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Autore: futacookies    19/09/2014    8 recensioni
{Tribute to Alice Paciock}
I matti erano la configurazione dei suoi sogni infranti, erano vestiti con pezzi del suo abito da sposa – quello di seta, fatto di nuvole, di sogni, appena uscito da un libro –, le raccontavano di un bambino che cresceva solo, lontano da lei – e Alice apriva gli occhi, e diventava tutto bianco, e provava a seguirlo, quel bambino, ma la facevano sempre tornare indietro.
A volte Alice si chiedeva chi fossero, i pazzi. [...] I giorni passavano, Alice lo sapeva, se ne rendeva conto dalla lunghezza dei suoi capelli – a Frank piacevano i suoi capelli. Frank si ricorderà di te, Alice? –, dalla voce di quel bambino – che ormai non è più un bambino, Alice, ma continua a chiamarti mamma, e tu vorresti sempre seguirlo –, ma i matti di dentro erano sempre gli stessi – ci sono i conigli in ritardo, le carte parlanti, i gatti sorridenti, le Regine decapitanti. [...] Alice vedeva oltre quello che vedevano i matti di fuori e i matti di dentro.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Paciock, Frank Paciock, Mangiamorte, Marlene McKinnon, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
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Nick dell’autrice: Liberty_Fede
Fandom: Harry Potter
Titolo: Oltre lo specchio
Personaggi: Alice Prewett/Paciock, Frank Paciock, Rose Prewett (OC creato per l’occasione), Augusta Paciock, Neville Paciock, Alastor Moody, Marlene McKinnon, vari personaggi tratti da ‘Alice nel Paese delle meraviglie’.
Genere/Prompt: drammatico/rating arancione, cit. [la storia si ricorda dei re, non dei soldati], prompt lacrime, prompt sogno, prompt seta.
Conteggio parole: 2588 (credo che si possa considerare a tutti gli effetti una OS)
Generi: Drammatico, Introspettivo, Angst, e un po’ Sentimentale.
Rating: Arancione
Contesto: i Malandrini/I guerra Magica
Avvertimenti/Note: Violenza (accenni), Raccolta, Tematiche delicate (buona parte della raccolta è incentrata sulla follia di Alice dopo essere stata tortura dai Lestrange/Crouch).
NdA: ho combinato un casino, ne sono convinta. Comunque, nel corso della storia ci sono varie citazioni tratte da ‘Alice nel Paese delle meraviglie’ e ‘Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò’ – titolo compreso. Solo che attraverso non dava la stessa idea di oltre, quindi ho cambiato. Alcune drabble sono state terribili da scrivere – mi chiedo perché abbia abbandonato il progetto originale. Rose Prewett è un’OC creato per l’occasione, che dovrebbe impersonare la sorella maggiore di Alice e che  morirà prima della nascita di Neville. Molti dei personaggi che ho elencato faranno a mala pensa una comparsa, ma mi sembrata giusto citarli. Ho fatto un disastro con i prompt – li ho usati troppo poco, per i miei gusti, e per il resto, alla fine.

Oltre lo specchio

– E quel che Alice vi trovò –

 
I
– Alice nel Paese delle Meraviglie –
 
Alice non amava leggere: al contrario della sorella, che avrebbe passato ogni istante della sua vita con volto sprofondato in un libro, lei era attaccata alla realtà, ai fatti – a volte, forse, a candidi sogni da scrivere.
E Rosie amava libri Babbani pieni di animali fantastici, più di quelli magici, con indovinelli complicati e una protagonista più intelligente che bella.
E la sera le raccontava di carte parlanti che tingevano rose bianche di rosso, di un gatto che sorrideva enigmatico, di un’Alice – come lei – che si era persa nel Paese delle Meraviglie, e non riusciva a uscire.
Se lei l’avesse trovato, un Paese delle Meraviglie, non sarebbe voluta tornare indietro.
 
«Allora dovresti dire quello in cui credi», riprese Marlene.
«È quello che faccio», rispose subito Alice; «almeno credo in quello che dico, che poi è la stessa cosa.»
«Non è affatto la stessa cosa!» disse Marlene. «Scusa, è come se tu dicessi che “vedo quello che mangio” è la stessa cosa di “mangio quello che vedo”!»


In quel momento era diventata amica di Marlene, con i boccoli biondi e i luminosi occhi neri.
Allora, dopo essere fuggita dalla Sala Grande, con gli occhi pieni di lacrime e sogni infranti, per via dell’ennesima figuraccia, quando una Corvonero l’aveva presa in giro per i suoi capelli e non aveva avuto il coraggio di risponderle per le rime.
Allora, quando sembrava piccola e patetica, prima di diventare la ragazzina simpatica e brillante che voleva fare l’Auror. E Marlene era sempre stata la sua voce della ragione, che diceva quello che c’era da dire, e taceva quel che c’era da tacere.
 
«Ehi, Paciock! La Meadowes ti ha dato un altro due di picche?»
All’interno della Sala Comune, con le Cioccorane e Marlene, la guerra che si avvicinava era solo uno spettro, un personaggio del libro di Rose, che appariva, scompariva, e faceva sembrare tutto un brutto sogno.
«Taci, Prewett, o sarò costretto a toglierti dei punti.»
Frank, invece, non sembrava un personaggio delle favole.
Era reale e terribilmente imbranato, quanto di più lontano ci potesse essere dal grande sogno d’amore di ogni ragazza.
Eppure, al riparo nel suo baldacchino, lei – con la sua razionalità – sognava un principe reale e imbranato. Proprio come lui.
 
L’addestramento da Auror era più difficile di quel che pensava: una carriera irta di spine che avrebbero potuto avvilupparla e costringerla a sanguinare più del dovuto.
E poi Malocchio era pazzo – completamente fuori di testa.
 
 «Ricordate: potete sempre avere di più di quel che prendete!»
«Non ho ancora preso niente, non posso prenderne di più.»
«Vuol dire che non puoi prenderne di meno. È facile prendere più di niente.»
 
«Attenzione: la storia si ricorda dei re, non dei soldati. Noi siamo mandati a morte per una causa più grossa. I Mangiamorte credono che un giorno saranno ricordati, come Voldemort – siete Auror! Non fate quelle facce –, noi no. Non abbiamo tempo per la gloria.»
 
Quando Frank le aveva chiesto di sposarlo, non ci aveva pensato due volte a dire ‘sì’. Come nei suoi sogni, Frank era diventato un principe azzurro, con la divisa da Auror e una fede da mettersi al dito.
Rose e Marlene avevano lanciato urletti deliziati, quando aveva fatto vedere loro l’abito da sposa.
Che l’aveva scelta – come se fosse stata una bacchetta.
Una nuvola di seta, da passare i pomeriggi ad accarezzare, tuffandosi nel nulla.
La prova della loro incoscienza, due che si sposavano con la guerra alle porte.
La prova che esistevano ancora, nonostante la guerra. Che amavano, sognavano, piangevano.
Tutto chiuso lì, in quella nuvoletta di seta bianca.
 
«Povera me! Povera me! Arriverò in ritardo!»
Rose ridacchiò al suo fianco. «Proprio come il Bianconiglio!»
«Chi è il Bianconiglio?», chiese Marlene, alle loro spalle.
«I conigli non arrivano in ritardo, Rosie.»
«Chi è il Bianconiglio?»
«Non tutti i conigli, vorrai dire!»
«Chi è il Bianconiglio?»
Era un terzetto strano, a vedersi – come quelli dei libri di Rosie.
Alice era avvolta nella sua nuvola di seta bianca, pronta a convolare a nozze, mentre correva per raggiungere la cappella di Ottery St. Catchpole. Non sarebbe salita su una scopa – orrore! –, e Rosie non avrebbe mai saputo avviare un’auto Babbana senza farsi scoprire.
Era in ritardo!
Sperò che nessuno volesse decapitarla.
 
«Alice! Smettila con queste sciocchezze!»
Malocchio l’aveva colta in fallo, mentre osservava beata una foto di lei e Frank sulla Gazzetta del Profeta, che li indicava come la ‘punta di diamante’ del corpo Auror del Ministero.
Come quando andava a scuola, nello stanzino degli Auror, la guerra sembrava un sogno, un’utopia – troppo lontana per essere raggiunta.
Il suo bambino che sarebbe nato tra qualche mese, il suo matrimonio, Marlene e i suoi sorrisi, Rosie e i suoi libri strampalati, quelli erano la realtà.
L’Ordine della Fenice, tutti quei ragazzi con tanta voglia di vivere, di combattere, quasi credeva che ce l’avrebbero fatta, alla fine, a distruggere Voldemort e i Mangiamorte.
 
II
Alice attraverso lo Specchio –
 
Piangeva, Alice, piangeva come se non ci fosse un domani, e le lacrime le annebbiavano la vista, la mente, ottundevano i suoi sentimenti.
Era circondata da lacrime, lacrime dovunque: sulle sue guance, sulle mani che avevano provato ad asciugarle, sul naso arrossato, sul quel bel maglione rosso che le aveva regalato sua madre per Natale.
Rosie era morta.
Sua sorella, quella piena di sogni, piena di vita, piena di libri fantastici, era stata trovata priva di vita, priva di sogni, nel suo appartamento.
Le toccava quel maledetto libro, quello che avrebbe voluto che leggesse al suo bambino – un bambino che non avrebbe mai conosciuto – contenente tutta quella vita – tutti quei sogni – che le erano stati portati via.
*
Piangeva, Alice, e sentiva il cuore oppresso dalle lacrime. Aveva ragione Malocchio, in fondo: stavano combattendo una guerra, loro erano soltanto soldati di cui nessuno avrebbe ricordato il nome, in favore di re folli e sanguinari per i quali stavano immolando la vita.
Le toccava guardare il corpo straziato di Marlene, mentre si aggrappava a Frank, mentre nessuno poteva salvarla dall’annegare nelle lacrime che non aveva il tempo nemmeno di essere asciugate, di essere piante.
Avrebbe voluto ridare i sogni a Rose e il sorriso a Marlene, a prendersi cura del suo bambino – così piccolo, incosciente dei sogni, delle lacrime, della vita.
 
«Mamma! Prendi Neville e vattene!»
Sembrava tutto finito, era tutto finito, invece, eccoli lì, tre tra i più noti Mangiamorte, con un ragazzino che non aveva mai visto.
Avrebbe voluto più tempo per i suoi sogni, per le sue lacrime – per poter piangere James e Lily, giovani e incoscienti come il suo bambino.
Ma era un Auror, e Malocchio diceva che gli Auror non avevano tempo per le lacrime e i sogni. Erano soldati di una guerra più grande di loro – qualcuno si ricorderà di te, Alice?
Disarmati, due contro quattro, aveva perso troppo presto.
«Dov’è l’Oscuro Signore?»
«La domanda è,» replicò Bellatrix, «chi è che comanda – tutto qui.»
 
Quando aveva frequentato il tirocinio per diventare Auror, Alice aveva studiato la Maledizione Cruciatus, restandone inorridita. Non avrebbe mai immaginato di provarla, mentre Malocchio sciorinava informazioni.
Era male puro iniettato nelle vene – dove sono i tuoi sogni, Alice?
Tremava dentro, fuori, i mostri dei libri di sua sorella che le estirpavano le urla dalla gola – dov’è tua sorella, Alice?
Era l’impossibilità di formulare qualunque pensiero – dove sono i suoi libri, Alice?
Era il lento oblio della mente, quando non sentiva più nessuno intorno a lei, nemmeno se stessa – dove sei, Alice?
C’erano solo lacrime che non riusciva più a riconoscere, sulle guance – dov’è il tuo bambino, Alice?
 
Le urla incandescenti che le infiammavano la gola, le immagini raccapriccianti che le mandavano i suoi occhi, il tremito incontrollato di ogni terminazione nervosa non erano state abbastanza da impedirle di scivolare piano della totale incoscienza.
Dov’era Alice?
Chi era Alice?
Cosa stava succedendo intorno a lei, sopra di lei, sotto di lei, di chi erano le altre grida, chi c’era accanto a lei?
Dov’era Frank, il principe dei suoi sogni?
I mostri dei libri di Rosie vorticavano nella sua mente, trascinandola sempre un po’ più a fondo, sempre più lontano.
Chi si ricorderà di te, Alice?
Perdere il senno era come accarezzare la seta del suo abito da sposa.
 
Sua sorella – dove sei, Rosie? – l’accusava di ridere come il gatto del Cheshire, un po’ matta, un po’ folle, come chi sa qualcosa di più.
Non aveva capito cosa intendesse, finché il suo subconscio non gliel’aveva proposto, quel sorriso, tra tante immagini offuscate dall’oscurità.
«Benvenuta tra i matti, Alice.», – chi è Alice?
Quei matti erano davvero strani. Facevano paura.
Gli Auror non hanno paura.
«Ma io non voglio andare fra i matti», osservò Alice.
«Be', non hai altra scelta», disse il Gatto «Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta.»
«Come lo sai che sono matta?» disse Alice.
«Per forza,» disse il Gatto: «altrimenti non saresti venuta qui.»
 
III
– Alice oltre lo Specchio –
 
I matti la spaventano, davvero, davvero tanto.
I matti erano mostri grotteschi, che la guardavano tutto il tempo, che la rivestivano di spine  e le mostravano sorrisi mesti e consapevoli.
Le chiedevano di Alice, chi era, dov’era finita.
E lei non lo sapeva, non sapeva nulla, sentiva sogni infranti negli occhi, lacrime salate sulle labbra e seta da stringere tra le mani.
Alice, Alice, Alice, la chiamavano così e scappavano, intermittenze di realtà tra le ciglia, volti che non riconosceva, voci che non voleva sentire.
E poi bianco, tutto bianco – come i suoi sogni, come la seta del suo abito da sposa.
Chi si ricorderà di te? Sei tu Alice?
 
I matti parlavano – parlavano con una vocetta acuta e stridula, e voleva scappare lontano, ma dov’era, Alice?
I matti la indicavano, c’erano conigli bianchi – come i suoi sogni, come la seta che stingeva tra le mani – con enormi orologi da taschino, che esclamavano terrorizzati: “È tardi!”, “È tardi! È tardi, tardi, tardi!”.
E allora i conigli sparivano – dov’erano i conigli, Alice? – e appariva il sole caldo dell’estate, e vedeva tre ragazze che correvano, vedeva i sogni andati distrutti – dov’è tua sorella, Alice? Dov’è Marlene, Alice? Dove sei tu, Alice? Chi siete voi? –, vedeva un vestito bianco di seta e le lacrime che non aveva avuto il tempo di piangere.
 
I matti ridevano – ridevano sempre.
I matti erano come Rosie se l’immaginava – chi è Rosie, Alice?
I matti erano talmente colorati da rendere ciechi, talmente rumorosi da rendere sordi, talmente spaventosi da rendere muti.
I matti erano la configurazione dei suoi sogni infranti, erano vestiti con pezzi del suo abito da sposa – quello di seta, fatto di nuvole, di sogni, appena uscito da un libro –, le raccontavano di un bambino che cresceva solo, lontano da lei – e Alice apriva gli occhi, e diventava tutto bianco, e provava a seguirlo, quel bambino, ma la facevano sempre tornare indietro.
A volte Alice si chiedeva chi fossero, i pazzi.
 
Alice non credeva alla cose impossibili – in cosa credi, Alice?
Ricorda stralci di conversazioni, di sogni, di lacrime, di pagine dimenticate.
Ignorava le parole dei matti – i matti nella sua testa parlavano troppo, quelli fuori troppo poco – e non sapeva chi era – Alice? I matti la chiamavano così –, come ci era arrivata lì – lì era tutto bianco, come i suoi sogni, come la seta del suo abito da sposa, come le pagine dei libri che Rosie voleva scrivere.
– Chi è Rosie, Alice? Dov’è Rosie, Alice? Ti ricordi di Rosie, Alice?
I matti le avevano detto che Rosie sognava e piangeva, che Rosie non era in nessuno posto. Che era dovunque. I matti dicevano cose strane. Soprattutto quel gatto. Quel gatto appariva, scompariva, rideva, piangeva, le poneva sempre la stessa domanda: “Chi si ricorderà di te, Alice?”
E Alice non poteva rispondere, lo guardava in cerca di certezze, ma le sue certezze erano flebili come un castello di carte. Ah, le carte! Le carte l’avevano fatta impazzire, mentre tinteggiavano di rosso le rose bianche – bianco, bianco, era sempre tutto bianco intorno a lei. I suoi sogni, la seta del abito da sposa.
Poi c’era la Regina, che era Nera, nera come la follia, come l’incoscienza, come gli occhi di Marlene – chi è Marlene, Alice? Dov’è Marlene, Alice? –, la Regina rideva sempre più forte degli altri, quando si guardava intorno senza sapere cosa fare. La Regina le diceva le cose più assurde, le raccontava piano di un passato felice, e rideva, sempre più forte degli altri, rideva, rideva, rideva e Alice piangeva, mentre il gatto le chiedeva “Chi si ricorderà di te, Alice?”
Ed erano tutti intorno a lei – conigli, carte, gatti e Regine assetate di sogni e di lacrime – e cantavano, ridevano, parlavano – chi è Neville, Alice? Chi è Frank, Alice? – e Alice voleva scappare, ma i matti l’avevano vestita di rovi e non  riusciva a correre, ma le porte erano troppo piccole e Alice non riusciva a passare.
 
A volte Alice riusciva a passare per quelle porte, e allora apriva gli occhi, ed era lontano dai suoi matti.
A volte Alice si voltava nel lettino accanto al suo e vedeva qualcuno che si contorceva – chi è Frank, Alice?
A volte i matti di fuori accorrevano quando gridava troppo forte – quando il dolore di Frank era anche il suo. Ricordi il tuo Frank, Alice?
A volte Alice pensava – e la Regina rideva, rideva, rideva – e le venivano in mente le strade di Hogsmeade – cos’è Hogsmeade, Alice? Com’è? Dov’è?
A volte Alice ricordava il sapore dei baci di Frank – dov’è Frank, Alice? – e allora sentiva solo il sapore delle lacrime.
 
A volte Alice sentiva la voce di un bambino che la chiamava mamma cos’è una mamma, Alice? Chi è quel bambino? – e allora sentiva il sapore di sogni infranti a cui non riusciva a dare un nome – chi è Neville, Alice? –, sogni candidi da riscrivere, sogni che non riusciva a ricordare – Alice non ricordava nulla, la Regina rideva, rideva, e si prendeva gioco di lei.
La Regina le aveva detto che quel bambino era suo figlio – cos’è un figlio, Alice? – e Alice avrebbe voluto seguirlo, quel figlio, avrebbe voluto essere una mamma, ma i matti di fuori la riportavano dentro e i matti di dentro la buttavano a fondo.
 
I giorni passavano, Alice lo sapeva, se ne rendeva conto dalla lunghezza dei suoi capelli – a Frank piacevano i suoi capelli. Frank si ricorderà di te, Alice? –, dalla voce di quel bambino – che ormai non è più un bambino, Alice, ma continua a chiamarti mamma, e tu vorresti sempre seguirlo –, ma i matti di dentro erano sempre gli stessi – ci sono i conigli in ritardo, le carte parlanti, i gatti sorridenti, le Regine decapitanti.
E l’avevano portata nel loro mondo – quello che sarebbe piaciuto a Rosie.
E le erano successe talmente tante cose incredibili che Alice cominciava a credere che non ci fossero cose impossibili, per lei.
 
I giorni continuavano a scivolarle tra le mani – come la seta del suo abito da sposa, come le lacrime che non aveva pianto, come i suoi sogni bianchi – e i matti di dentro sembravano sempre più normali, familiari, volti noti in una giungla nemica.
I matti di fuori sembravano solo più lontani, in un mondo lontano chilometri, un modo piatto e bianco, dal quale non poteva scappare.
I giorni più belli erano passati, e Alice pensava – la Regina Nera rideva, rideva, rideva.
Alice aveva conosciuto tutto il bene del mondo e aveva provato altrettanto male.
Alice aveva visto cose che nessuno immaginava – i conigli, le carte, il gatto, la Regina. E poi aveva visto Frank, Neville, Rosie, Marlene.
Alice vedeva oltre quello che vedevano i matti di fuori e i matti di dentro.
 
 
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Note dell’autrice:
ho finito! Non immagini la mia gioia alla fine di questa raccolta. Un parto rapidissimo (due giorni *-*)
Allora cominciamo con i calcoli: NON sono tutte drabble, anche se nella maggior parte dei casi sì.
Comunque: drabble n.1 (110), n.2 (157 e c’è la citazione: «Allora dovresti dire quello in cui credi», riprese Marlene. «È quello che faccio», rispose subito Alice; «almeno credo in quello che dico, che poi è la stessa cosa.» «Non è affatto la stessa cosa!» disse Marlene. «Scusa, è come se tu dicessi che “vedo quello che mangio” è la stessa cosa di “mangio quello che vedo”!»), n.3 (102), n.4 (114 e c’è la citazione: «Non ho ancora preso niente, non posso prenderne di più.» «Vuol dire che non puoi prenderne di meno. È facile prendere più di niente.», oltre che quella da usare come prompt), n.5 (110), n.6 (110 con chiari riferimenti ad Alice nel Paese delle Meraviglie e la citazione Povera me! Povera me! Arriverò in ritardo!), n.7 (110 con riferimento al fatto che lei e Frank erano considerati degli abilissimi Auror), n.8 (220), n.9 (109 con citazione «La domanda è,» replicò Bellatrix, «chi è che comanda – tutto qui.»; il ragazzo che non aveva mai visto è Barty Crouch jr., Mangiamorte sotto copertura, il fatto che fossero in casa è una mia invenzione, am non credo che li abbiano torturati per strada -.-), n.10 (107 e mi sono dovuta arrangiare sugli effetti della Cruciatus – me misera, me tapina), n.11 (110  e c’è l’accenno all’abito da sposa – sarebbe ‘tuffarsi nel nulla’), n.12 (110 e c’è la citazione «Ma io non voglio andare fra i matti», osservò Alice. «Be', non hai altra scelta», disse il Gatto «Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta.» «Come lo sai che sono matta?» disse Alice. «Per forza,» disse il Gatto: «altrimenti non saresti venuta qui.»), n.13 (110), n.14 (110), n.15 (107), n.16 (330 – proprio una drabble -.-), n.17 (110), n.18 (110), n.19 (109 e c’è la citazione E le erano successe talmente tante cose incredibili che Alice cominciava a credere che non ci fossero cose impossibili, per lei.), n.20 (133).
Spendiamo due parole su quello che tu – povera vittima – sei stata costretta a leggere.
L’idea mi è venuta per associazione, perché mia sorella sta leggendo il libro, perché mi piaceva il fatto di mettere in contatto la follia di Alice con quella descritta da Lewis Carrol. I tre momenti descritti si riferiscono alla sua vita prima della tortura, quando ancora non conosceva davvero il dolore, mentre in ‘Alice attraverso lo Specchio’ si analizza la consapevolezza del male, e nelle ultima drabble, dell’addio – per così dire – alla ragione. In ‘Alice oltre lo Specchio’ c’è la sua follia, che è una follia particolare, perché per me ogni follia è a sé. Comunque, il fatto che ricordi e associ nomi a sensazioni o fatti, ma non ricordi chi siano e una mia visione (che fa parte del genere drammatico). I matti di fuori sono un modo per indicare i dottori del reparto, considerati tali perché non le permetteva di uscire della stanza (quando apre gli occhi e vede tutto bianco è perché si trova in ospedale), i matti di dentro alla fine diventano normali perché ci si è abituata, per così dire. In effetti le drabble finali dovevano essere speculari alle avventure dell’Alice di Carrol, ma ho riassunto il tutto in E l’avevano portata nel loro mondo – quello che sarebbe piaciuto a Rosie.
La Regina Nera è simbolica e simboleggia taaante cose. Prima di tutto Bellatrix, quando dice che la Regina rideva, rideva, rideva. Poi Marlene, quando le sussurrava scampoli di realtà, cose che ricordava, che capiva o meno, perché come detto nella seconda drabble, per lei Marlene era la ragione. È inoltre specchio della Regina rossa dell’Alice originale.
Poi ci sono i prompt è la citazione, che ho disseminato un po’ dovunque: ci sono sogni e lacrime dappertutto: a volte sogni ‘bianchi’, quelli non ancora fatti, altre volte ‘infranti’ distrutti dagli eventi, poi ci sono le lacrime che ha pianto e quelle che non è riuscita a piangere. Poi c’è la seta, l’abito a sposa, che simboleggiava i suoi sentimenti, l’amore per Frank, la resistenza alla guerra, l’incoscienza in cui è scivolata poi. La citazione è richiamata più volte in quei ‘chi si ricorderà di te, Alice?’
Non so se ho detto, ma se hai dubbi riguardo il testo, o qualche parte ambigua, sono a tua completa disposizione!


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