Giochi di Ruolo > Vampiri: la masquerade
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Autore: MV_Raven    16/09/2014    0 recensioni
Anche un vampiro può morire.
Un immortale di questa specie andava annientato e fatto a pezzi, dopo esser stato immobilizzato con un paletto di legno nel petto, e bruciato, affinché non restasse nulla da cui rigenerarsi. Gli Tzimisce questo lo sapevano bene.
Dall’alto della loro più mostruosa malattia, avevano imparato a sfruttarla come potere, facendo della Vicissitudine il loro cavallo di battaglia. Per questo erano temuti e rispettati, guadagnandosi posti di merito all’interno del Sabbat sin dagli albori, insieme ai Lasombra; molti pensavano -erroneamente- che fossero questi ultimi a gestire gli affari della Setta e al Clan Tzimisce andava benissimo così, libero di agire nell’ombra, muovendo a proprio piacimento l’intera milizia del Sabbat, la Mano Nera, di cui molti vampiri -molti Diavoli- ne facevano parte.
Genere: Azione, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Boris.
 

In una umida notte di Novembre del 1807, nelle retrovie di un piccolo sobborgo fuori Francoforte, una giovane coppia camminava circospetta e guardinga verso casa. I vicoli che percorrevano erano oscuri e angusti, fatti di pietre disposte ordinatamente l’una sull’altra a formare le pareti degli edifici che circondavano la strada, sui cui piccole goccioline di acqua risiedevano nelle scanalature dei massi imperfetti, scivolando di tanto in tanto verso i ciottoli che formavano la strada. Il silenzio, in quella lugubre notte senza stelle, faceva da padrone in quelle ore buie, rotte soltanto –all’improvviso- dal rumore di tacchi da donna  che senza una cadenza precisa fendevano l’aria sbattendo contro il terreno.
La donna dai capelli biondi e mossi come le onde del mare , continuava a guardarsi attorno con aria preoccupata, nonostante il marito l’ammonisse per il suo continuo distrarsi, che la rallentava nel percorso che li separava da casa. Camminavano veloci, loro, come se stessero rincasando da una serata a teatro; ma ben altro destino apparteneva alla coppia…
«Ma insomma Marion, smettila di voltarti e datti una mossa. Non vorrai farci prendere vero? Lo sai che fine hanno fatto i Keller!» l’ammonì per l’ennesima volta il marito, svoltando nel vicolo.
«Scusami Albert…» riuscì solo a sussurrare, ma ciò che non poteva sapere quella giovane donna -giovane da tempo immemore ormai-, era che la sua immortale vita ora stava per volgere al termine.
Anche un vampiro può morire.
Un immortale di questa specie andava annientato e fatto a pezzi, dopo esser stato immobilizzato con un paletto di legno nel petto, e bruciato, affinché non restasse nulla da cui rigenerarsi.
Gli Tzimisce questo lo sapevano bene.
Dall’alto della loro più mostruosa malattia, avevano imparato a sfruttarla come potere, facendo della Vicissitudine il loro cavallo di battaglia. Per questo erano temuti e rispettati, guadagnandosi posti di merito all’interno del Sabbat sin dagli albori, insieme ai Lasombra; molti pensavano -erroneamente- che fossero questi ultimi a gestire gli affari della Setta e al Clan Tzimisce andava benissimo così, libero di agire nell’ombra, muovendo a proprio piacimento l’intera milizia del Sabbat, la Mano Nera, di cui molti vampiri -molti Diavoli- ne facevano parte.
Ed ecco perché Boris Dietrich si stava crogiolando dall’alto di quell’edificio in pietra antica, godendo nel percepire la paura di quell’insulsa coppietta di vampiri. Sentiva sotto il suo naso l’odore del Terrore, mescolato al dolce profumo di Sangue.
Era infatti usanza della Setta bere il sangue fra vampiri; spesso, nei rituali e nelle riunioni, i fratelli mescolavano il loro sangue e ne bevevano ognuno un sorso, inebriandosi, dissetandosi e godendo perfino di quell’atto considerato immorale dalla Camarilla, per incrementare la propria forza, per ampliare i loro poteri con legame fra “fratelli”  chiamato Vaulderie -seppur fratelli invero non sono e né si considerano  se non con sarcasmo-.
La Camarilla... ecco spiegata la loro presenza in quella fredda notte.
Boris era il più feroce Paladino della Mano Nera presente nella sottosezione austro-tedesca, nonostante fosse vampiro soltanto da pochi secoli, e da sempre aveva mostrato la freddezza e la crudeltà richiesta nei difficoltosi test per entrare a far parte dell’élite di guerrieri del Sabbat.
Lo Tzimisce fece un cenno del capo agli altri due agenti, dando via così al massacro che di lì a poco avrebbero compiuto.
Mister e Miss Duval erano due membri della Camarilla, presenti a Francoforte per motivi top-secret; provenienti dalla Francia si erano trasferiti in Germania per mimetizzarsi con gli umani ed i vampiri tedeschi, compiendo così un’opera di reclutamento membri per la loro Setta anche in terra nemica.
Poveri stolti se pensavano di passarla liscia… pensò il moro vampiro dagli occhi di ghiaccio, balzando direttamente davanti a loro con l’agilità immortale di cui disponeva. Tre piani di edificio scesi in pochi secondi e senza rompersi nemmeno un osso, bazzecole, dopotutto…
«Buh!» esordì prima di scoppiare in una fragorosa e crudele risata, che fece bloccare i due coniugi. Essi subito si voltarono per scappare, ma altri due vampiri, elegantemente vestiti di nero, con mantelli e cilindri sul capo, bloccarono prontamente loro ogni via di scampo.
Gli occhi dei due vampiri francesi, rossi come il sangue, mostrarono subito le pupille ridotte, segno immancabile della paura che in quel momento aveva irrigidito i due  coniugi «Che cosa volete, Signori? Non stiamo facendo nulla di male… io e mia moglie stavamo solamente rincasando.» con una strana calma ritrovata, Albert cercò di chetare gli animi alzando i palmi delle mani, provando a passare per un normale vampiro qualunque.
«Avete sentito?» Boris alzò un sopracciglio, osservando con scherno i suoi due compagni «Non hanno fatto nulla di male… li lasciamo andare?» continuò con vocetta melliflua, fingendo compassione e, per un attimo, nei due malcapitati comparve un briciolo di speranza.
«Ma sicuro! Noi lasciamo sempre andare i membri segreti della Camarilla…» proseguì l’altro Paladino, Franz.
«…all’inferno!» finì la frase il terzo, con un ghigno dipinto in volto che raggelò i due. Nemmeno due secondi dopo l’agente aveva già bloccato Albert per le spalle, spezzandogli gli arti sotto scrocchi sinistri. Aaron -così si chiamava- modificò le proprie ossa, che con fiotti di sangue uscirono dalla sua carne fredda per avvolgere il malcapitato vampiro in una forte gabbia senza via d’uscita, mentre Franz -dopo avergli letto la mente- usò il potere dell’Aspetto Malleabile per assumere la forma di un piccolo bambino biondo di circa otto anni.
«Papà…» disse con la stessa voce dell’infante, facendo urlare disperatamente la donna, che subito partì all’attacco, cercando con gli artigli di liberare il marito dall’agente.
«Maledetti dannati!!!» gridò in lacrime, mentre Boris si avvicinò lentamente, senza alcuna fretta… la brancò malamente per un braccio, facendola volare a terra qualche metro più il là.
«Fossi in Voi, Miss, mi godrei la scena…» le suggerì con voce suadente e malvagia al tempo stesso. Un gioco sadico il suo, sempre e comunque. Aveva addestrato bene i due Paladini, che con brutalità stavano facendo a pezzi il vampiro bloccato grazie alle proprie ossa mutate in lame, tranciando carne e tessuti di Albert con strappi feroci sotto le sembianze del loro tenero figlioletto, come se fosse proprio il piccolo infante a seviziarlo.
«Non mi vuoi più bene, papà?» chiese Franz con l’aspetto infantile e biondo, sembrava un angelo quel bambino, ma il ghigno che aveva dipinto in volto era malvagità pura.
Boris rise, mentre Marion scoppiò in lacrime, coprendosi il volto per evitare quella raccapricciante scena crudele. Albert sgranò gli occhi, maledicendo i membri del Sabbat e le loro atrocità immorali, finendo immancabilmente dilaniato in tanti pezzi.
«La Sofferenza, prima di tutto… non credete anche Voi?» lo Tzimisce si accucciò su un ginocchio accanto alla dama, invitandola con la mano a guardare la scena straziante.
«S-siete dei mostri…» singhiozzò Marion, causando una contenuta e composta ilarità nel vampiro.
«Noi siamo i Diavoli Marion. E tu sarai la prossima…» le disse con voce bassa, leggermente roca, così sensuale in quel momento da sembrare totalmente fuori luogo e altamente ambigua.
Il labbro della donna tremò visibilmente, mentre fredde lacrime immortali solcarono le sue gote nivee e perfette, come porcellana. Probabilmente quando era stata trasformata non aveva più che vent’anni e Boris notò che era estremamente bella, nel suo elegante abito da sera, coperta da una pelliccia di volpe rossiccia, il cui pelo incorniciava perfettamente il suo viso ovale contornato da boccoli color grano. Si leccò le labbra, accarezzando con due dita quel viso così perfetto. Lei sgranò gli occhi, mentre il Panico Puro attraversava il suo corpo, facendola tremare visibilmente.
«Tranquilla… non ho intenzione di sporcarmi col tuo sudiciume» l’ammonì lo Tzimisce, sputando quasi quelle parole cariche di odio e risentimento.
«N-non uccidermi…» balbettò con un filo di voce mentre delle fiamme segnalarono al vampiro che il marito della donna era stato distrutto e che i due agenti stavano finendo i pezzi di quel misero verme.
Boris si alzò in piedi. Basta indugi.
«TI PREGO NON UCCIDERMI!» gridò la donna con la voce della Disperazione, che fece assottigliare lo sguardo del Demonio.
«Ma quanta insolenza… e quanta forza d’animo!» rise, scuotendo il capo lentamente; levandosi il cilindro si inchinò teatralmente dinnanzi a lei «Che brava…» la schernì.
La vampira puntò dritta i suoi occhi rossi dentro quelli di lui, decisa a giocarsi la sua ultima chance «Vuoi essere come Loro? Come coloro che hanno violentato e ucciso tua madre?» disse fredda. Aveva sondato la mente del vampiro coi poteri mentali ed egli era stato colto impreparato -per una volta nella sua vita-, distratto dalla sua flessuosa bellezza che gli aveva fatto abbassare la guardia per quanto… due secondi?
«Oh… Ora che lo sai, pensi di colpirmi con questa vecchia storia?» finse per un attimo sbigottimento, ma poi le regalò un sorriso, quasi sereno e genuino «Potrei, giusto per vendicarmi, violentarti prima di ucciderti… il problema fondamentale è che quelli della tua razza mi fanno ribrezzo» le rigettò in faccia, crudele come non mai.
«Se vuoi possiamo farlo noi…» intervenne Aaron poco lontano e la donna si irrigidì ancor di più, arrancando fino a quando la sua schiena toccò la fredda pietra dell’edificio.
«V-vi prego… abbiate pietà…» piagnucolò Marion ormai alla frutta.
«Se conoscessimo la pietà ora non saremmo qui.» la zittì Boris.
«Non puoi vivere una vita senza amore Tzimisce, senza compassione, senza un briciolo di bontà. Anche se li rinneghi loro ti verranno a cercare sempre…» gli disse guardandolo negli occhi, con fermezza e decisione di chi sapeva quel che diceva, ed era così. Lei aveva visto in lui qualcosa di molto più profondo che il rimpianto e l’odio di aver visto la propria madre barbaramente uccisa. E lui, per un attimo, vacillò.
«Stronzate, Voi non sapete quel che dite…».
«Guardami dentro Vampiro! Guarda mio figlio con i miei occhi… davvero vuoi che lui faccia la tua stessa fine? Puoi ancora salvarti, rimediare ai tuoi errori… siamo assassini, è vero, ma se ci massacriamo fra noi, che senso ha?» Marion parlava con la disperazione di una madre e con gli ideali di chi, purtroppo, sperava di cambiare il mondo con le leggi.
Lo Tzimisce la guardò. Ed entrò in lei, assaporando per un attimo una vita diversa, una sapore e un profumo del tutto nuovi alle sue vecchie papille gustative. Le porse la mano e l’aiutò ad alzarsi, sebbene lei fosse stata in un primo acchito titubante.
«La mia Anima è Dannata Marion… ognuno di noi ha il destino che merita. E io sono un demonio. Addio…» in un istante la donna venne sbattuta contro il muro, bloccata e trafitta dalle ossa del vampiro che, schiudendo le fauci, fece uscire le zanne per morderla, prosciugandola quasi completamente.
Marion pianse le sue ultime lacrime, abbandonandosi lentamente al suo triste destino fra le braccia dello Tzimisce, che lentamente risucchiava la sua linfa vitale fino ad indebolirla del tutto.
Aaron e Franz si guardarono per un istante e decisero di allontanarsi a tener d’occhio la zona per lasciare Boris da solo in quel delicato frangente.
«P-perché...?» chiese con un filo di voce flebile la bionda vampira.
Boris ghignò mostrando le labbra sporche di sangue, deliziato dal suo sapore, in piena frenesia, eccitato e con gli occhi dipinti di un bianco innaturale «Perché la vita è ingiusta per tutti. Oggi con te» disse freddo, spezzandole il collo con un secco Crack e lasciando cadere il suo corpo inerme sulla fredda terra bagnata. I due Paladini avrebbero pensato al resto…
Lo Tzimisce si risistemò il cilindro sulla testa raccogliendolo da terra, avvolgendosi nel mantello lungo e nero, pronto per far ritorno alla sede della Mano Nera.
Un’altra missione compiuta cinicamente sotto il cielo delle notti di Francoforte, un’altra vittoria del Sabbat sulla Camarilla.
Colui che due secoli dopo divenne il mio Mentore raccolse le sue cose e lasciò quella strada con un ghigno stampato sul volto. Era un mostro e nessuno mai avrebbe potuto cambiare il suo destino, nemmeno il dolceamaro ricordo di sua madre, colei che lo aveva reso immortale e gli aveva insegnato ogni cosa. Il perderla era stato deleterio e utile al tempo stesso. Aveva deciso di non unirsi a nessun’altra vampira, di condurre un’esistenza in solitudine, alimentando ed accrescendo solamente Odio e Dispezzo.
Questo era Boris Dietrich.
Nient’altro che un Demonio.
 
Fine.

 
Note finali:
Re-post. Ho cambiato account e nikname, la fan fiction era stata cancellata.
Questa piccola storia rimane una mia personale visione del Clan, non ho mai giocato a questo GdR quindi il mio racconto rimane la “piccola versione” di un’appassionata :)
 
 
  
  
 
 
   
 
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