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Autore: Alpha Hydrae    12/09/2014    1 recensioni
Ribellarsi avrebbe implicato fuggire, tradire la volontà della sua gente, combattere un’organizzazione che, in bene e in male, garantiva la sicurezza di tutti. Il bianco e il nero si erano mescolati in volubili vortici grigiastri. «E tu sei d’accordo con questa cosa?»
I due membri più importanti dei Vendicatori hanno informazioni e posizioni diverse riguardo l'ambiguo progetto Insight, e uno trova difficile riuscire a comunicare con l'altro.
[post-Avengers] [pre-The Winter Soldier] [scritta in parte in collaborazione con Zia Enne]
Genere: Generale, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Steve Rogers, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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11:09

 

Quando fece scorrere un braccio fra le porte dell’ascensore, Tony stava parlando con brevi frasi atone, alternate a ordini frettolosi e qualche risatina di autocompiacimento; ovviamente si stava rivolgendo a JARVIS, che gli rispondeva a consigli troncati a metà e promemoria programmati. «So già cos’ha in mente, dille che non ho bisogno di un altro server altamente hackerabile». Interruppe la discussione solo per indicare la sua direzione, in un rapidissimo «Progetto Granov, livello secondo», seguito da un «Operazione TC41, registrazione note» a viso basso.

«Stark». Steve si scostò silenziosamente, continuando a osservare accigliato il vuoto. Nella sua sorda distrazione, non aveva prestato attenzione ai farfugliamenti dell’altro, limitandosi a farsi da parte e riprendere a riflettere sui propri pensieri, con le braccia unite contro il petto.

Tony gli lanciò un’occhiata sbrigativa in risposta.

 

«Pensi che dovremo tornare in Europa?».

Quella sera Natasha era nervosa, preoccupata, e Clint sapeva che nulla la turbava mai davvero, fatte poche eccezioni. E a diffondersi fra le fila degli agenti di più alto livello era proprio il sospetto di quella che sembrava un’eccezione, in piena regola, completa di coperture saltate e fuga all’estero – ma questa volta minacciava di essere qualcosa di molto più grande, sicuramente inevitabile, potenzialmente definitivo.  

Il capo biondo si tese oltre la spalliera del divano, lasciandosi ancora qualche istante per capire di cosa l’altra stesse parlando e rielaborarlo in base a quella domanda. «Come lo sai?».
Lo sguardo della donna si oscurò tra il contrariato e l’altezzoso, per poi rilassarsi di nuovo quando inarcò un sopracciglio. Clint lo recepì come un “Sei serio?”.

«Veramente mi sentirei più tranquillo alla Maldive, o a Mauritius… Quella zona là».

Natasha roteò gli occhi, sollevando un angolo delle labbra.

 

L’ascensore stridette, sovrastando il sibilo fluido che faceva da sottofondo alla salita, e si bloccò con un tonfo e uno scricchiolio. Il pannello digitale che comandava le porte si disattivò, e gli occhi delle videocamere si spensero.

Il silenzio penetrò la cabina.

Tony sollevò il capo, abbandonato anche dalla voce che gli parlava nell’orecchio sinistro. «Oh, bene. Perfetto». Alzò le braccia, per poi lasciarle ricadere lungo i fianchi. «Perfetto», ripeté secco, prima di appoggiare la schiena a una delle pareti e sfilarsi uno degli auricolari, quello con il marchio dello SHIELD, smontandolo e aprendolo per separarne le componenti, interrompendo la voce che ne proveniva. Mentre lui si dondolava nervosamente su un piede, Steve aveva sganciato lo scudo dall’uniforme, e ora osservava il soffitto dell’apparecchio che l’aveva appena fatto sussultare, trasalire al ricordo degli ascensori meccanici e sorretti da funi in acciaio – e le loro botole aperte sui tetti.

«Fai qualcosa!»

Abbassò di nuovo lo sguardo, portandolo per la prima volta sull’uomo che in quel momento stava battendo freneticamente un piede a terra e stava invertendo fili di rame con altri fili di rame ancora più piccoli, finché questo non lo guardò a sua volta.

«Cosa».

«Non lo so, Super Yeti, qualcosa».

«Qui sei tu l’esperto. Se vuoi posso lamentarmi, per essere solidale».

Tony sollevò entrambe le sopracciglia in uno sguardo stizzito, di finzione e derisorio. «Lo fai apposta, vero?». Si staccò dalla parete, indicandolo. «Vuoi farmi tardare all’appuntamento e vendicarti per l’altra sera».

Il biondo scosse appena la testa in una risata amara. «Mi stai dicendo che improvvisamente ti importa di arrivare in orario agli appuntamenti», voltò il capo per indicare le pareti intorno a sé, «e che altrettanto improvvisamente sono in grado di far fermare gli ascensori a mio piacimento?».

Il tono che Steve trascinava fra le parole avrebbe stizzito anche Tony Stark, se questi non fosse stato pronto a rispondergli. «Non sembri disposto ad aiutarmi, chiaro segno del fatto che il mio rifiuto ti spinge a perpetrare microaggressioni verso la mia persona».

«Il tuo rifiuto?»

 

Fury lasciò la stanza sicuro che quella volta Rogers non avrebbe controbattuto.

Infatti il Capitano stava studiando il fascicolo che il Direttore aveva fatto scivolare sul tavolo pochi istanti prima, non prevenuto ma certo che non vi avrebbe trovato nessun conforto rispetto alle poche parole già spese a riguardo. Le immagini e le simulazioni parlavano chiaro, e il rapporto sulle motivazioni del progetto era papale. Non sapeva se il fatto che non intendessero neanche coprirsi con sofismi né sottigliezze lo tranquillizzasse o lo spaventasse ancora di più. Collaborare avrebbe significato eseguire gli ordini senza sapere se chi stava lasciando morire era davvero una minaccia o lo scrupolo di uno dei vertici del potere; significava uccidere colpevoli non ancora diventati tali. Non era l’inutilità della sua battaglia a spaventarlo. Ribellarsi avrebbe implicato fuggire, tradire la volontà della sua gente, combattere un’organizzazione che, in bene e in male, garantiva la sicurezza di tutti. Il bianco e il nero si erano mescolati in volubili vortici grigiastri. «E tu sei d’accordo con questa cosa?»

Tony passeggiava con le mani in tasca lungo l’ufficio, quindi si fermò all’altro capo del tavolo, incrociando le braccia. «È in buone mani». Annuì, poi continuò pacato. «È nelle mie mani. Mi sono assicurato di far parte di questa cosa».

«E credi di essere migliore degli altri?»

«Sì». Dopo qualche istante di silenzio, roteò gli occhi. «Credo di poterlo gestire, e credo di sapere quando non usarlo».

«Pensi che il Consiglio di Sicurezza te lo lasci fare, o ne sei sicuro perché i vostri interessi coincidono?»

«Penso che dovresti pensarci un po’ su».

Steve si alzò in piedi, e la sedia stridette contro il pavimento liscio. «Quindi hai scelto la tua fazione».

«Non sono un uomo di fazioni». Tony gli si avvicinò, con le mani nascoste nelle tasche dei jeans, e camminò verso di lui fino a poter sussurrare accanto al suo viso. «Mi assicurerò che non ci siano sbagli, Rogers, quindi rassegnati e non rendere le cose più difficili». Sapeva che persuaderlo non avrebbe funzionato, ma il pensiero di dover affrontare altre notifiche mattutine dal Consiglio lo spingeva a non desistere.

«Non sei costretto a farlo. Non siamo entrati nello SHIELD per questo. Io dico che ci opponiamo».

Steve fece un altro passo avanti, cercando nel viso di Tony un’approvazione, o almeno un tentennamento. Ma lui scosse la testa.

«Ti era facile schernire Fury e non obbedire quando ti faceva comodo, eh, Stark?». Alzò il tono della voce, sottolineando serrando i denti l’ultima parola, mentre respingeva il fascicolo spesso.

«Non ho paura di quelle mitraglie. Non ho neanche paura che non mi risparmiate la faccia». Raccolse il suo scudo e lo imbracciò, e il rosso metallico e il blu elettrico contrastarono il bianco panna e il marrone spento degli abiti civili.

«Nessuno ti sparerà, Rogers», biascicò il più vecchio di rimando.

 

11:15

 

Tony ormai era seduto a terra e un’antenna improvvisata con le componenti dell’auricolare svettava fra le sue gambe divaricate, mentre le annodava intorno dei fili e lanciava ogni tanto qualche occhiata veloce a Steve. «Dove stavi andando?»

«Non ti riguarda».

«Hai usato il tipico tono da “sto andando a trovare la mia vecchia cotta e non sono in vena di condividere le mie stagionate frustrazioni sessuali”».

«Come al solito, parli a sproposito». Neanche questa volta si girò per guardarlo. «Chiudi la bocca».

«Ed è la seconda volta questa settimana!»

«Mi fai anche pedinare, adesso? Non bastavano le microspie cosparse nel mio alloggio?» Sollevò un sopracciglio e abbassò finalmente gli occhi, cercando il viso dell’altro con la convinzione di poterne decifrare verità e menzogne.

«Non serve farti pedinare, la tua faccia parla da sé. E comunque le microcamere di sicurezza sono negli alloggi di tutti».

 

Con rapidi gesti faceva scorrere gli ologrammi davanti a sé, leggendo titolo e classificazione di ogni documento, spostando con la mano opposta quelli sospetti in alto, in un angolo della stanza, mentre cestinava gli altri. Ne ingrandì uno, sfiorando con lo sguardo i suoi sottotitoli: IN-01, IN-02, IN-03, IN-IIR_01-24, IN-PB-42… Aprì l’ultimo; vuoto.

Decriptò la cartella, ma dopo vari tentativi dovette arrendersi all’evidenza che fosse davvero vuota. «Chi butta una pistola e tiene da parte la fondina?». O chi l’avrebbe mai dimenticata in bella vista?

«Chiamo il Direttore Fury, signore?»

«No, penso che gli farò una sorpresa. E che mi assicurerò un posto fra le sue poltrone».

 

11:20

 

«Per quanto mi sia difficile ammetterlo, dubito che ti stia facendo piacere la nostra convivenza forzata in questi pochi metri quadri».

«Che intuito».

«Io non me ne starei con le mani in mano, se avessi la possibilità di uscirne e cominciassi a invecchiare qua dentro». La lentezza delle sue parole trascinava con sé del nervosismo subdolo, mentre continuava a calcolare a mente il tempo trascorso nell’ascensore.

«Se non ti conoscessi, sarei lusingato dal sapere che credi che io possa uscirne».

«E Captain America neanche ci prova?»

I due si osservavano a vicenda con occhiate più o meno spazientite; Steve sospirò, finché la sua espressione non cambiò in uno sguardo deciso. Lanciò verticalmente lo scudo verso il tetto dell’ascensore, ma tornò indietro con un tonfo metallico, fino a riagganciarsi al suo braccio. «Contento?»

Tony scrollò le spalle, tornando a esaminare il dispositivo grossolano con il quale stava cercando di bloccare una potenziale connessione radio. «Mi aspettavo di meglio».

 

«Da quando hai deciso di allearti con quelli che combattiamo?»

«Io non mi alleo con nessuno, Rogers».

«Allora dev’essere proprio bella la poltrona che Fury ti ha riservato nel Consiglio»

«Dà un po’ di prurito sulla schiena, credo che la farò cambiare con un modello personalizzato»

«Loro sono dalla parte sbagliata»

«Per questo sono pericolosi»

«E Iron Man arriverà a salvarci tutti, giusto?»

«Più o meno sì, è sempre così».

«Io non ci credo. C’è un solo modo per prevenire che questo accada, e non è il tuo»

«Ci sono cose che non sai, pericoli che non conosci, file che non puoi vedere, che neanche io posso vedere. Apparentemente non sei l’unico eroe, da queste parti, e la cosa non ti va giù, soprattutto quando c’è qualcuno più capace di te»

«Capace e giusto?»

«Tu lo sei?»

«Faccio del mio meglio per esserlo»

«E io no?»

«Io non lascerò che degli innocenti muoiano perché ho paura»

«Perché, io lo farò?»

 

11:26

 

Sollevò gli occhi. «Non mi parlerai finché Fury non accontenterà i tuoi patriottici capricci?»

«Sì». Il tono di Steve fu gelido. «Può darsi».

 

Le lenzuola bianche si corrugavano dolcemente in pieghe casuali, dove la luce del sole batteva tiepida attraversando i vetri puliti, rimbalzando sul bicchiere semivuoto, sul pavimento scuro, sulle dita stanche e increspate dagli anni e dalla malattia. «Non sei costretto a venirmi a trovare così spesso».

Steve aggrottò appena la fronte, distendendo le labbra. «Non è un problema».

Peggy sospirò calma, posando lo sguardo vivo e maturo sul giovane seduto accanto al letto. «Troverai qualcosa che ti farà davvero vivere qui».

«Che intendi?»

«Sei rimasto indietro».

Steve annuì in una debole risata, sotto la consapevolezza che anche quella bolla di passato, in quella camera asettica, stava crollando. «Sì, questo è vero».

 

11.27

 

«Il mondo è cambiato, e mi sembra che tu ancora non te ne sia reso conto. Rischi di danneggiare quello che hai costruito».

«Adesso che c’entra?». Il punto di domanda si perse nella voce piatta del Capitano. Poggiò lo scudo contro la parete della cabina, sedendovisi accanto, a gambe divaricate.

«Non rendere le cose più difficili, non sai cosa è successo per portarci a questo».

«Tuttavia, nessuno si è preoccupato di raccontarmelo».

 

11.28

 

Si passò nervosamente due dita fra gli occhi. «Non è che non sia d’accordo con te -»

«Strano, ieri sera sembravi molto ferrato nel darmi torto».

«Ho dovuto fare una scelta. E non interrompermi».

Steve strinse appena la mascella, guardando in silenzio negli occhi scuri dell’altro.

«11 settembre 2001. Tremila morti, seimila feriti. Fatti raccontare questo, o almeno da chi è rimasto a raccontarlo». Il suo sguardo si assottigliò. «C’è qualcosa che non va con questa iniziativa, e io voglio saperlo. Pensi che non abbia paura anche io dell’abuso del progetto Insight? Perché pensi che abbia deciso di occuparmene, dopo aver chiuso la divisione bellica delle Stark Industries?».

«E credi che ne valga la pena?», la voce era ridotta a un basso mormorio.

«Non so cosa sia giusto, ora. Sento che dobbiamo raggiungere questo compromesso. È un sacrificio anche per me».

«Non è giusto il sacrificio». Fissava l’altro ormai con occhi spenti. «Ma lo è sacrificarsi per quel che è giusto. Ora cosa sia giusto non lo so più». Lo sguardo di Steve si ridestò di fronte all’espressione maliziosa di Tony, e si incupì al tono insinuante delle sue parole. «A Captain America serve aiuto nel ritrovare la retta via?». Sembrava aver trovato soddisfazione al suo perenne stuzzicarlo. Steve si sentiva troppo stanco per non stare al gioco, in fondo. «Conosci qualcuno che possa aiutarmi? Magari può fare qualcosa anche per te».

 

11.29

 

Tony sorrise rilassato. «Fidati di me».

 

Steve lo guardò interdetto.

 

11.30

 

Poi annuì. «Attento. La mia fiducia è facile da perdere».

 

«Lo prendo come un sì».

 

Il moro si alzò in piedi, battendo due dita sull’auricolare marchiato Stark attivo nel suo orecchio destro. Il sibilo sommesso dei meccanismi riprese, e l’ascensore ripartì ad alta velocità verso l’alto, mentre i pannelli si riaccendevano e Steve si rialzava in piedi, guardandosi perplesso intorno.

Le porte si aprirono, e Tony uscì dalla cabina per andare a superare la folla di agenti allarmati che invadeva il corridoio, enunciando un’ultima volta prima di allontanarsi, con un angolo delle labbra sollevato in un sorriso compiaciuto: «Operazione TC41 completata, il soggetto è stato collaborativo».

Prima l’espressione dubbiosa di Steve, poi le sue imprecazioni, svanirono dietro le porte che scorrevano per richiudersi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

17.45

 

L’occhio scuro indugiò sulla sigla.

«Aprire cartella IN-PB-42».

Vagò disorientato sulla schermata vuota.

«Mostrare file nascosti».

Un tintinnio di notifica, poi una voce artificiale. «Non ci sono file».

«Chi li ha rimossi?»

«L’operazione non ha firma».

«Chiama Stark».

Stranamente, non si fece attendere. «Ehi, Nick! No, no – non dirmelo, lo so, ormai lo so. La sottodivisione supersegreta moralmente ambigua di uno dei tuoi progetti supersegreti moralmente ambigui in cui mi hai trascinato è stata appena trafugata».

Fury sospirò, poggiando gli anfibi sulla scrivania scura.

L’aveva predetto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

 

Prima di tutto, grazie a Zia Enne AKA cuggia che ha sopportato la mia subdola insistenza e, alle tre del mattino, mi ha aiutata a scrivere questa storia, per quanto riguarda il Super Abominevole Uomo delle Nevi. Infatti le battute di Steve nella “scena dell’ascensore” sono di suo pugno, e il resto purtroppo è tutto mio, quindi diciamo che ha un merito del 12% 30%, sì. Un grazie va anche a bluepastel per avermela riletta.

 

Altre puntualizzazioni di dubbia utilità:

- Il titolo è ispirato alla traduzione inglese di Singleton della Divina Commedia.

- Il nome del Progetto Granov è ispirato all’omonimo disegnatore.

- La sigla “TC41” è ripresa da Timely Comics e dall’anno 1941, prima apparizione di Cap.

- I nomi dei file sono ripresi dal film Captain America: The Winter Soldier, tranne per IN_PB_42.

- I flashback sono in ordine casuale rispetto alla cronologia effettiva della storia.

- Ho considerato Tony “il più vecchio” perché per me Steve ha comunque 27 anni effettivi, nonostante sia un anziano giovane all’antica.

- Sì, ogni tanto a Tony Stark piace usare i metri per misurare gli spazi.

- Gli ascensori con le funi in acciaio sono quelli che utilizziamo tutti i giorni, ma facciamo finta di essere tecnologicamente evoluti.

- In questa FF non ho ucciso nessuno. Infatti piove da giorni.

 

Infine, la precisazione più importante. Quando ho scritto questa OS, ad agosto, non ripensavo agli eventi del 9/11 quando ho deciso di inserirli nel dialogo fra Tony e Steve. Quando ieri l’internet mi ha rammentato che giorno era, ho ricordato di averlo citato nella FF, quindi ho colto l’occasione per completarla, rivisitarla e pubblicarla. Quindi, a proposito di terrorismo e ambiguità e file nascosti e governi infimi e sicurezza dittatoriale, ecco un po’ di sano complottismo non intenzionale.

 

Chiedo scusa per essermi dilungata tanto.

Bye.

  
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