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Autore: TaliaAckerman    14/09/2014    2 recensioni
[Revisione in corso]
Il secondo atto della mia personale saga dedicata a Fheriea.
Dal terzo capitolo:
- "Chi hanno mandato?- mormorò Sephirt dopo essersi portata il calice di liquido rossastro alle labbra. – Chi sono i due maghi?
- Nessuno di cui preoccuparsi realmente. Probabilmente due che dovremmo avere difficoltà a riconoscere. Una ragazzo e una ragazza, lei è quasi una bambina da quanto l’infiltrato mi ha riferito. Credo che ormai l’abbiate capito: non devono riuscire a trovarle.
- E come mai avete convocato noi qui? – chiese Mal, anche se ormai entrambi avevano già intuito la risposta.
Theor rispose con voce ferma: - Ho un incarico da affidarvi"
Se volete sapere come continua il secondo ciclo di Fheriea, leggete ^^
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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20








Il viaggio di andata e ritorno per Città dei Re si rivelò stranamente rapido e privo di grandi problemi per Jel e Gala e in soli quattro giorni i due maghi erano riusciti a prelevare la Pietra della capitale di Fheriea e tornare a Tamithia ancora incolumi.
Con grande sollievo di entrambi, non avevano scorto traccia né di Sephirt né di altri Ribelli nordici, dunque non erano incappati in nessuna situazione pericolosa. La nuova Pietra ora era nelle loro mani, al sicuro nel sacchetto insieme alle altre.
Ancora una volta, di fronte al sostituto di Camosh come maestro dello Stato dei Re, i due maghi non avevano fatto parola di quanto successo durante il viaggio fra loro, Mal e Sephirt, anche se stavolta la cosa gli era costata parecchia fatica.
Il Consigliere Anérion era riuscito anche a procurarsi due nuovi mantelli, dopo che Jel aveva dichiarato che quelli vecchi erano stati loro trafugati da un immaginario locandiere poco affidabile; almeno, in quel modo avrebbero affrontato il viaggio verso Amaria con degli indumenti un minimo adeguati.
Mentre percorrevano a memoria i vicoli e le stradine di Tamithia in direzione della casa di Ftia, Jel rifletteva: finalmente, dopo mesi, la loro missione poteva definirsi quasi giunta al termine; dopotutto mancava ancora all'appello solamente una Pietra. Il problema era che recuperarla non sarebbe stato affatto facile, in quanto andata dispersa tempo addietro, prima che loro partissero per il loro viaggio. Lui e Gala avevano deciso di recarsi prima di tutto a Nord per cercarla; avrebbero fatto tappa prima di tutto ad Amaria, che era una delle possibili ubicazioni attuali della Pietra; anche se il talismano era stato trafugato e sottratto alla cripta del nord, Jel era convinto che potesse ancora trovarsi lì, da qualche parte. Forse Theor aveva deciso di prenderla per sé e tenerla sotto più stretta sorveglianza, oppure aveva incaricato qualcuno di custodirla in segreto. Poi, se non fossero riusciti a rinvenirla nella capitale, Jel si era ritenuto d'accordo con Gala sull'idea di andare a Gax, città nordica completamente in mano ai Ribelli, divenuta quasi un simbolo per la loro rivoluzione. Tra tutti i luoghi possibili nelle Terre del Nord, Jel eta certo che Gax fosse il più sicuro ed impenetrabile di tutti. Anche se la Pietra Bianca si fosse trovata realmente lì, entrare in città e sfuggire ai Ribelli sarebbe stato estremamente impegnativo.
Lui e Gala raggiunsero in poco tempo la casa dove Ftia abitava; con stupore, Jel notò che la porta non era chiusa a chiave. Scambiò con Gala uno sguardo significativo.
Che in casa fosse entrato qualcuno?
«Ftia?» chiamò il giovane circospetto, premendosi un dito sulle labbra per dire a Gala di tacere. «Ftia, ci sei?»
Non ottenne risposta. Leggermente inquieto, si decise finalmente a spingere, piano, la porta in avanti. Il silenzio era quasi assoluto, e non c'era nessuna candela accesa.
«Ftia...?» ripeté un ultima volta, ma dato che nessuno rispondeva, si rivolse alla compagna:«Stai pronta, nel caso che...»
Gala annuì e Jel fu lieto di constatare che aveva capito. Col cuore in gola e camminando in punta di piedi, i due maghi svoltarono l'angolo preparandosi al peggio.
«Cribbio!» esclamò Gala atterrita mentre un'ombra schizzava da dietro la porta si parava loro davanti, questo poco prima di riconoscere Tamaj, un gatto randagio che Ftia portava in casa per dargli da mangiare, talvolta. Jel e Gala si lasciarono sfuggire un sospiro di sollievo.
«Accidenti a quel gatto...» mormorò il giovane rincuorato, ma poi si chiese come avesse fatto Tamaj ad entrare in casa.
Magari perché la porta era aperta... Già, ma perché la porta era rimasta aperta? E dov'era Ftia?
«Guarda qua...» intervenne Gala, indicandogli un biglietto posato sul tavolo di legno. Lo raccolse e lesse con aria annoiata:

Sono a caccia. Non so quando tornerò, vi ho lasciato la porta aperta.
Ftia.


«Incredibile» commentò la ragazza acida. «Non sapevo che fosse anche capace di scrivere...»
«E piantala!» ribatté Jel lanciandole uno sguardo esasperato. Non sapeva chi trovasse più infantile: se Ftia che non perdeva mai l'occasione di punzecchiare Gala, oppure lei con le sue frequenti battutine sulle abilità della cacciatrice. Adesso che ci pensava, era una vera fortuna che la ragazzina non avesse idea di ciò che era successo fra lui e Ftia qualche giorno prima, altrimenti se lo sarebbe legato al dito circa per il resto della vita.
Mentre Gala spariva nella stanza che aveva adottato, Jel si lasciò cadere a terra, appoggiando la schiena al muro; tirò fuori l'involucro contenente le Pietre e lo aprì. Un variopinto, leggero luccichio se ne sprigionò, e per diversi secondo il Consigliere rimase a fissarle, assorto. Porpora, smeraldo, lillà, blu e oro. Cinque Pietre. Ne mancava ancora una, diamine, soltanto una! Presto sarebbero potuti tornare a Grimal.
Jel ricordò amaramente le speranze che aveva nutrito poco prima di partire, di cavarsela in fretta, di non incappare in eventuali pericoli e riunire le Pietre senza difficoltà. Non era passato neanche un anno da allora, ma a lui già pareva un'eternità. Sapeva bene che tutte le difficoltà e le sfide che avevano dovuto affrontare prima o poi si sarebbero rivelate utili, specialmente contando che – stando alle voci e a quanto aveva detto il maestro Ellanor – era in arrivo una guerra.
Le sue riflessioni furono interrotte dal rumore della porta che si apriva.
«Ah, Ftia» la salutò con un sorriso forzato. «Come è andata la caccia, oggi?»
Ma all'istante si rese conto che qualcosa non andava: il respiro della donna era irregolare e pesante. Un singulto spezzò il silenzio nella casa.
«Ftia!» esclamò il giovane tirandosi su di scatto, mentre una Ftia evidentemente malconcia si presentava nella stanza. Zoppicava e Jel notò subito che si teneva premuta una mano sul fianco, mentre con l'altra brandiva ancora un coltello insanguinato.
«Jel...» biasciò la cacciatrice con voce flebile, e lui riuscì ad agguantarla un attimo prima che incespicasse e crollasse in avanti.
«Gala!» urlò spaventato. «Vieni a darmi una mano!»
La strega riapparve da dietro la porta e rimase qualche istante ferma, sbalordita. «Ma... che cavolo è successo?»
«Non lo so» rispose Jel deponendo Ftia sul pavimento di legno, scostandole la mano dalla ferita. Udì distintamente Gala lasciarsi sfuggire un:«Dannazione...» sommesso e non poté che darle ragione: il fianco destro della donna era parzialmente squarciato, come se qualcosa avesse tentato di strapparglielo con un morso. Il suo corpetto di cuoio era sbrindellato e imbrattato di sangue, e il mago si rese conto che era un miracolo che Ftia fosse riuscita a trascinarsi a piedi fino alla propria abitazione.
«Jel... Jel... devi fare qualcosa!» strepitò Gala, al che lui si riscosse: sì, doveva trovare un modo, un incantesimo che fermasse l'emorragia e le impedisse di morire dissanguata.
«Va a cercare delle bende!» ordinò all'amica mentre con mano ferma prendeva dalle mani della cacciatrice il suo coltello; si accinse a rimuovere i lembi dell'indumento che erano rimasti attaccati alla pelle sanguinolenta, recidendo il cuoio del corpetto e gettandolo via, poi valutò quanto fosse effettivamente lunga e profonda la ferita. Doveva trattarsi sicuramente del morso di qualche animale selvatico, presumibilmente un letjak viste le dimensioni dello squarcio. Il corpo di Ftia era scosso da forti fremiti, tanto da non permettere al mago di concentrarsi; il giovane le posò una mano sulla fronte, per poi scendere sugli occhi e sul viso, applicandole un incantesimo che affievoliva i sensi, ergo anche il dolore. La donna cessò un poco di dimenarsi, mentre Gala faceva ritorno nell'ingresso brandendo un mantello color grigio chiaro.
«Non ho trovato niente di meglio» annunciò scuotendo la testa. «Non credo tenga bende o simili, in casa...»
«Andrà benissimo» tagliò corto Jel. Poi le passò uno dei coltelli che Ftia teneva ancora assicurati alla cintura. «Tagliala e fanne delle strisce» le ordinò. «Poi aiutami a sollevarla. Dobbiamo metterla sul tavolo».
La ragazzina fece quanto le aveva detto poi, seguendo le sue istruzioni, afferrò i piedi della cacciatrice mentre Jel faceva lo stesso con le braccia. Spostarono Ftia dal pavimento e la depositarono delicatamente sul piano del tavolo da pranzo. Ora Jel doveva agire in fretta.
Appoggiò i palmi sul fianco ferito della donna – vincendo la repulsione per tutto quel sangue – e chiuse gli occhi evocando la formula che gli serviva. Sottovoce, iniziò a pronunciare la litania di parole in Fladjir.

«Avisia miekarth sfraiy tha simis...»

Lo sguardo Gala continuava a saettare dal corpo di Ftia al volto teso e concentrato dell'amico, che continuava a ripetere parole di cui non ricordava il significato.

«... Perea mofiel harsa waviel. Avisia miekarth...»

Jel aveva paura: sentiva un leggero calore scorrergli lungo le falangi, ma non era mai stato particolarmente portato per gli incantesimi di guarigione, anzi, nutriva la forte impressione che probabilmente Gala avrebbe saputo fare di meglio. Eppure non se la sentiva di investirla di una tale responsabilità, non in quel momento. C'era il rischio che si facesse prendere dal panico, che si distraesse rischiando di mandare tutto all'aria.
Terminò di recitare l'incantesimo dopo parecchi, lunghi secondi, ma non riaprì subito gli occhi; aveva paura di ciò che avrebbe potuto vedere. Alla fine, sollevò lentamente le palpebre e posò lo sguardo sulla ferita della donna.
«Ce l'hai fatta, Jel...»
Il mago sospirò profondamente, mentre il sollievo – caldo e piacevole – si diffondeva ben accolto dentro di lui. Lo squarcio non era ancora completamente rimarginato, ma la fuoriuscita di sangue si era affievolita notevolmente, fino ad interrompersi del tutto. Il respiro di Ftia si era fatto regolare, ora.
«Ce l'hai fatta...» ripeté Gala fissandolo. Aveva le guance rigate di lacrime, frutto dell'angoscia e della tensione, ormai scioltesi grazie al tentativo riuscito del compagno. «Jel, sei stato... sei stato fenomenale!»
Lui la guardò quasi senza vederla, ansimante per la fatica che l'applicazione dell'incantesimo gli era costata, con il cuore che gli batteva ancora come impazzito. Ma ci era riuscito: almeno finora, Ftia era fuori pericolo. Sarebbe sopravvissuta.
«Controlla che continui a respirare normalmente» disse asciutto rivolto a Gala. «Ho bisogno di un attimo...»
Lei lo guardò con apprensione e annuì, per poi rispondergli:«Certo, Jel. Resto io con lei».
Grato, il giovane sorrise debolmente, si voltò e si avviò verso la stanzetta dove di solito riposava la ragazza. Dopo che fu entrato, si assicurò di accostare per bene la porta.
Sciolse il lacci del proprio nuovo mantello con rabbia, ne appallottolò un lembo e se lo ficcò in bocca, fra i denti.
E a quel punto urlò, urlò con forza e disperazione, urlò per tirare finalmente fuori tutta l'ansia, la paura, l'odio e il risentimento che aveva serbato durante quel dannato viaggio. Ne aveva abbastanza: lui e Gala ne avevano passate di tutti i colori, ma non era bastato; ora si ritrovavano anche ad avere per le mani la vita di Ftia Elbrik.
Quando ebbe finito, respirò a fondo; si era sfogato, finalmente. Estrasse la stoffa umida dalla propria bocca e la guardò con occhio critico: era davvero arrivato sul punto di impazzire.
Non farlo mai più.
Jel rise nervosamente, distendendosi sulla branda e chiudendo per qualche secondo gli occhi. Ora che la paura era svanita, provava un incredibile senso di stanchezza. Avrebbe tanto desiderato dormire.


«È stato un letjak» spiegò Ftia con voce flebile, mentre una smorfia di dolore le contorceva il viso. «Stavo inseguendo un Athros che mi ha attirata fin nella foresta, ma mi sono addentrata troppo e quella cosa mi è saltata addosso. Non ho potuto far niente...»
È come pensavo, decretò Jel mentalmente. Per propria fortuna non si era mai ritrovato nelle condizioni di essere in prossimità di un letjak, e di questo era grato: erano dannatamente grossi e così robusti da avere persino una notevole resistenza agli incantesimi. Se poi a questo si aggiungevano le zanne taglienti come coltelli e l'inaudita velocità, beh, l'insieme era letale. Non c'era da stupirsi che Ftia fosse ridotta in quelle condizioni.
«Gala ha detto che sei stato tu a fare... questo» la cacciatrice indicò il proprio fianco bendato con un cenno del capo. «Io... ti sono debitrice».
«Dovere» rispose lui istintivamente. Ed era vero. Non avrebbe mai potuto lasciarla lì a morire; aveva rischiato, ma alla fine la sua audacia era stata premiata.
«Comunque non è affatto un ottimo lavoro» aggiunse poi per schermirsi preventivamente. «Non so se continuerà a darti problemi».
Ftia fece spallucce – gesto che parve causarle un po' di fatica – e ribatté:«Sono viva per adesso, no? È già qualcosa.
Suo malgrado, Jel rise alla battuta».
In quel momento Gala rientrò nella camera di Ftia tenendo in mano una ciotola colma di un liquido color marrone chiaro. «Quando te la senti, bevila» disse poggiandola sul ristretto comò di legno. «Spero di averla preparata correttamente».
«Che cos'è?» chiese Jel incuriosito, guardando l'amica con occhi interrogativi. Alla domanda la ragazzina arrossì visibilmente, e evitando di guardarlo spiegò:«È un antidoto per il dolore. Nulla di che, ma... dato che gli ingredienti sono semplici da trovare...»
«Ottima idea» approvò Jel con un sorriso. Gala non avrebbe mai perso la propria attitudine all'iniziativa, e personalmente lui apprezzava molto quel lato del suo carattere. Anche Ftia parve pensarla così, perché ringraziò la strega con un ampio sorriso e rispose:«Appena riesco a tirarmi su vedrò di berla. Sicura che funzioni?»
«Non è molto potente, ma dovrebbe essere già qualcosa».
Era già incredibile che Ftia si fosse fidata a tal punto di accettare di bere la miscela preparata da Gala, chissà, forse un giorno sarebbe stata disposta a dire loro anche qualche "grazie".
Il pensiero gli strappò una lieve risata, che passò inosservata mentre Gala si accingeva a spiegare come avesse preparato l'antidoto.
Rimasero per alcuni minuti lì, tutti e tre. Talvolta, Jel interveniva nel discorso di Gala con qualche sporadico "ah, certo" o "capito", ma in realtà non stava prestando particolare attenzione; Ftia al contrario, per una volta pareva sinceramente interessata.
Alla fine, dopo che Ftia ebbe ingurgitato a fatica l'intruglio curativo, con la scusa di riportarlo nel cucinotto Jel si rialzò per uscire. Passando accanto a Gala le lanciò uno sguardo eloquente: dopo vieni. Dobbiamo parlare.
La ragazzina annuì, così si chiuse la porta dietro le spalle e percorse il piccolo corridoio.
Lui e Gala non avevano ancora discusso dell'imminente incursione a Nord, ma i tempi erano stretti e loro dovevano prendere una decisione al più presto. Anche se non l'avrebbe mai ammesso, Jel era assolutamente in ansia all'idea di dover letteralmente penetrare aldilà delle linee nemiche per recuperare un oggetto di cui non conoscevano nemmeno l'esatta ubicazione. E come se non bastasse, c'era il problema di come avrebbero fatto a passare inosservati: Amaria era ben protetta da legioni di Ribelli che controllavano i confini e, anche ammesso che fossero riusciti a passare, in seguito li avrebbe attesi una città loro completamente estranea e colma di nemici. Jel aveva riflettuto molto a proposito, ma non si era ancora deciso. Aveva pensato a due vie possibili per riuscire nell'intento di entrare senza incappare in un sicuro scontro: lui e Gala avrebbero potuto applicare su loro stessi la formula dell'evanescenza dei corpi – che, pur non essendo usata per scomparire, assicurava un'ottima mimetizzazione – oppure fingersi anch'essi Ribelli per superare le misure di sicurezza. Onestamente, il giovane non era allettato da nessuna delle due ipotesi, ma quali altre scelte avevano?
Rimase seduto sul una delle solite sedie traballanti in attesa di Gala, e quando la sua testa dai capelli lilla spuntò dal corridoio Jel le fece cenno di avvicinarsi. La ragazzina afferrò uno schienale e si sedette anch'ella.
«Allora?» chiese tamburellando con le dita sul piano del tavolo.
« Senti Gal...» esordì «So che siamo appena tornati da Città dei Re, ma... credo che tu lo sappia: manca una Pietra e dobbiamo recuperarla al più presto».
Lei lo guardò con un'espressione che suggeriva qualcosa del tipo "me l'aspettavo", e rispose:«Ma certo. Tu che cosa pensi di fare? Andremo al Nord, no?»
«Credo che la cosa migliore sia cominciare da lì, sì. Insomma, non sappiamo veramente dov'è, ma la cosa più logica è si trovi ancora ad Amaria da qualche parte... Che ne di dici?»
«Sono d'accordo, anche se di certo non muoio dalla voglia...» sentenziò Gala con la fronte aggrottata. «Ma credo che tu abbia ragione. Dobbiamo avere un punto di partenza, e che ci piaccia o no quello è il più indicato».
Jel inspirò profondamente, lieto che l'amica fosse d'accordo con lui. Era già qualcosa, così si accinse a spiegarle ciò che aveva intenzione di fare.


Come il giovane aveva previsto, Gala era stata più propensa all'ipotesi della disillusione.
Fingersi Ribelli sarebbe una follia, aveva dichiarato perentoria, al che Jel si era definito abbastanza d'accordo. Non riusciremmo mai a ingannare tutta quella gente, finiremmo col farci uccidere.
Le probabilità sono piuttosto abbondanti comunque,
aveva commentato Jel cupo. Ma tra le due possibilità quella di passare inosservati è la migliore.
Siamo d'accordo, allora,
aveva decretato Gala rialzandosi. Quando partiamo?
Jel ci aveva pensato su un attimo, poi aveva risposto ciò che pensava veramente: Appena sei pronta.
Non avrebbe avuto alcun senso rimanere lì inattivi, come ad aspettare che la situazione peggiorasse sempre di più. L'urgenza di terminare il loro compito non era mai stata tanto insistente. Certo, l'idea di lasciare una Ftia ferita da sola e indifesa non era proprio quel si dice incoraggiante, ma dopotutto la cacciatrice era adulta, autosufficiente e in grado di badare a se stessa. Non c'era nulla di sbagliato nel partire per il Nord, anche se le sue condizioni non erano favorevoli.
Noi non le dobbiamo nulla, e lei non deve nulla a noi, si disse il giovane per auto convincersi mentre Gala si preparava alla partenza. In effetti, a quel punto si trovavano in parità. Certo, Ftia aveva loro salvato la vita dalle mani di Mal e Sephirt per poi ospitarli in casa sua, ma appena qualche ora prima Jel aveva ricambiato il favore curando la sua emorragia con la Magia. E, una volta terminata quella faccenda - sempre ammesso che ci riuscissero - il mago aveva una promessa da mantenere: inviare una consistente somma di denaro a Tamithia in cambio dell'aiuto della donna in quei giorni.
«Ho detto a Ftia che partiamo tra poco. Tutto sommato l'ha presa abbastanza bene...» annunciò Gala mentre si avvicinava al tavolo da pranzo. Appoggiò sul piano una specie di sacco e disse:- Senti, non mi importa se lei non è d'accordo, noi abbiamo bisogno di provviste; non credo che a Nord troveremo molti locandieri disposti a darci da mangiare...
Quell'idea non gli era mai andata affatto a genio, ma stavolta Jel dovette ammettere che l'amica aveva ragione: già l'ultima tappa del viaggio sarebbe stata tremendamente pericolosa, ci sarebbe mancata solo l'assenza di cibo. Per cui, nel sentire le parole di Gala il mago annuì.
La ragazzina si avviò verso gli scaffali per prendere qualche barattolo e qualche bisaccia colma d'acqua o di latte, mentre lui estraeva dall'ampio sacco nell'angolo micche di pane raffermo. Proprio l'ideale, non c'è che dire...
Quando ebbero riempito l'involucro di tela che Gala si era procurata, Jel si assicurò per quella che doveva essere la milionesima volta se le Pietre si trovassero al loro posto. Erano sempre lì, al sicuro nella sua tasca. Il Consigliere sapeva che non avrebbe potuto essere altrimenti – non estraeva mai il sacchetto dal mantello – ma in qui mesi si era ritrovato a farlo così tante volte che ormai era diventato un vizio irrinunciabile.
«Sei pronta?» chiese a Gala appena prima di aprire la porta di ingresso. Lei fece un cenno positivo col capo, anche se nel farlo non riuscì a coprire un lieve tremito.
Jel prese un gran respiro; voleva essere sincero con lei.
«È possibile che non ce la faremo, Gal» la avvertì con il tono più saldo che riuscì a mantenere. «Noi... noi non abbiamo mai fatto nulla di così pericoloso. Per questo... Se scegli di non venire, di rinunciare... non c'e nessuna vergogna. Hai già fatto tanto, per Fheriea e per me».
Una piccola lacrima di commozione scese sulla guancia candida della strega, ma quando parlò nel suo tono trapelò un nota di risentimento:«È proprio perché ho già fatto tanto che devo venire con te, Jel. Non posso lasciare a metà quello che ho iniziato» s'interruppe un attimo; era evidente che quelle parole le stessero costando fino all'ultimo grammo di determinazione che possedeva, e Jel l'apprezzò incredibilmente ancora una volta per questo.
Un piccolo, amaro sorriso curvò le labbra della ragazzina, mentre continuava:«Dovresti aver imparato a fidarti di me, no? Abbiamo combattuto con Mal e Sephirt. Abbiamo attraversato metà dello Stato dei Re a piedi. Hai... hai curato la ferita che quella cosa aveva inferto a Ftia. Non potrei rinunciare neanche se lo volessi. Ormai ci sono troppo dentro».
Non ci fu bisogno di altro. Se fosse riuscito a uscirne vivo, Jel sapeva che dopo tutto quello che avevano passato gli sarebbe toccato scrivere una sorta di poema per ringraziare Gala di tutte le volte in cui lo aveva sostenuto.
Il giovane attese ancora pochi istanti, poi aprì la porta facendo cenno all'amica di seguirlo.








Note: salve a tutti, sono tornata con il fatidico capitolo 20! Vi annuncio che la seconda parte della storia è appena terminata, e nel prossimo capitolo comincerà la terza e ultima. Vi assicuro che da qui in avanti i casini non faranno che aumentare! E tenete bene a mente la ferita di Ftia, perché sarà fondamentale per ciò che accadrà ora...
Ringrazio tanto ma tanto tanto Lady_Rhaenys Targaryen e Hyrie che hanno recensito lo scorso capitolo, non so quando riuscirò ad aggiornare ma nel frattempo vi va di farmi un gran favore? Recensite quello di oggi; ditemi che ne pensate, se vi è piaciuto o se (come temo) è un po' noiosetto... Grazie :-)
Al più presto possibile spero, ciao!
  
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