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Autore: Matih Bobek    19/09/2014    5 recensioni
Brevi ma intensi spaccati di vita familiare ambientati nei giorni nostri. Simpatici, allegri e solari, questi piccoli racconti vertono su una voce narrante, il giovane figlio, nato e cresciuto nella periferia romana, e la protagonista indiscussa della casa, nonché della storia, la madre: personaggio stereotipato, a tratti assurdo, tanto da sembrare quasi... un alieno.
le storie affrontano, di volta in volta, momenti tipici della quotidianità familiare, prendendosi beffa, in modo ironico e sottile, dell'idea maschilista della donna casalinga.
Lo stile utilizzato è fresco, colloquiale, giovanile e numerosi sono i riferimenti alla cultura popolare, comunemente nota, al fine di rendere più partecipe il lettore.
All'interno del singolo episodio, i cambi di narrazione sono frequenti, pur mantenendo fissa la focalizzazione interna: ogni storia è costruita su uno schema fisso, che vede una breve premessa della situazione, in cui la voce narrante è direttamente coinvolta nel racconto, poi una dettagliata narrazione, da vicino, guidata da una seconda persona, per facilitare la personificazione, e infine il dialogo, in cui il narratore spesso interviene come voce fuori campo.
Spero che vi piacciano, o perlomeno che vi lascino un sorriso, e che lascerete consigli e opinioni, per me utili al fine di perfezionare stile, trama o personaggi.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Tra le infinite leggi che mia madre ci ha imposto (e vi assicuro che sono tante) forse quella che più ha condizionato me, i miei fratelli, mio padre, tutti gli animali domestici dal 1976 ad oggi e tutte le persone che hanno anche solo per un secondo messo piede in casa *****, é: arrivare in orario. Detta in questo modo, non sembra nemmeno così terribile, ma non bisogna lasciarsi ingannare dalle definizioni di mia madre, perché spesso, saranno i sonniferi che prende, sarà un.. dono di natura, non sa quello che dice. Per mamma ‘arrivare in orario’ vuol dire ‘arrivare con almeno venti minuti di anticipo’. E no, non sto scherzando. Di norma, quando dobbiamo andare a cena dai parenti, il che spesso accade di domenica quando la mia voglia di vivere si è persa sotto le coperte del letto, lei inizia a prepararsi alle undici del mattino. Ripeto in caso non fosse abbastanza chiaro, parlo di inviti a CENA. Le fisse di mia madre, però, non rimangono circoscritte alla sua persona, sarebbe bello, ma si diffondono come un’epidemia purulenta, si infilano nei più reconditi angoli del tuo inconscio e ti macerano il lume della ragione. Come se ciò non fosse abbastanza, si mette a girare per i corridoi, così, per verificare che l’angoscia dell’orario, questo mostro incontrollabile, ti stia spingendo a prepararti con almeno cinque/sei ore di anticipo. Potete immaginare la mia gioia la domenica mattina, quando giro in pigiama come uno spettro trascinando le gambe, manco fossero di pastafrolla, con il mio rapace personale appollaiato sulla spalla che mi dà il tormento. Non lo auguro nemmeno al mio peggior nemico. La casa si trasforma in una caserma militare: mia madre, con i jeans da pischella e sopra la vestaglia da notte, metà faccia truccata e metà no, stile Joker, che detta ordini in salotto. Io, ridotto ad un’esile ombra di me stesso, con una voglia di vivere che manco Lana del Rey, che annuisco in modo automatico e mi muovo per inerzia, mentre tutto quello che desidererei fare è lavarmi la faccia nel caffè. Mio padre, sveglio ormai da tempo immemore, con auricolari nelle orecchie, sintonizzato sulla solita stazione radio, che si aggira con aria distratta, parlando da solo per disperazione. Scene così me le avrebbe invidiate pure Orwell: post-apocalisse pura. E intanto mia madre parla, parla, parla. No, magari, urla: 
”Vai in bagno, pettinati! Non vedi che fai schifo? Non ti si può guarda’, sembra che ti sei svegliato ora.” Non è che sembra… “Mi raccomando vestiti bene, non ti mette sempre la solita magliettaccia, hai tante cose carine nell’armadio che non usi mai, o le metti o le butti. “Sarebbe da mandare a ‘Ma come ti vesti?’. Vatti a dare ‘na sciacquata, sembra che c’hai la peste in faccia”. Meno male che ho lei a darmi il buongiorno. “Forza, aiutami a piegare i panni, muoviti!” 
”Mi fai prendere il caffè? mi fai lavare? Mi fai vestire? Ma soprattutto mi fai svegliare?” 
”Ecco, sei come tuo fratello, c’hai il risveglio cattivo”. Tutte le mattine ‘sta storia, non è che ho il risveglio cattivo, è che lei rompe…
 “Dai dai, non farmi perdere tempo, aiutami a piegare le lenzuola, siamo in ritardo”. Aaah ma quindi eri tu il coniglio di ‘Alice nel paese delle meraviglie’!
” Ok, però dopo lasciami fare quello che devo fare”. I matti vanno assecondati. Sempre.
 “Dai, su, lontano, tira, tira di più, vedi quant’è floscia, più lontano, tira! Ok, ora a destra, a destra. Ecco, eh lo sapevo, guarda quante pieghe. Ora a sinistra, a sinistra, dai, tira, TIRA, vedi che c’ha le pieghe, tira forte”. Mò svengo sul lenzuolo. “Vabbè, che te l’ho chiesto a fare. Tiè, guarda che schifo”. Scusa se mi sono lasciato convincere ad aiutarti. “Ora devi andarti a lavare, è tardi. Poi devi pranzare e studiare, secondo me non ce la fai”. “Oh oh oh, con calma, mi sono alzato venti minuti fa, manco so che giorno è oggi, e già mi hai pianificato la giornata.” “E certo, dormi sempre, se non te la organizzo io, chi lo fa? Sai quando mi sono alzata io?” “… me lo devi dire per forza?” “Alle 5! Tuo padre russava!” Aaah ecco perché tutta ‘sta voglia di rompermi i cosiddetti! “Ho lavato il salotto, ho fatto i piatti, pulito i vetri, fatto i bagni, pulito la cucina, ho passato l’aspirapolvere, ho riverniciato i muri e ho cambiato il pavimento del bagno mio perché secondo me, le mattonelle non si intonavano con le maioliche della doccia.” … Mah, forse intendeva le cinque del giorno prima. “Ok, ti ringrazio per questo… veloce riassunto della tua giornata. Ora posso andare?” “Ti devi fare la doccia!” “Sì… lo so. Mi dai il permesso?” “Me la devo fare pure io”! no, te prego, Dio, fa’ finire questo supplizio “Vuoi fartela prima tu?” c’ho ‘na voglia d’aspettare che non te dico. ” Dipende, ci stai sempre le ore, sembra che c’hai lo sporco incrostato sulla pelle” E sì, certo, che non lo sapevi? Hai partorito una macchina del gas! ” Dimmi un po’ tu, ce la vogliamo giocare a morra cinese?” A mali estremi… “No vabbè, tanto abbiamo due bagni!” No vabbè. il deficiente sono io. Mi ha incastrato. Mi ha preso in contropiede. Era la prima obiezione da farle. Come ho fatto a non pensare che abbiamo due bagni? Manco posso dirle niente, altrimenti passo per matto, vabbè che accanto a lei pure Sgarbi sembra sano di mente, però insomma… ” Vado”. “Non bagnare la doccia” stiamo sfiorando il ridicolo. “Come faccio a non bagnare la doccia, mi spieghi? Con cosa mi devo lavare? Con la fiamma ossidrica?” “Non ti si può dire niente, mamma mia!” Capito sì, lei dice assurdità, però io sono lo strano!
   
 
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