Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Axelle_    12/09/2014    0 recensioni
“Millenni fa, ancor prima che Orys fosse costruita, questa era una landa desolata. Nessuno veniva qui. Molti avevano ragione di credere che questo fosse un luogo maledetto. Il luogo della caduta.”
“Il luogo della caduta, e cioè?” ridacchiò Eva, cominciando a sentirsi a disagio. Lacey era fin troppo brava a raccontare quel genere di storie, ecco perché non lo faceva mai in sua presenza. La inquietava.
“Dove atterrò Lucifero una volta cacciato dal Paradiso, ovviamente.”
~
“Non sei costretta a farlo. Puoi ancora tornare indietro.”
In tutta risposta, la moretta sogghignò con scherno.
Il ragazzo le spezzò il collo senza pensarci due volte .
Eva sbiancò e represse un urlo. “L’hai uccisa” sussurrò tremante.
“No. L’ho solo rallentata.”
“Stammi lontano!” disse al ragazzo quando cercò di avvicinarsi.
“Hai visto anche tu che non era umana! E ce ne sono altri che ti cercano. Sto solo cercando di tenerti al sicuro, come avrai potuto notare! Ma se vuoi, ti lascio qui” sbottò il giovane, facendo per andarsene.
“Aspetta!” lo richiamò Eva.
“Ti sei decisa?”
“Meglio te che loro, no?”
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VI
Lacrime di una fuggitiva.

 
Eva si svegliò, per la prima volta dopo settimane, tranquillamente.
Nessun incubo l’aveva perseguitata quella notte.
Si guardò intorno disorientata, accorgendosi di non trovarsi tra le mura della sua cameretta, bensì in una stanza sconosciuta.
Le pareti spoglie erano fatte di legno e a parte il materasso su cui era adagiata non c’era nient’altro attorno a lei.
Poi i ricordi della notte prima la colpirono in pieno.
Non aveva avuto incubi, ma sicuramente ne stava vivendo uno al momento.
All’improvviso, delle voci concitate provenienti da fuori attirarono la sua attenzione.
“Che altro dovevo fare? Lasciarla in balia di quei demoni?!” Eva sentì dire a una voce stizzita, che riconobbe come quella di Hadrian.
“Non pensi mai a quello che fai.”
“Non credi che la verranno a cercare? E’ praticamente scomparsa!” ribadì una terza voce.
Eva si alzò di scatto dal materasso, accorgendosi solo in quel momento che sopra il suo abito bianco, oramai stropicciato, indossava anche un maglioncino verde che non si ricordava di aver preso.
Si avvicinò alla porta semichiusa il più silenziosamente possibile, ma a quanto pare la fortuna non era dalla sua parte.
Le vecchie assi di legno scricchiolarono sotto i suoi piedi, zittendo il gruppo.
Hadrian aprì la porta e trovò Eva a fissarlo smarrita.
“Che è successo?” chiese lei cercando di darsi un tono.
“Sei svenuta, ieri sera. Un po’ per la stanchezza e un po’ per lo shock, immagino” rispose il ragazzo grattandosi la nuca.
Eva annuì, ricordando con terrore il suono che aveva fatto il collo della ragazza spezzandosi.
Da sopra la spalla di Hadrian, Eva intravide un ciuffo biondo conosciuto.
“John?!”
Eva spostò Hadrian di lato per ritrovarsi davanti i suoi nuovi amici, o almeno credeva che lo fossero.
“Autumn” mormorò indicando per prima la moretta che si strinse nelle spalle e si tolse con un gesto repentino la frangia da sopra gli occhi.
“Summer. Winter” passò in rassegna.
“Un momento” la interruppe Hadrian trattenendo a stento una risatina scioccata.
“Che diavolo di nomi vi siete scelti tutti quanti? Un po’ di originalità ragazzi!”
Quel commento non sorprese più di tanto Eva.
Aveva capito che loro le avevano nascosto qualcosa da quando gli aveva riconosciuti.
“Credo che mi dobbiate qualche spiegazione” pronunciò freddamente, lanciando un ultimo sguardo deluso  a John, per come lei lo conosceva.
 
 
“Quindi mi avete mentito fin dall’inizio” disse Eva guardandoli uno ad uno.
“Lo abbiamo fatto per proteggerti” si scusò mestamente la bionda, che in realtà si era affezionata ad Eva.
“Su questo non ho dubbi, Oriel” pronunciò quel nome come un’accusa.
“Ricapitolando” disse poi Eva portandosi una mano alla tempia, piuttosto confusa ma non negando la realtà dei fatti.
“Un gruppo di demoni” deglutì “Ieri notte ha cercato di rapirmi, ma Hadrian è arrivato prima di loro e mi ha portato qui” iniziò indicando con un ampio gesto la casa in cui erano nascosti. Precisamente in mezzo alla Foresta della Perdizione. Però Eva era stata assicurata che erano al sicuro, per il momento.
“Ecco perché non mi avete perso di vista per un secondo” borbottò poi tra se e se, ricordandosi all’improvviso come, dal momento in cui si erano conosciuti, almeno uno del gruppo le rimaneva sempre accanto. Tutto iniziava a combaciare.
“E ora dovrei andarmene perché i cosiddetti demoni mi hanno rintracciato. Ma perché proprio io, cosa ho fatto?”
Hadrian e Fabiel si scambiarono un’occhiata.
Ah, ovviamente le avevano mentito anche sui loro nomi. Troppo angelici per non essere riconosciuti, secondo loro.
John in realtà si chiamava Fabiel, appunto. Come già accennato, Oriel si era nascosta sotto il nome Summer ed Autumn e Winter erano rispettivamente Medea e Armide.
Anche questo aveva senso.
“Non ho intenzione di muovermi da qui finchè non svuoterete il sacco” li avvertì.
In realtà, Eva era terrorizzata. Tutto stava accadendo troppo in fretta. Quei ragazzi erano capitati nella sua vita da quanto, due giorni? E ora pretendevano di essere seguiti lontano, lontano da casa, lontano dalla sua normalità.
Eva sapeva che non se ne sarebbe andata comunque, a costo di affrontare quei demoni faccia a faccia.
“Ci sarebbe una profezia” iniziò Medea/ Autumn guadagnandosi un’occhiataccia dalle altre ragazze.
“Il tuo destino è scritto, Eva. Ed è un destino terribile, noi siamo qui… Per impedirti di compierlo.”
“Quale destino?” mormorò Eva.
Lei era una semplice ragazza come tutte le altre, con sogni comuni e una vita normale. La cosa peggiore che avesse mai fatto era stata scappare una notte per andare in campeggio.
Non doveva, non voleva, iniziare a dubitare di se stessa.
“Distruggere il mondo” le rispose mestamente Medea.
Eva sbiancò e Medea/ Autumn si zittì definitivamente.
“Non… cosa… io….” Boccheggiò Eva.
Che stava facendo? No, quelle erano tutte balle. Iniziò a ridere istericamente.
“Mi state prendendo in giro, vero? T-tutto questo è uno scherzo, i-io non…” Fabiel non ci pensò due volte prima di stringerla tra le sue braccia. Il biondo si accorse che Eva stava tremando e decise che per quel giorno aveva saputo abbastanza.
Eva deglutì rumorosamente mandando giù la verità, pesante come un sasso.  
Eva strattonò Fabiel, che preso alla sprovvista, la lasciò andare.
Corse via dalla casa e si infiltrò in mezzo alla foresta.
L’unica cosa che riusciva a sentire era il rumore del suo cuore che batteva velocemente, quasi come se dovesse scoppiarle nel petto.
Neanche si accorse che Hadrian le si era parato davanti all’improvviso.
“Come diamine…?”
“Sono un angelo, tesoro. Le mie ali sono più veloci delle tue gambe.”
“Non voglio, non…” iniziò Eva, ma le parole le uscivano fuori a tratti e non riusciva a controllarsi.
Hadrian diede un’occhiata dietro di sé e si accorse che gli altri non li avevano ancora raggiunti.
“Perché?” le chiese semplicemente.
“Perché dovrei? Come posso sapere che non mi state mentendo? Si tratta della mia vita, non posso cambiarla con uno schiocco di dita!” Eva diede spazio a tutta la sua rabbia e la sua insicurezza.
“Se non vuoi farlo per te, fallo per tutti gli altri. La ragazza di ieri… Ce ne sono altri, migliaia. E non solo demoni” Hadrian si bloccò per un secondo, stava dicendo troppo.
“Stare qui è un pericolo anche per i tuoi amici, per la tua famiglia. E sono sicuro che non vuoi che sia fatto loro del male.”
Eva sospirò profondamente, si portò una mano alla fronte e con un enorme sforzo, annuì.
Purtroppo, capiva la situazione.
 
* * *
 
Eva era riuscita, non sapeva ancora come, a convincere i ragazzi a farla tornare a casa. Solo per un attimo, per raccogliere un paio di cose e andarsene per sempre. Infondo, un po’ glielo dovevano.
Eva osservò con tristezza la porta rossa d’ingresso, l’unica dipinta in quel modo a Orys, e vi ci entrò esitante, sperando che la madre fosse già andata a lavoro.
Sgattaiolò in camera sua e afferrò il suo zaino da viaggio, ancora pieno con le sue torce e bottiglie d’acqua che si era portata in campeggio poche sere prima.
Sembrava una vita fa’, pensò con imminente nostalgia.
La svuotò e ci infilò a casaccio alcuni cambi di vestiti, tutti quelli che riuscivano a starci dentro. Aprì con foga il suo salvadanaio dove aveva raccolto i suoi risparmi per il famoso viaggio che si erano prefissati lei, Lacey e Kyle alla fine dell’ultimo anno.
Come avrebbe potuto lasciarli così?
Si concesse un secondo, solo un secondo di tristezza. Doveva rimanere forte, anche se ormai le lacrime spingevano per uscire dai suoi occhi.
Scosse la testa e allontanò quei pensieri.
Legò le banconote con un elastico e le nascose nella tasca interiore dello zaino.
Poi si accorse di avere ancora addosso il vestito e il maglione che, aveva scoperto poi, le aveva infilato Hadrian.
Si spogliò e indossò i suoi jeans blu preferiti, i suoi stivali neri più comodi e una canottiera, coperta nuovamente dal maglione verde, che però le scivolava sulle spalle dato che era troppo grande.
Raccattò anche una fotografia di lei e i suoi gemelli preferiti, scattata qualche settimana prima, un ciondolo che le aveva regalato sua madre quando era piccola ma che non aveva mai indossato perché non le piaceva e la bombetta che Kyle le aveva regalato al suo compleanno, proprio come la sua.
Quando arrivò sul pianerottolo, in procinto di lasciare la casa per sempre, un rumore la fece sobbalzare.
“Mamma” mormorò senza riuscire a mascherare il panico, quando la donna le si parò davanti senza preavviso. I capelli arruffati e gli occhi rossi di pianto.
“Pensavo fossi morta.”
“C- cosa?”
E poi la signora Bennet fece una cosa che non aveva mai fatto: abbracciò la figlia.
“Ci sono così tante cose che non sai” le sussurrò all’orecchio, ma Eva sapeva di non avere tempo per fare domande.
“Stai scappando” constatò poi. “Immagino questo sia un addio.”
“Tornerò.”
“No, non riuscirai” mormorò la donna scuotendo la testa.
“Abbi cura di te, Figlia dell’ Oro. E non lasciarti distrarre dal tuo vero obiettivo.”
Sbigottita da quelle parole ambigue, Eva si accorse troppo tardi di essere stata appena sbattuta fuori casa.
Si voltò e vide Fabiel osservarla nascosto. Doveva andare.

 
  
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