Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: flors99    18/09/2014    58 recensioni
- Sono incinta. – specificò a quel punto Hermione, dissipando ogni suo dubbio e facendola strozzare con la sua stessa saliva.
Ginny spalancò gli occhi, incapace di credere che quello non fosse uno scherzo.
- Cos… eh?! C-come? Quando? Ma… ma… tu... – borbottò, pronunciando frasi sconnesse per quasi un minuto intero. – Non… non è divertente, Hermione. – disse alla fine, con la gola che bruciava per lo sforzo di parlare.
- Già. – mormorò Hermione, in un ansito di tristezza. – A chi lo dici. […]
- Ma… – la giovane Weasley cercò di mettere ordine nella sua testa, ancora sconcertata dalle parole della strega più grande. – Io… cioè tu… con chi…cioè… è Ron? – domandò, allucinata. – Io non sapevo neanche che vi frequentaste! Perché non mi hai detto niente? […]
- Ronnonèilpadre. – chiarì Hermione, pronunciando quelle parole nel modo più veloce possibile, scacciando dalla sua testa i cattivi pensieri.
- Che?
- Ronnonèilpadre! – ribadì, più in fretta di prima.
- Hermione, non capisco… cosa stai dicendo… - mormorò la giovane Weasley, non consapevole di quali parole usare.
Via il dente, via il dolore.
- Ho detto che Ron non è il padre! – esclamò tutto d’un fiato.
Via il dente, via il dolore. Sì, un cavolo!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sono tornata. Dopo un sacco di tempo eccomi, qui. Vi chiedo scusa per tutta questa attesa, se volete, nelle note, troverete le spiegazioni. Questo capitolo è il più complicato e il più difficile che abbia mai scritto e... beh, spero non sia venuta fuori una schifezza e che vi piaccia, almeno un pochino. Vi lascio alla lettura e vi aspetto giù! :) 
 













Il gelo invernale la fece rabbrividire, mentre il vento fresco penetrava tra i meandri del suo giacchetto, che Hermione si strinse di più addosso strizzando gli occhi. Si guardò intorno, premurandosi che Laurel fosse sempre vicino a lei e non si perdesse: era sempre stata apprensiva con la sua cuginetta, ma non riusciva proprio a evitarlo, soprattutto da quando…
- Hermione!! – la richiamò per l’appunto l’oggetto dei suoi pensieri, lasciandole una piccola palla di neve che s’infranse sulla sua gamba. – Presa! – esultò poi. E la Grifondoro giurò di non aver mai visto nulla di più bello di Laurel che giocava in mezzo alla neve, con i riccioli rossi pieni di granellini bianchi e i suoi grandi e giocosi occhioni.
- Vieni qui, piccola peste! – replicò la ragazza, per tutta risposta. 
Hermione l’afferrò dopo averla rincorsa, mentre la piccola rideva a crepapelle, agitandosi tra le sue braccia.
- No, no, lasciami! – esclamò la bambina, continuando a ridere.
Dopo una breve lotta, in cui Laurel tentò di formare un’altra palla di neve e Hermione le faceva il solletico, entrambe si sedettero sulla panchina del parco, avendo ormai raggiunto lo stremo delle loro forze.
- Ho vinto io! – trillò la piccola, alzando le mani in segno di vittoria.
Hermione riprese a ridere, contagiata dal sorriso della bambina.
Una risata che però si spense quando la cugina le pose quella domanda.   
- Ma Draco dov’è?
Dissimulando il nervosismo Hermione alzò le spalle cercando di sorridere, ma senza più traccia di ilarità sul suo volto.
 
Dov’è Draco, Hermione?
 
Non lo so. Non lo so più.
 
 
- Credo che dovremmo parlare. – le aveva detto, mentre la propria mente faticava a comprendere le sue parole, meno che mai ad assimilarle. Si morse le labbra chiedendosi perché fosse tutto così difficile, perché mai dovesse vergognarsi tanto dei suoi sentimenti, perché fossero così sbagliati. Non si mosse di un millimetro, non ebbe neanche la forza per provare ad alzarsi. Non lo guardò, tenendo lo sguardo ben puntato sul pavimento, pur sentendo i suoi occhi perforanti su di sé: occhi in cui si era persa più e più volte e in cui avrebbe desiderato perdersi in eterno, ma che adesso aveva paura anche solo a intravedere. Non fece niente neanche quando percepì uno spostamento d’aria e quando udì i passi di Draco avvicinarsi a lei, fino ad arrivarle accanto. Paradossalmente le venne da sorridere: avrebbe sempre voluto averlo lì vicino a lei, invece adesso desiderava che fosse il più lontano possibile, con il senso di disperazione che gorgogliava nello stomaco e le faceva venire voglia di vomitare di nuovo.
- Ho parlato con tuo padre e…
- Lo so. – fu la secca risposta della Grifondoro, la voce rotta dal pianto e gli occhi lucidi. – Vi ho sentiti.
Che senso aveva ormai mentire? Che senso aveva nascondere il fatto di aver udito ogni singola parola di quella conversazione? Appoggiò la testa al muro, respirando con fatica e chiudendo gli occhi provando a non pensare, benché la presenza di Draco accanto a lei non l’aiutasse molto.
- Stai bene? – fu la domanda del ragazzo.
- Cosa te ne importa? – fu la sua risposta, piena di amara tristezza.
 
Cosa ti importa di me?
 
Hermione si rese conto di quanto la sua domanda potesse sembrare stupida: nello stato in cui era probabilmente avrebbe fatto preoccupare anche un sasso.
- Tuo padre ha detto…
- Lo so cos’ha detto. – lo interruppe per la seconda volta e per la seconda volta con un tono che non ammetteva repliche. La smorfia che deturpò il viso di Draco le fece capire quanto lo stesse facendo innervosire con il suo atteggiamento.
- È vero?
Ecco. La domanda che si aspettava era stata posta. Hermione se lo aspettava: a Draco non piacevano i rigiri di parole, le sue richieste erano sempre dirette, così come le sue risposte, chiare e concise. Non sapeva di preciso cosa sarebbe stato meglio rispondere: se provare a mentire, cosa di cui non sarebbe stata comunque capace, o essere per una volta sincera. In quel momento però non era capace di fare né l’una ne l’altra delle cose.
Ebbe semplicemente la forza di alzarsi dal pavimento, prendendo un bel respiro e guardando Draco per la prima volta da quando l’aveva raggiunta nel bagno. Lo fissò dritto negli occhi, in cui non vide assolutamente niente; soltanto quel grigio chiaro, chiarissimo, al di là del quale non intravedeva che una landa desolata. Avrebbe preferito vederci disprezzo, rabbia, disgusto nel suo sguardo, piuttosto che niente. L’ennesima prova di non essere nemmeno degna di un’emozione negativa, l’ennesima conferma di avere per lui un valore pari a zero.
 
L’indifferenza fa più male di un insulto.
 
Hermione non gli disse niente, come se la paura le avesse risucchiato via anche la voce. Lo oltrepassò, bloccandosi dopo poco con il respiro che pian piano ritornava a dominare i suoi polmoni.
- Lasciami in pace. – mormorò, avvertendo lo sguardo perforante del Serpeverde sulla nuca. – Almeno questo me lo devi.
 
 
Da quel giorno non aveva più davvero parlato con lui. Era passata quasi una settimana e la Grifondoro si era riscoperta un'artista della fuga: era riuscita ad evitarlo per tutto quel tempo, facendo in modo di evitare situazioni che avrebbe potuto vederli da soli, che prima agognava con tutta se stessa, ma che ora avrebbe vissuto come momenti di puro terrore. Per questo da un po’ di giorni a quella parte usciva spesso di casa, coinvolgendo nelle loro uscite sua cugina, i suoi parenti e persino qualche vecchio compagno di scuola che non vedeva da tempo. Ad esempio quel pomeriggio aveva passato tutto il tempo con Laurel, pregando suo zio Charlie affinché coinvolgesse Draco in una delle sue discussioni interminabili che lo tenesse sufficientemente impegnato e ben lontano da lei. E suo zio era un vero artista della parola, capace di parlare con qualcuno anche per cinque ore di fila, senza mai stancarsi, motivo per cui era certa che sarebbe stata tranquilla.
Stava scappando. Stava letteralmente scappando ed evitando la situazione, ne era perfettamente consapevole, nonostante non fosse nella sua natura. Ma quando un essere umano arriva alla massima sopportazione del dolore, la cosa in cui riesce meglio è rinchiudersi in se stesso, scacciando via qualunque cosa possa generare ulteriore malessere. E per quanto Hermione si fosse sempre considerata una persona sufficientemente forte per affrontare le sfide della vita, aveva preferito nascondersi quella volta e lasciare che gli eventi proseguissero il loro corso.
L’unica cosa positiva che era accaduta in quel lasso di tempo era stato quando aveva parlato con suo padre della gravidanza. Si era angosciata tanto, tantissimo, per quello che si sarebbero detti, ma alla fine aveva capito che tutta quella preoccupazione era stata abbastanza inutile: suo padre era un uomo buonissimo, per quanto burbero e arrogante potesse apparire a primo impatto, e aveva cercato di rassicurarla e basta, nonostante all’inizio ci fosse stato un po’ di attrito.
- Avete litigato? – chiese Laurel con tono triste, distraendola dai suoi pensieri.
- No, piccolina. – tentò di rasserenarla Hermione. Laurel era sempre stata una bambina molto sensibile e al minimo problema che percepiva nell’aria era capace di star male anche se si trattava di una sciocchezza.
- Ma allora perché sei così triste?
 
Perché sono innamorata di una persona che non mi vorrà mai.
 
- Non sono triste. – mormorò con un sorriso forzato, accarezzandole i riccioli rossi. La bambina non le chiese più niente e Hermione sentì il bisogno di stringerla, più forte che mai. – Ricordati che ti voglio bene, Laurel. Ricordalo sempre. – ebbe l’impulso di dire, mentre la cuginetta strofinava la testa contro il suo petto per riscaldarsi.
- Anche io. – borbottò la bambina. – E anche Draco, nonostante abbiate litigato. – la rassicurò nascondendo il viso.
Hermione rise, una risata pregna di quel malessere che ormai aveva imparato a nascondere.

 


 
Blaise non aveva mai fatto caso ad Astoria Greengrass. Era sempre stato troppo occupato a seguire Daphne per prestare attenzione a sua sorella minore. Di fatto, l’aveva guardata poche volte, con pigro e scarso interesse, e nei rari momenti in cui si era soffermato su di lei, ricordava di essere rimasto allucinato dalla somiglianza delle due sorelle e di quanto Astoria, per quanto più piccola di tre anni, fosse identica a Daphne: aveva gli stessi fluenti capelli biondi, la stessa corporatura minuta ma slanciata, le stesse labbra a bocciolo decorate da un abituale sorrisetto ironico e ghignante, le stesse mani affusolate e più pallide di un cadavere, persino lo stesso taglio degli occhi della sorella, differendo da lei soltanto per il colore. Qualcuno a Hogwarts, molto spesso le scambiava per gemelle, nonostante il viso di Astoria presentasse ancora dei tratti leggermente fanciulleschi, testimoni dei suoi quattordici anni. Anche Blaise aveva sempre pensato che fossero uguali.
Mentre, in quel momento, si rendeva conto, in realtà, di quanto fossero diverse. Lo capiva ad ogni secondo che passava, ad ogni parola di Astoria che gesticolava velocemente di fronte a lui e mentre i suoi occhi cercavano di seguire i velocissimi movimenti del suo interlocutore, facendogli girare la testa, si chiedeva come avesse potuto non notarlo prima.
- Chiaro?! – il trillo della ragazza lo distrasse e si rese conto di non essere riuscito a seguire neanche una parola del suo discorso sconclusionato. Parlava troppo in fretta, maledizione. Al contrario di Daphne che invece possedeva sempre un’insolita e inquietante calma.
- Uhm…io… non è che potresti ripetere?
Astoria lo fissò sconcertata e incrociò le braccia.
- Ma te l’ho già ripetuto! – esclamò, innervosendosi.
Ecco, un’altra differenza a cui prima non aveva fatto caso. Mentre era sempre complicato capire cosa si stesse arrovellando nella mente di Daphne, Astoria era un libro aperto: ogni emozione era incastonata nei suoi occhi, pronta a venir fuori senza alcuna remora o vergogna.
- Sì, ma… – Blaise si grattò la testa imbarazzato. Come Merlino poteva dire a una ragazza che non riusciva a seguirla perché parlava troppo veloce?
- Comincio a dubitare delle tue sanità mentali. – borbottò Astoria, con una smorfia.
 
La lingua tagliente, però, ce l’avevano tutte e due.
 
- Non esageriamo, eh. – si difese il ragazzo. – Solo perché non ho capito cos’hai detto…
- Per Salazar, Blaise, stiamo parlando di Daphne!
 
Ah.
 
- Oh, sì, Daphne, certo… Bene, e cosa hai dett…
Blaise non riuscì a terminare la frase, notando lo sguardo di Astoria indurirsi più che mai.
- Non mi hai ascoltato, vero? – sputò, arrabbiata, per un motivo che non riusciva a comprendere. O che non era riuscito a sentire.
- Mi sono solo distratto, Astoria. – mormorò, con voce mite, sperando così di acquietare la rabbia che la ragazza stava sprizzando da tutti i pori. – Non volevo mancarti di rispetto, sul serio.
La Serpeverde tirò il nasetto per aria e lo squadrò da capo a piedi, riflettendo se fosse sincero o meno. Quando ebbe constatato la sua effettiva innocenza, alzò gli occhi al cielo per poi sbuffare.
- Beh, vedi di non distrarti, allora. Stiamo parlando di mia sorella! – sottolineò quella parola con tono talmente duro e intransigente, che Blaise aggrottò lo sguardo, confuso. Per Merlino, ma cosa diavolo voleva? Era venuto per passare il pomeriggio insieme a Daphne e non aveva fatto in tempo ad attraversare il giardino della villa, che quel terremoto lo aveva rintronato di discorsi.
 
Quanta pazienza.
 
- Lo so, Astoria, dimmi.
- Oh, bene! Prima che tu ti distraessi e perdessi la testa nei tuoi loschi e oscuri pensieri, che assolutamente non voglio conoscere, ti stavo esponendo quel era la situazione dei fatti, che a me, insomma, dà parecchio fastidio, come ti puoi ben immaginare! Posso comprendere che per te sia difficile capirlo, poiché sei figlio unico ed essere figli unici, se da una parte ha i suoi vantaggi, dall’altra…
 
E poi si stupisce se mi sono distratto.
 
- …dall’altra non ha poi così tanti vantaggi, come tutti invece ritengono. E non lo dico, perché sono di parte, assolutamente, ma conosco tante persone che vorrebbero avere un fratello o un sorel…
- Astoria! – esclamò Blaise, bloccando il suo gesticolare impazzito. – Ti prego, arriva dritta al punto, perché non capisco cosa stai cercando di dirmi.
La ragazzina, seccata per essere stata interrotta, dopo avergli lanciato un’occhiataccia, si gonfiò come un pesce palla.
- Oh, insomma, Blaise, Daphne è mia sorella, ok?! – sbraitò lei, per tutta risposta, incrociando le braccia al petto.
 
Questa era l’unica cosa che avevo capito.
 
- Sì, ma…
- E se tu provi anche solo a farla soffrire, te la vedrai con me, chiaro?!
 
Ah.
 
- E non m’interessa se sei figlio unico e se non sai, e non saprai mai, cosa significhi avere un fratello o una sorella, ma…
 
Merlino, ma che problema ha con i figli unici?
 
- …se tu la fai soffrire, come già hai fatto, io…!
- Astoria, calmati, per Salazar! – sbottò il Serpeverde, rammentandosi del signor Greengrass per poco non lo affatturava.
- No, io non mi calmo! Se tu…
- Non la farò soffrire, se è questo di cui hai paura, Astoria! – esclamò Blaise, esasperato. – Per Salazar, ma tu e tuo padre vi fidate così poco di me? Cosa ho fatto?!
Gli occhi della ragazzina si ridussero in due fessure.
- L’hai già fatta soffrire e non te ne sei accorto. – affermò, senza curarsi del fastidio nello sguardo del Serpeverde. – E, poi, credi che io non sappia di tutte le ragazze con cui sei stato?!
- Di tutte le ragazze… che?
- A Hogwarts le voci corrono. – sibilò Astoria, con tono arrogante. – E, beh, le voci che riguardano te non sono molto rassicuranti. – gli puntò un dito contro, minacciosa.
Blaise non sapeva se scoppiare a ridere per quella nanerottola, più bassa di lui di un bel po’ di metri, che tentava di spaventarlo, o arrabbiarsi per tutte quelle insinuazioni.
- Questi non sono affari tuoi, Astoria, per niente.
- Certo che sì, invece! – sbraitò la ragazzina.
Il Serpeverde si trattenne dallo schiaffarsi una mano sul viso.
 
Quanta pazienza.
 
- E poi tu…
- Sono innamorato di Daphne da anni. – sbottò Blaise. – E penso che questo basti.
La Serpeverde ammutolì per un istante, trovandosi improvvisamente a corto di parole. Arricciò le labbra sottili, fissandolo ancora più attentamente, come se fosse intenzionata a cogliere ogni suo singolo cambiamento espressivo.
- Beh, uhm… in questo caso… – la ragazzina arrossì, mentre gonfiava le guance come un palloncino. – …uhm, le cose cambiano.
- Cambiano, eh? – chiese Blaise, palesemente ironico.
- A meno che tu non stia mentendo! – esclamò Astoria, colta dall’illuminazione.
Il ragazzo si trattenne nuovamente dallo schiaffarsi una mano sul viso.
 
Quanta pazienza.
 
E lui che credeva che avere a che fare con una Greengrass fosse difficile.
 
Figuriamoci due.
 
 

 
 
- Oggi è l’ultimo dell’anno, tesoro. Tu e Draco avete intenzione di fare qualcosa?
La domanda di sua madre, proveniente dalla cucina, la fece irrigidire a tal punto che Hermione non fu capace di articolare un discorso decente per parecchi minuti. Divenne immobile come un blocco di marmo, tanto che Laurel, che era tra le sue braccia, le lanciò un’occhiata a metà tra la curiosità e l’incomprensione. Draco, dal canto suo, la guardò in un modo che le fece girare la testa. Perché dicevano una sola cosa, i suoi occhi.
 
Dobbiamo parlare.
 
E Hermione pur di non arrivare mai a quel momento avrebbe davvero fatto tutto quello che era in suo potere, se poteva servire a rimandare il dolore che l’avrebbe avvolta e distrutta di nuovo.
- Non lo so. – borbottò a denti stretti, mentre osservava senza interesse le immagini che scorrevano sul televisore e i canali che cambiavano continuamente.
- Ferma, Paco! Voglio vedere Pingu! – esclamò ad un certo punto la bambina, agitandosi tra le braccia di Hermione.
- Ahi. – la ragazza emise un gemito di dolore, quando la cuginetta le colpì la pancia, senza volerlo.
Laurel si bloccò di scatto, guardandola dispiaciuta e sorpresa.
- Scusami. – borbottò arrossendo. – Ti ho fatto male?
- Assolutamente no. – rispose Hermione, sforzandosi di sorridere e andando ad accarezzare la sua pancia ormai già in evidenza, avvertendo lo sguardo perforante di Draco su di lei, ma non osando alzare gli occhi. La piccolina la osservò, leggermente dubbiosa. – Dai, muoviti a rimettere Pingu, prima che finisca la trasmissione. – la incitò allora la Grifondoro.
Laurel, pur essendo una bambina molto sensibile e attenta, era pur sempre, una bambina, per l’appunto. E quando Hermione nominò il suo programma preferito, gli occhi le s’illuminarono, mentre si allontanava di scatto dalla cugina, per lanciarsi come un piccolo pesce su Draco nel tentativo di rubargli il telecomando.
Senza più Laurel tra le braccia, Hermione si sentì stranamente vuota, come se le mancasse qualcosa. O forse, si era talmente impegnata in quella settimana ad avere sempre qualcosa da fare, o uno dei suoi cuginetti in braccio, che la totale assenza di attività la stordiva leggermente. Si alzò, stanca senza neanche sapere il perché, e decise di andare a far compagnia a sua madre, senza curarsi di Draco che stava litigando con sua cugina per il possesso del telecomando. Da quando il Serpeverde aveva compreso cosa fosse la televisione, con tutti gli oggetti ad essa collegati, ne era rimasto talmente impressionato che ogni giorno passava almeno un’ora a cliccare i diversi tasti del telecomando e a far scorrere le immagini.
- Va tutto bene, Hermione? Il bambino ti dà qualche problema? – le domandò la madre, apprensiva, asciugando frettolosamente un piatto.
La ragazza avvertì il Serpeverde alle sue spalle smettere di litigare con Laurel per trattenere il respiro. Evidentemente doveva aver sentito e, a quanto pare, l’idea continuava a turbarlo.
- No, certo che no. Non… so cosa mi succede, a dir la verità. – mentì.
Oh, lo sapeva eccome cosa le stava succedendo. Non voleva certo dirlo a sua madre, però. Quando pochi giorni prima, dopo aver udito la conversazione tra suo padre e Draco, la ragazza si era precipitata in bagno, aveva provato un dolore così grande e logorante, che le era sembrato di rompersi in due. Era stato sicuramente l’evento più traumatico che le fosse mai capitato e l’aveva lasciata debole, vulnerabile, senza fiato né forze e con una stanchezza addosso che ancora non le era passata. Per questo si era concessa qualche giorno di riposo, allontanando anche Draco – lei, che avrebbe voluto sempre averlo vicino – perché aveva bisogno di riordinare le cose, i suoi pensieri e prepararsi a quella discussione fatale che non avrebbe voluto dover affrontare. Sapeva, però, che presto Draco si sarebbe stancato del suo giocare a nascondino, del suo evitarlo costantemente, di non farsi mai trovare da sola per poter parlare. Si sarebbe stancato e avrebbe trovato il modo di farla parlare, magari cogliendola impreparata.
- Allora, per stasera cosa vuoi fare? Louise ha già chiamato un paio di volte. – la informò Jean, mentre continuava a sistemare il piatto. 
- Ah. – borbottò Hermione, rendendosi conto che forse ricercare i suoi vecchi compagni di scuola non era stata proprio una grande idea. Certo, le faceva piacere ritrovare le sue vecchie amicizie, che aveva coltivato negli anni precedenti al suo arrivo a Hogwarts, ma in quel momento voleva solo un po’ di tranquillità. E allo stesso tempo non voleva rimanerci, nella tranquillità, perché temeva che sarebbe stata distrutta da una molto probabile discussione. Merlino, voleva stare da sola e allo stesso tempo non voleva concederselo per paura che Draco la cogliesse di sorpresa.
 
Che grande contraddizione che sono.
 
- Non ho molta voglia di uscire a dir la verità. – confessò. – Chiamerò Louise e le dirò che sono stanca.
- Hai litigato con Draco? – le chiese sua madre, di punto in bianco, guardandola in modo apprensivo.
- N-no. – balbettò, presa alla sprovvista. – P-perché?
Jean rimase con un piatto in mano a scrutarla attentamente, socchiudendo le labbra più volte nel tentativo di dire qualcosa.
- Niente. – rispose alla fine, non volendo forse turbarla. – Sono solo stupide preoccupazioni da mamme. Abituati, perché tra poco lo sarai anche tu! – sorrise, facendo una piccola battuta, sperando di poterla vedere più serena.
E se, da una parte, Hermione rise, dall’altra nel salotto Draco per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
 
 
 
 
 
Le cose non vanno mai come dovrebbero.
 
Merlino, dopo migliaia di volte che questa frase si era rivelata veritiera, Hermione avrebbe dovuto come minimo impararsela a memoria, o, se non altro, cominciare a prepararsi un piano B, anche un C magari, per qualunque evenienza. Ma, quella sera, mentre festeggiava l’ultimo dell’anno insieme ai suoi parenti, aveva deciso, per una volta, di non preparare proprio alcun piano, spegnendo la testa e godendosi il momento. Mancava poco più di un’ora alle 24.00 e i suoi cuginetti erano ansiosi di far scoppiare le pistole piene di coriandoli e di vedere i fuochi d’artificio risplendere di mille colori nel cielo.
- Santo cielo. – si lamentò sua zia Emily. – Non hanno ancora cinque anni e non riesco a metterli a dormire prima della mezzanotte o a farli stare fermi per più di dieci minuti. – borbottò, riferendosi chiaramente ai suoi piccolini.
- Zia! Girati! – esclamò Laurel ad un certo punto, indicando col dito il piccolo Nate che, chissà come, si trovava sopra il tavolo, e si stava impiastricciando con la torta che avrebbero dovuto aprire soltanto allo scoccare della mezzanotte. – Si sta mangiando il dolce da solo! – si lamentò la bambina, mettendo il broncio.
- Non è che la stia proprio mangiando… – borbottò Draco, nello stesso momento in cui Emily gridava.
- NATHAN! Il dolce non è qualcosa con cui puoi giocare!
Hermione si sorprese della battuta uscita dalle labbra del ragazzo, solitamente freddo e taciturno, e si sconcertò ancora di più, quando vide sua cugina afferrarlo per la manica del maglione e Draco, in risposta, sorriderle leggermente. Sbatté gli occhi, incuriosita dalla scena, non sapendo se esserne più felice, perché il Serpeverde si stava lentamente abituando alla sua famiglia, o allucinata, per quell’improvviso gesto di dolcezza. Quando, però, Draco alzò lo sguardo e notò gli occhi di Hermione scrutare lui e Laurel con attenzione, il ragazzo s’irrigidì e prese a fissarla in modo estenuante, così apertamente e indiscretamente che la Grifondoro arrossì. Conscia del suo tentativo di metterla a disagio, Hermione si voltò, prestando attenzione a Nate che, a quanto pareva, non potendo più imbrattarsi con il dolce, era passato ad osservare con molta attenzione e curiosità le bottiglie di spumante, poste sul ripiano più alto della cucina. E nonostante fosse impossibile, per un bambino di cinque anni, riuscire ad arrivare tanto in alto, Hermione era sicura che il suo cuginetto pestifero un modo per avere quelle bottiglie di spumante lo avrebbe trovato, per cui lo prese in braccio, cogliendolo alla sprovvista, e lo fece volteggiare, distraendolo dal suo obiettivo.
- Nooo!! Tata, mettimi giù!!! – protestò il gemellino.
Hermione ridacchiò, immergendo il viso nei suoi capelli biondi.
- Cosa volevi fare, birbantello? – lo brontolò dolcemente, lasciandogli un bacio sulla guancia candida.
- Nulla! – rispose il cuginetto, assumendo un piccolo broncio adorabile e occhieggiando le bottiglie di spumante di nascosto. La Grifondoro ridacchiò, mentre stringeva il piccolo di casa.
- Ma certo. – commentò, allontanandolo strategicamente dal luogo del suo interesse.
- Oh, bene, Tommy! Adesso vuoi dirmi che è stata la nonna a rovesciare tutti i bicchieri per terra?! – l’urlo di Emily sovrastò la sua voce, facendo voltare Hermione di scatto, in tempo per vedere gli occhi del piccolino farsi lucidi.
- Ma mamma… – tentò di protestare Thomas, tirando su col naso. – … Non sono stato io.
- E dunque è stata la NONNA? Tommy, abbi almeno il coraggio delle tue azioni!
- Zia, Thomas è solo un bambino. – commentò la ragazza, mentre stringeva tra le braccia Nate che aveva nascosto la sua testa nell’incavo della sua spalla. – Non essere così severa.
- Ne riparleremo tra pochi mesi, Hermione. – la freddò sua zia, prospettandole il figlio che da lì a poco avrebbe avuto, quasi con una punta di acidità. Tutta la sua famiglia era ormai a conoscenza del nuovo membro che tra poco avrebbe fatto parte della loro famiglia e la notizia era stata accolta dapprima con sconcerto, ma successivamente con gioia. L’unica persona che non sembrava propriamente felice era suo zio Charlie, che la osservava con un’espressione corrucciata ed era l’unico che non le avesse ancora fatto le congratulazioni, al contrario del resto della famiglia. Hermione non riusciva a capirne il motivo, ma Charlie era pur sempre il fratello di sua madre e caratterialmente si assomigliavano molto: e proprio come sua madre era stata fredda e distaccata i primi due giorni dalla scoperta della gravidanza, anche lui pareva si stesse comportando nella stessa maniera.
- Emily, tesoro mio… sono stata io, a dir la verità, a rovesciare i bicchieri. – ammise a quel punto la nonna di Hermione con uno sguardo dispiaciuto, distraendo la ragazza dai suoi pensieri – Sono inciampata.
- C-che?! – sbottò la zia, sconcertata.
- Ormai non mi reggo più neanche in piedi, bimba mia. Non c’è poi tanto da meravigliarsi… – commentò, con uno sbuffo di risata.
- Oh…Io credevo che…Thomas… – mormorò, sorpresa. – Oh, piccolo, scusami. – borbottò allora Emily, dispiaciuta, prendendo in braccio suo figlio. – Vedi cosa succede, Hermione, quando sei esaurita? Di non essere più neanche in grado di ragionare lucidamente. – ironizzò, rivolgendosi alla nipote e guardando con dolcezza il suo bambino, che, già dimentico dell’accaduto, le aveva afferrato il naso con la manina.
Hermione tentò di sorridere, inquietata però dalle parole di sua zia. Sapeva benissimo quanto fosse difficile crescere e accudire un bambino, ma aveva sempre pensato che ce l’avrebbe fatta, lottando con le unghie e con i denti per conseguire il suo obiettivo. Adesso, la prospettiva di doversi prendere cura, da sola, di qualcuno che dipendeva totalmente da lei la spaventava a morte. Scosse la testa, scacciando i brutti pensieri, non volendo rovinarsi quella serata piena di gioia.
- Tata, ho sete. – borbottò Nate, a quel punto, spalancando i suoi occhioni blu.
Hermione sorrise, scompigliando i capelli color grano del cuginetto e stringgendolo di più.
- Andiamo a bere, allora.
- Come fanno i cammemmi!
La Grifondoro ridacchiò.
- Sì, Nate, proprio come fanno i cammelli.
Il piccolino non si preoccupò della sbagliata pronuncia, prendendo piuttosto a succhiarsi il dito. Osservò con interesse tutti gli oggetti presenti nella cucina, dove Hermione si era diretta per prendere l’acqua, cercando di trovare qualcosa con cui giocare.
- Non farti venire strane idee, Nathan. E non guardare in quel modo il coltello! – lo rimproverò Hermione, scherzosamente.
Il cuginetto s’imbronciò.
Hermione prese un bicchiere di plastica dalla credenza, senza lasciare suo cugino, consapevole di quanto fosse rischioso non tenerlo sotto mano. Una volta riempito, lo passò a Nate e, mentre il cuginetto si accingeva a bere, lei rimase per più di dieci secondi a fissare il bancone dietro di loro. Quello stesso bancone al quale suo padre si era appoggiato, durante la discussione con Draco.
 
È vero. Io non amo sua figlia.
 
Il groppo che le si formò in gola per poco non le fece cadere il bambino dalle braccia.
- Hermione, potresti andare a prendere i fuochi d’artificio? Li ho nascosti in camera tua!
- Zio! – protestò, sobbalzando per la sorpresa e voltandosi verso Jared. – Manca ancora un’ora alla mezzanotte! E poi cosa ci fanno i fuochi in camera mia?
Jared assunse una faccia colpevole, ridacchiando leggermente in imbarazzo.
- Non volevo certo invadere la tua privacy, ma avevo bisogno di un luogo dove non potessero essere scovati e dove a tua zia non sarebbe mai venuto in mente di  controllare. – ammise. – E la tua camera è l’unica in cui non ha controllato, quindi ho fatto bene a metterli lì. – aggiunse, prima che la nipote potesse commentare.
Hermione rise, conscia della disputa che ogni anno Emily e Jared intraprendevano sul lancio dei fuochi, che, secondo suo zio non potevano certo mancare l’ultimo dell’anno, mentre sua zia sosteneva che fossero eccessivamente pericolosi, soprattutto con i loro due bambini super curiosi che avrebbero potuto farsi male accidentalmente con quegli oggetti.
- D’accordo. – acconsentì, continuando a ridere.
- C’è poco da ridere, nipote. Ogni anno diventa più difficile riuscire ad acquistare quei preziosi fuochi! – sbottò suo zio, leggermente offeso. – E adesso lasciami il mio bambino, che voglio coccolarlo un po’. – borbottò, prendendo Nate dalle sue braccia, per poi sussurrarle nuovamente all’orecchio di correre a prendere i fuochi, prima che fosse troppo tardi.
- Grazie, tata!! – esclamò il piccolo, sventolando il bicchiere per aria.
Hermione scosse la testa, mentre controllava con la coda dell’occhio che sua zia non la vedesse salire le scale per andare al piano superiore.
Quando raggiunse la sua stanza, frugò dapprima nell’armadio, poi nei cassetti, dove già qualche anno prima erano stati nascosti i fuochi. Sbuffò, quando non trovò niente e quando l’unica cosa che rimase fu quella di guardare sotto al letto.
- Uffa. – si lamentò, sottovoce. Era incinta, le faceva male la schiena e l’ultima cosa che voleva era quella di piegarsi per terra. Non era certa che si sarebbe rialzata.
Si accucciò, spostandosi un ricciolo che le era ricaduto sulla fronte e allungò una mano per prendere una busta che non aveva mai visto prima d’ora.
 
Trovati.
 
Sbirciò all’interno del sacchetto, per avere la certezza che fosse quella giusto, e vide una quindicina di fuochi d’artificio, pronti per essere utilizzati.
- Hei, Hermione.
La ragazza si voltò di scatto, ancora seduta per terra, osservando sua zia Abigail che la scrutava incuriosita.
- Ciao, zia. – rispose, chiudendo la busta. – Mi dai una mano? – chiese poi, allungando le braccia per farsi aiutare a sollevarsi.
- Ma certo. – acconsentì. – Oplà!
- Grazie, zia. – Hermione sorrise, mentre scuoteva via la polvere dai suoi pantaloni.
- Stai diventando pesante, nipotina mia!
- Così pare. – mormorò la ragazza, arrossendo. – Tra poco non mi vedrò più neanche i piedi, sto ingrassando a vista d’occhio.
- Non stai ingrassando, Hermione. – la contraddisse Abigail. – Stai dando vita a un bambino.
La Grifondoro adorò il dolce modo di affrontare la questione di sua zia, che tra tutti i membri della famiglia, dopo sua nonna, era stata la prima ad abbracciarla e a sussurrarle che sarebbe andato tutto bene.
- O bambina. – aggiunse Hermione, con un sorriso sulle labbra.
Gli occhi di sua zia s’illuminarono.
- Quando potrò sapere il sesso del mio nuovo nipotino?
- Beh…uhm… – borbottò, Hermione, presa in contropiede da quella domanda. – A dire il vero, non lo so. Ormai sono quattro mesi, quindi… alla prossima ecografia, potrei già venirne a conoscenza.
- Oddio, davvero? – esultò sua zia, eccitata. – Non vedo l’ora di saperlo! Me lo dirai, vero? Non mi lascerai nel dubbio come ha fatto tua madre quando era incinta di te, giusto? – domandò con un’espressione fintamente minacciosa.
- Non penso proprio, sono una frana nel mantenere i segreti. – ammise, ridacchiando.
- Meglio così. – sentenziò sua zia. – Quando ce l’hai?
- Ho l’appuntamento tra tre giorni. – meditò la ragazza, conteggiando quanto poco mancasse effettivamente alla prossima visita.
Già… l’appuntamento che sua madre aveva preso una settimana prima, pregandola di portarle almeno una foto dell’ecografia del bambino, prima che arrivasse il momento di tornare a Hogwarts. Hermione aveva sperato di poter portare anche Draco insieme a lei, in un primo momento, ma per come si erano raffreddati i rapporti tra loro durante quegli ultimi giorni, dubitava seriamente che sarebbe riuscita a convincerlo. Soprattutto perché non aveva intenzione di affrontare con lui una discussione, di nessun genere.
- Cos’hai in quella busta? – le domandò Abigail, con un’espressione interrogativa, distogliendola dai suoi pensieri.
- Non lo immagini, zia?
La donna sospirò, intuendone il contenuto.
- Emily lo ucciderà. – disse infine, scambiandosi un’occhiata complice con la nipote.
- Già. – convenne Hermione. – Puoi portarla tu al piano di sotto? Io intanto mi sciacquo le mani. – si giustificò, mostrando due palmi leggermente sporchi.
- Dovresti pulire la tua stanza, signorinella: il pavimento della camera è un po’ sporchino. – brontolò sua zia, da buona donna di casa, prendendo il sacchetto che Hermione le porgeva.
- Hei. – borbottò la ragazza, mettendo un finto broncio.
- Hai diciassette anni! Io, alla tua età…
- Lo so, lo so, zia, tu lavoravi tutto il giorno. Dai, che sembri la nonna. – la interruppe la Grifondoro, trattenendo a stento una risata.
- La nonna ha ragione! – ribatté Abigail, mentre scendeva le scale che portava al pian terreno.
La nipote alzò gli occhi al soffitto, prima di dirigersi in bagno e pulirsi velocemente le mani. Erano circa le undici e un quarto, l’orario in cui lei e sua nonna si mettevano a giocare a carte per ingannare il tempo, in attesa della mezzanotte. Non che avesse poi così tanta voglia di iniziare una partita a briscola o rubamazzetto, ma ormai era una specie di tradizione riunirsi intorno al tavolo con sua nonna e non poteva certo mancare. Uscì frettolosamente dal bagno, senza neppure accendere la luce del corridoio, avanzando a tentoni su quel percorso che ormai conosceva a menadito.
Neanche si accorse della figura che aveva salito le scale, se non quando si ritrovò letteralmente spiaccicata contro il muro, i polsi bloccati e le gambe premute con forza contro lo stipite della porta della sua camera.
- Tu sei davvero una grandissima stronza.
Non aveva certo bisogno, Hermione, di accendere la luce per comprendere di chi fosse quella voce, in quel momento così irritata. Riusciva perfettamente a immaginarsi Draco, a un centimetro da lei, con la mascella contratta, a deformargli il bel viso. Il cuore prese a batterle all’impazzata, quando si rese conto della distanza minima tra i loro corpi, del suo seno schiacciato contro il suo petto, delle sue gambe a contatto con quelle del ragazzo, e dei loro respiri che si rubavano quasi l’aria a vicenda.
- Cosa stai dicendo? Lasc… – farfugliò, senza riuscire a terminare la frase.
- Taci, Mezzosangue, taci. – la interruppe Draco, che controllava a stento la rabbia, mentre la trascinava all’interno della sua stanza, dopo aver osservato che non ci fosse nessuno. – Non far finta di non capire di che cosa sto parlando.
Hermione inciampò nei suoi stessi piedi e dovette reggersi al muro per non rovinare a terra, quando Draco la lasciò per chiudere la porta.
- Cosa stai fac…
- Non una parola, Granger. – sibilò, interrompendola una seconda volta.
La Grifondoro trattenne il respiro, indietreggiando verso il letto, mentre avvertiva il proprio cuore pompare a una velocità inaudita: con tutti questi tumulti, prima o poi le sarebbe venuto un infarto, probabilmente. La ragazza ingoiò un groppo di saliva, mentre si sedeva sul materasso e un brivido di terrore risaliva lungo la sua spina dorsale; aveva evitato Draco per una settimana, per Merlino, si era distratta soltanto per qualche secondo, come era possibile avere tanta sfortuna?
- Io non…
 
Non voglio parlare con te.
 
Ma voleva davvero rimandare? Che senso avere continuare a fingere che Draco non sapesse quello che lei sentiva per lui? Strinse convulsamente le lenzuola, osservandolo sistemarsi di fronte a lei, a gambe incrociate.
- Non m’interessa cosa non vuoi, Granger. Neanch’io avrei voluto passare una settimana senza avere la possibilità di parlarti, per Salazar, ma a quanto pare è accaduto lo stesso! – la aggredì, mentre una vena gli pulsava pericolosamente sul collo. Hermione distolse lo sguardo, consapevole di quanto lo dovesse aver fatto incazzare con il suo comportamento da fuggitiva.
- Come se a te interessasse parlare con me! – sputò poi, più acidamente di quanto si sarebbe aspettata, consapevole che l’unica ragione per cui Draco volesse far luce sulle parole che gli aveva detto suo padre, era trovare un ulteriore motivo per umiliarla.
Il Serpeverde ammutolì per un secondo, prima di fare una smorfia e riprendere a parlare, nello stesso momento in cui si sentì un urlo stridulo proveniente dal piano di sotto. La zia di Hermione doveva aver trovato i fuochi d’artificio.
- Beh, forse, in questo caso, m’interessa parlare con te, contrariamente a quanto pensi! – sbottò il ragazzo, prima di rendersi effettivamente conto di quello che stava dicendo.
 
Sì, soltanto per farmi star male.
 
- Adesso parleremo, che ti piaccia o no. – sentenziò infine, implacabile, con uno sguardo duro come il ghiaccio.
- Tu non puoi…
- O devo passare il resto dei miei giorni a chiedermi se tuo padre è un vecchio pazzo, Hermione? – la interruppe per la terza volta.
 La sorpresa fu talmente grande che la ragazza alzò di scatto lo sguardo su di lui, prima costantemente rivolto al pavimento, e il tessuto che aveva stretto tanto convulsamente cadde dalle sue mani, lasciandole completamente vuote. Non sapeva neppure come reagire: aveva semplicemente voglia di mettersi a saltellare per la stanza e piroettare migliaia di volte, ridendo come una bambina. Non aveva mai davvero creduto che avrebbe sentito ancora una volta il suo nome pronunciato dalle labbra di Draco, non entro breve tempo almeno, e adesso che era successo ne era talmente felice che le veniva da piangere.
- Se sapevo che bastava chiamarti per nome per farti stare zitta, l’avrei fatto prima. – ironizzò lui, incosciente di quanto ci volesse poco per farla andare in confusione.
 
Di quanto bastasse poco per farla felice.
 
Basterebbe che tu mi amassi, Draco. Anche solo un po’.
 
Hermione non rispose, abbassando lo sguardo e tenendo a freno lo scalpitante desiderio di gridargli in faccia quali fossero i suoi veri sentimenti per lui.
 
Sono innamorata di te.
 
- Hai detto di aver ascoltato la conversazione tra me e tuo padre. – disse Draco, andando subito al punto e facendo balzare il cuore in gola a Hermione.
- Sì. – mormorò lei, flebilmente, maledicendosi per non aver dato retta a sua madre.
 
Io non amo sua figlia.
 
- Quindi, presumo che tu sappia anche quello che mi ha detto.
Hermione annuì, conficcandosi le unghie nel palmo, mentre le venivano le lacrime agli occhi. S’impedì di farsi sfuggire il singhiozzo che premeva contro le sue labbra, conficcando le unghie nel candido palmo della mano.
 
Sono innamorata di te.
 
- Volevo parlartene, chiederti cosa diavolo intendesse tuo padre, ma tu…
- So cosa ho fatto. – stavolta fu il turno della Grifondoro di interromperlo. Si morse le labbra per non gridare, mentre le sue dita freneticamente tornavano a stringere il lenzuolo, rischiando di strapparlo. – So di averti evitato.
Non distolse lo sguardo da Draco, che la scrutava silenziosamente, senza mostrare alcuna emozione. Per Godric, a cosa accidenti stava pensando? Aveva capito sì o no, cosa lei provasse per lui? E mentre questa domanda si formava nella mente di Hermione, un pensiero già presente, con pressante forza, premette contro le sue corde vocali per uscire.
 
Sono innamorata di te.
 
Per mesi glielo aveva nascosto, eppure in quel momento desiderava semplicemente lasciar andare quelle parole, per alleggerire il suo cuore. Sapeva che l’avrebbe umiliata, denigrata e, probabilmente, deriso i suoi sentimenti, ma era arrivata al limite massimo di sopportazione. Non poteva andare avanti in quel modo, con il cuore letteralmente a pezzi e la mente nella più totale confusione.
- Sì, mi hai evitato e mi hai lasciato in balia di quegli schizofrenici dei tuoi familiari che… – s’infervorò immediatamente il Serpeverde, momentaneamente dimentico del fulcro della discussione.
- Non sono schizofrenici. – lo interruppe nuovamente Hermione, mentre tentava di regolarizzare il respiro e respingeva sempre con più forza quelle parole che adesso avevano preso a rimbombare nella sua testa, dandole la dolorosa impressione di avere un tamburo a pochi centimetri dalle orecchie.
 
Sono innamorata di te.
 
Draco assottigliò lo sguardo.
- Senti, Granger, potresti farla finita di interr…
- Sono innamorata di te.
E, alla fine, Hermione quel pensiero lo gridò davvero, incapace di contenerlo. Le parole scivolarono fuori dalle sue labbra, con un’impressionante velocità e forza inaudita. Rotolarono fuori dal suo corpo, finalmente libere di essere espresse, non più disposte ad essere messe da parte, addomesticate e poi rinchiuse in un cassetto.  E Hermione non sapeva neanche se fosse stato il frutto della sua mente malata, se fosse solo la sua immaginazione ad averle pronunciate, o se lo avesse fatto davvero, se davvero avesse avuto quel coraggio. Ma quando vide il respiro di Draco bloccarsi e gli occhi sbarrarsi, per poco non ebbe una crisi isterica, comprendendo di aver detto quelle parole ad alta voce. Emise un singulto, facendo un balzo all’indietro, spalancando gli occhi a sua volta, mentre le mani prendevano a tremarle.
 
Sono innamorata di te.
 
Glielo aveva detto. Glielo aveva detto sul serio. Glielo aveva gridato in faccia, guardandolo negli occhi, con una sicurezza e una sincerità nella voce, che non potevano far dubitare Draco della veridicità delle sue parole. Il primo impulso di Hermione fu quello di tirarsi uno schiaffo, il secondo quello di scoppiare in una risata al limite della disperazione, magari dicendo al Serpeverde che stava soltanto scherzando. Il terzo fu di scappare dalla stanza, soprattutto quando Draco la fissò in un modo così penetrante, da farle sentire vergognosamente nuda. Il quarto e ultimo impulso fu di ripeterle, quelle sue maledette parole. Di ripeterle fino allo sfinimento, tante volte e in continuazione, finché il cuore non le fosse scoppiato nel petto, finché Draco non le avesse chiesto di smetterla, fino a non avere aria nei polmoni, né voce per parlare. E Hermione ebbe la chiara consapevolezza che in quel momento sarebbe stata persino pronta a ripetere quelle parole in eterno, senza aver bisogno di fermarsi, nel disperato desiderio di far capire a Draco quanto grande fosse tutto quell’amore che lui non conosceva, quanto immensamente fosse doloroso e ingombrante.
Credeva che confessargli i suoi sentimenti sarebbe stato autodistruttivo e inutile: Hermione non avrebbe potuto sbagliare di più. Pronunciare finalmente, ad alta voce, quelle parole che aveva tanto tenuto segrete e nascoste nell’angolo più recondito del suo cuore, le diede la dolce impressione di essere tornata a respirare dopo mesi di agonia. 
- Cosa Merlino stai blaterando? – mormorò il Serpeverde con voce roca, qualche secondo più tardi. E la Grifondoro, che aveva creduto di sentirsi a pezzi, mentre metteva così a nudo i suoi sentimenti, si riscoprì invece più forte di quanto non avesse mai pensato. Sentì quell’immenso desiderio di avvicinarsi di più, di stringerlo in un ferreo abbraccio e sussurrargli di nuovo quanto l’amasse, non curandosi di altro.
- Ho detto che…provo… provo qualcosa per te. – affermò, senza vergogna, chiedendosi lei stessa da dove derivasse quell’inaspettato coraggio. Le mani tremanti cominciarono a formicolare, il respiro accelerò, mentre una nuova e stranissima sensazione le scorreva fin dentro le ossa. Non riusciva a identificarla, non avrebbe saputo definirla buona o cattiva, semplicemente… nuova, diversa.
 
Sono innamorata di te.
 
Non l’ho mai detto a nessuno.
 
Hermione aprì la bocca per parlare, scoprendosi all’ultimo momento incapace di articolare un discorso decente. Era questo che si provava nel dire ti amo a qualcuno? Era questo che si provava nell’esprimere i propri sentimenti? Si era convinta, in quella settimana appena trascorsa, che quando sarebbe arrivato il momento di affrontare l’argomento con Draco, tutto quello che avrebbe provato sarebbe stato solo dolore, sofferenza, ansia e paura. Eppure non avvertiva nessuna di queste emozioni, non nel modo distruttivo con cui aveva creduto, perlomeno. Tutto quello che percepiva, mentre scrutava sempre più attentamente le espressioni sul viso di Draco, era un’emozione del tutto nuova, che le faceva salire l’ansia alla gola, ma che le trasmetteva serenità ed eccitazione allo stesso tempo, quasi in modo contradditorio. Era qualcosa che le faceva tremare le mani e l’intero corpo, da capo a piedi, ma non per paura o terrore.  Prendendo un grosso respiro, Hermione cercò di far rallentare il battito del suo cuore, che correva a un ritmo impazzito. Fissò nuovamente l’espressione di Draco, qualcosa a metà tra lo sconcerto, l’incredulità e il ribrezzo. Ma non le importò. Non le importò, in quel momento, di cosa fosse presente nel suo sguardo.
 
Non ho più niente da nascondere.
 
Forse era proprio questa consapevolezza, l’idea di aver davvero fatto tutto quello che poteva, che la faceva fremere d’aspettativa, impedendole di chiudersi all’interno della sua bolla di dolore. 
- Io credevo che… – mormorò Draco, tra sé e sé, quasi con una punta di risentimento nel tono di voce.
Hermione non mosse un muscolo, mentre riusciva a vedere gli ingranaggi nella mente di Draco lavorare forsennatamente e ricollegare pian piano tutte le tessere del puzzle. Serrò le labbra, per impedirsi di ripetere quel sono innamorata di te che lui sicuramente avrebbe disprezzato e deriso entro pochi secondi. Non aveva la minima idea di cosa le stesse succedendo in quel momento, da dove Merlino provenisse quel fortissimo impulso di ripetere fino allo sfinimento quanto tenesse a lui, quando fino a poche ore prima aveva tenuto nascosti i suoi sentimenti il più possibile. Percepì il proprio respiro accelerare, per poi bloccarsi improvvisamente, prima velocissimo e d’un tratto poi completamente assente. Merlino, era un bene che Draco non avesse la possibilità di osservare il movimento dei suoi polmoni, altrimenti li avrebbe trovati alquanto impazziti.
 
Sono innamorata di te.
 
Gliel’ho detto, gliel’ho detto sul serio.
 
In quel momento, quando Hermione non attendeva altro che Draco dicesse qualcosa, qualunque cosa, un frastuono risuonò al piano di sotto, accompagnato dal pianto di uno dei due gemellini. La bolla di euforia e trepidazione che avvolgeva la giovane Grifondoro esplose come se fosse fatta di sapone, riempiendole la mente come un torrente in piena. E la consapevolezza, la incredibile e tremenda consapevolezza di quello che era appena successo la investì con tutte le sue forze, lasciandola debole, confusa e scombussolata.
 
Cosa Merlino è appena successo?
 
Gliel’ho detto, gliel’ho detto, gliel’ho detto.
 
Sono innamorata di te.
 
E quando Hermione guardò nuovamente Draco, capì subito che lui non sarebbe stato indulgente, né tantomeno clemente: non le avrebbe sorriso, non avrebbe allungato una mano per prendere la sua, non le avrebbe dato un dolce bacio sulle labbra, sussurrandole di amarla a sua volta, come nelle commedie romantiche. Non sarebbe stato né gentile, né comprensivo nei suoi confronti, come nelle sue più remote speranze, ma crudele e meschino come solo Malfoy poteva essere. Lo comprese da quella luce inquietante che vide balenare in fondo al suo sguardo, qualcosa di indefinitamente terrificante, che la fece rabbrividire e gelare sul posto.  Hermione attese, imponendosi calma, immaginandosi la sua reazione, prevedendola e già provvedendo a difendersi.
- E io che credevo che fosse tuo padre, lo stupido. – sibilò Draco, dopo secondi di riflessione, con un tono così tagliente che Hermione temette di rimanerne affettata. – Sei proprio fuori di testa se pensi che io… –
Ma Hermione non fu disposta ad ascoltare altro. Perché lo sapeva, Merlino se lo sapeva. Sapeva perfettamente cosa stava per dire, il modo in cui avrebbe concluso la frase e non voleva assolutamente udire il suo tono sprezzante.
Le sue parole arroganti avrebbero dovuto ferirla, farla cadere in un limbo pieno di lacrime e sofferenza, ma stavolta non fu così.
Il dolore non le divorò l’anima.
- Sì, sono fuori di testa, probabilmente. – lo interruppe, asciugandosi gli occhi appena velati. – E se hai pensato che lo fosse mio padre, hai sbagliato i tuoi calcoli, allora. – sputò con altrettanta asprezza, difendendosi da lui. – Sono solo io la stupida. – si ritrovò a confessare, consapevole di quanto fossero vere quelle parole. – Sono io la stupida che si è fatta mettere incinta da te, portando avanti una gravidanza difficile e dolorosa, sono io la stupida che si fa condizionare da te, dai tuoi maledetti occhi! – esclamò, mentre le mani le formicolavano, il fiato che veniva a mancarle. Sapeva di doversi fermare, di non dover mettere così a nudo i suoi sentimenti, ma le parole uscivano come un fiume in piena, ormai stanche di essere controllate. – Sono io la stupida che sta male per te, e tu sei un grandissimo idiota, per quanto tu possa essere intelligente, a volte sei così poco perspicace da farmi riflettere sul fatto che tu abbia un cervello o meno! Sono io e solo io la stupida che torna, ogni Merlino di volta, perché spero sempre che tu possa cambiare o perlomeno maturare, e sempre, sempre, capisco di sbagliarmi. – la gola le bruciava per lo sforzo e il fiato cominciò a mancarle. – Sono solo io che… che… – e l’aria le mancò sul serio, in quel momento, quando si accorse di aver detto tutto, ma proprio tutto, quello che per mesi aveva riempito il suo cuore, la sua testa, la sua pelle. La sua voce tremolò e le sue mani presero ad artigliare la stoffa del lenzuolo, ormai completamente spiegazzata.
 
Sei solo tu quella innamorata, Hermione.
 
La ragazza respirò pesantemente, mentre osservava le spalle di Draco irrigidirsi e la sua mascella contrarsi.
 
Gliel’ho detto. Per Godric, gliel’ho detto.
 
Il Serpeverde si passò una mano tra i capelli, come se volesse strapparseli uno per uno, prima di tornare a guardarla e farla deglutire pesantemente.
- Non pretendo e non mi aspetto niente da te, Draco, se non il rispetto. – concluse, senza forze. – E nel caso tu non voglia avere nulla a che fare con me o con nostro figlio, sei libero di andartene quando vuoi. – Hermione osservò chiaramente il fremito che aveva colto il corpo del Serpeverde alle sue parole, ma non si preoccupò di alleggerire o filtrare il discorso. Che senso aveva, ormai?
- Ragazzi, mancano soltanto un quarto d’ora a… – la porta della camera si aprì, bloccando la risposta di Draco, che richiuse la bocca che aveva aperto per parlare. – Oh, ho… interrotto qualcosa?
Jean guardò la figlia, dispiaciuta, chiedendole silenziosamente se fosse il caso di andarsene via. La ragazza le lanciò una leggera occhiata, rivolgendo principalmente la sua attenzione al Serpeverde, sperando di cogliere un mutamento, un segno o qualunque altra cosa nei suoi occhi o nei suoi gesti. Merlino, gli aveva appena rivelato di essere innamorata di lui, di aver sofferto come non mai per la sua assenza e Draco non si era scomposto neanche di un millimetro? Possibile che le sue parole fossero così poco importanti, così prive di significato per lui? Le vennero le lacrime agli occhi dalla frustrazione, sentendosi così impotente di fronte alla sua indifferenza; non le restò altro che spostare la sua attenzione su sua madre, rispondendo a malapena.
- No, mamma, non hai interrotto niente.
 
Non c’è niente qui.
 
Soltanto il mio cuore frantumato.
 
Era pronta ad alzarsi, ingoiando l’umiliazione e l’orgoglio che infuriavano dentro di lei, conscia che ormai il Serpeverde non le avrebbe risposto, quando delle dita fredde come il ghiaccio le afferrarono rudemente un braccio, impedendole di muoversi.
- Sì, invece. – rispose Draco, guardando la madre di Hermione. – Abbiamo bisogno di parlare, signora Granger.
- Oh! Certo, uhm…vi aspettiamo al piano di sotto, allora. – mormorò Jean, leggermente incuriosita e stralunata dalla situazione. Lanciò uno sguardo alla figlia che significava “dopo mi spieghi cosa sta succedendo”, mentre la suddetta figlia rischiava di avere un collasso, per il cuore che galoppava, iperattivo, nel petto.  Merlino, prima o poi le sarebbe preso un infarto, ne era convinta.
La donna abbozzò un sorriso, lanciando una strana occhiata ammonitrice a Draco, successivamente richiuse la porta della camera.
 - Volevi andartene via? – sputò il Serpeverde scoppiando all’improvviso, facendo probabilmente riferimento al suo comportamento di poco prima, sbottandole quelle parole in faccia non appena udì i passi della madre di Hermione scendere le scale. – Dopo tutto quello che mi hai detto, volevi andartene via come se non fosse successo nulla, per Salazar?!
- C-ch... – mormorò la ragazza, presa alla sprovvista. – Cosa stai dicendo?! TU non hai mosso un muscolo, mentre… – il cuore le saltò in gola, quando si accorse della mano di Draco, ancora stretta intorno al suo braccio che non accennava a lasciare. Il Serpeverde seguì la traiettoria del suo sguardo, ritraendo immediatamente il suo arto.
- E magari avevi pure intenzione di evitarmi per un’altra settimana, tanto per farmi andare un altro po’ fuori di testa, dato che…  – cominciò Draco a blaterare, come se non l’avesse sentita.
- Non stavo scappando! – esclamò Hermione, interrompendolo, con gli occhi fuori dalle orbite per la sua ipocrisia. – Credevo semplicemente che tu non mi avresti risposto, come sempre d’altronde! E poi non sono io la codarda, qui. – sbottò, indecisa se essere più arrabbiata con lui per la sua arroganza o per il fatto che non sapesse far altro che mettersi a litigare, dopo che gli aveva confessato quali fossero i suoi reali sentimenti.
- Cosa Merlino vorresti dire? – sibilò il ragazzo, inacidito.
- Non lo immagini? – ironizzò la Grifondoro, ormai al limite dell’esasperazione. – Tu scappi, Draco. Sempre. Non affronti mai la situazione, preferisci lasciare le cose in sospeso, sperando che si risolvano da sole! Sei solo un…
Hermione non terminò la frase, venendo bruscamente interrotta dallo strattone che il Serpeverde le dette, avvicinandola al suo viso. Non arrossì neppure, ben sapendo che quell’avvicinamento non era certo dovuto a un improvviso desiderio di averla più vicina, ma perché lo aveva fatto arrabbiare. E tanto.
- Non ti azzardare a giudicarmi, Mezzosangue! – sbraitò il Serpeverde, a una spanna dal suo viso. – Non provarci neanche!
- Allora dimostrami che sbaglio. – sfiatò a malapena Hermione, agitandosi per la vicinanza.
Draco trattenne il respiro per un attimo, indeciso; sapeva bene cosa la Grifondoro gli aveva chiesto e non era sicuro di volerle davvero rispondere.
 
Tu scappi, Draco. Sempre.
 
Dimostrami che sbaglio.
 
Non gli stava semplicemente lanciando una sfida, una delle tante che avevano intrapreso, ma tutt’altro. Gli stava esplicitamente chiedendo di non scappare, ma di restare e di affrontare la situazione, di accettarla soprattutto, accettare e prendere in considerazione i sentimenti che gli aveva rivelato e che lo avevano sconcertato più di ogni altra cosa.
 
Non affronti mai la situazione.
 
Dimostrami che sbaglio.
 
Gli chiedeva di scegliere. Di rivelarsi, almeno per una volta, senza nascondersi dietro il suo muro spesso e infrangibile, dove nessuno poteva anche solo sperare di avvicinarsi. Il Serpeverde la fissò in un misto di risentimento e rancore. Merlino, non ci stava capendo più niente. Non aveva mai creduto possibile, Draco, di ritrovarsi in quella situazione, così come non aveva mai immaginato quali fossero in realtà i veri sentimenti della Grifondoro. Aveva sempre ritenuto che l’unica cosa che la spingesse ad avvicinarsi a lui fosse una sorta di attrazione, qualcosa di primordiale, ma privo di sentimenti, molto lontano da quello che era in realtà. E certo non s’immaginava che sarebbe arrivata a confessarglielo.
 
Preferisci lasciare le cose come stanno, sperando che si risolvano da sole!
 
Dimostrami che sbaglio.
 
Certo che avrebbe preferito lasciar le cose come stavano. Avrebbe preferito non udire neanche una singola parola di quelle appena pronunciate dalla ragazza, così forse non gli sarebbe scoppiata la testa. Non gli si sarebbe bloccato il respiro e non avrebbe percepito quella sensazione spiacevolmente logorante risalire per tutto il corpo e fermarsi sul cuore. Non era la stessa emozione che gli imbrattava l’anima, quando si riscopriva, contro ogni logica, a pensarla o a fissarla, facendogli… male. Non era nemmeno rabbia o disprezzo. Era qualcosa di più semplice e allo stesso tempo complicato, che indefinitamente svolazzava nel suo cuore, come un uccellino impazzito. Merlino, non ci stava capendo più niente.
 
Sei solo un…
 
Un codardo, ecco cosa sono.
 
Dimostrami che sbaglio, dimostrami che sbaglio, dimostrami che sbaglio.
 
Draco sbuffò, mentre le tempie prendevano a pulsargli dolorosamente.
- Comunque, adesso capisco… molte cose. – fu quello che Draco riuscì a pronunciare dopo altri minuti di riflessione.
 
Tu torni, Mezzosangue, torni ogni volta.
 
Sono innamorata di te.
 
Perché lo hai fatto, perché hai scelto me?
 
Sono innamorata di te.
 
Hermione, nel frattempo, lo fissava, mentre un tumulto si agitava nel suo cuore e nella sua mente. Non aveva idea di cosa dire e, soprattutto, non aveva idea di cosa stava per dire Draco, che sembrava parecchio inquieto da quando…
 
Sono innamorata di te.
 
- Per Salazar, ma cosa… ti è venuto in mente di… – il Serpeverde s’interruppe, a corto di parole. Cosa stava cercando di dire? Non se lo ricordava. Maledetto macigno nel petto.
 
Basta, fa male.
 
- Quello che hai detto non cambia le cose. – sbottò Draco, faticando per parlare. Doveva chiudere quella conversazione.
 
Niente emozioni, Draco, saranno la tua debolezza.
 
Il viso di Hermione, fino a quel momento contratto in una smorfia, si oscurò ancora di più, così come i suoi occhi.
- Ma certo. – sputò con amarezza. – Come posso pretendere che…? – lasciò la frase in sospeso, mentre si asciugava gli occhi, leggermente lucidi. – Che stupida.
 
Come posso pretendere che tu non faccia finta di niente? Che tu non scappi?
 
Tu scappi, Draco, sempre.
 
Ed Hermione queste cose non le disse ad alta voce, non trovando la forza, ma Draco le intuì lo stesso, le lesse nei suoi occhi, nel suo timbro di voce, perché si irrigidì come una statua di sale.
 
Dimostrami che sbaglio.
 
Non scappare via, Draco, non stavolta.
 
- Cazzo! – esclamò allora il Serpeverde, mentre qualcosa di simile all’ansia gli bloccava il respiro. La fissò, con gli occhi ridotti a due fessure, mentre i muscoli tremavano senza controllo. – Vuoi che sia sincero con te?! – chiese, con uno strano tono e qualcosa che gli ribolliva nel petto. – Non posso esserlo, per Salazar! Non posso esserlo, perché non capisco cosa sta succedendo e, soprattutto, cosa tu mi abbia fatto per… confondermi così! – sbraitò, al limite dell’esasperazione, non sopportando più tutto quello che si agitava dentro di lui e che alla fine era scoppiato, proprio come un palloncino.
 
Cos’è? Cos’è tutta questa roba che ho dentro?
 
- Che?! – Hermione non riuscì a trattenersi dal pronunciare, sbigottita dal suo scoppio d’ira e sconcertata dalle sue parole. – I-io ti mando in c-confusione?
- Tu, maledizione, tu! Mi infastidisce, mi… esaspera questa cosa! Io… – Draco si interruppe per un secondo, chiedendosi quanto avrebbe dovuto essere sincero. Aveva sempre creduto che nascondersi fosse la scelta migliore, per non mostrare punti deboli, ma allora perché stava impazzendo e si sentiva più vulnerabile che mai?
 
Sei solo un codardo.
 
Dimostrami che sbaglio.
 
- Io sono abituato a controllare tutto. – si ritrovò a confessare il Serpeverde, faticosamente. – A conoscere tutto. – specificò, mentre a Hermione si bloccava il respiro. – Ma tu… non… riesco a capirti, non riesco mai a… comprendere quello che… succede quando sei con me.
 
Non riesco a controllarlo.
 
E fa male.
 
Draco strinse le mani in un pugno, rendendosi conto di non essere mai stato così sincero in vita sua.
- Poi, questo… questo bambino di mezzo. – sputò, infine, non riuscendo più a continuare.
- Quindi, io… ti confondo? – borbottò Hermione, sempre più allucinata da quello che aveva sentito. Merlino, era sempre stata convinta di essere lei, tra i due, quella che veniva mandata in confusione.
Il Serpeverde s’irrigidì, comprendendo di essersi esposto troppo. Serrò le labbra in una linea rigida, mentre i suoi occhi s’indurirono al limite dell’inverosimile.
- No! – esclamò Hermione improvvisamente, afferrandogli un braccio in un riflesso involontario. – Non… nasconderti.
 
Niente maschere, ti prego.
 
Niente Malfoy. Lui mi distruggerebbe.
 
Se il Serpeverde comprese cosa stesse cercando di dirgli la ragazza, non lo diede a vedere; si limitò a scandagliarla con lo sguardo e aspettare che lei ritraesse il braccio dal suo.
- Io non provo qualcosa per te. – Draco ci tenne a precisare, dopo qualche altro secondo. Si passò una mano tra i capelli, sbuffando di esasperazione. È l’unica cosa di cui sono sicuro in questo momento.
 
Forse.
 
Draco si accorse di aver usato parole troppo dure, perché avvertì su di sé la sofferenza che chiaramente si palesò negli occhi della Grifondoro. Nonostante sapesse di non doversi giustificare, né rimangiarsi ciò che aveva detto, spostò lo sguardo da lei, incapace di sorreggerlo.
 
Per la prima volta, incapace di sorreggere uno sguardo.
 
- Solo che… – riprese, schiarendosi la voce. – Sei strana, ok? Tu non… Non… – il Serpeverde si arruffò i capelli, trovandosi talmente in difficoltà da non riuscire a parlare. – Io… ho sempre ripetuto in questi anni quanto tu fossi…un abominio per il Mondo Magico, quanto tu fossi indegna di esistere e far parte di Hogwarts.
 
Crac.
 
- Ma… non lo penso più, ecco. – sibilò nervosamente, desiderando chiudere quella conversazione il prima possibile.
 
Ah, bene.
 
Io ti dico che sono innamorata di te e tu che non sono un abominio come avevi sempre ritenuto.
 
Tipico di Draco.
 
- E cosa pensi, adesso?
Quando il Serpeverde puntò gli occhi nei suoi, Hermione vi lesse talmente tanta confusione che quasi si dispiacque per la sua domanda.
- Penso… – Draco prese un bel respiro, cercando di scacciare quella voce dentro di lui, piena di orgoglio e arroganza, che gli urlava di non rispondere e scappare via.
 
Tu scappi, Draco. Sempre.
 
Dimostrami che sbaglio.
 
- Penso che tu sia un’arrogante sapientona che vuole sempre avere l’ultima parola. – sbottò. – Penso che tu riesca ad essere irritante e fastidiosa più di qualunque altro essere umano e che…  – Draco fece una smorfia. – … tu sia un’insopportabile Grifondoro con amicizie alquanto discutibili. E sei così schifosamente leale, da farmi venire la nausea, a volte. Ma… – il Serpeverde si passò una mano tra i capelli, combattuto tra il martellante orgoglio, da una parte, e la volontà di essere sincero, dall’altra. – … penso anche che tu sia una persona… – si schiarì la voce, sentendosi più incerto e insicuro che mai. – …gentile…

Gentile?

- …ingenua, a volte… e, beh, buffa.

Buffa?

- E penso… – Draco la guardò, stavolta senza niente che potesse ferirla nello sguardo o umiliarla, facendola sentire nuda di fronte ai suoi occhi. – … che tu sia una persona migliore di tante altre. – concluse, raddrizzando le spalle, come se solo in quel momento si fosse liberato di un gigantesco fardello.
 
Migliore di me.
 
Solo dopo aver concluso il suo discorso leggermente confusionario, Draco si accorse che le mani di Hermione stavano tremando, così come il suo corpo. Era un tremolio impercettibile, che la scuoteva appena, ma che la percorreva da capo a piedi, per concentrarsi sul suo cuore.
E, nonostante Draco non le avesse né confessato amore eterno, né si fosse scusato per i suoi comportamenti, la ragazza si riscoprì a sorridere e a tremare di emozione per le sue parole. Le aveva fatto detto chiaramente che non era proprio tutto come prima. Se lo fosse stato, l’avrebbe derisa, insultata fino alla fine dei suoi giorni e, invece, si era sforzato di essere sincero, non era scappato, ma era rimasto, dimostrandole di non essere la stessa persona di prima. E le aveva confessato che non la vedeva più come un abominio, ma come una persona.
 
Una persona gentile e ingenua e buffa.
 
E, soprattutto, le aveva dato qualcosa che prima le mancava.
 
La speranza.
 
- Credo di essermi spiegato leggermente male, Granger, ma…
- Hermione. – lo interruppe.
- Cosa?
- Chiamami per nome. Il rispetto, Draco, lo pretendo.
Il Serpeverde la guardò talmente a lungo che la ragazza si ritrovò con la gola secca. Dopo minuti d’interminabile silenzio Draco annuì silenziosamente, non emettendo più una singola parola.
Hermione prese un bel respiro, mentre Draco faceva lo stesso.
 
Sono innamorata di te.
 
Oddio, gliel’ho detto.
 
- Che conversazione difficile. – mormorò la ragazza, nel tentativo di sdrammatizzare e alleggerire la tensione.
Il Serpeverde ghignò ed Hermione capì che quella sorta di comprensione e indulgenza che Draco le aveva concesso fino a quel momento era andata a farsi benedire.
- Parla per te. Io non ho avuto alcuna difficoltà. – sentenziò il ragazzo, con tono arrogante come se cinque secondi prima non avesse avuto parecchi problemi ad articolare un discorso decente. La strana sensazione che prima lo aveva assalito e, conseguentemente, stordito, se n’era andata, anche se avvertiva un leggero malessere che stava cercando di scacciare velocemente.
Hermione lo guardò alzando un sopracciglio e poi sospirando, ormai consapevole della sua natura.
 
Che ipocrita.
 
Si passò una mano sulla fronte, sentendosi più stanca che mai. Il cuore continuava a batterle all’impazzata, come sempre in presenza di Draco, l’ansia che l’aveva attanagliata fino a qualche minuto prima si stava affievolendo pian piano, lasciandola leggermente intorpidita. Guardò distrattamente la sveglia che aveva vicino al comodino e quando si accorse dell’orario spalancò gli occhi. Se non fosse scesa al piano di sotto entro i prossimi cinque minuti per lo scoccare della mezzanotte, sua madre non glielo avrebbe perdonato. Era il primo Natale dopo anni che passava a casa e Hermione sapeva che i suoi genitori si aspettavano che lei partecipasse ai festeggiamenti, nonostante avesse ben poca voglia di festeggiare.  
- Beh, era inevitabile, comunque. – cominciò a blaterare il Serpeverde, distraendola dalle sue riflessioni. – Come si può non innamorarsi del sottoscritto? Ho sempre saputo di essere meraviglioso e…
Hermione fece uno sforzo incredibile per scoppiare a ridere. Il suo cuore cominciò a sorridere di gioia alle sue parole. Qualche mese prima si sarebbe sentita umiliata o infastidita dalla sua arroganza e soprattutto da quel ghigno malefico che gli si era dipinto sulle labbra, ma adesso che aveva imparato a conoscerlo meglio, sapeva bene che quello che Draco stava facendo non era altro che una scherzosa presa in giro. Così come si era accorta dell’agitazione estrema che aveva colto il ragazzo qualche minuto prima, adesso riusciva chiaramente a interpretare il suo tentativo di alleggerire la tensione con una battuta stupida.
Non poté impedirsi di arrossire, però, di fronte al suo sorrisetto ironico, che avrebbe voluto far scomparire a forza di baci.
- Ma smettila, idiota. – borbottò, alzandosi dal letto, sperando che non riuscisse a sentire il frenetico battito del suo cuore. – Dobbiamo scendere perché… ah, no.
Hermione non terminò la frase, poiché, d’un tratto, si ricordò di una questione importante, lasciata in sospeso.
 
Nel caso tu non voglia avere niente a che fare con me o con nostro figlio, sei libero di andartene quando vuoi.
 
Non ne avevano più parlato da quella volta al muretto. Anzi, ad essere sinceri non avevano mai davvero parlato del futuro del loro bambino e, forse, era il momento di cominciare a farlo. Lasciò la maniglia della porta che aveva già afferrato e guardò Draco, che ancora non si era alzata dal letto.
- Cosa… uhm… intendi fare con…?
Lasciò la domanda in sospeso, ma la dolce pacca che diede sulla sua pancia fu un chiaro segno a cosa si stesse riferendo. Il Serpeverde distolse lo sguardo, dopo averla fissata per qualche istante
- Ho già detto che mi prenderò le mie responsabilità. – rispose brusco, il tono scherzoso scomparso velocemente come era arrivato. – Quante volte devo ripetertelo?
- Hei, non ti arrabbiare. Ho il diritto di chiedertelo. – replicò la ragazza, irritandosi a sua volta per quel tono astioso. – Comunque, mi riferivo anche a quello che ti ho detto una settimana fa. Vuoi andartene? – chiese poi, senza troppi giri di parole, sperando più che mai in una risposta negativa.
- Se sono ancora qui, Granger, qualcosa vorrà pur dire, non pensi?
- Hermione.
- Eh?
- Chiamami Hermio…
- Salazar, sì, ok, ho capito! Hermione, d’accordo?! – sputò Draco in uno sbuffo, mentre il cuore della ragazza faceva una trentina di capriole.
La ragazza lo fissò, con un leggero sorriso, prima che le sue labbra si stirassero. Si mordicchiò il labbro, indecisa se porre o no quella domanda che gli frullava in testa da mesi e che non aveva mai trovato il coraggio di pronunciare.
- Ti importa del bambino? – sussurrò infine, talmente piano che Draco ebbe parecchie difficoltà a sentirla. Afferrò nuovamente la maniglia, stringendola nell’invano tentativo di acquietarsi. – O lo fai solo… per orgoglio malfoyesco o… qualcosa di simile?
Non aveva mai osato chiederglielo.
Forse perché non aveva mai voluto conoscere la risposta.
- Hai sempre detto che è… un errore… – Hermione faticò nel pronunciare quella parola. – … e forse lo è, ma… per me non è così.
Il Serpeverde la fissò, facendo una smorfia, apparentemente meno turbato di quanto in realtà lo fosse lei. 
- Non posso dire di esserne felice, perché, tu lo voglia o no, la tua gravidanza è un errore. – rispose schiettamente e senza il minimo tatto, facendo stringere il cuore della ragazza in una presa talmente ferrea che smise di respirare per vari secondi. – Però… m’importa, credo.
 
Credi?
 
- Credi? – sbottò la ragazza. Lei lo amava già con tutta se stessa e a lui, forse, importava?
 
Tipico di Draco.
 
- Sì, credo. Qualche problema? – replicò stizzito il Serpeverde, sulla difensiva.
- No.
- Bene, meglio così.
- Vieni con me alla prossima ecografia, dato che credi che ti importi? – chiese la Grifondoro, trovando chissà quale coraggio, mentre al piano di sotto una decina di voci si univano in coro per il conto alla rovescia. – È tra pochi giorni. – aggiunse, non curandosi del rumore.
 
Dieci, nove…
 
Ti importa del bambino?
 
- Ecografia? – replicò il Serpeverde, pronunciando quella parola con sospetto e lanciandole un’occhiata leggermente perplessa.
- Sì, ecografia.
 
Otto, sette…
 
Ti importa, Draco?
 
- Cosa Merlino è un’ecografia? – sbottò, malamente.
- Qualcosa che servirà a farti vedere il bambino. – spiegò Hermione pazientemente, chiedendosi come fosse possibile che Draco non sapesse cosa fosse.
 
Sei, cinque…
 
Ti importa, Draco? Ti importa davvero?
 
- Perché dovrei venire?
- Mi pare una domanda stupida questa.
 
Quattro, tre…
 
Ti importa o sei solo un codardo?
 
Tu scappi, Draco, sempre.
 
Dimostrami che sbaglio.
 
- Dovrò entrare in un luogo pieno di sudici babbani che…
- Vieni sì o no?! – lo interruppe Hermione, consapevole che se si fosse lanciato in quella discussione, non le avrebbe risposto nemmeno fino a domani mattina.
 
Due, uno…
 
Dimostrami che sbaglio, dimostrami che sbaglio, dimostrami che sbaglio.
 
Ti importa, Draco, di me? Di tuo figlio?
 
- D’accordo.
 
In quell’istante risuonò il primo rintocco della mezzanotte.
 
Gli importa.
 
Merlino, gli importa.

 
 
 
 
 
 
 
 





 
 
 
 
 
 
 





 
 
Angolo Autrice
 
Beh, eccomi qui dopo così tanto tempo, che mi vengono i brividi soltanto a contare le settimane che sono passate dopo l’ultimo aggiornamento. Non so quanto possa essere sufficiente scusarmi ancora con voi lettori, che ormai vi sarete stancati di aspettare così tanto ogni volta. Mi dispiace. Sembra stupido ripetervelo sempre, ma è così. Mi dispiace tantissimo.
La maturità mi ha impedito di scrivere fino alla prima settimana di luglio, mi ha assorbito talmente tanto che in quel periodo non riuscivo a pensare ad altro se non alle 1000 pagine di ogni materia che dovevo studiare e che mi faceva rizzare i capelli sulla nuca. Poi, appena finita la maturità, ho cominciato a studiare per i test che ci sono stati ora, a settembre. Non so ancora se sono stata presa a Medicina (tra slittamenti vari) e lo saprò soltanto i primi di ottobre ed è frustrante tutto questo, perché il mio futuro è appeso a un filo ed io non so ancora cosa andrò a fare… Per questo, nel caso non fossi entrata a Medicina, mi sono iscritta a vari test, che ho dato, e che per fortuna sono andati bene. Per quest’anno, se alla fine non entro a Medicina, andrò a un’altra università e riproverò l’anno prossimo :) Comunque, è stata un’estate in cui non ho fatto altro che studiare, mi scoppia la testa e sono in preda a un vero e proprio esaurimento nervoso! Soltanto dalla settimana scorso mi sono cominciate le vacanze in pratica! Scusate se vi rompo le scatole con i miei problemi, ma almeno vi ho spiegato perché sono stata così assente! Sappiate che se avessi potuto fare diversamente, lo avrei fatto. Ogni volta vi deludo con i miei ritardi e mi si stringe il cuore nel leggere le vostre recensioni che mi chiedono di aggiornare ed io, invece, vi faccio aspettare un sacco di tempo. Mi dispiace, davvero. Però la cosa positiva è che se andrà tutto bene avrò abbastanza tempo libero, almeno fino a ottobre! ^.^
Comunque, passiamo al commento del capitolo, prima che queste note si allunghino troppo. Come ho già scritto all’inizio, è il capitolo più complicato che abbia mai dovuto scrivere… parlare dei sentimenti di Hermione, farglieli rivelare a Draco è stata una vera impresa! Non avete idea di quante volte abbia scritto e riscritto l’ultima scena e ogni volta mi sembrava peggio di quella precedente. Alla fine ho deciso di lasciarla così come l’avevo immaginata all’inizio e spero che non faccia troppo schifo, come invece temo….. O.O   Allo stesso modo, se trattare Hermione è stato complicato, beh Draco mi ha dato ancor più filo da torcere… Spero di non essere scivolata nell’OOC, cosa che accade molto spesso quando si parla dei sentimenti di Draco… forse può sembrarvi confuso quello che prova, ma in fondo… lo ha detto anche lui che Hermione lo confonde, no? ;) Spero che comunque la sua reazione vi sia piaciuta, anche se magari non era proprio quello vi aspettavate… lo so che vorreste un po’ più di dolcezza e, a piccoli passi, l’avrete… Nel prossimo soprattutto! 
Ah! Inoltre nel prossimo o tra due capitoli, si scoprirà se è un BIMBO o una BIMBA, il pargolo che Hermione porta nel pancino ;) Ricordo di averlo chiesto qualche tempo fa quale dei due vi sareste immaginati e beh… si scoprirà presto!
Ok, direi che possiamo passare ai ringraziamenti, prima che le note superino una pagina di word. Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate, davvero siete tantissimo e vi ringrazio di cuore! Ma un grazie super speciale alle 56 ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, facendomi svenire di gioia quando ho visto il numero: _AllYouNeedIsLol_, At Sunrise_, Luisa21, Beth, onlyreadanwrite, AlyaBlack, clari94, saretta_2610, tonks17, Il filo di Arianna, AdSidera, tomorrow_people, DramioneGleek, elis_rogue, Clayndory, Kat_Winchester, RemusTonks98, Stella94, AryDP, RedF0x, _yellow_, Ladypretty, Autumn__Leaves, Hayley_Granger, anonima K Fowl, Elisewin Granger, Dramone99, Joker157, CiuiaOcchietto, MyLittleMuffin, Alyss_, suckerforlove, Black_Yumi, ElineSerpeverde, Sara Luketic, ielma, Wingardium_Leviosa97, HP_LOVE, World Below, Notteinfinita, Neko_Kuro_90, gio_lesa, YouKnowThatIlCarryYou, Lierin_, Sakura_chan97, mira_potterhead_92, Alchimista93, love_infinity, _Lola99_, SWAMPY, 17pally, Pipsie, Intrepidaserpe_27, MimiRyuugu, _Giuls17_, e Always_Potter.
Grazie ragazze *___*
Un abbraccio stritola-costole a chiunque sia ancora qui, nonostante non me lo meriti,
flors99 
  
Leggi le 58 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: flors99