai ad ucciderlo.» 

«Credo che neanche lui ci riuscirebbe, Lacey. Forse l'ha fatto per te.» stavo per chiederle spiegazioni, quando la guardia entrò e la portò via mentre lei mi urlava che mi voleva bene. Poi entrarono i miei genitori.

«Lacey, bambina mia. Fatti coraggio.» piangevano entrambi.

«Come farò ad uccidere delle persone innocenti, mamma? Non riuscirò mai a farlo, soprattutto senza avere sensi di colpa.» 
Mi guardarono senza dire niente, poi mi abbracciarono e vennero scortati fuori dalle guardie. Ero di nuovo sola. 
L'unica cosa a cui riuscivo a pensare era Victor e il motivo che l'aveva spinto ad offrirsi volontario. Ieri sembrava tanto sicuro, ma sul palco mi è sembrato così spaesato. 
Non ebbi molto tempo per rifletterci, poiché mi portarono fuori, verso il treno che ci avrebbe condotto a Capitol City. 
Sul treno riuscii a vedere Victor e mi diressi verso di lui per chiedergli spiegazioni, ma mi ignorò e mi passò accanto senza neanche guardarmi. Mi sedetti su un divano, sconsolata. 

«Non preoccuparti, ragazzina, è fatto così.» alzai il viso per guardare in faccia chi mi aveva appena rivolto la parola. Era un ragazzo con una fascia arancione in testa, aveva un sorriso così contagioso. 

«Ci conosciamo?» lui mi porse la mano senza smettere di sorridere.

«Sono Mark, Mark Evans. E sarò il vostro mentore» mi piaceva già.

«Sono Lacey, Lacey Anderson. E non affezionarti troppo perché non tornerò viva a casa.» lui scoppiò a ridere.

«Ehi, piccola Lacey, io sono qui per aiutarti a sopravvivere, su con la vita.» come se fosse possibile, per me, sopravvivere. 

«E riguardo Victor..» continuò Mark, «Sembra così freddo, ma in realtà è proprio l'opposto. Sai, si è offerto per aiutarti a tornare a casa.» quelle parole mi lasciarono a bocca aperta. L'aveva davvero fatto per me? Ma perché? 

All'ora di cena ci ritrovammo tutti al tavolo per mangiare, ma Victor non si presentò. 

«Lasciamolo in pace, prima o poi cederà.» disse Mark.

Dopo cena, decisi di andare nella sua stanza per parlargli. Bussai ma non rispose, così entrai.

«E tu che ci fai qui?» ringhiò appena mi vide, ma non mi facevo intimidire così facilmente. 

«Sono venuta a chiederti una cosa.» non aspettai la sua risposta e continuai, «Ti sei offerto per me? Perché Mark mi ha detto che-»

«No, mi sono offerto perché so che vincerò. E non avrò nessun problema ad eliminarti.» cercai il suo sguardo che era l'unica cosa in grado di dirmi se fosse sincero o no. Quando lo trovai, rimasi a bocca aperta: quello che aveva detto si rifletteva anche nei suoi occhi, lo pensava veramente. 

«Va bene, ma non sottovalutarmi.» dissi cercando di apparire forte e ci riuscii, anche se non pensavo assolutamente quello che avevo detto. Me ne tornai nella mia camera senza riuscire a prendere sonno. Victor mi avrebbe davvero ucciso? Che cosa era diventato..

 
  
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