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Autore: Sarugaki145    17/09/2014    5 recensioni
[Spoiler!Mockingjay]
Dal testo:
A quanto pareva Peeta era riuscito a portare un po’ di gioia con il suo arrivo.
Katniss ispirò a fondo l’aria fresca e proseguì verso il prato, con una nuova consapevolezza.
La primavera del Distretto 12 era veramente arrivata.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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And if I open my heart to you

And show you my weak side,

What would you do?

CAPITOLO I

 

Perché un pretesto per tornare bisogna sempre seminarselo dietro, quando si parte.

- Alessandro Baricco

 

Era una mattina soleggiata a Capital City, mentre un’aria primaverile iniziava a riempire le strade.

Gli uccellini cinguettavano allegri, mentre qualche risata dei bambini arrivava dalla scuola poco distante.

Il clima che si respirava nella città da qualche settimana era più disteso, la tristezza per le ingenti perdite avvenute nella ribellione era ancora presente, ma tutti cercavano di occupare il loro tempo in modo da non pensarci, in modo da non sentire quel peso gravare sui loro cuori.

Ovviamente a Capital City le perdite erano state molto meno numerose che nei distretti, eppure i cittadini privati di gran parte dei loro confort si sentivano abbandonati a loro stessi e stavano pian piano rendendosi conto di come fosse difficile la vita ora che i distretti avevano dichiarato la loro indipendenza.

Peeta Mellark invece era seduto sul suo letto, mentre osservava fuori dalla finestra con aria assorta le nuvole che si inseguivano nel cielo. Le mani erano appoggiate saldamente al davanzale, come se non avesse il coraggio di sporgersi verso il vuoto per paura di cadere.

Gli occhi azzurri erano illuminati dal sole mattutino, mentre studiavano attenti l’andirivieni di persone sotto la sua finestra.

Era finalmente arrivato il giorno in cui sarebbe potuto tornare a casa, nel dodicesimo distretto.

Aveva dovuto passare parecchio tempo in ospedale, dove i dottori l’avevano tenuto sotto osservazione a lungo, monitorando i suoi segni vitali, provato nuove terapie e il dottor Aurelius l’aveva seguito con assiduità, vedendo come il ragazzo desse segni di miglioramento dopo il depistaggio e, a differenza di molti altri suoi pazienti, fosse collaborativo per la sua guarigione.

Il dottore non capiva come mai avesse così voglia di tornare in quel distretto, dove nessuno lo stava aspettando e dove la desolazione faceva da padrona. Si era accertato che fosse a conoscenza del fatto che l’intera sua famiglia fosse deceduta in seguito ai bombardamenti, ma non sembrava che il fatto turbasse il giovane come si aspettava. Nonostante ciò il dottor Aurelius non si sarebbe opposto al ritorno a casa, in fondo non trovava nulla di male nel voler tornare nel luogo della propria infanzia.

Peeta dal canto suo pensava spesso al suo ritorno, abituandosi all’idea che non ci sarebbero stati i suoi genitori e i suoi fratelli ad accoglierlo, non il volto severo di sua madre o quello un dolce del padre, e anche la sua vera casa, la panetteria, non sarebbe stato li ad aspettarlo.

Ci sarebbero stati al massimo i loro fantasmi.

Gli avevano detto che però la sua casa, nel villaggio dei vincitori, era ancora intatta e quindi si sarebbe potuto trasferire li al suo rienrto.

E quindi, insensatamente, aveva voglia di tornare la, come se avesse lasciato qualcosa da cui tornare.

Non amava Capital City, era collegata a troppi dolorosi ricordi per lui e non poteva concepire il vivere in un altro distretto che non fosse il dodicesimo, con la sua aria che puzzava di carbone, le sue poche abitazioni, il suo degrado.

Era incredibilmente stanco di tutti quei luoghi estranei, quindi aveva un’assoluta necessità di immergersi nella calma della quotidianità che solo li avrebbe potuto ritrovare.

Non aveva particolari bagagli da preparare, quindi quando il dottor Aurelius si presentò in camera sua alle 8.30 in punto Peeta era già vestito e aspettava il medico osservando pacatamente fuori dalla finestra.

-Peeta, buongiorno.-

Annunciò Aurelius entrando nella stanza ed osservando le spalle del ragazzo.

Lo ricordava quando l’aveva visto per la prima volta agli Hunger Games, dove era poco più di un ragazzino di sedici anni.

Anche lui, come molti altri spettatori, era rimasto senza parole quando quel ragazzo aveva dichiarato senza esitazioni di essere innamorato proprio della ragazza che era stata estratta con lui. Aveva anche preso in considerazione che fosse tutto architettato per attirare su di loro i favori del pubblico più innamorato degli Hunger Games, ma dopo aver visto come si era comportato nell’arena non aveva più avuto dubbi sul suo amore.

Quel ragazzino, che si era unito per un soffio al gruppo dei favoriti per proteggere la sua amata, era cresciuto in quei pochi anni, scampando due volte dai giochi della morte e sfuggendo alla morte in guerra, alla follia data dal depistaggio, era diventato un uomo. Il solo osservare quelle spalle, strette in una maglietta ormai troppo stretta per lui perché recuperata da qualche abitante di Capital City notevolmente più gracile di lui, mentre si alzavano ritmicamente per il respiro tranquillo del ragazzo, fecero capire al medico che Peeta ormai era pronto per andare.

Il ragazzo si girò e accolse con un sorriso l’ospite, mentre gli occhi chiari e tranquilli esitavano sulla sua figura.

-Buongiorno dottore.-

-Come ti senti?-

Domandò quello accomodandosi sul bordo del letto del paziente, mentre con un altro sorriso il ragazzo rispondeva:

-Bene. Insomma fisicamente mi sto rimettendo in forze e anche..-

Peeta esitò un momento, cercando la parola adatta e quindi il medico consigliò:

-I flashback..-

-Si, i flashback, vanno molto meglio. Sono molto più rari ormai.-

Accettò l’aiuto il ragazzo ringraziando con lo sguardo.

Il dottore annotò il tutto sul suo taccuino, non appena ebbe concluso alzò gli occhi e domandò:

-Sei pronto a tornare nel Dodicesimo Distretto?-

Peeta scoppiò a ridere e rispose alzandosi dalla sedia, facendo qualche passo nella stanza per sgranchirsi le gambe.

-Non vedo l’ora. So che può sembrarle strano perché la non ci sarà nessuno ad aspettarmi, ma resta comunque casa per me.-

Il medico accolse l’affermazione con un cenno della testa e, sempre dopo aver appuntato il tutto, domandò:

-Hai progetti dopo?-

Gli occhi di Peeta ebbero un guizzo di vita e lui esclamò energico:

-Mi piacerebbe fare il pasticcere.-

Vedendo lo sguardo sorpreso del medico abbassò gli occhi, mentre le guance si arrossavano per l’imbarazzo.

-Si, insomma.. Mi piacerebbe far rinascere la panetteria, anche se è un’impresa difficile. I miei genitori sarebbero veramente felici se lo facessi. E poi mi piacerebbe fare un sacco di torte, qui a Capital City ho visto delle creazioni meravigliose che vorrei provare a fare.-

Il medico sorrise rassicurante e rispose:

-Sono sicuro che con il tuo talento riuscirai a cavartela benissimo.-

Sul volto di Peeta spuntò un sorriso imbarazzato, quindi il dottore proseguì:

-E con Katniss? Non hai progetti?-

Il ragazzo del pane sussultò preso alla sprovvista e deglutì a vuoto, cercando di mantenere la calma.

Katniss era un discorso ancora difficile per lui.

Non aveva ancora le idee chiare su cosa provasse per quella misteriosa ragazza, soprattutto ora che erano mesi che non la vedeva.

Dopo che le aveva impedito di togliersi la vita in seguito all’omicidio della presidentessa Coin non l’aveva più vista, anche se si era sempre fatto aggiornare sullo svolgimento del suo processo. Aveva paura che Katniss provasse ancora rancore nei suoi confronti per averla fermata dal prendere il morso della notte, eppure in quel momento aveva provato un desiderio irrazionale talmente forte da muovere i suoi movimenti fino a lei che lei restasse in vita, che aveva immaginato che prima del depistaggio lui l’amasse in quel modo. Ora ricordava quelle sensazioni come un’eco lontana, a cui cercava di avvicinarsi, ma ogni volta in cui stava per ricordare qualcosa di significativo di lei qualche doloroso flashback lo colpiva, rendendo ogni tentativo vano.

Peeta mise a tacere tutti quei ragionamenti e dopo aver preso un profondo respiro, affermò apparentemente con tranquillità:

-Penso che mi comporterò da impaccabile vicino di casa.-

Rispose quindi diplomatico. Il medico sorrise divertito e rispose:

-Molto bene. Per me puoi anche andare a prendere l’hovercraft che parte alle dieci, in questo modo arriverai al Dodici questa notte. Hai già fatto i bagagli?-

Domandò amichevolmente e Peeta sollevò una sacca in iuta, con all’interno poche cose.

-Tutto qui. Il pigiama lo lascio a qualche altro paziente, tanto a casa mi arrangerò in qualche modo, visto che avevo un guardaroba enorme.-

Aurelius sorrise soddisfatto e alzandosi si avvicinò a Peeta tendendogli la mano.

-Peeta, continueremo a sentirci per telefono, in modo da avere aggiornamenti sui tuoi progetti.-

Il ragazzo sorrise e annuì, lasciando la mano del medico.

-Prima che mi dimentichi..-

Aggiunse il dottore tornando al letto e iniziando a cercare qualcosa nella sua valigetta in cuoio.

-Questo è stato trovato tra gli effetti di Katniss, era nella sua tasca quando è stata ritrovata dopo lo scoppio delle bombe nella piazza, non c’è stata poi occasione per consegnarglielo.-

Spiegò quello, senza scomporsi minimante per il fatto appena citato, prendendo nel palmo della mano il sacchettino che il dottore gli stava porgendo.

-Se puoi riportarglielo e raccomandarle di rispondere al telefono e così potrei smettere di far solo finta di curarla te ne sarei grato.-

-Nessun problema.-

Ribatté Peeta tranquillo, mentre un sorriso divertito si dipingeva sulle sue labbra mentre immaginava il dottor Aurelius che tentava da mesi di chiamare Katniss. Il biondo infilò nella tasca dei pantaloni il sacchettino, senza controllarne il contenuto, mentre il dottore concludeva:

-Bene Peeta. Ho firmato tutte le carte per farti tornare a casa. Per ora ci salutiamo quindi.-

Il ragazzo rispose con un sorriso, accompagnando il dottore alla porta.

-Buon viaggio ragazzo.-

E con questo saluto il medico scomparve dentro la camera di un altro paziente.

Peeta restò un momento intontito a guardare il vuoto, poi prese la sua sacca ed uscì dall’ospedale, senza mai voltarsi indietro, pronto a tornare finalmente a casa.

***

Alle undici meno cinque di quella stessa sera Peeta Mellark appoggiò il primo piede sul terreno del dodicesimo distretto, per poi venire subito raggiunto dal secondo.

Ispirò profondamente l’aria fredda della sera e salutò cortesemente il pilota del hovercraft, quindi fece i primi passi all’interno del distretto.

Non appena il velivolo scomparve nel cielo un silenzio di tomba circondò il ragazzo, che decise quindi di avviarsi verso la sua abitazione.

Oltrepassò a passi svelti il paese silenzioso e pieno di macerie, stando ben attento a non fermarsi e a non guardarsi in giro.

Si bloccò però davanti alla panetteria, dove quelle mura mezze distrutte gli provocarono un brivido, che scese lungo la schiena.

Era consapevole che avrebbe trovato casa sua in quelle condizioni, quindi ora non aveva nessuna ragione per sentirsi così triste. Aveva deciso lui stesso di rinunciare a tornare la per salvare Katniss, quindi aveva già inconsciamente dato l’addio a tutti quegli affetti racchiusi in quelle mura distrutte. Non doveva quindi provare così male in quel momento, era tutto sbagliato.

Si voltò deciso, avviandosi verso il villaggio dei vincitori, cercando di scacciare quei fantasmi che stavano andando ad affollarsi nella sua mente.

Non si concesse una sola lacrima, sarebbe stato stupido crollare in quel modo dopo tutto quello che aveva passato.

Oltrepassò il cancello del villaggio dei vincitori e si soffermò un momento a guardare la casa di fronte alla sua, dove la luce fioca del camino filtrava dalle persiane socchiuse.

Si costrinse a non pensare alla padrona di casa ed entrò deciso nella sua abitazione, dove un forte odore di chiuso lo investì.

Non aveva sonno e non aveva voglia di andare a dormire, pieno di troppe emozioni, quindi aprì con cura tutte le finestre per far areare l’ambiente, poi si infilò nel sottoscala ed estrasse qualche ceppo di legno da posizionare nel camino.

Non aveva mai sentito quel luogo come una vera e propria casa, probabilmente perché vi aveva vissuto solo per un anno e da solo, quindi non aveva particolari ricordi racchiusi in quell’abitazione.

Ricordava solo che li aveva pianto nel vedere Katniss felice senza di lui.

Iniziò a tremare e quindi strinse il tavolo di fronte a lui, nella speranza di calmarsi.

Il ricordo di Katniss e Gale che ridevano alle sue spalle continuava però a pararsi di fronte a lui, quindi corse in bagno e si lavò la faccia, nella speranza che l’acqua gelata lo calmasse.

Dopo qualche spasmo ancora, si lasciò cadere sul pavimento freddo, dove, dopo essere rimasto a fissare le piastrelle bianche per parecchio tempo, si addormentò senza rendersene conto, stanco per il viaggio.

Venne svegliato ai primi raggi di sole, quanto verso le cinque del mattino un fringuello si posò sulla sua fronte.

Aprì gli occhi spaventato, scattando il piedi come per difendersi  e fece giusto in tempo a vedere l’uccellino terrorizzato scappare fuori dalla finestra.

Si lavò la faccia e si diresse in camera sua, rendendosi conto di avere tutti i vestiti sudati, per l’ennesimo incubo avuto quella notte.

Aprì l’armadio lungo tutta la parete e si mise a cercare qualcosa di utile per i suoi piani di quella mattina, gli serviva quindi qualcosa di pratico.

Trovò quello che cercava e dopo una breve tappa nel sotto interrato uscì di casa.

-      To be continued.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Angolo dell’esaurita*

Buongiorno!

Finalmente eccomi qui a scrivere questa fanfic su Hunger Games dopo mesi e mesi di elucubrazioni!

Dal prossimo capitolo la storia inizierà a formarsi, questo capitolo era una sorta di prologo, in cui Peeta torna a casa! :)

Un’ultima cosa, poi smetto di tediarvi con i miei scrausi pensieri!

Il titolo è tratto dalla canzone The Final Cut dei Pink Floyd. Il titolo completo che avevo pensato era un’intera strofa della canzone, ma per motivi logistici ho usato solo le prime due strofe:

“And if I show you my dark side

Will you still hold me tonight?

And if I open my heart to you

And show you my weak side,

What would you do?”

 

La cui traduzione (per i più pigri) è:

“E se ti mostro il mio lato oscuro

Mi stringerai ugualmente questa notte?

E se ti apro il mio cuore

E ti mostro il mio lato debole,

Che cosa farai?”

Beh, con questo ho concluso veramente il primo capitolo!

Besos! ;)

Sarugaki145__

 

 

  
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